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domenica 5 maggio 2013

DISCORSI IN AMICIZIA

Discorsi In Amicizia 

Detto in amicizia: mentre gli omicidi scandiscono le ore e gli psicologi sono tutti in TV a farfugliare fandonie, il governo gioca a Subbuteo. Il primo problema da risolvere in Italia è la politica. Non sono le strade dissestate, i debiti, i malati, gli esodati, il fisco, gli omicidi, i suicidi. Tutto il resto, infatti,  è la conseguenza della nostra politica inconsistente. E la politica la facciamo noi, tutti i giorni, a lavoro, in casa, con gli amici, sulla rete. Allora il sillogismo è chiaro: se la politica è il problema e la politica siamo noi, il problema siamo noi. Tutti. I politici, quelli incravattati che blablano (neologismo), sono il prodotto del nostro problema. Siamo i responsabili del baratro. La prima azione da fare è aprire gli occhi ai religiosi ortodossi del comunismo. Sempre in amicizia: ci avete frantumato la pazienza. Il vostro credo è pleonastico. Inutile, ammuffito. Avete voluto, ancora una volta, sostenere, in nome di una religione politica atavica, quelli che tutti i giorni, in ogni occasione, tradiscono anche i vostri ideali. Non vi si può perdonare. Ci poteva stare la giustificazione: la fede è la fede, ma fino ad un certo punto. Gli ultimi scenari di governo, le scelte del premier, le dichiarazioni che abbiamo letto, sono scoraggianti ed evidenti. Dell’elettore del centrodestra mi rifiuto di commentare. Non si può commentare senza avvilire chi cambia posizione continuamente, esternando valori senza conoscerne i significati, approfittando della buona fede di vecchi e casalinghe, intossicate dalla televisione commerciale. Presi assieme, chi a sinistra chi a destra, siete entrambi come l’Arlecchino servitore di due padroni. L’ uomo attento, critico, serio, dovrebbe riflettere e rassegnarsi al palese fallimento delle proprie scelte, invece che tentare di colpevolizzare gli altri. Ciò nonostante, si sa che è nella bieca natura dell’essere umano non ammettere a se stesso i propri limiti ed errori, cercando negli altri la strega da bruciare. L’Italia ha perso la sua sovranità politica ed economica. Per essere precisi, l’ha venduta. Come siamo arrivati a questo punto? A chi bisogna chiedere le responsabilità? Ai pensionati che aspettano le cinquecento euro al mese? Sono loro i colpevoli? Colpa delle rate per il nuovo cellulare che non abbiamo pagato in tempo?  Colpa dei finanziamenti che abbiamo chiesto per la lavatrice? Colpa delle infrazioni non pagate all’Equitalia?Questo è un paese coinvolto a fare debiti per ogni cosa. L’intero sistema è stato pensato per creare il debito. Tuttavia dare responsabilità ai debiti personali è tentare il raggiro. Il dramma, invece, si chiama debito pubblico.  Che qualcuno abbia la pazienza di indicare la mia fetta, ovvero ricordi e spieghi, a chiare note, a cosa sia servito entrare in Europa e come sono stati utilizzati i finanziamenti che dobbiamo restituire maggiorati dagli interessi. Nel mezzo della melma mediatica, finanziaria, ogni giorno accade la tragedia. L’essere più inetto, devastato dagli eventi, compie atti terribili, togliendosi la vita e fa peggio, toglie la vita agli altri. Intere famiglie spazzate via da questa furia devastante che si chiama disperazione. Cosa sta accadendo alle guardie giurate? I fatti di cronaca sono impietosi, bambini, mogli, amanti, figli, vengono ammazzati dai padri, dai mariti, che poi a loro volta si suicidano. E’ così quotidiano che è’ diventato banale. Accade tre volte al giorno. Colpisce tutte le categorie, in tutto il paese. Per fortuna che al parlamento hanno fatto la squadra. Bravi, siete pronti per la Champions League? Bisognerebbe prendersela con tutti i sordo ciechi, con tutti quelli che hanno permesso ai vecchi inciucioni di continuare ad usurpare la nostra vita. Vorrebbero anche imbavagliare il libero scambio d’idee, hanno paura del web. Purtroppo il popolo italiano è stato spesso la grande delusione della nostra storia. Avendo mezzi  e capacità per fare grandi opere sociali, l’italiano ha sempre preferito, invece, coltivare il proprio orticello. Perciò bisogna ricominciare daccapo, dalle tabelline, dalla grammatica, dalla cultura. Nel cinismo del discorso mi sento di accusare il popolo italiano di tutti gli omicidi, i suicidi, le alte tassazioni, i capitali frodati, del pizzo mafioso e degli inciuci di palazzo. Accondiscendenti. Eppure basterebbe un solo gesto per cambiare definitivamente la rotta. Un gesto che il popolo italiano dovrebbe  fare, da subito. Un gesto bello, antico, forte ed efficace, anche nel significato, intrinseco. Popolare ma nello stesso tempo signorile, senza proferire verbo. Si prendono i giornalisti, gli opinionisti, i mercanti della politica, che sono lì a persistere nelle loro sozzure, si mettono davanti l’uscio e gli si da un bel calcio nel culo. Europa compresa.

CRISI DI CIVILTA' OLTRE CHE CRISI ECONOMICA

Crisi di civiltà in Italia, oltre che crisi economica 

Oltre alla crisi economica in Italia c’è una grave crisi di civiltà. Per rendersene conto basta una scorsa alle ultime notizie. A Castagneto una ragazza è stata strangolata da un uomo. E chi può avere la forza e la vigliaccheria di stringere le mani intorno al collo di una ragazza per il solo banale motivo che magari non vuole soddisfare le sue voglie? A Roma una guardia giurata ha ucciso la moglie e poi si è tolto la vita. Violento e imbecille ad un tempo, giacché non ha capito che sarebbe stata cosa buona e saggia suicidarsi (un violento e imbecille in meno sulla terra!), senza uccidere la moglie. Il corpo di una donna di 30 anni, è stato trovato ad Ostia (Roma), riverso in una pozza di sangue a causa delle numerose coltellate. E le notizie che dimostrano la profonda crisi di civiltà continuano: la presidente della Camera, Laura Boldrini, è tempestata sulla Rete da minacce di morte e innominabili insulti sessisti. Le sue colpe gravi sono di occuparsi degli stranieri e d’essere donna. A dare lezioni di civiltà sono anche i politici. Maurizio Gasparri dileggia la folla che lo contesta, ridendo e alzando il dito medio (reato secondo una sentenza della Corte di Cassazione). Mario Borghezio inveisce contro Cécile Kyenge ricorrendo con termini non adeguati . Le colpe di Cécile Kyenge sono peggiori di quelle di Laura Boldrini, giacché oltre ad essere donna, è anche nera. La deputata Michaela Biancofiore, che oltre a non brillare in civiltà non brilla neppure in intelligenza, ha dichiarato: “A livello di persone non vedo differenza, ma non è normale che un uomo vada con un trans. Come donna non lo accetto. Faremo un ddl sulle unioni civili, mai sulle nozze omosessuali”. Sì, la crisi di civiltà è gravissima, e sarebbe necessario occuparsene seriamente con urgenza, giacché ben più difficile da superare della crisi economica. Ma questa non si affronterebbe con più facilità se non ci fosse mancanza di civiltà?

CITTADINANZA AI NATI IN ITALIA SCOPPIA LA BAGARRE

Il ministro Kyenge: cittadinanza ai nati in Italia
Scoppia la bagarre nella maggioranza
Pdl: non passerà mai. Pd: è principio di civiltà 

ROMA - Non bastava l'Imu. Oggi la strana maggioranza che sostiene Enrico Letta ha cominciato a litigare anche sulla cittadinanza ai minori stranieri. Un tema che sta molto a cuore al centrosinistra, ma che il centrodestra vede come il fumo negli occhi. Il ministro dell'Integrazione Cecile Kyenge (di origine congolese) dalla sua Modena oggi è stata chiara: «Il governo ha delle priorità. All'interno di queste sicuramente troviamo il tema del "diritto di cittadinanza": riuscire a dare identità a un milione di bambini di origine straniera che ancora oggi attendono di avere la cittadinanza italiana».
La proposta Pd. All'inizio delle legislatura il Pd ha presentato alla Camera una proposta di legge che rende più semplice diventare italiani per i figli degli immigrati: ottiene la cittadinanza chi nasce in Italia con almeno un genitore residente da cinque anni e il minore che arriva nel paese e conclude almeno un ciclo scolastico (elementari, medie, superiori o formazione professionale). I firmatari sono Bersani, il ministro Kyenge, il capogruppo Roberto Speranza e il responsabile per i "nuovi italiani" Khalid Chaouki (italo-marocchino).
La presidente della Camera Laura Boldrini, di Sel, è apertamente a favore: «In Italia sarebbe veramente auspicabile rivedere la legge sulla cittadinanza - ha detto - e da lì sviluppare una normativa che sia all'altezza delle nuove sfide».
Dal Pdl, però, c'è stata subito una levata di scudi. «Non sono accettabili colpi di mano o scelte demagogiche - ha commentato il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri - Dico anche ai ministri che il passaggio allo ius soli non è ipotizzabile. La concessione automatica della cittadinanza a chiunque nasca in Italia sarebbe un errore».
«Non accettiamo diktat sullo ius soli - rispondono in una nota congiunta un gruppo di senatori e deputati Pd - La legge sulla cittadinanza a chi nasce nel nostro Paese va approvata. Lo ha rammentato spesso il capo dello Stato ed è materia che ci avvicina all'Europa».
Per la deputata Pd Rosa Calipari, revisione delle Bossi-Fini e legge di cittadinanza sono «due nodi cruciali». E per il deputato Khalid Chaouki «Gasparri eviti di fare di un principio di civiltà, più volte richiamato dal presidente Napolitano, una battaglia ideologica sulla pelle dei bambini».
Gasparri: non passerà mai. Il battagliero esponente del Pdl non ha esitato a replicare, inasprendo la polemica: «Non accetto le intimidazioni di esponenti del Pd che tentano demagogiche speculazioni sulla pelle del prossimo. Lo ius soli non sarà mai legge della Repubblica italiana».
Livia Turco del Pd ha provato a mediare: «Gasparri deponga il suo elmetto, ascolti le sagge parole di Napolitano e dia il suo contributo per fare una legge saggia ed equilibrata».
Lunedì anche Scelta civica presenterà una sua proposta di riforma della legge di cittadinanza, firmata dal deputato Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant'Egidio.

L'ENNESIMA PRESA PER IL CULO NESSUNA ABOLIZIONE IMU

L’ennesima presa per il CULO – Nessuna abolizione, l’Imu cambierà nome. E la pagheranno molti più italiani 

Com’era prevedibile l’abolizione dell’Imu comporterà l’arrivo di una nuova imposta, che graverà anche su chi fino a quest’anno non pagava l’imposta erede dell’Ici. Per venire incontro al diktat del PdL di Silvio Berlusconi, infatti, il governo sta studiando una soluzione che permetta di abolire l’Imu senza però abolirla, e che rischia di redistribuire il carico fiscale dai più ricchi ai più poveri.
Si dovrebbe chiamare Imposta Case e Servizi (ICS) e dovrebbe contenere al proprio interno anche la Tares, la nuova tassa sui rifiuti (anch’essa rinviata a dicembre, come l’Imu, guarda caso), la tassa su servizi come l’illuminazione stradale e forse l’imposta di registro sulle compravendite. È plausibile ritenere che questa nuova imposta finirà per gravare anche su quella metà degli italiani che attualmente non paga l’Imu, ma molto dipenderà da come la ICS verrà declinata.
Il governo di Letta e Saccomanni starebbe infatti studiando anche una riforma (o una riformina) del catasto, che dovrebbe alleviare il carico sugli immobili della periferia rispetto a quelli del centro, mentre l’eliminazione dell’addizionale Irpef comunale permetterebbe di sgravare un po’ il carico ai lavoratori dipendenti. Tuttavia questa manovra avrebbe un costo, ovvero una patrimoniale sugli immobili con valore catastale superiore al milione e mezzo di euro, che il PdL, fermo su “cancellazione e restituzione dell’Imu”, difficilmente potrà accettare.
Ricapitolando: la sospensione della rata di giugno costerà 2 miliardi; la rinuncia all’aumento del’Iva a luglio ne costerà altrettanti; il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga ne costerà poco meno. Totale 6 miliardi, che potrebbero essere trovati in via provvisoria tirando in ballo la Cassa Depositi e Prestiti. Si tratterebbe di un anticipo, però: gli italiani saranno costretti a tirar fuori questi quattrini a fine anno, con l’arrivo della nuova ICS. In altre parole la tredicesima del 2013 (per chi ce l’ha) rischia di finire spesa per un’imposta molto simile l’Imu, che però si chiamerà in modo diverso e che interesserà anche buona parte di quella metà di italiani che prima non pagava l’Imu. La speranza di pagare meno per molti lavoratori dipendenti e affittuari è, al momento, solo una speranza, per l’appunto: molto dipenderà da quanto il PdL deciderà di mettersi di traverso. Gli effetti di questo giochetto politico, infatti, rischiano di esse dannosi quanto demenziali.
La coperta, infatti, è troppo corta, nonostante la politica si trastulli con il falso problema dell’Imu: l’Italia non può permettersi manovre allegre e guidate dall’interesse di parte, visto che si trova sul filo degli accordi europei, con un rapporto deficit/Pil del 2,9% e quindi a un passo dal famigerato 3%. Non è solo una questione contabile: rimanere sotto il 3% e uscire dalla procedura d’infrazione comporterebbe lo sblocco di 12 miliardi che l’Italia potrebbe usare per gli investimenti.
L’abolizione e la restituzione dell’Imu sulla prima casa, se non sostituite da un’imposta di uguale importo, rischia in definitiva di costare al Paese 20 miliardi, senza contare tutte le altre misure anti-crisi che dovrebbero finire nel dimenticatoio, come la rinuncia all’aumento dell’Iva, il finanziamento della Cig in deroga, i crediti d’imposta per le assunzioni (costo: 2,5 miliardi), la proroga dei precari nella P.A. (poco meno di un miliardo) e il fondo Pmi contro i rubinetti chiusi delle banche. Siamo proprio sicuri che queste misure non debbano avere la priorità sull’Imu?

LA POLITICA SOTTO RICATTO MENTRE

LA POLITICA SOTTO RICATTO. MENTRE ALEGGIA L'OMBRA DELLA P2... 

Letta il giovane, quasi meglio dello zio". In quel "quasi" è racchiuso l'ultimo atto di uno spettacolo imbastito da un comico di quart'ordine, che occupa la scena da vent'anni. E serpeggia una parola: pacificazione, che suona come un oltraggio per chi ha sempre rispettato le regoleSi sente dire in giro, da più parti: 'In gamba, certo, Letta il giovane... quasi meglio dello zio.' E mi viene da pensare che in quel quasi sia racchiuso l'ultimo atto di uno spettacolo imbastito da un comico di quart'ordine che, al di là delle sue stesse aspettative, ha occupato tutta la scena di questo povero, infelice paese da vent'anni: Italia a pezzi, Italia d'avanspettacolo, senza la dignità dell'avanspettacolo che non ambiva a governare le sorti di una nazione, ma voleva divertire e quanto ci riusciva. Venti anni sono un'eternità, interrotti da due vittorie del professor Romano Prodi che, giustamente, i cento e uno parlamentari del Pd si sono affrettati a impallinare come possibile nuovo Presidente della Repubblica: Fosse mai che eleggiamo una persona invisa al Cavaliere! Da non credere, ma è stato così.
'Però. che governo Letta il giovane, non ha sbagliato una casella, che colpo di genio, la Bonino agli esteri'. Un brivido mi accarezza la schiena, al pensiero del rischio che abbiamo corso: Frattini, ancora?! O forse D'Alema, che non ha sbagliato un colpo, da quel lontano 1994, nel suo smisurato ego di unico interprete della raffinatezza della politica. E mi viene da pensare al titolo di un film: Tutto a posto niente in ordine. Non ha sbagliato!? Ma il suo governo è figlio di un doppio tradimento, ricordo come fosse oggi: Mai al governo con il Pdl, e non era solo Bersani ad affermarlo, c'era anche Letta il giovane.
Di quei cento e uno che non hanno votato Prodi, potremmo mai sapere i loro nomi e cognomi? Certo il sagace, cinico, fiero di esserlo, super intelligente, nella sua impotenza di uomo vittima dei propri solipsismi intellettuali, il super trasgressivo Giuliano Ferrara ripeterebbe che il voto è segreto. Infatti, ognuno è libero di votare ciò che vuole senza rendere conto ad altri, ma se si aderisce, non si rinuncia al segreto per partecipare a un progetto comune? Giuliano è libero, non è incatenato in pastoie moralistiche piccolo-borghese, come noi mediocri figli delle convenzioni.
'Meglio di così non si poteva fare, in fondo si è alleato con il Pdl, ci sono anche le donne'. Ah, beh, allora.
E chi glielo ha chiesto, però, di allearsi con il Pdl?
Mi torna in mente un colloquio tra due grandi donne della politica, una fortunatamente in vita e, pur nella malattia, dal suo eremo di Castelfranco, ancora presente, Tina Anselmi. L'altra, morta nel 2007, presente e viva nel ricordo dei tanti che l'apprezzarono e dei suoi amici, Giglia Tedesco. Riporto alcuni frammenti di un dialogo pubblico, ricco di suggestioni per noi che le ascoltavamo.
Eravamo nel 2006 e parlavano di governabilità, entrambe raffinate politiche, convinte che l'abilità nel gestire la cosa pubblica non fosse appannaggio dei furbi, tutt'altro, il cinismo non le convinceva, la scaltrezza non era nelle loro corde, credevano che la politica fosse passione, certo ambizione personale, e soprattutto desiderio di cambiare il mondo, con i rischi che sempre ciò comporta: mai credere che il nostro sia il migliore dei mondi. Giglia ricordava Anna Magnani nella risata, nell'essere come tutte eppure unica, romana nel modo scanzonato di approcciare la vita, nella voglia di vivere e di scegliere, cresciuta pur sempre all'ombra del Cupolone, che smorza ogni anelito di assoluto, anche se può sembrare una contraddizione, essendo il Vaticano la culla del Cattolicesimo... o forse proprio per questa vicinanza. L'altra Veneta, radicata nella sua terra, contadina e intellettuale, ironica e parca di parole, severa e tenera nelle pieghe del suo dover essere. Una, Tina, già parlamentare della Democrazia Cristiana, l'altra, Giglia, del Partito Comunista, quando c'erano i partiti.
"Ma tu lo faresti un governo con quel signore?" Non lo nominò, Giglia, nessuna delle due lo avrebbe mai nominato, non per ridicolo calcolo politico, per puro disprezzo.
"Giglia - l'altra rispose - dovendo fare una riforma delle banche, la potresti mai fare con dei rapinatori?!" E dopo una pausa, aggiunse: "Questi la faranno prima o poi, e così si completerà il Piano di rinascita Democratica della P2".
"Se ti sentissero parlare, ancora direbbero: 'Questa Tina vagante, con la P2, che fissazione'." E accompagnò le parole con un sorriso malinconico.
Alcune considerazioni a margine.
Vale la pena riportare qui di seguito il punto 3 del piano di Rinascita: democratica di Licio Gelli: Primario obiettivo e indispensabile presupposto dell'operazione è la costituzione di un club (di natura rotariana per l'eterogeneità dei componenti) ove siano rappresentati, ai migliori livelli, operatori, imprenditoriali e finanziari, esponenti delle professioni liberali, pubblici amministratori e magistrati, nonché pochissimi e selezionati uomini politici, che non superi il numero di 30 o 40 unità. Gli uomini che ne fanno parte debbono essere omogenei per modo di sentire, disinteresse, onestà e rigore morale, tali cioè da costituire un vero e proprio comitato di garanti rispetto ai politici che si assumeranno l'onere dell'attuazione del piano e nei confronti delle forze amiche nazionali e straniere che lo vorranno appoggiare. Importante è stabilire subito un collegamento valido con la massoneria internazionale.
Possibile pensare di costruire il presente e proiettarsi nel futuro senza fare i conti con il passato? E il passato cosa ci racconta?
Che mentre alcuni servitori dello Stato, e mi piace ricordare tra tanti Giorgio Ambrosoli, non si tiravano indietro nell'adempiere al proprio dovere, fino a rischiare la propria vita, e così fu, per passione e senso dello Stato, per essere da esempio ai figli, altri, per carriera, per interesse, per qualsiasi altro motivo, tra cui il vecchio trito: tengo famiglia, si adoperavano in ogni modo per farsi, nel migliore dei casi, i fatti propri, e uso un eufemismo. Allora, in un paese in cui i servitori dello stato in prima linea volgendosi indietro spesso non trovavamo nessuno a proteggerli si può fare un'alleanza con chi ha calpestato la dignità dello Stato, con chi faceva affari e arraffava e arraffava?! E non ci venissero a dire: Era l'ultima spiaggia! E chi ci ha condotto fin qui? Non esiste una previsione, un progetto, un programma, paletti insuperabili? Evidentemente no. Chi conosce l'arma del ricatto, per quale motivo dovrebbe rinnegarla? Chi ha nel Dna una mancanza di cultura democratica, che negli altri paesi europei la destra ha, perché dovrebbe scoprirla proprio adesso? Chiedete agli ex An, che fine hanno fatto, certo dipenderà anche da loro, ma un "aiutino" il Pdl glielo ha dato.
Vi ricordate l'arrembaggio al Parlamento, l'assalto mediatico e non solo a uno dei cardini della Democrazia: la magistratura? E chi trucca le carte, lo farà di nuovo, ancora e ancora, alla prima occasione utile... basta aspettare. Se non si vuole fare una scelta etica, come non rendersi conto dell'errore di valutazione, scaturito nel non tenere in considerazione che nel momento in cui quel signore avrà ottenuto di occupare saldamente la ribalta, farà saltare il banco, pensando di poter vincere ancora? Così presentandosi come paladino dei tartassati - da non credere, uno che passa tre milioni di euro al mese alla ex moglie e mi sembra che questa cifra sia anche riferita a una storiaccia legata a un certo De Gregorio, mi pare - toglierà la fiducia al governo e andrà a nuove elezioni, alle quali si sta già preparando, appena avrà un bottino elettorale da incassare. O ancora, altra possibilità, egli spera o forse sa, che tra non molto tempo ci potrebbe essere una rinuncia da parte dell'attuale Presidente della Repubblica - anche egli ha diritto a un po' di riposo - e lui con un governo nato dal patto scellerato tra Pd e Pdl... dimenticavo Scelta Civica, si farà eleggere Presidente della Repubblica.
E serpeggia una parola: PACIFICAZIONE, che in questa situazione è un oltraggio a tutti coloro che negli anni hanno rispettato le regole, pagato le tasse, creduto nei buoni sentimenti. E siamo pure in un paese cattolico: cosa resta del tempo del rimorso e della penitenza?
Senatore quel signore?!
Forse è troppo, anche per l'Italia. E per favore non chiedete di liberarsi dall'odio, equi distanti analisti super partes. Non è l'odio che spinge a opporsi e a ribellarsi. Odiare un poveraccio che della sua vita ha fatto un deserto?! Non è l'odio che spinge, ma l'indignazione e la voglia di non soccombere. Di non ritrovarsi ne L'urlo di Munch, che non riesce a esplodere.
Bisogna procedere nel chiedere la ineleggibilità dell'impotente, ribaldo, magliaro, che tiene in ostaggio un Paese. Non bisogna che il tempo getti la sua polvere che confonde e fa illudere che tutto si superi senza pagare pegno. Non è così, la Storia presenta sempre il conto. Ai figli. Ma guai a lasciarsi condurre da un vecchio che odia la giovinezza che più non ha, il vigore che finge di possedere, la vivacità che cerca in un belletto da bambola.

LAVORO LA CRISI RADOPPIA I DISOCCUPATI

Lavoro, la crisi raddoppia i disoccupati

Prometeia: dal 6% del 2007 siamo oggi al 12%. Si ritornerà a quota 9% solo nel 2020  

La disoccupazione è destinata a salire ancora e i margini di recupero dei posti di lavoro persi sono stretti. E' lo scenario delinato da Prometeia nel suo rapporto di previsione sull'Italia, da cui emerge che crisi e recessione hanno fatto raddoppiare il tasso dei senza lavoro rispetto al 2007, quando i disoccupati si fermavano al 6% (oggi siamo vicini al 12%). Le stime dicono che si andrà oltre entro il 2014, per tornare al 9% solo nel 2020.
Pil 2020 ancora sotto i livelli pre-crisi - Sempre secondo la proiezione macroeconomica dell'istituto Prometeia, il livello del Prodotto interno lordo alla fine del 2020 "sarà ancora inferiore ai valori pre-crisi (fine anni Novanta) di circa il 2%", sempre secondo la proiezione macroeconomica dell'istituto. Nell'ultimo quinquennio preso in considerazione, 2016-2020, il tasso di crescita medio si collocherà stabilmente in positivo (+1,1%) ma in linea con il 2001-2005 (+1%). Non basteranno cioè 14 anni dall'inizio della crisi per recuperare i livelli di crescita perduti.
Imprese, strette la aspettative sul credito - Una situazione che non può non avere effetti sul mercato del lavoro. L'industria, a causa della recessione, "ridurrà in modo permanente l'occupazione a favore di un incremento di produttività", indica ancora Prometeia. E, di conseguenza, "l'input di lavoro complessivo non recupererà i livelli pre-crisi", soprattutto a causa del settore industriale. "Un sacrificio occupazionale che consentirà però alla produttività media, se non proprio di cancellare 15 anni di stagnazione, quantomeno di invertire la rotta".
Per le imprese le aspettative sul credito restano strette. La domanda di finanziamenti dovrebbe, sulla base della previsione a medio termine, mantenersi "stabilmente poco al di sopra dei 60 miliardi di euro l'anno" nel quinquennio 2016-2020. Si stima che il credito bancario possa "soddisfare circa il 40%" di questa domanda "contro un valore di oltre il 70% nel 2008", mentre la parte rimanente dovrà essere soddisfatta attraverso il ricorso ad altri strumenti di finanziamento, obbligazioni e azioni.

PENSINI L'ITALIA DELLE RENDITE E DELLE INGIUSTIZIE

PENSIONI/ L’Italia delle rendite e delle ingiustizie generazionali 

In un’Italia al lumicino, ove ognuno oramai affranto invoca soluzioni e ricerca colpevoli, sfugge al grande pubblico un dibattito serio su alcune distorsioni che, nei fatti, hanno determinato questa situazione di impasse economico e il conseguente volgere la prua a un declino inarrestabile. Le giovani generazioni quale futuro hanno oggi? Che prospettive intravede nella sfera di cristallo chi si appresta per traguardo anagrafico o scolastico a entrare nel mondo del lavoro? Non certo un mercato del lavoro effervescente, ma anzi la disoccupazione, il precariato o la sottoccupazione. Quei pochi fortunati che riescono a trovare un lavoro, per così dire stabile, hanno comunque mille preoccupazioni: il costo della vita non consente loro di affrontare con entusiasmo il futuro, di sposarsi, di mantenere una famiglia, di comprarsi una casa.
Con un reddito netto di 1500 euro mensili - corrispondenti a 18.750 annui - e un tasso di risparmio pari al 10%, si deve riflettere su quanti anni occorrono per accumulare un capitale che al tasso nominale del 3% permetta di erogare una rendita perpetua pari al reddito oggi percepito. Confrontiamolo con gli inizi degli anni Sessanta. Gli occupati erano 20.392.000 a fronte di una popolazione di 50.025.000. Nel 2010, dopo cinquant’anni, gli occupati sono aumentati del 12% arrivando a 22.872.000, contro un aumento della popolazione del 21% (60.340.0000 di persone). Tale differenza di popolazione è concentrata nella fascia oltre i 65 anni; si tratta, cioè, di persone che consumano risorse senza produrre ricchezza.
Certo, le due realtà economiche non possono essere paragonabili - l’esigua crescita attuale è diversa da quella degli anni Sessanta - anche perché diversi sono i valori delle variabili. Ma d’altra parte, se il futuro si costruisce sulle nuove generazioni, sul loro entusiasmo, sulle loro idee, meno giovani significano minori entusiasmi e creatività. Se, inoltre, i giovani hanno difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro, quei pochi entusiasmi vengono perduti o dispersi nella frustrazione.
Il futuro, ma soprattutto il presente, è diverso per i pensionati. Analizziamo infatti il rapporto Inps 2011. I dati espressi sono stati aggregati e pochi calcoli evidenziano distorsioni che sono vizi nascosti e possono spiegare la non crescita del Paese. L’analisi delle tabelle e alle pagine 227 e 228 è significativa. I pensionati totali sono 13.941.802. Di questi 1.077.623 sono i pensionati fra i 40 e i 59 anni - pari al 7,7% del totale - che costano circa 13,2 miliardi di euro; chi entra nel mondo del lavoro oggi, invece, potrà andare in pensione solo a 70 anni. Vi sono 403.023 pensionati - pari al 2,8 % del totale - che costano allo Stato circa 21 miliardi , pari all’11% della spesa pensionistica. Questa classe è stata accorpata forse volutamente per nascondere una realtà imbarazzante. La fascia di reddito è quella delle pensioni superiori a 3.000 euro mensili, ma la media si colloca a 4.165 euro mese: è come dire che i tanti vicino ai 3.000 euro mese annacquano i pochi, con pensioni ben più alte, ma non conosciute.
Ne scaturisce una media che non scandalizza, ma la realtà è ben diversa. La generazione di chi scrive e quella dei miei figli avrà il montante di calcolo della propria pensione basato sul cosiddetto metodo contributivo e saranno pensioni da fame. Pochi privilegiati oggi, invece, assorbono rendite altamente sperequate rispetto a quanto erogato. La ricchezza continua quindi ad accumularsi sulla generazione che:
1. Ha sempre pagato poche tasse, si pensi all’Iva, un’imposta entrata in vigore nel 1973. I dati Ocse lo confermano. La pressione fiscale che negli anni Sessanta e Settanta è stata mediamente del 25%, nel 1980 era già al 31,4% e iniziò rapidamente a crescere. Nel 1990 si arrivò al 37%, oggi siamo oltre il 45%. Una tassazione continua per finanziare le cambiali emesse da una classe dirigente non lungimirante. Cambiali che oggi sono all’incasso e a carico degli attuali contribuenti. La politica degli Settanta è stata pessima, con mancanza di visione demografica, industriale e di pianificazione, ricerca della concertazione e del consenso mediante concessione di privilegi e prebende.
2. Ha promulgato leggi che hanno difeso la propria classe corporativa, quali ad esempio le pensioni calcolate con il metodo retributivo, baby pensioni, ecc.
3. Ha promulgato inoltre leggi che hanno definito il principio del “diritto quesito” quale una sorta di moloch inviolabile a difesa delle norme codificate a proprio vantaggio. Riprova di ciò è la concentrazione della ricchezza.
Dai dati del Ministero dell’Economia Dipartimento Entrate Finanziarie in relazione all’imposta Imu 2012 emerge che:
1. I giovani sotto i 30 anni che pagano l’imposta sono solo l’1,9%.
2. La fascia di età fra i 31 e i 50 è il 24,63%.
3. L’insieme quindi delle persone in piena età lavorativa possessori di case è solo il 26,5%.
4. Se ulteriormente suddividiamo il gettito per classi di reddito prevalente, il 35% è pensionato, il 25% vive di redditi di fabbricati che assorbono probabilmente la quasi totalità del rimanente 73,5% di persone oltre i 50 anni che pagano l’Imu.
Tornando alla domanda iniziale, quanti anni sono oggi necessari per costituire un capitale, ecco la risposta: 78 anni! Questa attuale generazione di pensionati elitari difende la propria casta, ma ha tolto la speranza ai giovani e la loro fiducia nel futuro. I giovani infatti - bruciata la speranza del lavoro - possono accumulare il capitale, che di fatto servirà loro per la vecchiaia, solo ereditando e quindi non lavorano. Così la società si spegne e non ci sarà futuro per questa Italia.
Non solo, lo spauracchio del debito dello Stato e la sua necessaria esigenza di essere collocato, ha determinato privilegi alla sua tassazione, molto più conveniente rispetto ad altri investimenti. Di più, la libertà sui movimenti di capitale e la sua teoria che la circolazione è tanto più dinamica quanto più le tasse a essa collegate sono esigue, ha creato artatamente un’ulteriore difesa corporativa al capitale accumulato negli anni precedenti. Il gettito nel 2011 dei redditi di capitale è stato pari a solo 4,2 miliardi di euro. Non vi sono dati ufficiali in merito alla concentrazione della ricchezza mobile sia per fascia di età o di qualifica dello status lavorativo, molto probabilmente sarà simile a quella delle proprietà immobiliari.
Questi sono alcuni problemi che spiegano perché l’Italia non cresce. Che fare quindi per ripristinare e mettere in moto un circolo virtuoso? All’alba del terzo millennio è necessario un nuovo pensiero politico e un nuovo patto di redistribuzione fra le generazioni: ritornare a dare speranza e dignità al lavoro, alle persone e non al capitale. Adam Smith nel suo saggio Teorie dei sentimenti morali ricordava: “Tuttavia non può sussistere società tra coloro che sono sempre pronti a ferirsi e offendersi l’un l’altro. Nel momento in cui comincia l’offesa, nel momento in cui si manifestano risentimento e animosità reciproca, tutti i suoi legami si spezzano e tutti i membri di cui essa è composta è come se fossero dispersi e sparsi lontano dalla violenza e dall’opposizione dei loro affetti discordanti. Se esiste una società di ladri e assassini, essi devono almeno, secondo un’osservazione banale, astenersi dal derubarsi e uccidersi l’un l’altro. Perciò la beneficenza è meno essenziale della giustizia all’esistenza della società. La società può sussistere, anche se non nel migliore dei modi, senza beneficenza; ma, necessariamente, il prevalere dell’ingiustizia la distrugge del tutto”.
Questa senso di impotenza e di ingiustizia deve essere riequilibrato e devono essere i figli del baby boom - oggi cinquantenni - consapevoli del loro ruolo di figli e di padri a doversi fare portatori di questo messaggio di solidarietà intergenerazionale. Devono illuminare i propri genitori - oggi pensionati - sul fatto che è necessario un sacrificio: deve essere eliminata una distorsione sociale per ridare una speranza non tanto per loro, ma per i loro figli, nipoti di quei nonni oggi pensionati che beneficiano di rendite non più accettabili. Poche cose ma di principio:
1. Calmierare le baby pensioni al costo della pensione sociale. Effetto di risparmio: stima 6 miliardi di euro.
2. Calmierare delle pensioni d’oro a 3.500 euro lordi mese. Effetto di risparmio: stima 7,5- 8 miliardi di euro.
3. Inserimento dei redditi di capitale compresi quelli derivanti da interessi del debito dello Stato nella dichiarazione dei redditi con aliquota quindi progressiva. Effetto di risparmio derivanti da esenzione ticket spesa sanitaria ed altre esenzioni, scolastiche ecc.: stima 3 miliardi di euro. Per maggior gettito fiscale: stima 12 miliardi di euro.
4. Rimodulazione della curva Irpef abbassando le aliquote per ridare al lavoro il suo potere di acquisto.
5. Aumento dell’aliquota della tassa di successione ed esenzione invece per le donazioni effettuate a enti non-profit, scuole, fondazioni che perseguono interesse con finalità sociale pubblica.
Le risorse liberate potrebbero essere indirizzate a investimenti nelle infrastrutture, alla ricerca e sviluppo, alle imprese, al pagamento degli arretrati dei debiti della Pubblica amministrazione. Si creerebbero nuovi posti di lavoro e ripartirebbe la fiducia e la crescita. Il vero nuovo pensiero politico di una società progressista, ma al tempo stesso etica e responsabile guardando al futuro, è una visione di giustizia sociale intergenerazionale che deve essere perseguita. Non serve consegnarci all’Europa e pensare che la sua unità risolva le distorsioni dal sistema. Una cosa è certa: i nostri problemi li dobbiamo risolvere da soli, il miraggio dell’Europa e la sua integrazione politica è solo una panacea illusoria per rinviare i nostri problemi domestici.

 

MAGISTRATI OK ALL'AUMENTO TOGHE GUADAGNERANNO 8 MILA EURO IN PIU

Magistrati, ok all’aumento dello stipendio: le toghe guadagneranno 8 mila euro in più.. 

Si può tagliare tutto in nome dell’austerity. Ma non toccate gli stipendi dei magistrati. Quelli devono crescere nonostante il blocco agli aumenti che la finanziaria del 2010 aveva previsto per le buste paga delle toghe. Una sentenza della Corte Costituzionale ha ribaltato la deciusone dell’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti che aveva chiuso i rubinetti delle casse togate fino al 2015. La decisone fu presa dal governo Berlusconi per risparmiare qualcosa nelle casse dello stato strozzate da spread e debito pubblico. Il provvedimento prevedva un blocco dell’aumento del 5 per cento per 5 anni. I giudici sono subito entrati in guerra con ricorsi al Tar e richiami alla Corte costituzionale che li ha accontentai.
Via libera all’aumento - Oggi, con un decreto del presidente del Consiglio, firmato Mario Monti si dà semaforo verde all’aumento degli stipendi con retroattività fino al 2012. Una decisone quella della Corte Costituzionale che testimonia come la busta paga delle toghe sia ritenuta inviolabile. A sostenerlo è proprio la Corte Costituzionale.
Salario sacro - Per la Corte il blocco dell’aumento è un attentato all’indipendenza dei giudici, “una violazione del principio di indipendenza della magistratura, in quanto le decurtazioni dello stipendio, incidendo sullo status economico del giudice, creerebbero una sorta di dipendenza del potere giudiziario dal potere legislativo ed esecutivo, i quali finirebbero con il controllare, in maniera arbitraria, la magistratura e, quindi, a comprometterne l’indipendenza”. Dunque le buste paga dei magistrati sono intoccabili e inviolabili. Così grazie alla sentenza e al decerto del Loden un magistrato che nel 2011 guadagnava174 mila euro all’anno, ora ne guadagnerà 182 mila. Insomma 8 mila euro in più in tempo di crisi non sono pochi.
Se le cose vanno male, si guadagna di più - Inoltre le toghe godranno ancora di un “indennità giudiziaria”. Si tratta di un importo fisso che tutti i magistrati percepiscono in misura eguale, cioè a prescindere dal grado di carriera che, stando al legislatore, viene corrisposta in relazione agli oneri che gli stessi incontrano nello svolgimento della loro attività. Secondo la Corte questa indennità costituisce “compenso all’attività dei magistrati di supplenza alle gravi lacune organizzative dell’apparato della giustizia”. L’indennità corrisponde ad un sesto della busta paga. La percepiscono tutti. Pure chi non lavora in condizioni disagiate. La magistratura potrebbe dunque non avere nessun interesse ad avere una giustizia efficiente perchè sistemate le carenze verrebbe meno il diritto ai quattrini perchè si possa far fronte alle carenze strutturali.
Precedente Amato - Eppure, già nel 1992, Giuliano Amato aveva messo mano alla busta paga dei magistrati. Anche quello era un periodo di austerity. Le cose erano andate per il verso giusto. ora invece le toghe si aggrappano allo stipendio con le barricate. Sono state accontentate.
La busta paga, come la Legge, non è uguale per tutti
Fonte Libero.it