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domenica 9 marzo 2014

SONDAGGIO DATAMEDIA /SODDISFATTI GLI ESPONENTI DEL PD

Sondaggio Datamedia Ricerche per Il Tempo: vola la fiducia in Renzi. Soddisfatti gli esponenti del Pd 

Il sondaggio dell’Istituto Datamedia ricerche per Il Tempo pubblicato questa mattina, mostra chiara ed evidente la crescita del premier nella fiducia degli italiani: con un +7% in una settimana, l’effetto Renzi è confermato e l’ondata positiva investe anche il Partito Democratico che guadagna l’1,3% nella corrente rilevazione.
Molti esponenti del Pd hanno accolto favorevolmente i risultati. A partire da Massimiliano Manfredi che, sul suo blog commenta: “Il lavoro del premier Matteo Renzi è evidentemente apprezzato dagli italiani. Il sondaggio di Datamedia Ricerche per Il Tempo che oggi vede crescere la fiducia nel primo ministro di 7 punti in 7 giorni (passando dal 48 al 55%) ne è la riprova”. “Una sferzata d’aria nuova , una forza propulsiva unica nelle riforme e la volontà di lavorare per il Paese, questo è quello che muove Renzi ed il suo esecutivo e gli italiani lo hanno capito. L’Italia #cambiaverso” conclude.
Gli fanno eco anche i deputati del Partito democratico Lorenza Bonaccorsi, Federico Gelli ed Ernesto Magorno che commentano: “La politica non perde occasione per polemizzare contro Matteo Renzi, anche con critiche preventive, ma intanto la fiducia degli italiani nel premier cresce. E’ il segno che il nuovo governo e’ sulla strada giusta”. “Il sondaggio di Datamedia conferma il dato – spiegano i deputati Pd – che prevale da alcuni giorni nelle rilevazioni: la fiducia in Renzi aumenta, e’ cresciuta di 7 punti in 7 giorni. Si tratta di una grande responsabilita’, che mostra le grandi aspettative che gli italiani ripongono nel nuovo esecutivo e nel presidente del Consiglio. E’ l’ultima chiamata per un parlamento che fino a un mese fa era paralizzato: chi soffia sul fuoco, anche dentro la maggioranza, ne tenga conto. I sondaggi positivi per il premier hanno anche un altro significato: non e’ certo Renzi ad avere paura delle urne”.
Commenta il gradimento per il Presidente Renzi, anche  il senatore Claudio Moscardelli  che spiega: “cresce in tutti i sondaggi, a dispetto dei pregiudizi di qualcuno”. “L’ultima rilevazione di Datamedia registra un aumento della fiducia di 7 punti. E’ un dato destinato a non fermarsi-sottolinea il parlamentare-, perchè Renzi ha ben chiaro che il Paese si aspetta una svolta sulla crescita economica e sul lavoro. La prossima settimana il Consiglio dei ministri varerà importanti provvedimenti per il jobs act, la casa e l’edilizia scolastica. Si preparino i gufi, la fiducia per le politiche del governo crescerà ancora”. 
                                    


IL FALLIMENTO DI UN' IDEA CIAMATA EUROPA

Il Fallimento di un’Idea chiamata “Europa” 

La società civile europea, in ognuna delle nazioni, è perfettamente cosciente della provvisorietà della sua situazione. La storia in europa non è terminata, tale compimento è immaginabile solo presso i popoli che incarnano un’ideologia – per natura impaziente, per natura isolata dalla realtà, per natura convinta che il popolo in questione è fin d’ora pervenuto alla fine dei tempi.
Siamo un popolo che ha una coscienza escatologica, siamo gli eletti della nostra Heilsgeschichte.
Non è questo però il caso delle nazioni europee, immerse nella storia: esse sanno che lo stato non ha molto a che fare con il museo delle antichità caro a Friedrich Engels e sanno pure che la Chiesa è capace di giocare su parecchi piani. E poi, gli europei che pensano sanno anche perfettamente che il segreto della politica è questo gioco su diversi registri istituzionali, che il più machiavellico degli uomini di Stato è assoggettato alle forze della storia, forze di cui non è mai veramente padrone.
Nel momento della disfatta della concezione teocratica (a Mosca) e nel momento dell’apparente vittoria della concezione liberale (a Washington), l’europa dice sottovoce a se stessa che la seconda seguirà la prima nell’oblio e – di conseguenza – che non bisogna contare troppo sull’immortalità della società civile in quanto futura linea di forza e modello.
Ma c’è di più. All’orizzonte dei decenni che si aprono davanti a noi, si profila una sorta di campo di battaglia tra la concezione liberale di tipo americano e la concezione nazionale. E’ segno di buona educazione scommettere in favore della prima i cui prodotti palpabili sono ingurgitati fino al vomito. Dentro di sé, l’europa sa che sono cose effimere, che Vico e Hegel avranno l’ultima parola perché la loro tesi distingue tra corsi e ricorsi, tesi e antitesi. E’ sempre la dialettica – concetto essenzialmente europeo – definito già da Eraclito ed Empedocle nella notte dei tempi.
In questo campo di battaglia, la nazione deve prevalere sull’internazionalismo, che – nella sua versione moscovita o americanaequivale alla morte dell’europa. Convegni, tavole rotonde, conferenze, opere sono consacrate a questo tema, il che è segno di una inquietudine, di un’incertezza.Dietro a questo fenomeno, ci sono sei decenni di propaganda sorniona contro l’idea di nazione e per l’internazionalismo che dissolve le identità, cancella i simboli ed instaura il regno della merce e delle nozioni riducibili a slogan. Questa è l’ultima parola del liberalismo che ha dietro di se un potente motore, l’America.
Perché l’egemonia della società liberale ha dei limiti nella durata. A dire il vero, vale anche per lo stesso liberalismo. Ma, l’uno o l’altra, sono rafforzati dagli Stati Uniti che ne sono tanto più sostenitori in quanto non hanno mai conosciuto altro, un’altra combinazione, un altro regime, un’altra concezione politica, un’altra idea.
Essi mettono in opera tutta la loro energia per creare un pianeta cosiddetto liberale, per la maggior gloria del loro modello, della loro formula. E’ dunque una lotta mortale tra un’America liberale ideologicamente monocroma e un’europa accogliente delle differenze, delle immaginazioni, delle culture: in una parola, delle nazioni.Una volta stabilito che parlare di un modello equivale - per l’europa – al suo asservimento (perché l’europa non è una e non ha bisogno di modelli, altro termine per designare l’uniformità), torniamo indietro per esaminare quello che l’America riserverebbe ad un continente omogeneizzato.Ho sottolineato, come un dato estremamente importante, il fatto che l’America – al contempo - ignori la storia e sia indottrinata a concepirla solo in termini di mali che bisogna soprattutto evitare e che i suoi antenati hanno evitato, appunto. Gli stessi padri fondatori conoscevano solo una storia aggiustata secondo le loro idee: quella delle libertà britanniche contro l’arbitrio regio e degli annali di Roma che li avvertivano dei pericoli che il Senato correva di soccombere al principato dei Cesari. Fin dall’inizio – di conseguenza – la storia degli Stati Uniti si sviluppa sulla base del principio di combattere sempre il regio-cesareo, cosa che i dirigenti del paese realizzarono estendendo la democrazia liberale fino ai limiti del grottesco: svestirsi in pubblico è assimilato alla libertà politica del cittadino, bruciare la bandiera anche.Non rimane dunque più spazio per il buon gusto, la decenza, le buone maniere, per la morale ed il patriottismo: tutto deve cedere, tutto deve essere misurato alla stregua dell’atto individuale, del capriccio, del volgare. In poche parole, all’arbitrio di Cesare si è sostituito quello dell’uomo medio. L’uno è destabilizzante e demoralizzante quanto l’altro.
Ciò che resta come criterio di tutti i comportamenti, è l’efficacia-successo del business, terreno neutro, quello della redditività. I valori americani scaturiscono dall’intesa su questo minimo denominatore che i portavoce del liberalismo - perfetti conoscitori della materia – formulano e giustificano.
Cosa dicono Ludwig von Mises, Friedrich von Hayek, Karl Popper, tutti europei maturati, per buone ragioni, in America, rappresentanti di quelle tentazioni che furono state rimosse dal suolo dell’europa?
Questi economisti liberali ed i loro interlocutori filosofici, affermano che la nazione è un’idea vaga, che l’uomo appartiene solo a se stesso, che l’appartenenza ad una razza, ad un linguaggio, ad un paese è secondaria (Mises) e che le frontiere sono obsolete perché solo la mobilità della merce conta. Hayek vede il grande merito del libero mercato nel fatto che non riconosce alcuna finalità (società liberale priva di telos), se non la felicità personale.
Ma quale tipo umano produce questa formula che si dice non ideologica? La risposta ce la fornisce Henri Lapage ne “Pourquoi la propriété“. Una vera e propria truffa intellettuale perché la sua formula è fondata sull’irreale, su una contro-verità. Tranne alcuni stravaganti irresponsabili, nessuno può sostenere che l’uomo non dipende da nessuno perché – in verità – lungo tutta la sua vita egli dipende dagli altri, da persone fisiche o morali: nella sua famiglia, la sua istruzione, il suo lavoro, la sua vita sociale, nell’utilizzazione del suo stesso linguaggio (quest’ultimo, quello che l’idea europa non ha mai avuto né potrà mai avere).
La vita in comunità è fondata su un ordine sociale già esistente con diritti ed obblighi radicati nella natura umana. La teoria del contratto, base e principio del liberalismo ed avente la sua origine in Hobbes piuttosto che Rousseau, dissolve i legami diversi da quelli dell’interesse materiale e momentaneo di ciascuno ed instaura delle partnerships tra uomini estranei gli uni agli altri e che restano tali.
E’ quindi evidente che gli Stati Uniti non “vendono” unicamente un sistema economico o un modello sociologico, ma una visione totale del mondo che costituisce un blocco. In questo monolito ideologico, il capitalismo figura allo stesso titolo della cultura di massa. E le pratiche ugualitarie, allo stesso titolo del pluralismo. Sarà bene sottolineare che il popolo che vuole “acquistare” il modello americano, porta via egualmente gli accessori, essendo la merce indivisibile. Prendere o lasciare, ma – appunto – non c’è scelta: bisogna prendere. La merce arriva in un pacco ben confezionato: il sex-shop così come il diritto per lo studente. Uguale.
L’europa è costretta a fronteggiare una situazione simmetrica a quella che la sua metà dell’Est ha conosciuto sotto il regime marxista. Teocrazia marxista e liberalismo americano rappresentano una rottura d’equilibrio: in favore dello Stato o in favore della società civile. Con l’arretramento del primo modello, il secondo accumula degli atout.“La scommessa di due secoli è vinta, il pianeta si installa in uno dei modelli, la storia ormai si ferma“, ecc. – Fukuyama ripete ciò che disse Stalin nel 1934! Dopo 17 anni di regime sovietico, questi dichiarò che la storia finiva e che in futuro sarebbero bastati piccoli aggiustamenti al vertice – ossia da parte del Politburo – per far funzionare la grande macchina comunista lanciate sulle sue rotaie.
Abbiamo a che fare con un’escatologia laica. Anche l’impero romano-germanico medievale credeva di essere – è bene ricordarlo – “fine della storia“, sfociante direttamente nella salvezza in quanto parte della storia sacra. Hitler, in fondo, con il suo Terzo Reich che doveva durare mille anni, non ragionava diversamente.
Ciò che soprattutto ci interessa, è che il millenarismo gode di buona salute e che un impero considerato pragmatistico e mercantile, pensa se stesso secondo lo schema di tutti gli altri imperi ideologici passati e presenti.
Questo avvenire escatologicamente concepito, bloccò infatti nel XIX secolo l’appellativo di nazione, come blocca nel XXI secolo l’appellativo di impero. Il fatto è che questi due concetti si inseriscono sempre nel corso della storia, non ne propongono affatto la fine.
Infatti, gli Stati Uniti non sono né una nazione né un impero: tendono le braccia (come la loro statua all’ingresso di New York) verso l’umanità accogliendo tutti i membri o – dovrei dire – ogni unità perché l’arrivo su quei lidi abolisce automaticamente sia il passato sia le sue distinzioni.
Più importante del passato c’è l’avvenire, l’edificazione di un’umanità nuova, fondata su altri postulati e che fissa il suo sguardo su un altro orizzonte. Perciò gli Stati Uniti sono costretti ad inventare concetti di coesistenza nuovi che mostrino la novità dei rapporti tra gli uomini. Il termine più adeguato è ancora “società“, mentre la storia di questa società cede all’espressione american experience.Termine che suggerisce l’apertura a sempre più democrazia, uguaglianza, pluralismo e benessere. Mosca non diceva nulla di diverso quando i corifei del Kremlino distinguevano accuratamente tra la fase intermedia “socialista” e la fase ultima “comunista: dove tutte le imperfezioni e le contraddizioni avrebbero trovato il loro rimedio.
In europa, le radici classiche e cattoliche sono più potenti di quanto non si pensi e lo Stato-nazione è il loro prodotto. Come dire che – malgrado le apparenze – le società civili in europa sono inquadrate dallo Stato e che il sentimento nazionale è conservato con l’aiuto spontaneo degli avvenimenti stessi.
Inutile negare che, sotto la pressione dell’ideologia liberale e della struttura sociale da essa realizzata, l’indebolimento di queste forze – statale, nazionale e religiosa – prosegue, con sforzi sempre rinnovati. Tuttavia, per quanto quasi sotterranee, le forze tradizionali continuano a resistere alle devastazioni dell’ideologia liberale animata da velleità totalitarie.
Il liberalismo ci fornisce ogni giorno prova di quanto le sue ambizioni superino il terreno dell’economia, lanciandosi alla conquista della società civile in un primo tempo, poi dello Stato e – per finire – della Chiesa.
Nel corso di questo processo, il liberalismo si è pensato sempre di più come una formula di abolizione della storia. Dunque, come un’escatologia, una religione laica. Questo processo si è evoluto parallelamente con il marxismo e non è escluso che la lotta mortale contro quest’ultimo, accelererà la maturazione liberale dando luogo a forme eccessive, americane.
Ora – più il modello americano è considerato esclusivo, del successo di ogni cosa – più i paesi che l’adottano, saranno condizionati ad uscire dal loro quadro nazionale. Il pericolo, un pericolo dalle dimensioni storiche è imminente e si potrebbe dire che il secondo atto di un’impresa – che fu prima marxista – è mirante ad abolire le forze che resisteranno al rullo compressore del materialismo livellatore.
In ultima analisi, lo spirito del secolo, se non della modernità, è stato questo:
cambiare la condizione umana e la storia con l’ausilio di due potenze ideologiche, estranee all’europa, ma che si sono assegnate il compito di alienare l’europa da se stessa. 

Il grande metodo consiste in una dissoluzione del doppio quadro del pensiero e delle sensibilità formate dallo Stato-nazione e dalla religione-Chiesa. Il pretesto del loro smantellamento è il fatto che l’uno e l’altro hanno generato nel corso della storia forme eccessive. Hanno fatto altrettanto, liberalismo e socialismo a partire dalla loro posizione di forza. Tutto ciò che è umano aspira al potere (libido dominandi): questa tendenza non è appannaggio di una sola scuola di pensiero, di un solo movimento. Resta da sapere quali sono i mezzi di resistenza al maremoto ideologico che – tramite marxismo e liberalismo – infierisce sull’europa. Perché, affermare che è uno Zeitgeist al quale sono stati fatti indossare tanti abiti, non vuol dire niente.
Il marxismo lo è stato nel 1930 – benché abbia dovuto dividere il proscenio con il fascismo – e il liberalismo ha già 150 anni dietro di sé. Il cambiamento non avverrà dall’interno del sistema, dalle sue cosiddette contraddizioni. Al contrario: gli avvenimenti dell’Est lo dimostrano.
Con l’aiuto di una propaganda incessante, assieme agli utili idioti non pensanti del popolo, l’ambiente imperante ci persuade che il sistema – qualunque sistema si conosca dall’interno - è naturale quanto la natura – e che le cose sono così e non altrimenti. Il cambiamento avviene dall’esterno: nel caso dell’europa, dalla sua parte orientale.Un Brzezinski, un George Pilder, un Peter Drucker – per esempio – si ispirano al miracolo tecnologico e tecnostrutturale, preconizzando un pianeta le cui “unità” non saranno più nazioni, imperi e popoli sovrani, ma banche giganti, transnazionali, laboratori elettronico-spaziali. Ecco ciò che soddisfa l’immaginazione della destra-sinistra: una sorta di ritorno della dottrina di Saint-Simon, fusa con le trovate di Marshall McLuhan.
Tutte le tendenze utopistiche dei secoli passati si ritrovano e si spalleggiano in questa nuova e meschina ideologia che – nel migliore dei casi – si ispira a Jules Verne.
Il caso degli Stati Uniti è quello di una società (né Stato, né religione, né spessore storico) isolata dal pianeta, creata con l’intenzione di salvare il genere umano dal peccato e dai suoi frutti: miseria, malattia e servitù.
Si tratta dunque di un’ispirazione religiosa (calvinista), della trasposizione del trascendente nell’immanente, del sacro nel profano. Il contenuto originario della fede è svanito, ma lo zelo del missionario resta intatto: invece di condurre gli uomini a Dio, bisogna condurli alla democrazia. Avviene qui un malinteso tragicomico.Questa democrazia non è ateniese, nemmeno giacobina, non è proprio una nozione politica.
E’ imposta come vissuto, una virtù, un modo di vita ed un modo di essere. Democrazia della famiglia, nell’aula scolastica, in chiesa, nei gruppi e nelle associazioni, nelle procedure giudiziarie. Al contrario, la parola demonizzata sarà l’autorità, perché “in nome di cosa esercitarla“?
Da qui: uguaglianza, livellamento, uniformazione, spersonalizzazione, demitizzazione. Ne conseguono: rapporti umani resi asettici seguendo le formule in voga, un conformismo immediato e totale perché il “non conformista” diventa ipso facto immorale, insano, peccatore, maturo per l’ostracismo. Ieri era ritenuto troppo incline al sesso, oggi non abbastanza.

PENSIONI ANTICIPATE E USURANTI 2014 INPS / LA POSSIBILE SOLUZIONE

Pensioni anticipate e usuranti 2014, Inps: la possibile soluzione del Governo Renzi 

Si continua a parlare del destino delle pensioni precoci e usuranti e di ciò che farà il nuovo Governo Renzi 
Il famoso Job Act, il piano lavoro ideato dal Governo Renzi, è la speranza di tutti coloro che attendono modifiche alle leggi sulle pensioni precoci e usuranti.
Secondo quanto annunciato, il piano sarà pronto per fine mese. Nel frattempo circolano indiscrezioni sulle possibili soluzioni adottare dal Governo Renzi per risolvere la questione delle pensioni.
Le modifiche alla tanto odiata riforma Fornero, richiesta dalle forze sindacali, politiche e dai pensionati stessi, sono ritenute necessarie dallo stesso Matteo Renzi, almeno in base quanto dichiarato da lui stesso.
Quale potrebbe essere la soluzione adottata dal Governo Renzi?
Pensioni anticipate e usuranti 2014: la possibile soluzione
Le categorie di lavoratori che dovrebbero andare in pensione anticipatamente, tenuto anche conto della mansione lavorativa (lavori usuranti) che svolgono o dell'età in cui hanno iniziato a lavorare, possono contare sulla posizione di diversi viceministri e sottosegretari nuovi, che in appoggio a Damiano, contemplano la possibilità di stabilire un'uscita flessibile dal lavoro, raggiunti i 62 anni e avendo 35 anni di contributi e penalizzazioni, o incentivi.
C'è poi l'idea di Giovannini, che parla di un prepensionamento che permette l'uscita anticipata dal lavoro attraverso una specie di prestito dello Stato, dell'Inps o dell'azienda. Questo prestito pensionistico potrebbe permetterebbe l'accesso alla pensione anticipata con 2 o 3 anni di anticipo rispetto ai requisiti stabiliti dalla legge Fornero, garantendo al lavoratore un assegno pensionistico, di circa 700,00 euro al mese. Una volta raggiunta la pensione che gli spetta, il pensionato dovrà pagare il prestito tramite una decurtazione del 10 o 15% sull'assegno.
Quale delle due strade imboccherà il Governo Renzi?
Nel frattempo sul Web impazza anche la mobilitazione #renzitaglialetasse

LA DIGNITÀ SOTTRATTA ! E I SUICIDI A CAUSA DELLO STATO

La dignità sottratta dallo Stato Italiano: i suicidi a causa della crisi  

Imprenditori, impiegati, disoccupati e pensionati: Il dramma della crisi ammette ogni tipo di sconto sulla vita. 
Quello che scatta nella mente del singolo non è un mistero, anzi tutt'altro, per "l'uccisore di se stesso", questo è solo un metodo empirico fondato su due elementi strettamente connessi tra loro: uno è il motivo, l'altro è la ragione, che da come risultato unico il suicidio, con l'assistenza dello Stato Italiano.
I dati di ciò che è avvenuto nell'ultimo anno, ribaltano ogni principio democratico e costituzionale, i numeri fanno paura: sono 151 i caduti della crisi che si sono uccisi per colpa di uno Stato diventato l'istigatore materiale al suicidio che rende impossibile una vita dignitosa a chi vuole onestamente lavorare.
Il fenomeno fino al 2012 si concentrava principalmente nell'area nord-est del paese a causa della maggiore densità industriale, mentre nel 2013 il trend si è uniformato nell'intera nazione dovuto all'incremento vertiginoso dei suicidi, che è raddoppiato. Allo stesso modo aumentano i tentati suicidi, toccando quota 84.
Le motivazioni per chi si accinge a compiere il tragico gesto sostanzialmente sono poche, ma tutte di matrice socio economica: perdita del posto di lavoro, mancanza di denaro, debiti verso l'erario e situazione debitoria insanabile. Aggiungendo che in tutto questo, gioca un ruolo primario, la dignità del lavoratore stesso.
D'altronde i governanti di mestiere che siedono nei palazzi Romani sono gli inventori della dignità perduta. Sono loro che abbandonando al loro destino tanti padri di famiglia, diventano l'esempio scandaloso di chi non promuovendo leggi di sviluppo economico, induce il singolo alla degradazione delle proprie condizioni sociali, rendendogli irrealizzabile una condotta di vita dignitosa.
Di conseguenza arriva la ragione al suicidio: le vittime della povertà si sentono catapultate per forza Statale in un vorticoso limbo infernale, che senza uscita alcuna trova la fine di ogni male nell'estremo gesto razionalizzante di uccidere se stesso, anche se la ragione di tutto è da imputare alla Repubblica Italiana divenuta il mandante occulto di questa strage silenziosa.
Di una Repubblica che cerca solo di rispettare i vincoli Europei o meglio ancora, mostra i suoli limiti governativi imputando alla legge elettorale il male assoluto, senza effettivamente soffermarsi su quelli che sono i bisogni primari del paese, il lavoro, il rilancio delle piccole e medie imprese e l'assistenza a chi non arriva neanche alla seconda settimana.
Da qualche parte sta scritto "La Repubblica Italiana riconosce a tutti i cittadini, il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto", peccato che tutto ciò è solo un'ibrida utopia, che al momento nessuno ha la capacità di realizzare.
Per qualcuno è difficile capire che senza occupazione non c'è dignità, che senza il rilancio dell'economia reale si rischia di minare la fiducia dell'intera nazione, continuando così il clima d'incertezze potrebbe presto trasformarsi in tensioni socio-rivoluzionarie.
In fondo tutto è iniziato, con gli ultimi i governi di marchio comunista, che sovvertendo ogni principio costituzionale ha dato il via a un austero genocidio di Stato.

ECCO TUTTI I RICICLATI DA 18 MILA EURO AL MESE

Elezioni europee, ecco tutti i riciclati da 18mila euro al mese 

Cinque anni in Europa, con uno stipendio da 18mila euro al mese: quello assicurato dallo scranno da eurodeputato tra paga base, diarie, bonus e indennità giornaliere e di trasferta. Un posto ambito che ci si giocherà alle elezioni del prossimo maggio. Un'occasione per mettersi alla prova, per dimostrare di avere ancora un peso elettorale o, semplicemente, per riciclarsi ed essere lautamente pagati. Scatta così la lotta per ottenere un posto in lista. Lotta durissima per chi, per esempio, è stato "trombato" dal Parlamento italiano.Il ritorno di Baffino -Basta Casta-Italia ha stilato una lista di tutti i "riciclandi" che cercano lo scranno europeo, tra i quali svetta - e non è un mistero - Massimo D'Alema, fatto fuori dal Parlamento alle politiche del 2013 e che, ora, Matteo Renzi potrebbe anche essere disposto a spedire in Europa pur di diminuire la tensione tra il premier e la vecchia guardia del Partito democratico. Non a caso, pochi giorni fa, D'Alema ha dichiarato polemico: "Non ho ruoli nel Pd. Il mio partito è in Europa, è il Pse". Una frase con cui, nei fatti, ha preso le distanze da Renzi e ha rivendicato la sua possibile candidatura. Secondo le ultime indiscrezioni, però, Renzi non vorrebbe dare il suo definitivo ok alla candidatura; Baffino così potrebbe cercare di correre nelle fila del Psf francese o della Spd tedesca (senza preferenze: nei due Paesi, infatti, le liste sono bloccate).L'uomo di Ceppaloni - La lista prosegue poi con un eterno ritorno, quello dell'uomo che viene da Ceppaloni, Clemente Mastella, che già con il Pdl prese 115mila preferenze nella sua Benevento. Secondo le indiscrezioni, dopo i tuffi nel centrosinistra e i ritorni nel centrodestra, Mastella starebbe trattando per un posto in lista proprio con il Cavaliere e Forza Italia (e, dopo l'addio di Angelino Alfano e degli esponenti del Nuovo centrodestra, tra gli azzurri c'è più spazio). Quindi un altro "grande vecchio" della politica nostrana, Ciriaco De Mita, anni 86, che non vorrebbe mollare. Ora l'ex segretario della Dc è in rotta con l'Udc (in cui è confluito dopo la rottura con il Pd di Walter Veltroni); così un posto in Europa potrebbe trovarlo facendo un nuovo "passo indietro". Girano infatti delle voci sul suo possibile ritorno nel Pd. Altra strada percorribile, per De Mita, è quella del listone di centro: l'importante è essere candidato.Sciaboletta affilata - C'è poi Claudio Scajola, l'ex ministro dello Sviluppo recentemente assolto per la questione della casa al Colosseo "a sua insaputa". Dopo essere uscito senza macchia dal tritacarne giudiziario, "Sciaboletta" - contando sul suo cospicuo consenso in Liguria - vorrebbe far valere il suo peso elettorale proprio alle europee. Recentemente ha dichiarato: "Servirebbe una sfida e a me piacciono le sfide. Mi piacerebbe vedere se i cittadini del Nord-ovest fanno un segno sul mio nome". Vedremo, appunto. Quindi un riciclato d'eccezione, Antonio Di Pietro: la sua candidatura è quasi certa. Dopo i clamorosi insuccessi con Idv e Rivoluzione Civile, l'ex pm ha fatto sapere di voler tornare in pista. In una delle ultime riunioni del suo partitino, però, Tonino è finito in minoranza; i suoi gli hanno rimproverato: "Non puoi invocare il ricambio e poi essere il capolista in tutte le circoscrizioni" (questa, infatti, sarebbe la sua intenzione per "blindare" candidatura e scranno, blindatura comunque difficile poiché i consensi dell'Idv sono ai minimi termini).Da Magdi a Vittorio - L'elenco si allunga poi con Magdi Cristiano Allam, che dopo l'addio all'Udc di Casini è passato ai Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni. E con la nuova Alleanza Nazionale potrebbe trovare spazio anche la candidatura di Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma e oggi consigliere comunale d'opposizione al Campidoglio. Per contrappasso, anche Goffredo Bettini, ex animatore della sinistra romana e grande artefice della sconfitta alle urne di Alemanno contro Marino, potrebbe trovare un posto all'Europarlamento tra le file del Pd. Infine una chiosa su Vittorio Prodi, fratello di Romano, già europarlamentare che, in cerca di riconferma, dopo il "niet" di Renzi, avrebbe deciso di rinunciare alla politica.