MACCHÉ FINE DELLA CRISI IL PEGGIO DEVE ANCORA ARRIVARE !!! 
Non
 è un'iniezione di ottimismo quella che arriva dall'analisi dei dati sul
 sistema previdenziale globale: quando smetterà di lavorare la 
generazione dei baby boomers il sistema imploderà, causando miseria e 
cambiando il welfare dei paesi ricchi. E succederà tra poco
Una
 crisi senza precedenti incombe sul mondo. Non è decisamente un buon 
auspicio con cui cominciare l'anno nuovo, ma sulla stampa internazionale
 ha fatto molto rumore l'inchiesta di un team di giornalisti dell'Associated Press che ha analizzato l'impatto
 del "pensionamento di massa" che sta dietro l'angolo, quando la 
generazione dei baby boomers (i nati tra il 1945 e il 1960) smetterà di 
lavorare. 
Si
 tratta di milioni di cittadini, molti dei quali già in pensione, ma la 
maggior parte sul punto di andarci, che impatteranno sul sistema 
previdenziale dei paesi sviluppati, provocandone con tutta probabilità 
il collasso. Le conseguenze, secondo la documentata analisi dell'Ap, 
saranno gravi e prolungate nel tempo, probabilmente per decenni. La
 prima sarà l'inevitabile allungamento della vita lavorativa: saremo 
tutti costretti a lavorare oltre i 65 anni, magari anche oltre i 70,
 per cercare di mantenere in vita i benefici per gli anziani; la seconda
 conseguenza, comunque inevitabile nonostante i correttivi, sarà una 
diffusa povertà tra gli anziani, costretti a fare i conti con pensioni 
sempre più basse.Sempre secondo l'articolo, la crisi sarà il risultato di tre elementi:
 la diminuzione degli assegni pensionistici e l'innalzamento dell'età 
pensionabile, un processo già in atto in molti paesi che si trovano con 
enormi buchi di bilancio nel sistema previdenziale; l'eliminazione da 
parte di molte aziende della previdenza complementare per i dipendenti, 
troppo onerosa; la perdita del potere d'acquisto e della possibilità di 
risparmiare da parte dei cittadini colpiti dalla recente crisi 
economica. "La maggior parte dei paesi del mondo non è pronta a 
raccogliere la sfida più decisiva del ventunesimo secolo", si legge in 
uno studio del Center for Strategic and International Studies di Washington. Ad aggravare la situazione si aggiunge l'allungamento
 della vita media: nel 1958 un maschio che abitava in 30 dei 34 paesi 
Ocse sopravviveva in media 13 anni dopo essere andato in pensione; oggi 
sopravvive 6 anni in più. L'altra faccia della medaglia 
riguarda il calo delle nascite nei paesi ricchi, che si traduce 
ovviamente in minori contribuzioni da parte dei lavoratori in attività 
al sistema delle pensioni. Sempre secondo l'Ocse, per
 salvare il sistema l'età media della pensione dovrebbe innalzarsi dai 
63 anni medi globali di oggi ad almeno 66 o 67; nel futuro comunque le 
pensioni dovranno essere tagliate almeno del 20%. Non deve 
sembrare troppo. Secondo Standard & Poor's, se i paesi ricchi non 
faranno di più per ridurle ancora di più il loro debito pubblico sarà 
addirittura triplicato nel 2050. Uno scenario difficilmente 
immaginabile. 
Tuttavia,
 parte della responsabilità è da ascrivere anche ai futuri pensionati, 
che spesso - soprattutto nei paesi anglosassoni - hanno preferito 
spendere ed acquistare a rate invece di risparmiare. Negli Stati Uniti, 
per esempio, le
 famiglie si sono indebitate per 5,4 miliardi di dollari (+75%) negli 
anni che hanno preceduto la crisi (2003-2008), riducendo la quota di 
risparmio dal 13% del reddito dei primi anni 80 al 2% del 2005. Sempre
 negli USA, gli anziani avrebbero bisogno di 6,8 miliardi di dollari in 
più sui loro conti correnti per vivere dignitosamente; notizie ancora 
peggiori, infine, per quelli che in pensione ci andranno tra poco: i 
capifamiglia tra i 55 e i 64 anni avranno a disposizione ciascuno 
113mila dollari in meno di quelli che sarebbero necessari per una 
vecchiaia serena. 
                                      
                                                  
 

 
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