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lunedì 31 marzo 2014

BLU A VERONA PER LA GIORNATA DELL' AUTISMO

Verona, armonia e solidarietà: Arco dei Gavi e Castelvecchio diventano blu per Giornata dell'autismo

blu per Giornata dell'autismo


Un fascio di luci di diverso colore per sensibilizzare la cittadinanza mercoledì 2 aprile alle 19. L'iniziativa, promossa da Comune e associazione M.Arte, prevede una serie di eventi fino al 12 aprile 



Verona, armonia e solidarietà: Arco dei Gavi e Castelvecchio diventano blu per Giornata dell'autismo

In occasione della Giornata mondiale dell’Autismo, mercoledì 2 aprile alle 19, l’Arco dei Gavi e l’ingresso di Castelvecchio verranno illuminati di blu, il colore che celebra in tutto il mondo la ricorrenza. L’iniziativa, promossa dal Comune e dall’associazione culturale M.Arte, prevede una serie di eventi per sensibilizzare la cittadinanza sull’Autismo.Verona, armonia e solidarietà: Arco dei Gavi e Castelvecchio diventano blu per Giornata dell'autismo
EVENTI - Dal 2 al 12 aprile, nella sala Boggian di Castelvecchio, si terrà la mostra “Euritmie: Talenti speciali accedono alle arti”, in cui saranno esposte le opere di tre artisti con autismo; mercoledì 2 aprile, alle 18, incontro “I colori dell’inclusione sociale” e proiezione del video “Autismi: Vivere il quotidiano”; sabato 5 aprile, alle 10, “Verona per l’autismo”; martedì 8 aprile, alle 17, reading “Euritmie nella poesia”; giovedì 10 aprile, alle 17, “Uno sguardo dietro le quinte del laboratorio espressivo”; sabato 12 aprile, alle 11, incontro “Se stessi tra visivo e immaginazione”







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SOLO 9 PAESI HANNO UNA BANCA CENTRARLE CHE NON APPARTIENE

Solo 9 Paesi hanno una Banca Centrale che non appartiene ai Rothschild 


Sono solamente 9 i Paesi che hanno la Banca Centrale che non appartiene ai Rothschild. Sono: Cina, Russia, Iran, Venezuela, Ungheria, Siria, Cuba, Islanda e Corea del Nord. Tre di questi Paesi, nell'ordine Russia, Iran e Venezuela, sono anche le tre più grandi riserve energetiche del mondo, considerando le riserve di petrolio, gas e carbone.

Direttamente o indirettamente tutte le altre banche centrali appartengono o sono controllate dai Rothschild. Ci sono addirittura quattro banche centrali che sono quotate in borsa: le banche centrali di Belgio, Grecia, Giappone e Svizzera. La Banca centrale di Grecia oltre che essere quotata alla Borsa di Atene è quotata anche alla Borsa Tedesca.
Da queste brevi considerazioni, penso sia comprensibile a tutti perchè i paesi che hanno una banca centrale indipendente siano costantemente attaccati mediaticamente dai media di tutto il mondo, tutti al servizio ovviamente delle grandi potenze imperialistiche dell'occidente.
Tutti questi paesi sono praticamente inseriti nell'asse del male, tutti i loro governi sono per i media occidentali delle "dittature" ed in tutti ci sono tentativi di destabilizzazione. Si comprende anche perchè Russia, Iran e Venezuela siano costantemente "presi di mira" dai media internazionali. Oltre che avere la Banca Centrale indipendente dai Rothschild sono anche le tre più grandi riserve energetiche del mondo.
Quando una Banca Centrale disegna la politica economica e monetaria del proprio paese sta pensando ai benefici per il suo popolo o ai benefici per i propri azionisti? Scontata la risposta: pensano ai benefici per i propri azionisti. Si comprende perchè un Paese come il Belgio possa stare per mesi (esattamente 18) senza un governo, perchè in sostanza il ruolo del governo è relativo. Si comprende perchè un paese come Grecia è completamente in balia della Troika, ossia del Fondo Monetario Internazionale (FMI), della Banca Centrale Europea (BCE) e della Commissione Europea (CE).

E l'Italia? La maggior parte degli italiani pensa che la Banca d'Italia, ossia la Banca Centrale dell'Italia appartenga allo Stato! Invece, come tutte le banche centrali del mondo, escluse quelle dei 9 paesi citati sopra, la Banca d'Italia appartiene ai propri azionisti. L'elenco completo degli azionisti della Banca d'Italia è consultabile nel sito stesso della Banca d'Italia.
Da tale documento, in linea, si evince che le due principali banche italiane, Intesa San Paolo e Unicredit hanno il 52% delle quote; Inps e Inail, enti statali, hanno quote irrilevanti. Ovviamente nel capitale delle grandi banche italiane, che controllano la Banca d'Italia, rientra quello dei Rothschild. Povera Italia! Poveri italiani!

2013: L'ANNO PIÙ VIOLENTO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

2013: L’Anno più Violento dalla Seconda Guerra Mondiale 

Il 2013 è stato, insieme al 2011, l’anno che ha fatto registrare più guerre dopo la seconda guerra mondiale. È questo il dato che emerge dal “Barometro” diffuso ieri dall’istituto di Heidelberg per l’indagine sui conflitti internazionali. L’anno scorso ci sono state venti guerre, due in più rispetto al 2012, e più conflitti armati. Alle guerre in Afghanistan, Iraq, Siria e Pakistan (gli scontri nelle regioni tribali) si sono tra le altre aggiunte quelle in Mali e nella Repubblica Centroafricana. Per gli esperti dell’istituto tedesco, inoltre, gli scontri tra le forze del nuovo Governo egiziano e i Fratelli musulmani hanno raggiunto in taluni casi le caratteristiche di una guerra.

Nel suo rapporto annuale, l’istituto ha contato l’anno scorso 414 conflitti in tutto il mondo, nove in più rispetto all’anno precedente. Tra questi, 45 sono stati considerati molto violenti. Venti di questi sono stati catalogati come guerre, mentre i restanti venticinque vengono considerati guerre limitate. Lo studio divide infatti i conflitti in 5 livelli — il più grave dei quali è appunto classificato come guerra — in base a criteri come l’utilizzo della forza militare, le vittime o flussi di profughi e rifugiati. «Nel 2013 il conflitto con il maggior numero di vittime è stato quello combattuto in Siria», ha detto Peter Hachemer, presidente dell’istituto.

Ma moltissime vittime si registrano anche in altri Paesi. Come in Iraq, che ha contato mille morti nel solo mese di agosto. Un numero elevatissimo, passato in realtà sotto silenzio, visto che la guerra che si combatte nel Paese, con le violenze quotidiane tra sciiti e sunniti, non riesce a ottenere l’attenzione dei media.

Così come i tanti conflitti che insanguinano l’Africa, che in verità meriterebbero più attenzione, non fosse altro perché la metà delle situazioni violente classificate come guerre dall’istituto di Heidelberg ha avuto luogo nella regione sub-sahariana del continente africano: solo in Sudan e nel Sud Sudan sono state registrate cinque situazioni di conflitto che hanno raggiunto il livello più preoccupante, mentre vere e proprie guerre sono state combattute, oltre che nel Mali e nella Repubblica Centroafricana, in Somalia, Nigeria e Repubblica Democratica del Congo.

Le altre guerre sono state combattute in Medio Oriente (Egitto, Siria, Yemen, Iraq e Afghanistan) e Asia (Pakistan e Filippine con gli scontri tra forze governative e gruppi secessionisti islamici). Per quanto riguarda il continente americano, l’unica Nazione presente nella lista delle situazioni più gravi è il Messico. Il rapporto si sofferma infatti sul confronto estremamente violento in atto nel Paese tra i cartelli della droga e sulla lotta delle forze di sicurezza contro il narcotraffico. Lo scorso anno il Messico ha dovuto contare più di diecimila assassinii e a rendere più grave l’emergenza ha contribuito la comparsa sulla scena nazionale delle cosiddette autodifese, gruppi armati che in talune regioni hanno combattuto sia contro i cartelli della droga che contro lo Stato.

Le situazioni di conflitto continuano ad alimentare un settore fiorente, uno dei pochi che non risente della crisi economica a livello planetario: il mercato delle armi. Secondo il Sipri (Stockholm International Peace Research Institute) solo nel 2012 sono stati investiti 1.750 miliardi di dollari in spese militari. Di questa cifra, ben l’8 per cento è destinata alle guerre in Medio Oriente. E anche di questo si parla poco. Troppo poco

NAPOLITANO SCENDE IN CAMPO E IL CARDINAL RAVASI LO SEGUE

NAPOLITANO SCENDE IN CAMPO PER L'EUTANASIA (E IL CARDINAL RAVASI LO SEGUE)
Il Quirinale e il Pontificio Consiglio della Cultura fanno da sponda all'iniziativa dei radicali per una legge sul fine vita 

Strategia che vince non si cambia. Uno dei mezzi che i radicali da sempre hanno usato per sdoganare alcuni "diritti civili" è quello dell'indagine conoscitiva per poi arrivare a dire: "Quanti aborti clandestini! Legalizziamo l'aborto. Quante giovani fanno uso di droghe! Legalizziamole. Quante coppie vanno all'estero per accedere all'eterologa! Legalizziamola". A questo giochino – quasi sempre basato su dati mendaci - ovviamente non si sottrae nemmeno l'eutanasia. In una conferenza stampa tenuta ieri, l'associazione Luca Coscioni e il Comitato promotore EutanaSia Legale hanno annunciato l'avvio di una ricerca sul campo per verificare "come si muore in Italia" e - citando le parole di Marco Cappato - per "spingere il Parlamento ad esaminare il progetto di legge di iniziativa popolare per la legalizzazione della eutanasia per il quale l'Associazione ha raccolto 67mila firme autenticate''. Per l'occasione i radicali si sono fatti accompagnare dai familiari di personalità note che si sono uccise oppure hanno chiesto con successo l'eutanasia: Mario Monicelli, Carlo Lizzani, Piergiorgio Welby e Lucio Magri. Non è mancato il vivente oncologo Umberto Veronesi il quale ha sentenziato che "abbiamo l'ovvio diritto di programmare la vita e anche il termine della vita''.
L'iniziativa ha trovato una sponda felice presso il Quirinale. Da lì il presidente Napolitano ha fatto sapere che ''il Parlamento non dovrebbe ignorare il problema delle scelte di fine vita ed eludere un sereno e approfondito confronto di idee sulle condizioni estreme di migliaia di malati terminali in Italia. Drammatici nella loro obiettiva eloquenza - continua il Presidente - sono d'altronde i dati resi noti da diversi istituti che seguono il fenomeno della condizione estrema di migliaia di malati terminali in Italia''.
Aspettando i dati eloquenti di questi istituti per poterli commentare, però sin da subito possiamo commentare le parole del Presidente Napolitano perché a leggerle vengono in mente alcuni articoli dell'ordinamento italiano che fanno al caso nostro. Ad esempio l'art. 2 della Costituzione – quella carta costituzionale di cui Napolitano dovrebbe essere fedele garante – il quale stabilisce che vi sono diritti inalienabili della persona che la Repubblica "riconosce e garantisce", tra cui ovviamente e prima degli altri il diritto alla vita. Oppure l'art. 579 del Codice Penale che sanziona l'omicidio del consenziente e l'art. 580 che punisce invece l'aiuto al suicidio, facendo così scattare le manette in caso di eutanasia. Oppure l'art. 5 del Codice Civile che vieta gli atti di disposizione permanente del proprio corpo: figuriamoci se proviamo a disporre che qualcuno tolga la vita a questo nostro corpo.
Tutti articoli che, all'opposto delle preoccupazioni del Presidente, si disinteressano del fatto che esista o meno una fiumana di moribondi che chiede di farla finita: l'importante è la tutela della vita delle persone, non l'estensione del fenomeno "eutanasia" (fenomeno tutto da provare comunque). Anche omicidi e furti sono all'ordine del giorno eppure continuano ad essere puniti.
Napolitano dunque indica al Parlamento di intraprendere una strada illegittima dal punto di vista giuridico e incostituzionale, e si dimentica invece di menzionare strumenti giuridici già esistenti per lenire le sofferenze fisiche e psichiche dei malati terminali, come la legge n. 38 del 2010 sulle cure palliative che aspetta solo di essere applicata.
A ben vedere però non c'è nulla di nuovo sotto il sole della dolce morte: la dichiarazione di intenti pro-eutanasia era stata già fatta da Napolitano sin dal 2009 quando non firmò il "decreto salva Eluana". Ora si tratta solo di rendere istituzionale un caso episodico, di dar forma legale all'eutanasia presidenziale.
Manco a farlo apposta – oppure sì ma a noi non è dato saperlo – ecco che all'interno dell'iniziativa "Il Cortile dei gentili" promossa Pontificio Consiglio della Cultura si terrà, alla Sala della Regina presso Camera dei Deputati, una tavola rotonda sul tema "I confini dei territori ai confini della vita". Il cardinal Gianfranco Ravasi, presidente del suddetto Pontificio Consiglio, ha deciso di invitare alcune personalità che proprio pro-life non sono. Abbiamo il dott. Alberto Giannini, Responsabile Terapia Intensiva Pediatrica Ospedale Maggiore Policlinico Milano, il quale in una nota della Società italiana anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva affermò che "la decisione di limitare, sospendere o non iniziare trattamenti di supporto vitale [non terapie, si badi bene] giudicati sproporzionati rappresenta una scelta clinicamente ed eticamente corretta". Poi è stato invitato il dott. Luciano Orsi, Direttore del Dipartimento di Cure Palliative della AO Carlo Poma di Mantova e membro della Consulta di Bioetica di Maurizio Mori, il quale in un'intervista a MicroMega si era espresso favorevolmente per il rifiuto di quelle terapie che si rivelano sproporzionate allorchè "mantengano una vita puramente biologica priva di qualsiasi coscienza". E in un'altra intervista affermò che "l'idratazione e la nutrizione alla fine della vita sono proprio un errore". A seguire ci sarà l'intervento di Paolo Zatti, Ordinario Diritto Privato Università di Padova, il cui pensiero sull'eutanasia si può sintetizzare con queste sue parole: "senza un diritto di lasciar morire si monta un'infernale trappola in cui vengono reclusi insieme medico e paziente". Ultimo ma non ultimo il famigerato prof. Giulio Giorello, filosofo dell'Università di Milano, che in merito alla recente legge belga sull'eutanasia dei bambini così ha commentato: "Se viene accertata la volontà di un minore, se è capace di intendere e di volere, perché non dovrebbe accedere alla pratica della 'dolce morte?".
Il Cortile sarà pur gentile, ma l'errore non può salire in cattedra. Si obietterà: dialogare con persone che la pensano in modo differente può far emergere ancor meglio la verità. Il ragionamento apparentemente suona bene, ma in realtà stecca più di una nota. Infatti le idee funeree che i cultori delle dolce morte instilleranno nelle orecchie dell'uditorio sono già patrimonio culturale dell'italiano medio, il quale confortato nell'ascoltare il parere di queste eminenze grigie non potrà che consolidare le proprie opinioni erronee. Insomma: il contraddittorio con la verità è pane quotidiano, inutile quindi inventarsi altre occasioni per scavare ancor più a fondo la fossa alla tutela della vita. Si corre il rischio di passare dalla dolce morte, alla gentil morte. In secondo luogo la verità si spiega da sé: Gesù chiedeva di essere docili allo Spirito Santo, non agli scribi e farisei. Possibile che per imparare a guidare l'auto debba prima provare a schiantarmi contro un muro?
In terzo luogo se il fine di simili incontri deve essere quello dell'avvaloramento della verità – posto che gli organizzatori credano ancora che esista un giudizio morale certo sull'eutanasia – che l'avversario sia messo nelle condizioni di uscire con le ossa rotte. Se quindi il nemico scende in campo con la sciabola, che non si risponda in punta di fioretto. Se quello morde, il cattolico non si metta a miagolare. La presenza in quel confronto del presidente del Comitato Nazionale di Bioetica Francesco Paolo Casavola e di Mons. Andrea Manto, Consulente Ecclesiastico dell'Associazione Medici Cattolici Italiani, ci assicurerà la vittoria? E poi: ma siamo così certi che vogliano davvero vincere oppure sventoleranno da subito bandiera bianca? 
ecco la proposta vera dei Radicali con una lettera alla Boldrni  

“Alla Cortese attenzione della Presidente Laura Boldrini,
Il Comitato promotore della proposta di legge di iniziativa popolare chiede alla Presidente della Camera -per questa come per le altre proposte di legge di iniziativa popolare- un intervento a garanzia della concreta affermazione dell'articolo 71 della Costituzione, secondo il quale "Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli".
Pur in assenza di uno specifico obbligo normativo ad iscrivere le proposte all'ordine del giorno, a dibatterle e ad approvarle o respingerle con un voto, il Comitato promotore considera incompatibile con il dettato costituzionale la pratica immancabilmente prodottasi nella storia repubblicana da parte dei Gruppi parlamentari di impedire persino la discussione delle proposte di legge di iniziativa popolare. Il potere di "esercitare l'iniziativa delle leggi" che i Costituenti attribuirono al popolo non è legittimamente interpretabile riducendolo al mero atto formale di poter depositare proposte di leggi corredate dalle 50.000 firme. L'esercizio dell'iniziativa delle leggi da parte del popolo è davvero tale soltanto se il Parlamento dedica un effettivo e pubblico dibattito alle proposte presentate, delle quali anche l'eventuale mancato accoglimento dovrebbe essere adeguatamente motivato attraverso il dibattito nelle commissioni competenti e in aula. Il Comitato chiede dunque alla Presidente della Camera di intervenire nelle forme che riterrà più opportune affinché tale risultato sia garantito.
Sul particolare tema dell'eutanasia legale, oggetto della proposta di legge, ricordiamo in particolare la risposta del Presidente della Repubblica al videomessaggio a Lui rivolto da parte di Piergiorgio Welby, co-Presidente dell'Associazione Luca Coscioni, nel settembre 2006. Scrisse il Presidente Napolitano:  "(...) raccolgo il suo messaggio di tragica sofferenza con sincera comprensione e solidarietà. Esso può rappresentare un’occasione di non frettolosa riflessione su situazioni e temi, di particolare complessità sul piano etico, che richiedono un confronto sensibile e approfondito, qualunque possa essere in definitiva la conclusione approvata dai più. Mi auguro che un tale confronto ci sia, nelle sedi più idonee, perché il solo atteggiamento ingiustificabile sarebbe il silenzio, la sospensione o l’elusione di ogni responsabile chiarimento." 
La proposta di legge di iniziativa popolare presentata da oltre 50.000 cittadini rappresenta l'occasione perché tale confronto sia avviato finalmente nella sede parlamentare. Il Comitato promotore sottolinea anche l'importanza del coinvolgimento dell'opinione pubblica in occasione del dibattito parlamentare, da ottenersi attraverso l'opera del servizio pubblico radiotelevisivo, da parte del quale è da esigere un'attenzione particolare proprio sulla base della natura popolare dell'iniziativa. Anche su tale aspetto chiediamo un attivo impegno da parte della Presidente della Camera per la ricerca di soluzioni positivamente innovative che operino una soluzione di continuità rispetto alle pratiche anticostituzionali finora invalse”.

RIFORMA SENATO RENZI "SVOLTA PER LE ISTITUZIONI"

Si' governo a ddl riforma Senato Renzi, "svolta per le istituzioni" 

Roma, 31 mar. - Tutti d'accordo al Consiglio dei ministri: voto all'unanimita' e parte ufficialmente la nuova, e piu' discussa, riforma dell'era Renzi. Quella del Senato, con in aggiunta quelle del Titolo V della Costituzione e del Cnel, organo costituzionalmente rilevante di cui si chiede, senza ulteriori indugi, l'abolizione. L'Assemblea di Palazzo Madama aggiungera' al suo nome la specificazione 'delle Autonomie'.
  Verra' composta dai presidenti delle giunte regionali e delle Province autonome di Trento e Bolzano, dai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione e di Provincia autonoma, nonche', per ciascuna Regione, da due membri eletti dal Consiglio regionale tra i propri componenti e da due sindaci eletti da un collegio elettorale costituito dai sindaci della Regione. Complesso, ma rappresentativo - per l'appunto - delle istituzioni territoriali della Repubblica. Subito dopo il varo del progetto. Renzi tiene una conferenza stampa, poi si fa intervistare da una televisione. Promette un miliardo di risparmio sui costi della politica; liquida gli oppositori (interni ed esterni al Pd) come una minoranza che tale restera'; avverte infine che, se e' vero che lui non minaccia nessuno con l'ipotesi di un voto anticipato, o si fa come dice lui o lui se ne va. Con tutte le conseguenze del caso. Intanto ottiene che il ministro Stefania Giannini, fino alla mattina perplessa su tanta fretta innovatrice, voti insieme agli altri membri del gabinetto. E sulla scia dell'entusiasmo da', implacabile, del "Premio Nobel mancato" a Renato Brunetta che lo critica sulle coperture e, soprattutto, riprende la polemica con il presidente del Senato Piero Grasso. "Non si era mai visto un presidente del Senato intervenire su un provvedimernto in itinere. Se e' intervenuto come presidente del Senato ha commeasso un errore nella forma e nella sostanza, se come esponente del Pd" ha risposto Deborah Serracchiani, richiamandolo all'ordine. Grande euforia, quella del presidente del Consiglio. Anche se, dal quartiergenerale di Forza Italia gli arriva un "reminder" firmato Silvio Berlusconi. Il quale sottolinea: Renzi sia coerente, con noi ha stretto un patto.
  Poi avverte: non vogliamo pacchetti di riforme preconfezionate.
  Infine richiede: prima di qualsiasi altra riforma, il varo dell'Italicum. Non e' l'unica puntualizzazione della serata.
  Arriva infatti anche un comunicato del Quirinale. "E' noto come da lungo tempo il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano abbia espresso la convinzione della necessita' ormai improrogabile di una riforma costituzionale che innanzitutto segni il superamento del bicameralismo paritario e garantisca un piu' lineare e spedito processo di formazione e approvazione delle leggi", premette. Per poi concludere: "Il Capo dello Stato ha peraltro ritenuto di dover astenersi - per ragioni di carattere istituzionale - dal pronunciarsi sulle soluzioni concrete definite dal Governo e sottoposte all'esame del Parlamento'". Inevitabile la necessita' di un esercizio di esegesi. Pare, per prima cosa, che certe ricostruzioni che lo indicavano come mandate di Grasso contro il governo - come anche quelle che lo volevano in sintonia con il governo e non con Grasso - siano state entrambi viste con fastidio dal Colle.
  Ma la cosa e' stata considerata anche come una opportunita' per ribadire un paio di elementi. Il primo che il Quirinale non entra nel merito delle questioni: c'e' chi e' stato chiamato apposta per affrontarle ed esiste la divisione istituzionale dei ruoli. Il secondo: il bicameralismo perfetto non e' certo cio' che Napolitano sentira' un giorno la nostalgia. Terzo: e' fondamentale che sia la politica a riappropriarsi del suo ruolo di motore della vita istituzionale. Quarto: Il Colle fara' la sua parte il giorno in cui il Parlamento avra' finito il suo lavoro e Napolitano avra' sulla scrivania non progetto di legge, ma leggi approvate da promulgare. E allora (anche questo Napolitano lo ha fatto sapere nei giorni scorsi), valutera' "con grande attenzione". Nel frattempo, silenzio!!!!

lunedì 17 marzo 2014

TAGLI RETROATTIVI DEL FONDO SOCIALE E NON AUTO SUFFICENZE

Tagli “retroattivi” del Fondo Sociale e Non Autosufficienze    

 

Il decreto-legge (ora all’esame del Parlamento per la conversione in legge) drena al Ministero per il lavoro e le politiche sociali 21,5 milioni di euro nel 2014, 6,4 milioni nel 2015, 5,4 milioni nel 2016.
Sembra un’apparente operazione di contabilità dello Stato, ma in realtà l’operazione recupera in larghissima misura queste somme dal Fondo Nazionale per le Politiche Sociali e dal Fondo per le Non Autosufficienze (quello stanziato nel 2012). Ciò significa una riduzione di almeno il 5% delle somme destinate alle Regioni per le politiche sociali e per le non autosufficienze e, quindi, una diminuzione ulteriore dei servizi e delle prestazioni alle persone. 
Questi gli effetti, vediamo ora i fatti e le fonti.
La legge di stabilità 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147) ha attribuito al Commissario straordinario per la spending review il compito di attuare entro il 31 luglio 2014 “nuove misure di razionalizzazione e di revisione della spesa, di ridimensionamento delle strutture, di riduzione delle spese per beni e servizi, nonché di ottimizzazione dell’uso degli immobili tali da assicurare, anche nel bilancio di previsione, una riduzione della spesa delle pubbliche amministrazioni in misura non inferiore a 600 milioni di euro per l’anno 2015 e a 1.310 milioni di euro negli anni 2016 e 2017”. (articolo 1, comma 427).
Il comma successivo (428) prevede di “rendere indisponibili” (ossia di congelare e non spendere per i fini originari) una parte degli accantonamenti dei Ministeri. Si tratta generalmente di fondi o stanziamenti non ancora ripartiti alle Regioni o già approvati, ma ancora non spesi.
Uno specifico allegato (il n. 3) indica le somme che nel 2015 (quindi l’anno prossimo) e nel 2016 verranno “recuperate” da ciascun Ministero.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali vedeva una riduzione abbastanza contenuta: 1,2 milioni nel 2015 e 2,7 milioni nel 2016.
Il decreto legge 4/2014 rivede, al secondo articolo, radicalmente queste regole.
Innanzitutto la rimodulazione e la revisione delle spese affidata al Commissario per la spending review deve produrre, già dal 2014, ben altri risultati: almeno 488,4 milioni di euro per l’anno 2014, 1.372,8 milioni per il 2015, 1.874,7 milioni per gli anni 2016 e 2017 e 1.186,7 milioni a decorrere dall’anno 2018.
Ma la misura più severa riguarda la “indisponibilità” degli accantonamenti dei Ministeri. Con il decreto legge 4/2014 vengono, infatti, notevolmente elevate le riduzioni e vengono, soprattutto, anticipate al 2014.
L’effetto sul Ministero del lavoro e delle politiche sociali è pesante: 21,5 milioni già dal 2014.
L’effetto è grave perché gli accantonamenti di quel Ministero sono notevoli: risultano, infatti, ancora presso il Ministero sia le somme afferenti al Fondo per le Non Autosufficienze 2013 (275 milioni di euro) che quelle del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali 2013 (344 milioni). In entrambi i casi i decreti di riparto, cioè gli atti che attribuiscono le rispettive somme alle Regioni, sono stati particolarmente tardivi, se si pensa che i fondi sono stati approvati nel dicembre 2012 e non ancora trasferiti alle Regioni.
Come abbiamo detto il decreto-legge è già in vigore, ed eventuali modificazioni possono essere apportate solo in sede di conversione in legge.

VENETO DA OGGI REFERENDUM PER L'INDIPENDENZA ! ZAIA ATTENTO RENZI !

Veneto, da oggi referendum per l'indipendenza. Zaia: "Attento Renzi, vogliamo scappare" 

Luca Zaia, governatore veneto, la saggezza pop dice che nel cuore d’ogni veneto ghe xè on Leon, miga on cojon. Da oggi da oggi on line fino al 21 marzo -giorno dello spoglio in piazza dei Signori a Treviso- c’è il «Plebiscito per l’Indipendenza del veneto».
«Eviterei le domande: va a votare? O Cosa ne pensa del Plebiscito?».
E allora, perdoni, cosa le chiedo?
«Per carità, ben venga il Plebiscito, è la terza o quarta volta che si tenta di farlo; e solo la Lega ha raccolto nei gazebo 100mila firme. Ma è l’iniziativa di un partito che si chiama appunto “Plebiscito 2013”, costola di un altro partito , “Indipendenza veneta”. Bisogna fare delle riflessioni. Il sospetto è che la gente voglia l’indipendenza perché, strangolata dalla crisi chiede tassazioni più basse, mi piacerebbe che pensassero all’indipendenza come movimento culturale, tipo Catalogna o Scozia»
Diciamolo: dovevate votare l’indipendenza in Consiglio regionale, ma c’eravate solo voi 20 leghisti e pochi altri. Ed è saltato.
«Tecnicamente per fare un referendum sul tema ci vuole una legge regionale, e un Consiglio che voti la legge; l’anno scorso non la votò e la fece tornare in commissione, perché quella legge non aveva la maggioranza e non sarebbe passata».
Ma sarebbe stata comunque incostituzionale: «La Repubblica è una e indivisibile», articolo 5 della sacra Carta...
«Vero, però il diritto di autodeterminazione e il diritto internazionale ci danno ragione, e noi avremmo fatto volentieri scoppiare il dibattito sul referendum. Ma, fosse stato fatto così, da qualcuno per vezzo, non avrebbe avuto efficacia giuridica. La verità è che è importantissimo seguire quel che avviene in Catalogna».
In Catalogna? Intende al referendum omologo di Artur Mas?
«Sì, loro sono avantissimo: dobbiamo capire se sull’indipendenza riescono ad aprirci un varco. La loro deadline è il 9 novembre 2014. Se l’indipendenza la ottiene Barcellona, seguendo il loro metodo potrebbe ottenerla Venezia».
Il premier Renzi si è espressamente dichiarato per il contro-referendum.
«Renzi, come tutti da Roma, ci guarda dall’alto in basso, crede che stiamo al Luna Park. Ma il fermento indipendentista è sempre più forte, e non dipende dalla gente del nord sempre più strozzata, dipende da Roma. Matteo l’ha detto chiaramente di non credere alle regioni, anzi fosse per lui le abolirebbe. É un neocentralista che ha un ideale di sviluppo fordista; noi siamo quelli del distretto industriale diffuso. Fosse per Renzi la Bavaria industriale autonoma non esisterebbe. Lui giustifica questa cosa affermando che “ci sono regioni non virtuose”; io rispondo: “ma scusa, perché non punisci quelle?”. La verità è che ci vogliono le palle».
Una visione testicolare della politica che richiama la Lega bossiana, e un po’ i toni odierni del suo segretario Salvini, oserei...
«Salvini sta facendo un buon lavoro. Ma è Renzi che deve avere il coraggio di dire: che metà d’Italia -il sud- è tecnicamente fallita, e bisogna mandare i curatori fallimentari. Vendere le auto blu non risolve il problema, e neanche tassare le rendite finanziarie; è vero che in Germania le aliquote sono al 26%, ma lì hanno la pressione fiscale al 46% , da noi è al 68%..».
Però il governo, oggi, lavora in direzione opposta al federalismo come lo volevate voi (che, tra l’altro non ebbe un gran successo). La trasformazione del Senato è diversa dal modello di Miglio, la cancellazione del titolo V° non ne parliamo.
«Guardi, il Veneto è la regione più identitaria d’Italia: 7 persone su 10, trasversalmente pensano e parlano in Veneto. Il federalismo, per noi, era un passaggio obbligatorio, una forma di educazione. Abbiamo bussato alla parta con i fiori in mano, ci siamo puliti i piedi sullo zerbino, ma non ci hanno aperto. A ’sto punto, la porta noi la sfondiamo. Ormai siamo al Big bang delle istituzioni, le rivoluzioni nascono dalla fame; e ci siamo, alla fame. Il Veneto può scappare. Perchè siamo incazzati: abbiamo perso 85mila posti di lavoro, siamo quelli che ogni anno lasciano a Roma 21 miliardi di tasse, e ci ignorano...».
Però, ora, guarda caso, il ritorno ai regionalismi tentano di cavalcarlo in molti. Grillo, per dire, evoca la «Repubblica di Venezia», roba sua, Zaia. O no?
«Grillo non si capisce cosa voglia; se vuole l’indipendenza venga a firmare ai gazebo, ma non penso che i suoi siano d’accordo»
A Treviso, però nell’ex «Zaiastan» il sindaco è renziano del Pd...
«Onore ai vincitori. Ma io non ho problemi nel mio rapporto con gli elettori. Votano per me ancora 6 su 10. La verità, veda, è che la ricreazione è finita».
Questo lo dice anche Renzi.
«Questo lo tolga...».

TASSE EFFETTO SGRAVI SULL'IRPEF PER I DIPENEDENTI

Tasse, effetto sgravi sull'Irpef: per i dipendenti niente imposta fino a 10.500 euro 

Chi è in pensione paga più Irpef. La scelta del governo sembra chiara: il riassetto dell’Irpef favorirà solo i lavoratori dipendenti. Se il contributo di solidarietà sui trattamenti pensionistici medi e alti è probabilmente destinato a restare un’idea di Carlo Cottarelli, il riassetto dell’Irpef dunque favorirà solo i lavoratori dipendenti lasciando invariata la situazione dei contribuenti che hanno redditi previdenziali.
Una delle differenze più macroscopiche sarà con tutta probabilità la soglia di esenzione effettiva, la cosiddetta no tax area, che non è un limite fissato per legge ma un livello di fatto determinato dall’effetto delle detrazioni. Per i lavoratori dipendenti senza carichi di famiglia - grazie al maxi-sconto voluto dal governo - dovrebbe salire a circa 10.500 euro, dagli attuali poco più di 8.000 attuali, mentre per i pensionati resterebbe fissata a 7.500 euro. In caso di familiari a carico la soglia sarebbe più alta ma comunque differenziata. E la penalizzazione tributaria per chi ha lasciato il lavoro proseguirebbe ai livelli di reddito superiore, attenuandosi via via solo in prossimità della soglia dei 55 mila euro di reddito.

I calcoli sono forzatamente approssimati, visto che non esiste ancora uno schema certo di come sarà attuato il promesso sgravio medio di mille euro l’anno. Già con il sistema attualmente in vigore l’imposta dovuta dai pensionati, a parità di imponibile, è leggermente più alta. Prendendo per buona una delle ipotesi che circola in queste ore, cioè che la detrazione riservata ai lavoratori dipendenti (e solo quella) venga fortemente aumentata, partendo da una base di 2.400 euro l’anno (invece degli attuali 1.880), la distanza si amplierebbe però in modo notevole, arrivando a 1.200-1.300 euro l’anno per un imponibile Irpef di 20.000-25.000. Ma già a quota 10.000 euro il divario sarebbe più che evidente, con il dipendente che non deve niente al fisco e il pensionato chiamato invece a versare 732 euro, oltre alle addizionali che scattano solo nel caso in cui il tributo nazionale non sia nullo.

Sul piano teorico, la scelta di destinare tutte le risorse ai dipendenti è coerente con la volontà annunciata di ridurre il cuneo fiscale-contributivo, ossia la distanza tra il costo del lavoro pagato dall’azienda e la retribuzione netta su cui può contare il lavoratore. Se il peso di tasse e contributi è meno gravoso, lavorare diventa più conveniente. O almeno così dovrebbe essere. Ma la mossa annunciata mercoledì scorso dal presidente del Consiglio ha anche - e forse soprattutto - un’altra logica: quella di dare slancio ai consumi interni. E in questa chiave è meno logico distinguere tra contribuente e contribuente, a meno di supporre che il pensionato abbia una propensione al consumo minore di quella del lavoratore in attività.

La diversità di trattamento si potrebbe far sentire anche al momento della decisione di lasciare il lavoro per la pensione. L’elemento finanziario non è naturalmente l’unico preso in considerazione in questi casi, ma è un fatto che in particolare per i redditi medio-bassi lo schema Irpef delineato dal governo avrebbe l’effetto di ridurre di alcuni punti il tasso di sostituzione netto, ossia il rapporto tra l’ultima retribuzione percepita e il primo assegno previdenziale

DOPO VARO PIANO AMIENTALE ILVA CE' EMERGENZA LIQUIDITA'

Ilva: dopo varo piano ambientale c'e' emergenza liquidita' 

Taranto, 15 mar. - Il piano ambientale e' stato approvato ieri con decreto dal Consiglio dei ministri, quello industriale arrivera' entro un mese - l'azienda ci sta giá lavorando -, le emissioni nell'aria sono in notevole regresso come attesta la relazione dell'Arpa per tutto il 2013. Eppure, a 20 mesi dal sequestro degli impianti e dalla bufera giudiziaria, la situazione dell'Ilva non puo' dirsi ancora tranquilla. Ora il problema principale dell'Ilva e' la liquiditá. A segnalare le difficolta' sono i sindacati metalmeccanici e lo conferma l'Ilva: in cassa non ci sono soldi. Gli stipendi ultimi sono stati regolarmente corrisposti ma, annuncia il sub commissario dell'Ilva, Edo Ronchi, "siamo in difficolta' con i fornitori, le imprese terze e anche nell'avanzamento degli ordini connessi al programma di ambientalizzazione, registriamo qualche rallentamento".
  "Sebbene il piano industriale non sia ancora completato, abbiamo calcolato - afferma Ronchi - che 1,8 miliardi serviranno per l'Aia e 1,2 miliardi per l'innovazione, un totale quindi di 3 miliardi di euro che, stando all'Aia e a quanto ribadito dal Dpcm approvato ieri, andranno spesi entro agosto 2016. Vorrei che fosse chiaro questo punto: non stiamo facendo un'ambientalizzazione in 10 anni ma dobbiamo farla in 36 mesi e quest'arco di tempo e' gia' cominciato da agosto scorso". "Abbiamo in piedi una trattativa con le banche per negoziare un prestito ponte di 500 milioni sui lavori dell'Aia ma - aggiunge - si sta rivelando complessa", il tutto in attesa dell'operazione di aumento di capitale

RENZI DOMANI ALLA PROVA MERKEL "NON ANDIAMO DIETRO"LA LAVAGNA

Renzi domani alla 'prova' Merkel, "Non andiamo dietro la lavagna" 

Berlino, 16 mar. - Nessun cappello in mano, nessuna lezione da ricevere, il nostro Paese non ha certamente bisogno di essere messo sotto esame. Matteo Renzi lo ripete da giorni.
  "Se l'Italia fa l'Italia non deve avere paura di nessuno", ha affermato anche stasera al tg5: "Noi vogliamo guidare l'Europa non solo nel prossimo semestre ma per i prossimi 20 anni". Ed ancora: "Se a volte abbiamo fatto degli errori siamo pronti a rimediare. Ma non siamo gli alunni somari da mettere dietro la lavagna. Siamo l'Italia e dobbiamo riprenderci l'orgoglio di essere italiani". Con questo stato d'animo il premier domani si presentera' alla Cancelleria tedesca. Con la convinzione che trovera' le porte aperte, perche' Angela Merkel ha dimostrato di apprezzare il piano "ambizioso" illustrato dal presidente del Consiglio italiano per creare lavoro e sostenere famiglie e imprese. Il biglietto da visita' e' quello mostrato anche a Francois Hollande: nessuna intenzione di sforare il tetto del 3%, ma tutta l'intenzione di cambiare l'Europa per non consegnarla il 25 maggio agli anti-europeisti. E' in vista di quella data che bisogna muoversi per far si' che austerita' e crescita camminino di pari passo.
  Concetti in questi mesi gia' ribaditi anche da altri premier, a cominciare da Mario Monti per finire con Enrico Letta. Renzi nel ruolo di capo del governo e di leader di un partito perno dell'ampia maggioranza di cui gode l'esecutivo, e' convinto di avere tutte le chances per essere ascoltato. Per spiegare le misure economiche che ha in mente che per la maggior parte dovrebbero essere finanziate con la riduzione della spesa. Dal vertice non dovrebbero emergere decisioni operative (un focus ci sara' sicuramente sulla crisi ucraina), ma la Cancelliera tedesca, nell'assecondare le ambizioni di Renzi, potrebbe lanciare un "segnale politico" importante in vista del Consiglio europeo di giovedi' e venerdi' a Bruxelles.
  L'incontro a Berlino con Angela Merkel viene considerato dal premier come la tappa piu' importante del 'tour' europeo di questa settimana cominciato ieri con la visita a Parigi. Il premier arrivera' nel primo pomeriggio nella capitale tedesca e dopo l'incontro bilaterale e il vertice italo-tedesco in programma partecipera' anche ad una cena alla quale prenderanno parte imprenditori tedeschi e italiani.

LA CRIMEA SCEGLIE LA SECESSIONE

La Crimea sceglie la secessione
Usa e Ue: "referendum illegale" 

Sinferopoli, come si prevedeva, al referendum per la secessione della Crimea dall'Ucraina hanno nettamente vinto i si' con il 93%, secondo gli exit poll diffusi dall'agenzia russa Riva Novosti, mentre il 'premier' filo-russo Serghei Aksyonov sostiene invece che i si' sono stati oltre l'80%, perche' "su 1,25 milioni di votati, oltre un milione ha votato a favore dell'annessione alla Federazione russa con un'affluenza dell'81,5%.
  Aksyonov ha annunciato che gia' domani una delegazione del Parlamento di Sinferopoli sara' a Mosca per avviare le procedure di annessione. E a partire da aprile gli "stipendi e le pensioni" in Crimea saranno pagati "in rubli russi" e non piu nell'ucraina grivnia. Alta l'affluenza: alle 18 ora locale, le 17 in Italia, era del 75,9%, secondo quanto riferito dal presidente della commissione per il referendum Mikhail Malyshev. Il risultato e' la media tra il 73,41% della Crimea e l'83,5% di Sebastopoli. La Casa Bianca respinge il risultato scontato del referendum e bolla le azioni di Mosca come "pericolose e destabilizzanti". Non solo: Washington avverte che ora Mosca affrontera' "costi crescenti" per l'intervento militare e la violazione del diritto internazionale nella penisola ucraina. La Casa Bianca, rivolgendosi al Cremlino, ha detto che ormai "siamo lontani dai giorni passati", quando il mondo, "assisteva tranquillo mentre un Paese conquistava con la forza il territorio di un altro". Mogherini il referendum è illegale temo le conseguenze. Usa e Ue definiscono il referendum "illegale, e non ne riconosceremo i risultati" e "domani decideremo sanzioni" contro la Russia. E' quanto affermano il presidente della Commissione europea Manuel Barroso e il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy in una dichiarazione congiunta. Stessa posizione degli Stati Uniti, che con il segretario di Stato John Kerry ha ribadito che il referendum sulla secessione e' "illegale" e che gli Usa "non riconosceranno il risultato". Poco prima, era stato il presidente russo, Vladimir Putin, a sostenere il contrario: "Mosca rispettera' la scelta degli abitanti della Crimea. Il referendum sulla secessione della Crimea dall'Ucraina e' "legale", ha ribadito Putin in una conversazione telefonica con Angela Merkel. Nel corso del colloquio, il capo del Cremlino ha espresso "preoccupazione per le tensioni create nelle regioni meridionali e sud-orientali ucraine da gruppi radicali, con il consenso delle autorita' di Kiev". "Tregua" in Crimea tra Mosca e Kiev fino al 21 marzo. I due Paesi hanno siglato l'accordo per una tregua che mettera' al riparo le infrastrutture militari di Kiev da eventuali attacchi russi. "Un accordo e' stato raggiunto conm la Flotta russa nel Mar nero (che ha base a Sebastopoli, in Crimea, ndr) e con il ministero della Difesa russo", ha detto il ministro.
  "Nessuna misura sara' presa fino al 21 marzo", ha continuato conversando con i giornalisti, "contro le installazioni militari in questo periodo. In ogni caso stiamo inviando nuove unita' nei nostri siti militari". Intanto il ministro della Difesa ucraino, Ihor Tenyukh ha denunciato che i soldati russi presenti in crimea sono ormai a 22.000. Tenyukh ha spiegato che e' stato in questo modo violato il limite di 12.500 soldati previsto dall'accordo che consente a Mosca di avere una base per la propria flotta a Sebastopoli, su Mar Nero. Si tratta, ha sottolineato il ministro, di "una brutale violazione degli accordi e della prova che la Russia ha illegalmente fatto entrare truppe nel territorio della Crimea".
  "Siamo di fronte a un aumento delle unita' russe", ha detto ancora Tenyukh, "e le forze armate ucraine stanno prendendo misure appropriate lungo i confini a sud". Soldati e mezzi blindati ucraini si stanno spostando verso in confini con la Russia. Lo riferisce l'agenzia Itar-Tass, citando l'emittente ucraina '24' che ha mostrato le immagini di un treno che trasporta blindati. Residenti hanno riferito che il treno e' arrivato sabato alla stazione Kondrashevskaya Novaya, a 10 chilometri da Lugansk.

sabato 15 marzo 2014

ANNESSIONE CRIMEA RUSSIA DOMANI IL REFERENDUM

Annessione Crimea Russia: domani il referendum, fallito il negoziato Lavrov-Kerry 

Le oltre sei ore di faccia a faccia di ieri a Londra, nell’ambasciata Usa, tra i rappresentanti della politica estera degli Stati Uniti, John Kerry, e della Russia, Serghiei Lavrov, non hanno portato a nessun accordo sulla situazione Ucraina. “L’intervallo è finito, la partita continua”, ha commentato su twitter il ministero degli esteri russo.
Alla vigilia del referendum in Crimea per tornare che potrebbe annettere la regione ucraina alla Russia, consultazione che la comunità internazionale minaccia di punire con sanzioni da lunedì e che sta già surriscaldando la russofona Ucraina orientale, i volti dei due negoziatori alla fine del loro incontro erano tutto un programma, nessun accordo e una precipitazione della situazione con il simbolismo di due conferenze stampa finali, separate. Lavrov ha riferito che i colloqui sono stati “utili” per migliorare la reciproca comprensione ma ha ammesso che “non c’è una visione comune” tra Russia e Usa.
Nella serata di ieri una telefonata tra il presidente Russo Vladimir Putin e il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, Putin ha definito il voto di domenica “conforme ai principi del diritto internazionale e della Carta dell’Onu”, ma la comunità internazionale non è d’accordo e sta preparando sanzioni contro Mosca, lunedì riunione dei ministri degli esteri Ue per il via libera, ma Lavrov, pur escludendo qualsiasi piano di invasione  del sud-est ucraino, ha avvertito che le sanzioni sarebbero “controproducenti”.
Prima di azioni economiche, blocco dei beni di dirigenti russi, ministri, capi militari e dei servizi segreti, oligarchi e vera e propria, militare, una “ciber-guerra” si è manifestata contro il sito del Cremlino, del ministero degli Esteri e della Banca centrale russa.
Ieri i russi hanno annunciato di aver avvistato i primi droni americani.

LA MASSONERIA DECIDE LE SORTI DELL' ITALIA

La Massoneria Decide le Sorti dell'Italia 

Un autorevolissimo esponente politico della ormai defunta (?) Prima Repubblica si è scagliato, violentemente, contro l’attuale Premier, che incarnerebbe – a suo dire – il vero erede di Licio Gelli: “Dopo 35 anni vedo realizzarsi il programma di Rinascita Nazionale del toscano Licio Gelli”

Il commento di Rino Formica, socialista, ministro delle Finanze e del Lavoro in tre diversi governi della prima repubblica, oltre che lapidario appare inquietante. La dichiarazione è stata rilasciata alcuni giorni prima dell’annuncio della lista definitiva dei ministri, a trattative ancora in corso; del resto le motivazioni che hanno spinto l’ex ministro a spingersi in una considerazione così azzardata non avevano bisogno di nomi specifici, ma risiedevano nell’acuta osservazione dei fenomeni politici degli ultimi due decenni.
In un’intervista rilasciata al sito del Sussidiario. Formica spiega “la crisi di governo è in realtà una crisi di sistema, con un’accumulazione di detriti che ci portiamo dietro da vent’anni, e in un’epoca come la nostra, nella modernità di questi tempi, vent’anni equivalgono più o meno a due secoli dei tempi passati. La crisi è di sistema e si continuano ad affrontare gli effetti, non le cause”.
L’ex ministro vede alla base del nuovo esecutivo un patto tra Renzi e Berlusconi, una sorta di “maggioranza occulta”, così la definisce, basata sulla sintonia dei due leader i quali “non sopportano i corpi intermedi, non hanno un’idea della democrazia partecipativa, e vogliono semplificare senza riguardo usando, solamente al momento, forze politiche medio-piccole che esistono ancora oggi in Parlamento”.
La tesi di Formica si sposa, quindi, con quella di chi ritiene Alfano e il suo Ncd uno strumento nelle mani di Berlusconi: un piccolo gruppo parlamentare che ha una valenza rilevante all’interno del nuovo governo e la cui funzione sarebbe quella di assecondare l’esistenza dell’esecutivo senza compromettere, al momento, il partito del leader del centrodestra.
Ma per quale motivo l’asse “occulto” Renzi-Berlusconi porterebbe alla realizzazione del programma politico della disciolta P2? Anche su questo argomento le spiegazioni fornite dall’onorevole barese sembrano trovare solide basi nelle vicende politiche degli ultimi giorni. Il patto si fonderebbe su tre punti fondamentali: 

1) intesa a due per l’elezione del presidente della Repubblica, con una convergenza sul nome di Mario Draghi; 
2) elezioni politiche entro un anno con una legge elettorale che permetta l’eliminazione dei partiti medio-piccoli e l’emarginazione di Grillo e, infine, 
3) una larga maggioranza parlamentare che abbia come obiettivo primario la modifica costituzionale della forma dello Stato attuale.
“Non un golpe” spiega Formica “ma la risposta a ciò che chiedono i mercati. E questo mi sembra la fotocopia del programma di Gelli: non esistono più maggioranze catto-comuniste ma catto-massoniche”.
Un quadro sconcertante ma purtroppo realistico, che inevitabilmente richiama alla mente una celebre frase dello stesso Formica: “La politica è sangue e merda”

SI ALLE MACROREGIONI MA IN UN EUROPA......

SI ALLE MACROREGIONI MA IN UN'EUROPA UNITA E NEUTRALE 



La Lega e il 5Stelle sono i due soli movimenti antisistema nati in Italia nell'ultimo quarto di secolo. Fra la Lega delle origini e il movimento di Grillo ci sono parecchie affinità: la lotta alla partitocrazia, alla lottizzazione, all'occupazione arbitraria della Rai, alla corruzione, la riscoperta dell'identità e delle radici. Non stupisce quindi che Grillo abbia riesumato l'antica idea Bossi-Miglio delle macroregioni.

L'ipotesi Bossi-Miglio, assolutamente ragionevole, perchè una grande area, omogenea per economia, socialità, storia, costume, tradizioni, clima, ha tutto l'interesse, che non è solo economico, a svilupparsi, o anche a non svilupparsi, secondo le sue vocazioni più profonde, fu ferocemente avverstata dai partiti («le tre Repubblichette») che capivano benissimo che le macroregioni avrebbero tolto loro una buona fetta di potere.

E del resto la Lega non fece quasi nulla per far capire alla gente del Sud che se il Meridione era diventato un peso economicamente non più sostenibile per il resto del Paese, d'altro canto l'unità d'Italia, guardata nel corso del suo secolo e mezzo di vita, aveva danneggiato il Sud molto più del Nord che lo aveva colonizzato col suo devastante e totalmente deficitario industrialismo ('le cattedrali nel deserto') , espropriandolo anche, ai propri fini, delle sue energie migliori e più sane costrette a salire a Milano, a Torino, a Genova.
L'ipotesi Bossi-Miglio si è così trasformata, tanto per dare un contentino alla Lega, nell'ipotesi di un federalismo spalmato su una ventina di Regioni che non solo non ha alcun senso ma è dannoso. Perchè una macroregione può fare programmi di un certo respiro una piccola, poniamo l'Umbria o il Molise, da sola non va da nessuna parte. E questo federalismo è dannoso perchè costa più di quanto non risparmi.
Oggi però la partitocrazia, dopo vent'anni di scandali igniominiosi e di un'altrettanto ignominiosa inefficenza, con un'astensione alle stelle, un governo tenuto su con lo sputo, è molto più debole di allora. E' quindi possibile che quello che non è riuscito a Bossi riesca a Grillo.
Però Grillo, come il Matteo Salvini che ne ha accolto con favore quella che, al solito, viene chiamata una 'provocazione', ma provocazione non è, è un'idea, un progetto, c'è una contraddizione. Bossi e Miglio guardavano lontano. Ad un'Europa politicamente unita dove i punti di riferimento periferici non sarebbero stati gli Stati nazionali, che sarebbero scomparsi, ma, appunto, le macroregioni.

Ora, sia Grillo sia, più moderatamente, Salvini, sono antieuropeisti. Invece un'Europa politicamente unita è essenziale anche per il progetto delle macroregioni. Sullo stesso blog di Grillo c'è chi lo ha contestato: «Mentre tutti si aprono e i confini diventano interplanetari, il grande pioniere della democrazia e della società del futuro vuole tornare indietro». E' così. Grillo è un antimodernista, sia pur un po' confusionario.
Ciò che, oggi, ci sta strangolando tutti è proprio la 'globalizzazione interplanetaria' più di quanto farebbe un'Europa, secondo la mia formula, «unita, neutrale, armata, nucleare ed economicamente autarchica» che ci porrebbe perlomeno al riparo dagli effetti più devastanti, anche sul piano umano, della globalizzazione. Una società del futuro non può che essere un ritorno, sia pur graduale, limitato e ragionato, al passato. L'Italia migliore, in economia, nelle arti figurative, in letteratura, è stata quella dei Comuni, delle Repubbliche marinare, dei Ducati e dei Granducati. Sulla storia dell'Italia unitaria, ha ragione Grillo, è meglio stendere un velo pietoso.

lunedì 10 marzo 2014

TARANTO: PAPPADAI, DIGA DI RIFIUTI INVECE CHE ACQUA. DIMISSIONI DI VENDOLA!

TARANTO: PAPPADAI, DIGA DI RIFIUTI INVECE CHE ACQUA. DIMISSIONI DI VENDOLA!  



Lannes chiede le dimissioni di Vendola, per l'ennesimo spreco di denaro pubblico 250 MILIONI DI EURO Ma come osa? Vendola ed il suo partito sono con le fasce deboli e contro i poteri forti, per questo sono con Tsipras...per cambiare...e solo chi è moralmente superiore come SEL è legittimato ad esistere e sentenziare Bentornati in Puglia, una delle 5 regioni italiane a rischio desertificazione. Ecco un enorme invaso nel territorio di Monteparano, ai confini con l’agro di Grottaglie in provincia di Taranto. Il bacino idrico - un’opera pubblica mai collaudata - è stato progettato per contenere 20 milioni di metri cubi d’acqua prelevati (a parole) in Basilicata. Solo che l’oro blu lucano - sempre più impestato dagli idrocarburi trafugati dall’Eni - non ha mai fatto la sua apparizione.
Doveva servire a irrigare 7.200 ettari di terra nel Salento e nel tarantino, che però di acqua non ne hanno visto neanche una goccia, se non quella piovana. A scorrere è stato solo un fiume di denaro pubblico, erogato dall’ignaro contribuente italico: attualmente 250 milioni di euro. Al posto dell’acqua, in compenso sono confluiti i rifiuti.
Il 18 ottobre 2012 ho denunciato in diretta televisiva su Rai 3 questa situazione di pericolosa illegalità e isnalubrità per la salute publbica e l'ambiente, ma non è servito a niente.
Allora, Nicola Vendola si dimetta dalla carica di presidente della Regione. Queste distrazioni non sono ammissibili da chi addirittura si autoproclama un ecologista. E l'elenco è lungo, come ben sa.

ARGENTERIA RADIOATTIVA

Argenteria radioattiva 

Tradotto da barbaranotav per Dietro il Sipario, attualmente gentilmente bloccato da Google. Per i links contenuti nel testo andare all'articolo originale 
 Il Governo statunitense sta per autorizzare lo smaltimento di materiale radioattivo nell'argenteria.
La comunità scientifica, in modo schiacciante conviene che qualsiasi quantità di radiazioni - non importa quanto minima -può causare il cancro ed altre serie conseguenze sulla salute. (Gli attuali standard di sicurezza sono basati sul ridicolo presupposto che chiunque esposto sia un uomo in salute sui 20 anni e che le particelle assorbite nel corpo non sono più dannose di quelle che possono colpire il corpo dall'esterno.... Nel mondo reale, comunque, anche basse dosi di radiazioni possono causare cancro. Inoltre, piccole parti di radiazioni - chiamate "emettitori interni" che possono entrare nel corpo sono molto più pericolosi che esposizioni generali alle radiazioni. Vedi qui e qui. E le radiazioni colpiscono bambini piccoli in misura maggiore che adulti maturi.)
Ma il dipartimento per l'energia - l'agenzia che è responsabile nella progettazione, sperimentazione e produzione di tutti gli armamenti nucleari americani, promuove l'energia atomica come una sua funzione primaria, che ha coperto gli incidenti nucleari per decadi, e che ha impiegato cellule umane mutate per pubblicizzare voodoo, argomenti anti scientifici adesso propone di introdurre le radiazioni nell'argenteria.
Nota di Counterpunch:

Perfino il Wall Street Giournal tanto entusiasta della deregulation sembrava schioccato: " Il dipartimento dell'energia sta proponendo di permettere la vendita di tonnellate di metallo di scarto dei siti governativi nucleari - un tentativo di ridurre le scorie che i critici sostengono condurrà (ndt a ritrovarsele) nelle fibbie delle cinture, in impianti chirurgici ed altre prodotti di consumo."

Avendo fallito negli anni 80 e 90 nel bonificare gli impianti di fabbricazione delle bombe ed i laboratori nazionali dai milioni di tonnellate di rifiuti radioattvi e dal nickel, il DOE (Dept. of Energy) ci riprova di nuovo.
Quest'ultima proposta avanza senza nemmeno la Valutazione di impatto ambientale. Queste incasinate dichiarazioni comportano audizioni pubbliche, potrete perciò immaginare la riluttanza del Dipartimento dell'Energia nell'affrontare il pubblico aggiungendo ancora radioattività alle dosi che stiamo attualmente accumulando.
Il parlamentare Markey scrive:


La proposta del DOE di permettere che 14,000 tonnellate di scarto metallico radioattivo vengano riciclate in prodotti di consumo è stata oggetto di interpellanza parlamentare oggi da parte del parlamentare Ed Markey in merito alla salute pubblica. In una lettera inviata al DOE indirizzata a Steven Chu, il parlamentare Markey ha espresso "grave preoccupazione" sulla possibilità che questi metallii diventino gioielleria, posate, ed altri prodotti di consumo che potranno sforare la soglia di sicurezza di esposizione alla radioattività senza che il consumatore ne sia a conoscenza.

DOE ha avanzato questa proposta per abrogare la precedente moratoria sul riciclaggio degli scarti metalli radiattivi del dicembre 2012.
La proposta segue l'incidente nel 2012 accaduto alla catena di nogozi del marchio  Bed, Bath & Beyond  in America che ha richiamato i proprietari di tessuto fatto in India contaminato con l'isotopo radioattivo cobalto 60.Questi prodotti son stati spediti a 200 negozi in 20 stati. In risposta all'incidente, un portavoce della commissione di regolamentazione nucleare ha avvertito il pubblico di restituire i prodotti anche se l'entità della contaminazione non è considerata rischiosa per la salute.

Questa non è la prima volta che succede.
Come riportò il Progressive nel 1998, il rifiuto metallico radioattivo finiva dentro tutto dall'argenteria ai tegami e fibbie:
Il Dipartimento dell'Energia ha un problema: cosa fare con le milioni di tonnellate di materiale radioattivo. Così il DOE elabora questo piano creativo di disporre delle sue problematiche tonnellate di nickel, rame, acciaio ed alluminio. Vuole lasciare raccogliere  i rifiuti metallici dalle ditte specializzate, eliminare la radiottività e vendere il metallo alle fonderie che a loro volta lo rivenderebbero a fabbricanti che lo potrebbero impiegare per oggetti quotidiani per la casa: pentone, tegami, forchette, cucchiai e perfino nei tuoi occhiali.

Forse non lo saprai, ma il governo già permette sotto licenza speciale, di comprare e vendere materiale radioattivo: 7,500 tonnellate nel 1996 secondo le stime di un'industria. Ma la quantità di questo riprocessamento potrebbe incrementare drasticamente se il DOE, la Commissione per la Regolamentazione nucleare ed il fiorente comparto dell'industria per il riprocessamento di metallo radioattivo la spuneranno.
Stanno facendo pressione per un nuovo standard permissivo che tolga i permessi speciali e consenta alle compagnie di comprare e rivendere milioni di tonnellate di scrti metallici a bassa radioattività.
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Lo standard che le compagnie stanno cercando potrebbe causare 100,000 casi di cancro negli stati uniti, secondo le stime del NRC.
(Un paio di anni dopo, il parlamentare Markey ha messo al bando la maggior parte degli scarti radioattivi.....ma il DOE sta cercando di tornare indietro)

I rifiuti radioattivi sono un problema globale. Come riportò Bloomberg lo scorso anno:

"Il maggior rischio che dobbiamo affrontare nella nostra industria è costituito dalle radioazioni" ha detto Paul De Bruin, Responsabile della sicurezza da radioattività per la Jewometaal Stainless Processing, uno delle più grandi depositi di rottami dell'acciaio inossidabile. "Puoi parlare di sicurezza quanto vuoi, ma ho trovato armi all'uranio impoverito in discarica. Dov'era la sicurezza?"


Oltre 120 spedizioni di merce contaminata, incluse posate, fibbie ed attrezzi da lavoro come martelli e cacciaviti non sono state autorizzate ad entrare negli Usa tra il 2003 e 2008 dopo che le dogane ed il Dipartimento per la sicurezza interna ha incrementato i controlli sulla radioattività ai confini.

Il dipartimento ha declinato la richiesta di fornire dati aggiornati o di commentare come i tessuti al Bed, Bath & Beyond tinti con il cobalto 60 usati per la strumentazione medica nella diagnosi e trattamento del cancro non siano stati intercettati.

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" Il pubblico sostanzialmente ignora di vivere in un mondo radioattivo" secondo quanto riferito da Ross Bartley, direttore tecnico per l'ufficio del riciclo, che ha detto che la contaminazione ha causato una perdita delle vendite. "Quelle scatole di tessuto sono problematiche perché sono radioattive e sono state poste in dispositivi radioattivi"

Scanners medici non più usati, apparecchi per la lavorazione del cibo e attrezzature usate per l'attività estrattiva contenenti metalli radioattivi come il cesio-137 ed il cobalto 60 sono raccolti dai rottamatori, venduti a chi si occupa del riciclo, fusi dalle fonderie, afferma l'IAEA.

Rifiuti pericolosi vengono da ospedali e basi militari in disuso, come da agenzie governative che hanno perso la loro funzione per gli elementi radioattivi.L'esposizione cronica a dosi basse di radiazioni può causare cataratte, cancro e malformazioni fetali, secondo quanto riporta l' Agenzia per la Protezione ambientale americana. Uno studio del 2005 su oltre seimila taiwanese che vivevano in appartamenti costruiti con acciaio di rinforzo radioattivo, dal 1983 al 2005 ha mostra un aumento drastico di leucemia e tumori al petto. 

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India e Cina sono le principali fonti di merce radioattiva spedita negli Usa nel 2008, secondo il Dipartimento per la sicurezza interna. Bartley, un metallurgista che registra le contaminazioni dal 1990, sostiene che non c'è alcuna prova che la situazione sia migliorata.

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Due anni dopo la morte di un lavoratore negli scarti metallici, a causa dell'esposizione alle radiazioni, il  secondo paese nel mondo per popolazione non ha installato allarmi, ha detto il Ministero dei Trasporti a dicembre

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"La stessa cosa può accadere facilmente domani", ha detto Deepak Jain, 65 anni, proprietario della discarica dove morì il lalvoratore. "Non abbiamo alcuna protezione. Il governo promette molto, ma non ha fornito proprio niente"
Intanto siamo bombardati da radiazioni di basso livello da ogni parte:

  • dai tests nucleari che hanno creato un livello base di cesio e iodio radioattivo per la prima volta
  • I paesi sversano tutto il materiale radioattivo, dalle fusioni nucleari a sottomarini nucleari nell'oceano 
  • nell'aria


  • In Giappone, raccolti radioattivi sono mischiati con cibo non irradiato


  • Sembra che gli Stati Uniti abbiano raggiunto un accorto con il Giappone secondo il quale gli Usa continueranno ad importare pesce dal Giappone anche se tale cibo non è stato testato per la radioattività 
  • Buona parte del nostro cibo è stato intenzionalmente irradiato 

(Il governo non ci tratterebbe mai come dei porcellini d'India vero?)

Cosa possiamo fare? Nota di Counterpunch:
Puoi dire al DOE di continuare a tenere il suo metallo radioattivo fuori dalla rete commerciale delle forniture di metallo, dal commercio e dagli oggetti personali.
Puoi chiedere una valutazione di impatto ambientale completa.