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lunedì 17 marzo 2014

TAGLI RETROATTIVI DEL FONDO SOCIALE E NON AUTO SUFFICENZE

Tagli “retroattivi” del Fondo Sociale e Non Autosufficienze    

 

Il decreto-legge (ora all’esame del Parlamento per la conversione in legge) drena al Ministero per il lavoro e le politiche sociali 21,5 milioni di euro nel 2014, 6,4 milioni nel 2015, 5,4 milioni nel 2016.
Sembra un’apparente operazione di contabilità dello Stato, ma in realtà l’operazione recupera in larghissima misura queste somme dal Fondo Nazionale per le Politiche Sociali e dal Fondo per le Non Autosufficienze (quello stanziato nel 2012). Ciò significa una riduzione di almeno il 5% delle somme destinate alle Regioni per le politiche sociali e per le non autosufficienze e, quindi, una diminuzione ulteriore dei servizi e delle prestazioni alle persone. 
Questi gli effetti, vediamo ora i fatti e le fonti.
La legge di stabilità 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147) ha attribuito al Commissario straordinario per la spending review il compito di attuare entro il 31 luglio 2014 “nuove misure di razionalizzazione e di revisione della spesa, di ridimensionamento delle strutture, di riduzione delle spese per beni e servizi, nonché di ottimizzazione dell’uso degli immobili tali da assicurare, anche nel bilancio di previsione, una riduzione della spesa delle pubbliche amministrazioni in misura non inferiore a 600 milioni di euro per l’anno 2015 e a 1.310 milioni di euro negli anni 2016 e 2017”. (articolo 1, comma 427).
Il comma successivo (428) prevede di “rendere indisponibili” (ossia di congelare e non spendere per i fini originari) una parte degli accantonamenti dei Ministeri. Si tratta generalmente di fondi o stanziamenti non ancora ripartiti alle Regioni o già approvati, ma ancora non spesi.
Uno specifico allegato (il n. 3) indica le somme che nel 2015 (quindi l’anno prossimo) e nel 2016 verranno “recuperate” da ciascun Ministero.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali vedeva una riduzione abbastanza contenuta: 1,2 milioni nel 2015 e 2,7 milioni nel 2016.
Il decreto legge 4/2014 rivede, al secondo articolo, radicalmente queste regole.
Innanzitutto la rimodulazione e la revisione delle spese affidata al Commissario per la spending review deve produrre, già dal 2014, ben altri risultati: almeno 488,4 milioni di euro per l’anno 2014, 1.372,8 milioni per il 2015, 1.874,7 milioni per gli anni 2016 e 2017 e 1.186,7 milioni a decorrere dall’anno 2018.
Ma la misura più severa riguarda la “indisponibilità” degli accantonamenti dei Ministeri. Con il decreto legge 4/2014 vengono, infatti, notevolmente elevate le riduzioni e vengono, soprattutto, anticipate al 2014.
L’effetto sul Ministero del lavoro e delle politiche sociali è pesante: 21,5 milioni già dal 2014.
L’effetto è grave perché gli accantonamenti di quel Ministero sono notevoli: risultano, infatti, ancora presso il Ministero sia le somme afferenti al Fondo per le Non Autosufficienze 2013 (275 milioni di euro) che quelle del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali 2013 (344 milioni). In entrambi i casi i decreti di riparto, cioè gli atti che attribuiscono le rispettive somme alle Regioni, sono stati particolarmente tardivi, se si pensa che i fondi sono stati approvati nel dicembre 2012 e non ancora trasferiti alle Regioni.
Come abbiamo detto il decreto-legge è già in vigore, ed eventuali modificazioni possono essere apportate solo in sede di conversione in legge.

VENETO DA OGGI REFERENDUM PER L'INDIPENDENZA ! ZAIA ATTENTO RENZI !

Veneto, da oggi referendum per l'indipendenza. Zaia: "Attento Renzi, vogliamo scappare" 

Luca Zaia, governatore veneto, la saggezza pop dice che nel cuore d’ogni veneto ghe xè on Leon, miga on cojon. Da oggi da oggi on line fino al 21 marzo -giorno dello spoglio in piazza dei Signori a Treviso- c’è il «Plebiscito per l’Indipendenza del veneto».
«Eviterei le domande: va a votare? O Cosa ne pensa del Plebiscito?».
E allora, perdoni, cosa le chiedo?
«Per carità, ben venga il Plebiscito, è la terza o quarta volta che si tenta di farlo; e solo la Lega ha raccolto nei gazebo 100mila firme. Ma è l’iniziativa di un partito che si chiama appunto “Plebiscito 2013”, costola di un altro partito , “Indipendenza veneta”. Bisogna fare delle riflessioni. Il sospetto è che la gente voglia l’indipendenza perché, strangolata dalla crisi chiede tassazioni più basse, mi piacerebbe che pensassero all’indipendenza come movimento culturale, tipo Catalogna o Scozia»
Diciamolo: dovevate votare l’indipendenza in Consiglio regionale, ma c’eravate solo voi 20 leghisti e pochi altri. Ed è saltato.
«Tecnicamente per fare un referendum sul tema ci vuole una legge regionale, e un Consiglio che voti la legge; l’anno scorso non la votò e la fece tornare in commissione, perché quella legge non aveva la maggioranza e non sarebbe passata».
Ma sarebbe stata comunque incostituzionale: «La Repubblica è una e indivisibile», articolo 5 della sacra Carta...
«Vero, però il diritto di autodeterminazione e il diritto internazionale ci danno ragione, e noi avremmo fatto volentieri scoppiare il dibattito sul referendum. Ma, fosse stato fatto così, da qualcuno per vezzo, non avrebbe avuto efficacia giuridica. La verità è che è importantissimo seguire quel che avviene in Catalogna».
In Catalogna? Intende al referendum omologo di Artur Mas?
«Sì, loro sono avantissimo: dobbiamo capire se sull’indipendenza riescono ad aprirci un varco. La loro deadline è il 9 novembre 2014. Se l’indipendenza la ottiene Barcellona, seguendo il loro metodo potrebbe ottenerla Venezia».
Il premier Renzi si è espressamente dichiarato per il contro-referendum.
«Renzi, come tutti da Roma, ci guarda dall’alto in basso, crede che stiamo al Luna Park. Ma il fermento indipendentista è sempre più forte, e non dipende dalla gente del nord sempre più strozzata, dipende da Roma. Matteo l’ha detto chiaramente di non credere alle regioni, anzi fosse per lui le abolirebbe. É un neocentralista che ha un ideale di sviluppo fordista; noi siamo quelli del distretto industriale diffuso. Fosse per Renzi la Bavaria industriale autonoma non esisterebbe. Lui giustifica questa cosa affermando che “ci sono regioni non virtuose”; io rispondo: “ma scusa, perché non punisci quelle?”. La verità è che ci vogliono le palle».
Una visione testicolare della politica che richiama la Lega bossiana, e un po’ i toni odierni del suo segretario Salvini, oserei...
«Salvini sta facendo un buon lavoro. Ma è Renzi che deve avere il coraggio di dire: che metà d’Italia -il sud- è tecnicamente fallita, e bisogna mandare i curatori fallimentari. Vendere le auto blu non risolve il problema, e neanche tassare le rendite finanziarie; è vero che in Germania le aliquote sono al 26%, ma lì hanno la pressione fiscale al 46% , da noi è al 68%..».
Però il governo, oggi, lavora in direzione opposta al federalismo come lo volevate voi (che, tra l’altro non ebbe un gran successo). La trasformazione del Senato è diversa dal modello di Miglio, la cancellazione del titolo V° non ne parliamo.
«Guardi, il Veneto è la regione più identitaria d’Italia: 7 persone su 10, trasversalmente pensano e parlano in Veneto. Il federalismo, per noi, era un passaggio obbligatorio, una forma di educazione. Abbiamo bussato alla parta con i fiori in mano, ci siamo puliti i piedi sullo zerbino, ma non ci hanno aperto. A ’sto punto, la porta noi la sfondiamo. Ormai siamo al Big bang delle istituzioni, le rivoluzioni nascono dalla fame; e ci siamo, alla fame. Il Veneto può scappare. Perchè siamo incazzati: abbiamo perso 85mila posti di lavoro, siamo quelli che ogni anno lasciano a Roma 21 miliardi di tasse, e ci ignorano...».
Però, ora, guarda caso, il ritorno ai regionalismi tentano di cavalcarlo in molti. Grillo, per dire, evoca la «Repubblica di Venezia», roba sua, Zaia. O no?
«Grillo non si capisce cosa voglia; se vuole l’indipendenza venga a firmare ai gazebo, ma non penso che i suoi siano d’accordo»
A Treviso, però nell’ex «Zaiastan» il sindaco è renziano del Pd...
«Onore ai vincitori. Ma io non ho problemi nel mio rapporto con gli elettori. Votano per me ancora 6 su 10. La verità, veda, è che la ricreazione è finita».
Questo lo dice anche Renzi.
«Questo lo tolga...».

TASSE EFFETTO SGRAVI SULL'IRPEF PER I DIPENEDENTI

Tasse, effetto sgravi sull'Irpef: per i dipendenti niente imposta fino a 10.500 euro 

Chi è in pensione paga più Irpef. La scelta del governo sembra chiara: il riassetto dell’Irpef favorirà solo i lavoratori dipendenti. Se il contributo di solidarietà sui trattamenti pensionistici medi e alti è probabilmente destinato a restare un’idea di Carlo Cottarelli, il riassetto dell’Irpef dunque favorirà solo i lavoratori dipendenti lasciando invariata la situazione dei contribuenti che hanno redditi previdenziali.
Una delle differenze più macroscopiche sarà con tutta probabilità la soglia di esenzione effettiva, la cosiddetta no tax area, che non è un limite fissato per legge ma un livello di fatto determinato dall’effetto delle detrazioni. Per i lavoratori dipendenti senza carichi di famiglia - grazie al maxi-sconto voluto dal governo - dovrebbe salire a circa 10.500 euro, dagli attuali poco più di 8.000 attuali, mentre per i pensionati resterebbe fissata a 7.500 euro. In caso di familiari a carico la soglia sarebbe più alta ma comunque differenziata. E la penalizzazione tributaria per chi ha lasciato il lavoro proseguirebbe ai livelli di reddito superiore, attenuandosi via via solo in prossimità della soglia dei 55 mila euro di reddito.

I calcoli sono forzatamente approssimati, visto che non esiste ancora uno schema certo di come sarà attuato il promesso sgravio medio di mille euro l’anno. Già con il sistema attualmente in vigore l’imposta dovuta dai pensionati, a parità di imponibile, è leggermente più alta. Prendendo per buona una delle ipotesi che circola in queste ore, cioè che la detrazione riservata ai lavoratori dipendenti (e solo quella) venga fortemente aumentata, partendo da una base di 2.400 euro l’anno (invece degli attuali 1.880), la distanza si amplierebbe però in modo notevole, arrivando a 1.200-1.300 euro l’anno per un imponibile Irpef di 20.000-25.000. Ma già a quota 10.000 euro il divario sarebbe più che evidente, con il dipendente che non deve niente al fisco e il pensionato chiamato invece a versare 732 euro, oltre alle addizionali che scattano solo nel caso in cui il tributo nazionale non sia nullo.

Sul piano teorico, la scelta di destinare tutte le risorse ai dipendenti è coerente con la volontà annunciata di ridurre il cuneo fiscale-contributivo, ossia la distanza tra il costo del lavoro pagato dall’azienda e la retribuzione netta su cui può contare il lavoratore. Se il peso di tasse e contributi è meno gravoso, lavorare diventa più conveniente. O almeno così dovrebbe essere. Ma la mossa annunciata mercoledì scorso dal presidente del Consiglio ha anche - e forse soprattutto - un’altra logica: quella di dare slancio ai consumi interni. E in questa chiave è meno logico distinguere tra contribuente e contribuente, a meno di supporre che il pensionato abbia una propensione al consumo minore di quella del lavoratore in attività.

La diversità di trattamento si potrebbe far sentire anche al momento della decisione di lasciare il lavoro per la pensione. L’elemento finanziario non è naturalmente l’unico preso in considerazione in questi casi, ma è un fatto che in particolare per i redditi medio-bassi lo schema Irpef delineato dal governo avrebbe l’effetto di ridurre di alcuni punti il tasso di sostituzione netto, ossia il rapporto tra l’ultima retribuzione percepita e il primo assegno previdenziale

DOPO VARO PIANO AMIENTALE ILVA CE' EMERGENZA LIQUIDITA'

Ilva: dopo varo piano ambientale c'e' emergenza liquidita' 

Taranto, 15 mar. - Il piano ambientale e' stato approvato ieri con decreto dal Consiglio dei ministri, quello industriale arrivera' entro un mese - l'azienda ci sta giá lavorando -, le emissioni nell'aria sono in notevole regresso come attesta la relazione dell'Arpa per tutto il 2013. Eppure, a 20 mesi dal sequestro degli impianti e dalla bufera giudiziaria, la situazione dell'Ilva non puo' dirsi ancora tranquilla. Ora il problema principale dell'Ilva e' la liquiditá. A segnalare le difficolta' sono i sindacati metalmeccanici e lo conferma l'Ilva: in cassa non ci sono soldi. Gli stipendi ultimi sono stati regolarmente corrisposti ma, annuncia il sub commissario dell'Ilva, Edo Ronchi, "siamo in difficolta' con i fornitori, le imprese terze e anche nell'avanzamento degli ordini connessi al programma di ambientalizzazione, registriamo qualche rallentamento".
  "Sebbene il piano industriale non sia ancora completato, abbiamo calcolato - afferma Ronchi - che 1,8 miliardi serviranno per l'Aia e 1,2 miliardi per l'innovazione, un totale quindi di 3 miliardi di euro che, stando all'Aia e a quanto ribadito dal Dpcm approvato ieri, andranno spesi entro agosto 2016. Vorrei che fosse chiaro questo punto: non stiamo facendo un'ambientalizzazione in 10 anni ma dobbiamo farla in 36 mesi e quest'arco di tempo e' gia' cominciato da agosto scorso". "Abbiamo in piedi una trattativa con le banche per negoziare un prestito ponte di 500 milioni sui lavori dell'Aia ma - aggiunge - si sta rivelando complessa", il tutto in attesa dell'operazione di aumento di capitale

RENZI DOMANI ALLA PROVA MERKEL "NON ANDIAMO DIETRO"LA LAVAGNA

Renzi domani alla 'prova' Merkel, "Non andiamo dietro la lavagna" 

Berlino, 16 mar. - Nessun cappello in mano, nessuna lezione da ricevere, il nostro Paese non ha certamente bisogno di essere messo sotto esame. Matteo Renzi lo ripete da giorni.
  "Se l'Italia fa l'Italia non deve avere paura di nessuno", ha affermato anche stasera al tg5: "Noi vogliamo guidare l'Europa non solo nel prossimo semestre ma per i prossimi 20 anni". Ed ancora: "Se a volte abbiamo fatto degli errori siamo pronti a rimediare. Ma non siamo gli alunni somari da mettere dietro la lavagna. Siamo l'Italia e dobbiamo riprenderci l'orgoglio di essere italiani". Con questo stato d'animo il premier domani si presentera' alla Cancelleria tedesca. Con la convinzione che trovera' le porte aperte, perche' Angela Merkel ha dimostrato di apprezzare il piano "ambizioso" illustrato dal presidente del Consiglio italiano per creare lavoro e sostenere famiglie e imprese. Il biglietto da visita' e' quello mostrato anche a Francois Hollande: nessuna intenzione di sforare il tetto del 3%, ma tutta l'intenzione di cambiare l'Europa per non consegnarla il 25 maggio agli anti-europeisti. E' in vista di quella data che bisogna muoversi per far si' che austerita' e crescita camminino di pari passo.
  Concetti in questi mesi gia' ribaditi anche da altri premier, a cominciare da Mario Monti per finire con Enrico Letta. Renzi nel ruolo di capo del governo e di leader di un partito perno dell'ampia maggioranza di cui gode l'esecutivo, e' convinto di avere tutte le chances per essere ascoltato. Per spiegare le misure economiche che ha in mente che per la maggior parte dovrebbero essere finanziate con la riduzione della spesa. Dal vertice non dovrebbero emergere decisioni operative (un focus ci sara' sicuramente sulla crisi ucraina), ma la Cancelliera tedesca, nell'assecondare le ambizioni di Renzi, potrebbe lanciare un "segnale politico" importante in vista del Consiglio europeo di giovedi' e venerdi' a Bruxelles.
  L'incontro a Berlino con Angela Merkel viene considerato dal premier come la tappa piu' importante del 'tour' europeo di questa settimana cominciato ieri con la visita a Parigi. Il premier arrivera' nel primo pomeriggio nella capitale tedesca e dopo l'incontro bilaterale e il vertice italo-tedesco in programma partecipera' anche ad una cena alla quale prenderanno parte imprenditori tedeschi e italiani.

LA CRIMEA SCEGLIE LA SECESSIONE

La Crimea sceglie la secessione
Usa e Ue: "referendum illegale" 

Sinferopoli, come si prevedeva, al referendum per la secessione della Crimea dall'Ucraina hanno nettamente vinto i si' con il 93%, secondo gli exit poll diffusi dall'agenzia russa Riva Novosti, mentre il 'premier' filo-russo Serghei Aksyonov sostiene invece che i si' sono stati oltre l'80%, perche' "su 1,25 milioni di votati, oltre un milione ha votato a favore dell'annessione alla Federazione russa con un'affluenza dell'81,5%.
  Aksyonov ha annunciato che gia' domani una delegazione del Parlamento di Sinferopoli sara' a Mosca per avviare le procedure di annessione. E a partire da aprile gli "stipendi e le pensioni" in Crimea saranno pagati "in rubli russi" e non piu nell'ucraina grivnia. Alta l'affluenza: alle 18 ora locale, le 17 in Italia, era del 75,9%, secondo quanto riferito dal presidente della commissione per il referendum Mikhail Malyshev. Il risultato e' la media tra il 73,41% della Crimea e l'83,5% di Sebastopoli. La Casa Bianca respinge il risultato scontato del referendum e bolla le azioni di Mosca come "pericolose e destabilizzanti". Non solo: Washington avverte che ora Mosca affrontera' "costi crescenti" per l'intervento militare e la violazione del diritto internazionale nella penisola ucraina. La Casa Bianca, rivolgendosi al Cremlino, ha detto che ormai "siamo lontani dai giorni passati", quando il mondo, "assisteva tranquillo mentre un Paese conquistava con la forza il territorio di un altro". Mogherini il referendum è illegale temo le conseguenze. Usa e Ue definiscono il referendum "illegale, e non ne riconosceremo i risultati" e "domani decideremo sanzioni" contro la Russia. E' quanto affermano il presidente della Commissione europea Manuel Barroso e il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy in una dichiarazione congiunta. Stessa posizione degli Stati Uniti, che con il segretario di Stato John Kerry ha ribadito che il referendum sulla secessione e' "illegale" e che gli Usa "non riconosceranno il risultato". Poco prima, era stato il presidente russo, Vladimir Putin, a sostenere il contrario: "Mosca rispettera' la scelta degli abitanti della Crimea. Il referendum sulla secessione della Crimea dall'Ucraina e' "legale", ha ribadito Putin in una conversazione telefonica con Angela Merkel. Nel corso del colloquio, il capo del Cremlino ha espresso "preoccupazione per le tensioni create nelle regioni meridionali e sud-orientali ucraine da gruppi radicali, con il consenso delle autorita' di Kiev". "Tregua" in Crimea tra Mosca e Kiev fino al 21 marzo. I due Paesi hanno siglato l'accordo per una tregua che mettera' al riparo le infrastrutture militari di Kiev da eventuali attacchi russi. "Un accordo e' stato raggiunto conm la Flotta russa nel Mar nero (che ha base a Sebastopoli, in Crimea, ndr) e con il ministero della Difesa russo", ha detto il ministro.
  "Nessuna misura sara' presa fino al 21 marzo", ha continuato conversando con i giornalisti, "contro le installazioni militari in questo periodo. In ogni caso stiamo inviando nuove unita' nei nostri siti militari". Intanto il ministro della Difesa ucraino, Ihor Tenyukh ha denunciato che i soldati russi presenti in crimea sono ormai a 22.000. Tenyukh ha spiegato che e' stato in questo modo violato il limite di 12.500 soldati previsto dall'accordo che consente a Mosca di avere una base per la propria flotta a Sebastopoli, su Mar Nero. Si tratta, ha sottolineato il ministro, di "una brutale violazione degli accordi e della prova che la Russia ha illegalmente fatto entrare truppe nel territorio della Crimea".
  "Siamo di fronte a un aumento delle unita' russe", ha detto ancora Tenyukh, "e le forze armate ucraine stanno prendendo misure appropriate lungo i confini a sud". Soldati e mezzi blindati ucraini si stanno spostando verso in confini con la Russia. Lo riferisce l'agenzia Itar-Tass, citando l'emittente ucraina '24' che ha mostrato le immagini di un treno che trasporta blindati. Residenti hanno riferito che il treno e' arrivato sabato alla stazione Kondrashevskaya Novaya, a 10 chilometri da Lugansk.