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sabato 5 gennaio 2013

SILVIO IL GIUSTIZIERE




Silvio il giustiziere: "Commissione d'inchiesta anche su Napolitano"

Non si arrende Silvio Berlusconi e grida al complotto. Non ha ancora digerito la fine pilotata della sua legislatura e l'avvento del governo tecnico e adesso, dopo le promesse disattese di Monti, che il Cav aveva definito "promesse da marinaio" e la scelta del professore di correre indirettamente alle elezioni alla guida dei centristi, spara a zero su tutto e tutti. 
Non salva neppure il Capo dello Stato: "Non voglio dare giudizi al riguardo, sarà una commissione di inchiesta eventualmente a far emergere ruoli che ciascuno ha svolto in quell'occasione".
Poi non rinuncia a parlare della Lega. Il carroccio è la spina in pectore del Cav. l'affare è complicato: la Lega ambisce alla guida del Pirellone ma non è disposta a fare l'asse nazionale con il Pdl in vista delle Politiche di febbraio. Maroni è stato chiaro: "se Berluscoi si candida non possiamo dare il nostro appoggio su scala nazionale". Ma il fondatore del Pdl va dritto per la sua strada e sentenzia: "La Lega deve scegliere, da sola va incontro a una sconfitta sicura, la rottura dei rapporti renderebbe impossibile appoggiare Maroni in Lombardia, ma anche tenere in vita le giunte in Veneto e Piemonte e centinaia di amministrazioni locali".
Ma soltanto ieri Maroni aveva ribadito su twitter: No al Cavaliere, correremo da soli. 



                                                                     

CHI E' CONTRO MONTI E' CON LA LEGA





  

La Lega riabbraccia Berlusconi: "Chi è contro Monti è con la Lega" 

"Monti è il nemico del Nord, impedirgli di tornare al governo è un imperativo categorico per noi. Chi è contro Monti è alleato della Lega".Berusconi chiama e Roberto Maroni risponde così su Twitter Il lungo tira e molla sul prosieguo di un matrimonio che dura da 19 anni (tranne un periodo di separazione di tre anni durante il primo governo Prodi) pare risolversi nel senso sempre auspicato dal Cavaliere

Da non perdere

L'ex premier era tornato a minacciare la caduta delle giunte lombarde in Piemonte e Veneto in caso di mancato accordo su scala nazionale. E non è un mistero la voglia di Maroni di guidare il Pirellone in Lombardia. "Soltanto alleandosi con noi Maroni avrebbe forti percentuali di vittoria. Altrimenti, se consegnassero la Regione alla sinistra, cadrebbero anche le giunte regionali di Piemonte e Veneto, e altre 100 amministrazioni del Nord dove ora governiamo assieme".
La risposta del segretario del Carroccio su Titter è piuttosto esplicita, data la campagna elettorale impostata da Berlusconi Campagna fin qui incentrata a picconare Monti, reo di aver opposto un rifiuto alla proposta di guidare 'il fronte moderato'. "La Lega non chiede un premier diverso da me, chiede che si indichi il leader della coalizione e che successivamente, dopo la vittoria, i vari partiti scelgano insieme un possibile loro candidato" aveva dichiarato Berlusconi prima del tweet di Maroni.

                                  

UNA POLITICA POVERA ANZI MISERA





     

Una politica povera. Anzi, misera 

Una politica povera, anzi misera, priva di prospettive a lungo termine, tutt'altro che entusiasmante. All'avvio di questa livida e rissosa campagna elettorale si coglie l'assenza di contenuti nei programmi (chiamiamoli così) e nei discorsi degli esponenti più significativi. Si è, insomma, di fronte ad una visione ragionieristica piuttosto che ad una contesa di idee e concezioni che trascendano le pur importanti cifre che vengono noiosamente ed ossessivamente sciorinate da questo e da quello. Brilla, si fa per dire, in tal senso il premier Mario Monti il cui orizzonte sembra essere l'aritmetica applicata al governo del Paese: nessuno gli ha spiegato che con i numeri non si reggono gli Stati. Seguono a ruota, come se non avessero altro da dire, Silvio Berlusconi e Pier Luigi Bersani, entrambi affetti dallo stesso morbo, cioè a dire la riduzione della politica ad aridi e discutibili conti.
Soggiogati dalla difficile crisi una qualche attenuante comunque ce l'hanno, ma non tale da assolverli dal vuoto che coltivano nel praticare una politica senz'anima, quasi fossero a capo di consigli di amministrazione piuttosto che di partiti volti a raccogliere consensi ben oltre la sfera contabile. Per quanto dediti ad una pratica che toglie al confronto una più ampia ed ambiziosa prospettiva, non dovrebbe tuttavia sfuggire loro che governare i popoli è molto più complesso che svilire bisogni ed interessi ad espressioni matematiche,indecifrabili logaritmi,contorte analisi macroeconomiche.
È per questo che i leader, unitamente ai comprimari, non hanno appeal, mancano di attrattiva. Non si rendono conto che  ridurre , come fanno, la sfera pubblica ad un gigantesco ed incomprensibile grafico nel quale tasse e spese s'intrecciano con le curve del deficit e dell'evasione non basta a soddisfare le aspettative dei cittadini che chiedono ben altro, al di là di standard di vita scanditi dalla quantità dei consumi che si possono permettere. Pretendono ben altro e si guardano attorno smarriti, al di là  talvolta del loro "privato",  per cercare di cogliere dalla multiforme e cangiante realtà quale la loro dimensione e, di conseguenza, quali comportamenti assumere.

Non sarà un'Agenda o un programma elettorale a colmare il divario tra la politica e la gente, insomma. C'è in giro una domanda diffusa, che nessuno raccoglie, di una migliore qualità della vita che, ovviamente pur non prescindendo dalle cifre fredde dei bilanci dello Stato e delle amministrazioni pubbliche, si fonda sulla ricerca di rapporti più stabili e di relazioni comunitarie migliori. È il grande tema dei diritti e dell'etica che sembra essere sfuggito ai politici, mentre le persone - spesso considerate alla stregua di meri elementi statistici - s'interrogano su questioni che attengono allo sviluppo dell'esistenza in rapporto alle questioni che pone lo sviluppo o la decrescita demografica cui è connesso il modello di welfare da adottare; la sudditanza alla tecnologia ed il limite di questa di fronte alle libertà violate dal suo uso sempre più spregiudicato; il dialogo con le genti e le culture in un mondo votato ormai all'uniformità ed aggredito dal "pensiero unico" e le possibilità degli Stati nazione di essere comunque fattori di coesione di comunità plurali, come sosteneva il grande pensatore conservatore Robert Nisbet.

E poi sulle identità minacciate, sulle nuove povertà, sulle pericolose disparità tra nord e sud del mondo, sull'infelicità crescente (sì c'è anche questo) tra le nuove generazioni, sulla morte dell'autorità e sul declino di una consapevole concezione e pratica della libertà, qualcuno sente forse dire qualcosa dai Soloni che ci ammorbano dalla mattina alla sera con lo spread e con  l'Imu,  senza peraltro risolvere alcunché, come se le nostre esistenze fossero tutt'uno con i titoli azionari e con le odiose tasse escogitate da chi, direttamente o indirettamente, ha partorito la bancarotta con cui oggi ci tedia dalla mattina alla sera?
Non voglio qui dire che sarebbe politicamente eccellente se lorsignori si dedicassero alla riforma delle riforme: quella Stato. Ne ho pudore, tanto hanno dimostrato di essere inadeguati a partorire perfino una banale legge elettorale. Ma sommessamente mi permetto di ricordare che senza buone istituzioni non si costruiscono società ordinate e che società moralmente malate non partoriscono buona politica. Immagino già i ricordati leaderini alzare le spalle e far finta di niente.

Così come mi pare più o meno tutti, tranne coloro che saranno direttamente toccati, fingono di non vedere un vulnus alla politica nella levata d'ingegno di Mario Monti che pretende di sottoporre al vaglio di un tagliatore di teste di sua fiducia, il noto risanatore di aziende Enrico Bondi, quello della spending review, le candidature dei partiti della sua coalizione, vagliando i profili degli aspiranti competitori, facendo le pulci a tutti coloro che invece di concorrere per uno scranno parlamentare dovrebbero popolare la "democrazia degli angeli". Roba giacobina, insultante pratica da tricoteuses in attesa di veder cadere teste mozzate. I partiti dovrebbero essere capaci di tutelare l'autonomia della politica rispetto a certi autocrati che sembrano aver fatto di se stessi gli strumenti di una oscurantista palingenesi degna di arbitrari custodi di una democrazia debordante nell'intolleranza. Il domani, di questo passo, non potrà che essere peggiore del presente.

                         

LE STRATEGIE CONTRO LA RUSSIA





IL NUOVO ORDINE MONDIALE E LE SUE STRATEGIE CONTRO LA RUSSIA DI VLADIMIR PUTIN 

   

Pussy Riot, strategie mediatiche e Otpor: strane coincidenze globali dietro una comune regia?

Quando Materialismo Marxista e Liberismo capitalistico diventano due distruttive armi di una Guerra comune  contro Dio e l'uomo.  Chi c'è dietro le rivolte popolari e le "Primavere Arabe"  scoppiate nel mondo dal 1990 ad oggi? 


Mosca, Londra, Washington, Roma, Damasco – Chi sono le Pussy Riot? Cosa rappresentano? Chi c'è dietro di loro? Sono domande che ci poniamo da qualche mese, ma alle quali abbiamo esitato a rispondere ufficialmente attraverso le pagine dell'Osservatorio "Qui Europa", perchè ci sembrava un qualcosa di non pertinente con l'oggetto del nostro giornale (l'analisi delle politiche europee dell'Ue e degli stati membri) e perchè viste le notizie profondamente dissonanti e spesso contraddittorie sull'argomento ci mancavano dei tasselli essenziali alla ricostruzione fedele ed imparziale del curioso puzzle. Ma alla fine ci siamo riusciti, e quel che ne è emerso non ha davvero nulla di rassicurante e democratico. Anzi!

 Il fenomeno Pussy Riot 

Le ragazze  (sedicenti neo-attiviste dei diritti umani) munite di passamontagna fluorescenti, nel corso del 2012 hanno acquistato una fama mondiale inattesa e quantomeno curiosa, per essersi esibite in maniera dissacrante e blasfema lo scorso febbraio nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, inscenando una parodia liturgica ed una supplica pop alla Vergine Maria, contro Vladimir Putin. Le irriverenti ragazzine, poco più che ventenni, furono – come noto – tempestivamente arrestate e successivamente condannate a due anni di reclusione per "teppismo motivato da odio religioso". Nadia Tolokonnikova e Maria Alyokhina sono finite in due campi diversi. La terza condannata, Iekaterina Samutsevich, è stata rilasciata. "Dentro o fuori sei sempre sotto controllo – ha dichiarato nei giorni scorsi in una intervista – la Russia è una grande prigione". Ma di certo quel che accadde in quel freddo febbraio non fu qualcosa di casuale, né di spontaneo. E lo si comprende chiaramente unendo i pezzi di un puzzle grottesco e spaventoso, ma ben architettato dai profeti del "caos" e "dell'ordine mondiale" preconfezionato. Di sicuro l'interesse suscitato tra i media mondiali dall'accaduto è stato inusuale e clamoroso. Ne parlarono curiosamene tutti i TG e i media occidentali (gli stessi, per intenderci generalmente protesi alla censura di ciò che accade in Siria e Libia); nonché molte pop star del calibro di Madonna e Paul Macartney, che non esitarono a supportare la strana e blasfema forma di protesta delle Pussy Riot. Il “The Guardian” – giornale di punta britannico – in merito scrisse: “in Russia oggi, è peggio dell’era sovietica!” Ma stanno davvero così le cose? E' davvero tutto oro ciò che luccica ed emerge dalle sviolinate apparentemente neutrali – ed accorate – della stragrande maggioranza dei tabloid americani ed occidentali? 

 Espressione del comunismo radicale e amate dal lobbismo occidentale 

Certo l'oggetto della controversia non ci è parso di primo acchito molto onorevole e degno di sostegno morale e/o ideologico. Vandalismo e blasfemia; profanazione della Cattedrale di Mosca e versi irrispettosi contro la religione, protesi ad attaccare il presidente Vladimir Putin (che di certo, intendiamoci, non è un santo!). Da qui la condanna a due anni di carcere e l'ascesa delle tre ragazzine: salutate dall'Occidente delle lobby mediatiche come vittime di un regime oppressivo ed oscurantista, una sorta di eroine post-moderne della libertà e della pace. Ma è davvero così? Chi sono davvero le Pussy Riot? Una cosa è certa, per la stessa irriguardosa performance in paesi occidentali come Usa e Regno Unito, le tre ragazzine sarebbero andate incontro a pene forse ancor più severe, rispetto ai due anni comminati dal tribunale russo. Ma  scavando tra documenti vari attinenti alla – sia pur breve – vita artistica delle Pussy Riot, emerge l'immagine di un gruppo laicista ed ateo, per la precisione comunista radicale e di orientamento marxista, espressione del ramo estremista “Voina” (guerra) supportato non da gruppi dichiartamente comunisti – non solo – ma addirittura da alcune delle più note ONG occidentali, e dai loro media di riferimento. Si! Avete capito bene "Occidentali". Com'è possibile, dunque, questo anomalo e paradossale connubbio tra marxismo ateo e capitalismo liberale occidentale? Il mistero s'infittisce!

 Irriverenti e blasfeme per copione 

Ma non è finita! Nelle scorse settimane, Yoko Ono – la nota vedova di John Lennon – ha assegnato al contestato e nel contempo  "acclamato" gruppo russo il premio per la pace "Lennonono". Qualcuno ai piani alti dei palazzi "mondiali" che contano, aveva avanzato anche la proposta di candidatura del blasfemo gruppo al femminile, addirittura per il "Premio Nobel". Ultimo paradosso poi – solo l'ultimo di una lunga serie di eccessi e stranezze  - la mostra realizzata nei mesi scorsi in Russia,  presso la Galleria Ghelman di Moscain onore delle tre ragazze: una mostra a dir poco blasfema con ad oggetto "icone" che le ritraevano con la stessa tecnica e gli stessi colori – olio su tela, nero e oro – utilizzati per la pittura sacra nella tradizione più classica della pittura ortodossa. “Un atto cinico di terrore contro la cultura russa”  secondo l’archimandrita Tikhon Shevkunov, segretario del Consiglio Patriarcale per la Cultura. Già! Perchè, per chi si intende anche un briciolo di arte sacra (come me) non può sfuggire il fatto che le icone nella tradizione russa siano considerate una sorta di "preghiera vivente", tanto che spesso neppure l'autore osa porvi la propria firma, per non alterarne il senso ed il messaggio altissimo e trascendentale espresso dall'opera. Ma perchè dunque tali e tanti atti irriverenti verso la religione, così spavaldamente ostentati e spacciati come atti di "progresso" e "pacifismo"? Qualcosa non torna! In effetti è curioso notare come le Pussy Riot si siano unite recentemente anche al gruppo "Femen" (note alla cronaca per aver protestato nei vari G20 a seno scoperto); abbiano deciso di appoggiare gruppi come “Marcia delle Troie” e le stesse mega-parate gay andate "in scena" qua e là per il pianeta. Operazioni di costume e protesta assolutamente "non censurate" dal sistema mediatico occidentale, ma anzi enfatizzate e promosse in maniera gratuita e tutt'altro che anonima. Manifestazioni ben finanziate e supportate anche da molte ONG occidentali, malgrado importassero forme di protesta estrema incentrate sul femminismo radicale, sul marxismo, sul materialismo ateo e culturale e sulla distruzione di tutti i valori religiosi e familiari tradizionali. Ma perchè appoggiare questo attacco alla religione ed alla famiglia? Cosa c'entra con la pace, la libertà e la civiltà? E perchè – soprattutto –  i media occidentali (di regime) non hanno mosso un dito – dimostrando altrettanto interesse – per difendere l'autonomia e la libertà di  personaggi come Julian Assange e di Wikileaks e la sua lodevole battaglia per la libertà di espressione. Un Assange, curiosamente difeso e posto sotto tutela solo da Mosca, ed osteggiato (guardacaso) da Londra e Washington, che ne chiedevano invece la testa, perchè depositario di scomode verità e reo di aver aperto il celeberrimo "Vaso di Pandora".

 Perestroika – Un miracolo al contrario 

Una cosa è certa, questi fenomeni s'intrecciano indissolubilmente con l'evoluzione della storia contemporanea della Russia. Putin, inutile nasconderlo – malgrado la disinformazione mediatica occidentale – ha ereditato un Paese in rovina, indebolito e sfasciato dal liberismo economico e dall'iperliberismo importato dalle politiche di Michael Gorbaciov e dalla sua sedicente "miracolistica" Perestroika (stile "Ricetta Monti" per l'Italia, per comprenderci). Un Gorbaciov oggi poco amato – per non dire odiato – dai Russi. La sua – al netto della propaganda mediatica Occidentale – fu una sorta di vecchia "Rivoluzione Araba" spiccatamente mondialista (nel senso più deleterio del termine) che ha finito per regalare il grande Paese – di Dostoevskij , Tolstoj, Chajkovskij e Rachmaninov – nelle grinfie dei grandi potentati economici mondiali e delle lobby, a danno delle Pmi e del welfare state, progressivamente ed inesorabilmente indebolito e devastato. Non ci stupisce, in tal senso, come nella "ricca" Russia di oggi, in realtà – anche se i media occidentali, in gran parte plagiati dalle menzogne del miracolo liberista, non lo riconoscono – la speranza di vita sia paragonabile a quella di alcuni paesi africani del terzo mondo. Per contro il liberismo economico, il processo di occidentalizzazione e le privatizzazioni intraprese con la "Perestroika", hanno finito per spostare l'80-90% della ricchezza nelle mani di una mera élite di imprenditori lberisti. Tra le grandi vittime di questo tsunami culturale, sicuramente la stessa cultura russa – da sempre tra i tesori più nobili e preziosi del Paese – colpita al cuore da decenni di tagli finanziari e violenze ideologiche.

 Marxismo ateo e capitalismo liberista – Due grandi alleati 

Prova di ciò è il fatto che la Russia (probabilmente il Paese più ricco del mondo, con le maggiori riserve di minerali, di gas e petrolio; un tempo terra di poeti, scrittori, musicisti, economisti, geni, scenziati e nobel) produca oggi meno del 1,7% di tutta la ricerca scientifica mondiale. La povertà in compenso dilaga: come del resto la denatalità. Un Paese messo in ginocchio dal miracolo al contrario chiamato "Perestroika", ed osannato dalla stragrande maggioranza dei media occidentali di regime. E solo oa, alla luce di qeste analisi, forse capiamo il perchè! Un disegno mondialista che parte dalla Guerra Fredda, e da quello strano rapporto di amore e odio di due ambigui personaggi chiamati Ronald Reagan e Michael Gorbaciov. E questo Vladimir Putin – che pur un angelo non è – sembra averlo capito più che bene, nel suo estremo ed osteggiato tentativo di salvare il Paese da ulteriori saccheggi iper-liberisti e – nel comtempo – dagli stessi privilegi della burocrazia di Stato. Emblema di questa "sorta di  guerra culturale apparente" di carattere mondialista – tra due forme di ateismo molto assolutizzanti, quali marxismo materialista e liberismo capitalistico, apparentemente contrapposte, ma in fondo due facce della stessa medaglia – è la loro lotta comune contro i valori cristiani, la sacralità dell'uomo come creatura di Dio e la famiglia.

 La "Rivoluzione Siriana" – Un'emblematica cartina tornasole 

Da qui si spiega l'avvicinamento dello stesso Vladimir Putin alla Chiesa ortodossa ed i suoi crescenti consensi tra il popolo russo: ormai disilluso dai retaggi del passato di un'evanescente e distruttiva "Perestroika". In tal senso il caso "Siriano" – ed il tentativo di contrastare l'imperialismo Nato-Usa (e il collaborazionismo ONU) in Siria – può essere letto come una interessante ed emblematica cartina tornasole della situazione sopra illustrata. E ciò mentre – ironia della sorte – il marxismo materialistico (che per oltre un secolo ha contraddistino l'identità dello stato burocratico russo) oggi sembra essersi trasformato in un'arma sfruttata dall’elite mondiaslista e liberista occidentale contro la stessa Russia, per destabilizzare il Paese e quanti si oppongono all'insano disegno per il controllo della Terra, chiamato "Nuovo Ordine Mondiale". Fenomeno che si serve di opinion leader, stelle pop/rock e organizzazioni ONG: "angeli" vestiti di luce e falsi profeti capaci di attrarre larghi consensi, ed espressione di un becero modernismo laico e laicizzante, che mina sottilmente valori alti quali la sacralità dell'individuo, la famiglia e la religione, spacciando le loro "rivolte indotte e pilotate"  come "salvifiche rivoluzioni democratiche nascenti dal basso".

 NWO e ruolo di Otpor 

E la cosiddetta "Rivoluzione Araba" ne è l'esempio più tangibile ed eloquente. Il tutto dietro l'uso metodico di nuovi simboli e strategie di comunicazione (marketing della sommossa) avallati stranamente ed in tempi non sospetti (con chiare dichiarazioni stampa) da uomini come Soros e Draghi (?) ed incarnati in movimenti come gli stessi "Indignados" e "Occupy Wall Street". Curiosi fenomeni e "coincidenze" che possiamo riscontrare attraverso l'analisi dei movimenti dell'organizzazione Otpor: una sorta di associazione cui simbolo distintivo è un pugno chiuso (lo stesso presente in almeno una dozzina di sommosse – tutte quelle nate dagli anni Novanta ad oggi – e lo stesso "curiosamente" esibito in più occasioni dalle stesse Pussy Riot – vedi foto in alto) che avrebbe come scopo la fomentazione di rivolte mediante proteste ed insurrezioni popolari. Esisterebbe, in tal senso (come prova, vedi il video in allegato) una vera e propria "revolution training school" protesa alla pianificazione strategica delle sommosse popolari. In particolare, dopo la caduta di Milosevic, in Serbia, il pugno chiuso di Otpor divenne un simbolo conosciuto in tutto il mondo, ed usato perfino sul sito ufficiale di "Occupy Wall Street". Dall'Iran alla "Rivoluzione Arancione" in Ucraina; dalla "Rivoluzione delle Rose" in Georgia alla "Rivoluzione dei Tulipani" in Kirghizistan; dalla "Rivoluzione dei Jeans" in Bielorussia alla già citata "Rivoluzione Araba" in Medioriente. Tutte sommosse che hanno presentato il medesimo super-sponsor occidentale, gli Stati Uniti d'America.

 Il destino incrociato di Russia e Siria 

La cosiddetta “Primavera Araba”, in tal ottica ed in Paesi come la Libia e l'Egitto,  è stata finora (e come dimostrato in centinaia di articoli dal nostro Osservatorio Indipendente)  il miglior risultato raggiunto da questa strategia. Piccoli gruppi finanziati dalle elite diffondono il dissenso nella società, orientandone gli effetti verso i propri obiettivi. Nei paesi islamici, ciò ha determinato che i Fratelli Musulmani (gruppi integralisti e mondialisti a sfondo massonico) contribuissero al disegno egemonico del "Nuovo Ordine Mondiale". Ora l’elite sta cercando di applicare la stessa strategia con la Siria e la Russia. In tal senso gruppi come quello delle Pussy Riot, si dimostrano come piccole ma paradossalmente potenti pedine all'interno di un oscuro scacchiere ed al servizio di un oscuro maestro di strategia. D'altra partre, infatti, non va scordata l'eloquente dichiarazione di David Rockefeller del 1991: "Il mondo – auspicò il ricco e potente banchiere – è pronto per raggiungere un governo mondiale. La sovranità sovranazionale di una élite di intellettuali e di banchieri mondiali è sicuramente preferibile all'autodeterminazione nazionale praticata nei secoli passati". 

 Semplici come colombe ed astuti come serpenti 

Ben venga allora il malcontento verso la finanza malata e corrotta che sta devastando il mondo; ben venga la protesta contro le lobby bancarie e l'Unione europea che oggi le spalleggia spudoratamente e consapevolmente; ben venga la voglia di cambiamento, ma che si traduca in proposte concrete e di pace, orientate sempre all'amore per il prossimo ed al rispetto della vita umana, nel rispetto dei valori cristiani e della vita. Ben venga la voglia di riconquista della nostra sovranità monetaria e finanziaria, rubataci con l'inganno ed attraverso leggi inique dalle spinte liberiste fomentate da tali oscuri "maestri" con la complicità di politicanti asserviti a questo sporco gioco. Ma che siano desideri ed auspici che possano passare sempre attraverso il buon senso; il pubblico dissenso e la dura e motivata protesta, ma il dialogo. Non diventiamo complici inconsapevoli e stupidi dei nostri stessi carnefici. Un esempio? Chiediamoci come mai molti dei pullman atti a trasportare i manifestanti della protesta dell'11 Novembre 2011 a Roma (che scoppiò cioè due giorni prima dell'avvento in Italia del golpe della banda Monti) furono messi a disposizione in centinaia da sconosciuti personaggi ed in maniera stranamente gratuita. Apriamo gli occhi e siamo vigili. Non cediamo alle lusinghe ed alle bugie di falsi profeti; e soprattutto difendiamo in ogni sede i nostri valori più sacri, celesti e trascendentali. Non dimentichiamoci, nel nome di un dissacrante e vuoto modernismo, la profondità ed il valore delle nostre radici cristiane – il tesoro più prezioso da custodire e difendere – e diffidiamo dai facili entusiasmi sorretti dal vuoto e dal nulla e da quei movimenti di massa fomentati solo dall'odio e privi di umanesimo e trascendentalità. Riscopriamo assieme i valori più profondi ed incommensurabili del Vangelo di Cristo, e ridiamo centralità all'uomo ed alle sue prerogative. Ma facciamolo con la semplicità delle colombe e vigilando con furbizia, evitando di aboccare ai subdoli e distruttivi messaggi ed agli inganni dei falsi profeti che infestano il mondo ed ai loro "facili entusiasmi".

                                                              

LA STORIA DEL LORO POTERE

                                                            



Corporations: la Storia del loro Potere Assoluto 

 

Come le corporations  guadagnano il potere istituzionale autonomo e diventano più distaccate da luogo e gente, l’interesse umano e l’interesse aziendale diventeranno sempre più divergenti. E’ quasi come fossimo invasi da esseri alieni, intenti a colonizzare il nostro pianeta, riducendoci a dei servi della gleba e – quindi – escludendoci per la maggior parte. –

E’ assai raro che si facciano dei sondaggi per conoscere cosa si pensi circa il potere aziendale. Di solito, le domande sono più idiote: cose come aborto o il controllo delle armi. Ma nel settembre del 2000, Business Week pubblicò i risultati di una serie di sondaggi su cosa provavano le persone verso il potere esercitato dalle grandi aziende o multinazionali (Corporations) nella società. In questo caso, americana. Ma non faccio distinzioni.
I sondaggi lasciavano trasparire un enorme malessere culturale: troppo potere alle imprese, troppo tutto aziendale. Quando il sondaggista commissionato dal Business Week chiese alle persone cosa ne pensassero circa una dichiarazione fatta ”Il business ha troppo potere su troppi aspetti della nostra vita“, il 52% disse di essere “completamente d’accordo” ed un ulteriore 30% si reputava essere “un pò d’accordo“.
Due mesi dopo il sondaggio, si pose un’altra domanda più specifica: “Come valuta il potere dei diversi gruppi d’impresa che influenzano le politiche del governo ed i politici?” – Solo il 5% rispose che le grandi aziende hanno “troppo poco potere“, mentre il 74% ha fermamente risposto “troppo“.
Perché le Corporations hanno così tanto potere? Nei sondaggi del giornale non si chiedeva alle persone la loro opinione circa i fattori di fondo che creano questo potere. Ma possiamo certamente immaginare cosa avrebbero risposto se si fosse chiesto. Si sarebbe certamente detto da dove deriva il potere di queste enormi Corporations: dalle azioni delle strutture politiche, dalle lobbies, dai loro avvocati, dal controllo di milioni di lavoratori.
Si sarebbero potute anche menzionare le “porte girevoli“, quelle che muovono le figure aziendali dentro e fuori dalle agenzie governative, dalle società proprietarie dei media conglomerati e così via. Tutti questi fattori sono ben noti. Altri fattori lo sono meno, soprattutto l’acquisizione costante da parte delle corporazioni, dei diritti costituzionali a partire dall’anno 1880. Perfino se le aziende non sono menzionate nella Costituzione: in un qualche modo, hanno accumulato diritti legali maggiori rispetto all’essere umano.
Come è potuto succedere?
Quando iniziai a leggere una certa parte di letteratura circa la nascita delle grandi imprese (Corporations), notai ripetuti riferimenti sugli aspetti del potere aziendale, le radici sepolte nella storia, specialmente su oscure decisioni da parte dei tribunali che “scoprivano” diritti aziendali nascosti nel linguaggio della Costituzione. In che modo questi diritti costituzionali si traducono in potere politico?
La risposta è che questi integrino e mettano a disposizione alle Corporations le altre risorse politiche (soprattutto per quelle di grandi dimensioni), fornendo la carta vincente da giocare quando le tattiche politiche più dirette falliranno. Se minacciate da un regolamento indesiderato o da un pezzo fastidioso di legislazione, le Corporations avranno un sacco di strumenti su cui ricorrere: lobbisti, campagne pubblicitarie, minacce di trasferire le fabbriche all’estero e così via. Anche così, le leggi contrarie agli interessi corporativi approveranno, a prescindere dal peso convenzionale dell’impresa. Soprattutto in tempi di accresciuta mobilitazione pubblica.
Ecco dove sarà più utile andare ad usufruire dei diritti costituzionali. L’Amministratore Delegato o il vice presidente per gli affari legali, dirige gli avvocati della corporazione per contestare le normative in tribunale. Il Tribunale ritiene la legge “incostituzionale” e la invalida.
Ma da dove provengono questi diritti? È possibile leggere la Costituzione da capo a piedi - compresi tutti gli emendamenti aggiunti al documento fino ad oggi - e non trovare una singola istanza della parola “Corporazione“. Per questo motivo, i diritti cui le aziende godono, sono stati costituiti tutti in modo indiretto, in particolare in una manciata di decisioni da parte della Corte Suprema. 
All’inizio dei miei studi, iniziai a far ricerca sulla storia delle Corporations. Notai ripetuti riferimenti ad un caso in particolare: la sentenza del 1886 a Santa Clara County, contro la Southern Pacific Railroad. Questo caso – presumibilmente - trattava le Corporations come ”persone” e – in tal modo - si diede loro accesso ai diritti come fossero esseri umani.
Pensai che, se Santa Clara fosse stato il caso chiave in questo processo secolare di decisioni aziendali sui diritti, sarebbe valsa la pena di leggere il testo della decisione stessa. Ero curiosa di sapere come la Corte Suprema avesse potuto giustificare le Corporations dichiarandole persone fisiche. Digitando il nome ed il luogo della sentenza su Google, trovai immediatamente la decisione online al seguente link:

Il Video

    http://youtu.be/Sa74wjxGfH8 
In questa versione online, una delle frasi dice: “L’imputato Corporations sono persone all’intento della clausola della sezione I del Quattordicesimo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, il quale vieta ad uno Stato di negare ad una persona qualsiasi all’interno della propria giurisdizione, l’uguale protezione delle leggi. “
Va bene“, pensai. “Vediamo come lo possiamo giustificare“. L’idea che le Corporations siano considerate “persone“, sembrava essere un bella asserzione metafisica radicale e decisi di voler conoscere il modo in cui la Corte la avesse avvalorata. Ma più che una spiegazione, mi imbattei su di un punto piuttosto curioso. Il Presidente della Corte Suprema Waite – a quanto pare – doveva essere di umore estremamente scorbutico il 26 gennaio: il primo giorno delle arringhe degli avvocati.
Uno dei punti fatti e discussi a lungo nel breve consiglio per gli imputati, era: “Le Corporations sono persone ai sensi del Quattordicesimo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti“. Prima dell’argomento, il Giudice Waite disse: “Il giudice non vuol sentir difese sulla questione della disposizione contenuta nel Quattordicesimo Emendamento della Costituzione, che vieta ad uno Stato di negare a qualsiasi persona all’interno della sua giurisdizione, l’eguale protezione delle leggi, che si applica a queste Corporations. Siamo tutti del parere che lo faccia“.
Wow! Pensai: “La Corte non vuole sentir le difese…“. Com’è avventato. Il giudice stava avendo un attacco di dispepsia? Forse di gotta? (Avevo letto da qualche parte che il re Giorgio III ne soffriva). Od era – più semplicemente - reduce di una sbornia notturna?
Continuai a leggere, fino a quando non ebbi modo di incappare in un’altra frase: “MR. JUSTICE HARLAN delivered the opinion of the Court.“.
Hmmm. Forse quella era la spiegazione che aspettavo. Così, lessi e rilessi fino a che gli occhi iniziavano a bruciare: 36 paragrafi estremamente secchi su massicciate,  parapetti, recinzioni e servitù di passaggio. Tornai a leggere per controllare. No, nessuna personalità corporativa. Ed – infine – ebbi modo di leggere un passaggio in cui “MR. Justice HARLAN” dichiarava la ferrovia vincitrice della causa, ma nessun motivo circa la ”personalità“.
Al contrario, assegnarono alla Southern Pacific un “pollice in su” per motivi tecnici che avevano a che fare con il modo in cui i valutatori qualificarono le recinzioni di proprietà della ferrovia. In effetti, “MR. Justice HARLAN“dichiarò che la Corte non aveva bisogno di invocare alcun principio importante per risolvere il caso. Le questioni tecniche furono sufficienti.
Quindi, mi sentii doppiamente provocata. In primo luogo, circa l’idea che le Corporations debbano esser trattate sullo stesso piano giuridico e morale degli esseri umani. Secondo, sull’assenza di una qualsiasi discussione sul perché  -  e, di fatto, al diniego che qualsiasi questione costituzionale fosse stata decisa dal caso!
Tutto questo mi lasciò più che confusa. Anche se, l’intera nozione della “personalità corporativa” ancora mi sembrava assurda, intuitivamente sbagliata. Ho anche riflettuto sull’osservazione comune che ci fosse qualcosa di impersonale, di strano, senz’anima. Soprattutto, man mano che queste si espandono. “Se non altro“, ruminai, ”sono le persone all’interno della società che hanno bisogno di avere dei diritti, non le stesse società“.
Come iniziai le ricerche sulla decisione di Santa Clara, scoprii di non esser stata l’unica persona ad aver provato confusione. Il caso è circondato da complessità ed anche da intrighi. Ci sono complotti con agende nascoste, note manoscritte di conseguenza indicibili, falsi indizi, offuscamento intenzionale, perfino un “giornale segreto“. Studiare è come sbucciare una cipolla. Sotto uno strato di mito, ne trovi un altro ed un altro ancora.
L’intera macchia di complicanze, rende la decisione di Santa Clara interessante: forse un pò ‘troppo interessante’ perché tutti gli intrighi e le complessità tendono a distogliere l’attenzione da altre cose. In particolare, sugli aspetti dei ‘poteri corporativi’ che potrebbero esser ulteriormente nascosti nella storia. Così Santa Clara diventa il suo stesso mito – l’idea sbagliata che l’intera piovra del potere corporativo derivi da una decisione della Corte Suprema.
Un’alitata che vi sia molto di più del mero potere corporativo di Santa Clara e della sua decisione: 1886. Qualcosa doveva esser successo prima perché – a partire dalla metà del 1860 – un certo numero di americani di spicco, improvvisamente iniziarono ad emettere allarmi isterici circa il potere aziendale. Per esempio, nel 1864 Abraham Lincoln scrisse quanto segue in una lettera al suo amico William Elkins:
Possiamo congratularci con noi stessi che questa guerra crudele si stia avvicinando alla fine. E’ costata un gran numero di tesori e di sangue…. Infatti, è giunta l’ora di provare per una Repubblica, ma vedo in un prossimo futuro l’avvicinarsi di una crisi che mi innervosisce e mi fa tremare per la sicurezza del mio paese. Come risultato della guerra, le Corporations sono state sul trono e seguirà un’era di corruzione in luoghi altolocati. Il potere del denaro del paese si sforzerà di prolungare il suo regno, lavorando sui pregiudizi del persone, finchè tutta la ricchezza sarà aggregata nelle mani di pochi e la Repubblica verrà distrutta. In questo momento, mi sento in ansia più che mai per la sicurezza del mio paese: anche nel mezzo di una guerra. Dio voglia che i miei sospetti si possano rivelare infondati.
Allo stesso modo, nel 1870, Henry Adams - nipote e pronipote dei presidenti – prevedè che le Corporations alla fine, riusciranno a governare se stesse. Sotto la forma americana della società, non ci sarà nessuna autorità in grado di fare una resistenza efficace…
Chiaramente, il processo per cui le Corporations accumulano potere politico e giuridico di cui godono oggi, non inizia nè si conclude con Santa Clara del 1886. Benchè sia un caso importante, rappresenta un singolo gene dell’intero cromosoma del potere corporativo. Come cerco di mappare questo cromosoma, utilizzo come punto di riferimento la decisione di Santa Clara. L’esempio più famoso e più significativo di come una società abbia utilizzato il sistema legale per ottenere particolari privilegi. Lentamente, identificai altri diritti e semi-diritti, risalendo dal XIX secolo, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Questo processo di potere si divide in tre fasi sommarie:
Nella prima, le Corporations avranno acquisito un certo numero di efficaci semi-diritti, quali la responsabilità limitata e la perpetua esistenza: ma la Corte Suprema non aveva ancora concesso loro alcun diritto costituzionale formale. Nella seconda, le Corporations acquisiscono almeno undici diritti costituzionali distinti, a causa di una serie di decisioni della Corte suprema nel corso del secolo. Nella terza, il processo di potere si sposta nella scena internazionale: come iniziarono gli accordi di commercio internazionali, così si crearono quei meccanismi mediante i quali le Corporations potevano ignorare l’autorità delle nazioni sovrane.



MONTI GLI DA DEL NANO A BRUNETTA COME DARGLI TORTO




              

Monti gli dà del nano e lui attacca: "Non riuscirai a zittirmi" 

Il premier ha regalato stoccate a tutti gli avversari politici e si è lasciato andare ad una battuta molto sottile: parlando di Brunetta lo definisce "Un uomo con una certa statura accademica" 
Intervistato da Franco Di Mare, il premier Mario Monti è intervenuto per la seconda volta a Uno Mattina e sembra essersi calato perfettamente nella parte del politico in campagna elettorale. Di tecnico ormai non è rimasto quasi nulla, il Mario Monti che si presenta agli italiani è un candidato premier che non risparmia battutine agli avversari. Dopo aver risposto alle dichiarazioni di Silvio Berlusconi che lo aveva definito "Non credibile", il professore ha sferrato una stoccata all'ex ministro Renato Brunetta: "Ci sono molte posizioni nel Pdl che hanno impedito riforme per iniettare più concorrenza nei mercati delle libere professioni". Non soddisfatto, Monti fa il nome di Renato Brunetta e aggiunge: "Per esempio, dal punto di vista economico generale, penso all’onorevole Brunetta che sta portando, con l’autorevolezza di un professore di una certa statura accademica, il Pdl su posizioni piuttosto estreme e, se posso permettermi di dire, settarie". 

La replica - Immediata, la risposta di Brunetta che seccato risponde: "Ho lavorato per il mio Paese, in chiave europea, come mio dovere di eletto dagli italiani. Altro che settarismo o estremismo. Vuole silenziare anche me, prof. Monti? Ci provi pure, ma le garantisco che non ci riuscirà". Attraverso una email, il coordinatore dei dipartimenti Pdl, ha poi aggiunto che "con le sue parole di stamattina il prof. Monti svela la sua natura più profonda, che è quella del tecnocrate autoritario, disinformato e pasticcione". Infastidito dalle parole di Monti, Brunetta ha continuato così: "Intimare il silenzio a qualcuno mentre si ricopre il ruolo del capo del governo non ha cittadinanza in democrazia, ma ci riporta a tempi bui e dolorosi. Vuol dire ignorare i cardini del confronto democratico e vuol dire aver dimenticato, o forse mai aperto, tutti i libri di storia".   
il video      
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VIETARE IL CONTANTE E' UNA SCUSA


VIETARE IL CONTANTE UN'ABREAZIONE  E L'EVASIONE FISCALE E' UNA SCUSA  

Qualcuno ha detto che il contante è il principale strumento attraverso il quale gli evasori fiscali e i furbetti si sottraggono al dovere costituzionale di partecipare, con le proprie sostanze, alla crescita economica e sociale di una determinata collettività. La mitologia insegna che il contante è nemico del dovere di pagare le tasse, perché è sfuggente ai poteri statali di controllo e coercizione. Da qui, l’idea che eliminando il contante, l’evasione venga azzerata.
La verità non è così coerente e limpida. L’evasione fiscale è un fenomeno capace di metamorfosi straordinarie. Il furbo, il ladro, l’evasore fiscale trovano sempre il modo, le modalità e le occasioni di non pagare o pagare meno, con o senza il contante. Perché il problema non è trovare misure adatte a combattere l’evasione, ma è la mentalità a essere sbagliata: l’evasore ritiene che quanto da lui è guadagnato non debba essere condiviso con nessuno, non debba essere versato in parte e progressivamente per fini di solidarietà sociale.
Chiaramente questa è una mentalità deprecabile e da condannare assolutamente. In Italia però l’idea di evasione ha assunto, soprattutto negli ultimi anni, un connotato quasi unico e originale. L’evasione non è solo del furbastro che vuole godersi i propri guadagni in modo egoistico, ma è anche dell’onesto cittadino, vessato da uno Stato esigente e sprecone, che fa della politica fiscale uno strumento di taglieggiamento dell’economia produttiva, tramite una pressione tributaria che soffoca e uccide anche il contribuente  ben disposto nei confronti del dovere costituzionale di pagare le imposte, a fronte (troppo spesso) di servizi pubblici scandenti e inefficienti. Di conseguenza, l’evasione diventa uno strumento di liberazione, un varco disperato per sfuggire all’esattore implacabile e inumano.Diventa uno strumento di legittima difesa e sopravvivenza: o lo Stato o me; o il denaro per lo Stato o il denaro per comprare il pane per me e la mia famiglia.
L’eliminazione del contante non può avere alcuna finalità di lotta all’evasione e men che meno di lotta contro questo tipo di evasione. Il modo più efficace e sicuro per diminuire l’evasione fiscale è rendere il Fisco user friendlyÈ alleggerirlo ed è costruire un sistema il più trasparente, equo ed efficiente possibile, tramite pure l’erogazione di servizi pubblici per i quali il cittadino è disposto a pagare volentieri e volontariamente. Solo così l’evasione potrà avere fine, ovvero solo così potrà essere marginalizzata ai casi limiti: vere e proprie forme delinquenziali di evasione (endemiche) che non possono in alcun modo essere giustificate.
Al che si può affermare con una ragionevole certezza che l’eliminazione totale del contante ha un’altra e più subdola finalità: controllare la vita delle persone, monitorare i loro gusti e i loro consumi, valutare e soppesare la loro capacità di consumo, tramite strumenti di tracciatura indelebili. Del resto, in un mondo sempre più integrato, globalizzato e telematizzato, l’eliminazione del contante è l’altra faccia della medaglia del controllo sociale. Tramite i sistemi informatici e tramite le piattaforme di condivisione, i gusti delle persone, le loro tendenze, i loro orientamenti e la loro vita privata sono diventati un libro aperto per banche, società di marketing, società web di ricerca e poteri vari, al servizio delle élite. L’eliminazione del contante è la quadratura del cerchio: la virtualizzazione della moneta, costituisce di fatto, la chiave di volta per creare un sistema di full control il cui obiettivo è il governo oligarchico ed elitario delle masse, non più costituite da cittadini ma da consumatori e creatori di ricchezza reale.
Sembra roba da fantascienza, ma non lo è. O almeno lo è o lo può sembrare nel breve periodo ho affermato chiaramente questo:
Dobbiamo impedire l’eliminazione del contante. Per questo è necessario far sentire il nostro grido di disapprovazione e disgusto per un sistema che sempre più diventa un Grande Fratello finanziario, dove la virtualizzazione della moneta recide definitivamente il collegamento tra l’economia reale e l’economia virtuale. Un’operazione che permette alla speculazione bancaria e finanziaria di appropriarsi della ricchezza reale, usando la propria ricchezza virtuale.
Consumo e speculazione non sono due cose distinte, ma unite indissolubilmente. Il consumo crea ricchezza reale, di cui si appropriano i costruttori della ricchezza virtuale tramite la speculazione. La globalizzazione rende l’economia del consumo sostenibile e le élite comandano e si arricchiscono in beni reali e potere. È sufficiente analizzare con occhio critico gli ultimi quattro anni, la crisi economica e finanziaria, la speculazione, la crisi dell’euro, lo spread, unitamente alle politiche del Governo Monti, che ha imposto – tra le altre cose – l’obbligo di avere un conto corrente, la riduzione della soglia di uso del contante a 1000 euro, l’obbligo per i commercianti di accettare carte di credito anche per il pagamento di importo inferiori ai 50,00 euro, per intuire che siamo sull’orlo di un cambiamento epocale.
Badate, non è banale e facile “complottismo”. Non posso dire che ci sarà una dittatura plutomassonica o un Nuovo Ordine Mondiale. Sarebbe poco serio e forse neanche tanto realistico. Semplicemente voglio dire che il mondo sta intraprendendo una strada già tracciata da decenni (e che le ultime tecnologie favoriscono), un modello economico e sociale in cui esistono due dimensioni umane: le masse di consumatori e le élite. Le prime deputate a creare ricchezza reale tramite consumo, lavoro e produzione (magari sottopagata e sottotutelata), le seconde – tramite la totale virtualizzazione della moneta – capaci di appropriarsi e controllare i consumatori, questa ricchezza e le risorse necessarie a crearla. Insomma, un mondo perfettamente integrato e connesso, nel quale della democrazia sopravvivono solo le liturgie esteriori.
                                                                      

PERCHE DAL 2013 SAREMMO TUTTI PIU MALATI MENTALI




perché dal 2013 saremo tutti più malati mentali 

Nel prossimo mese di maggio è prevista l'uscita della nuova edizione del Manuale Diagnostico e Statistico degli psichiatri, il 

Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, detto anche "la Bibbia degli Psichiatri", rappresenta il tentativo, da parte del mondo scientifico, di catalogare tutti i disturbi mentali dell'essere umano, sulla base di dati scientifici.

Il DSM, pubblicato dalla America Spichiaty ha la caratteristica di avere una influenza internazionale sul trattamento sanitario dei disturbi mentali ed ha notevolissime influenze sociali, dal momento che è attraverso questo manuale che si decide se una persona è "normale" o è "malata".

Questo spiega naturalmente le controversie e le polemiche che hanno sempre circondato il DSM. Un esempio su tutti: quando nel DSM-II l'omosessualità fu definita un disturbo psichico; la definizione fu rimossa, a seguito delle molte proteste, nel 1973. Decidere cosa sia (o non sia) normale fa parte della routine quotidiana di tutti i medici, compresi ovviamente gli psichiatri. Il problema è che, in altre branche della medicina, i medici dispongono di strumenti che permettono esami clinici oggettivi. Le malattie si diagnosticano infatti con elettrocardiogrammi, radiografie, esami del sangue, TAC, biopsie... Gli psichiatri invece dispongono solo di conoscenze teoriche e pillole: niente da esaminare sotto il microscopio, niente su cui cercare dati oggettivi e incontrovertibili.

Il DSM, del resto, è nato proprio allo scopo di dimostrare che le diagnosi psichiatriche si basano su prove rigorose e codificate. In realtà, per molti critici, questo manuale sembra piuttosto dimostrare con chiarezza che lo studio della patologia psichica è tutt'ora più vicino alla letteratura che alla scienza e, proprio per questo, è estremamente sensibile alle mode, alle tendenze, ai bisogni della politica e dell'economia.

Ogni decisione, ogni cambiamento comporta infatti profonde conseguenze sociali e soprattutto economiche: denaro speso o risparmiato, dai cittadini, o dai rispettivi sistemi sanitari nazionali. La malattia del resto comporta sempre esborsi privati e pubblici su visite mediche, esami clinici, test psicologici, farmaci, obblighi nei confronti della disabilità, sostegno scolastico, assenteismo lavorativo, ecc.

Alla nuova versione del DSM si lavora già da diversi anni, ma è solo dal Giugno 2012 che si sta mettendo a punto la stesura definitiva, dopo un periodo di un mese e mezzo, in cui la bozza del manuale è stata messa online sul sito dell'APA, per ottenere i commenti del pubblico: in primis i professionisti, ma anche pazienti, familiari, associazioni. La bozza è stata poi rimossa dal Sito e la task-force ha continuato il suo lavoro, che ormai volge al termine, in quanto la pubblicazione del manuale è attesa fra pochi mesi.

Questo confronto pubblico è servito intanto ad eliminare due proposte su cui la task force aveva a lungo lavorato: il "disturbo di ipersessualità", che in qualche modo doveva far entrare la controversa diagnosi di "sex addiction" nel manuale, oltre alla ancor più controversa "sindrome di alienazione genitoriale" o PAS, sostenuta in particolare da molte associazioni di padri separati (che vorrebbero riconosciute le dinamiche psicologiche disfunzionali del figlio convivente con la madre, il quale mostra atteggiamenti di rifiuto nei confronti del padre, a causa di un supposto "lavaggio del cervello"). Allo stesso modo, non entreranno nella stesura finale la "depressione ansiosa", proposta per descrivere sintomi moderati di ansia e depressione, il disturbo di elaborazione sensoriale o "sensory processing disorder", diagnosi proposta per classificare le persone che hanno difficoltà nell'elaborare le informazioni sensoriali, come le immagini visive o i suoni.

Alcune diagnosi rimangono inalterate, anche se cambiano di definizione: è il caso della "pedofilia", che viene ribattezzata "disturbo pedofiliaco". Vengono inoltre aggiunti nuovi criteri diagnostici per quanto riguarda il Disturbo Post Traumatico da Stress e il Disturbo da Abuso di Sostanze. Tutto questo per avvicinarsi alle definizioni del concorrente IDC,  o International Classification of Diseases, pubblicato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization, WHO), allo scopo di facilitare la comunicazione fra professionisti.

Una decisione che va controcorrente rispetto all'estensione generalizzata delle malattie riguarda l' autismo, probabilmente per diminuire il numero sproporzionato di autismo   degli ultimi anni negli USA. Diminuiscono dunque i criteri per la diagnosi di autismo, ridotti da tre (alterazioni qualitative dell'interazione sociale, alterazioni qualitative nella comunicazione, comportamenti, interessi, attività stereotipate, ripetitive e ristrette caratterizzate ) a due (disfunzioni nella comunicazione sociale e comportamenti ripetitivi). Le famiglie e le associazioni legate a pazienti autistici lamentano il fatto che un cambiamento del genere potrebbe implicare che molti pazienti che avevano ricevuto in precedenza una diagnosi di autismo, di punto in bianco potrebbero ritrovarsi ad essere considerati "normali" perdendo così il diritto alle cure e al sostegno scolastico. In particolare le famiglie di pazienti con sindrome di Asperger sono preoccupate perché pensano di avere meno speranze di guarigione per i loro familiari "ad alto funzionamento", che si ritrovano invece in qualche modo "declassati" a semplici soggetti autistici. La sindrome di Asperger, quando nell'edizione DSM del 2000 fu indicata come disturbo separato dai disturbi dello spettro autistico, determinò un'ondata di investimenti nella ricerca su questa malattia. L'Asperger torna oggi sotto l'ombrello dei disturbi dello spettro autistico (sindrome di Asperger, disturbo autistico, disturbo disintegrativo dell'infanzia e disturbo pervasivo dello sviluppo, non altrimenti specificato), in quanto che implica poi una valutazione individuale del livello di capacità del paziente.

Altra malattia che esce di scena è il "disturbo neurocognitivo minore", un disturbo della memoria nell'età anziana, che potrebbe evolversi in alzheimer questa diagnosi comprende una enorme popolazione di pazienti ogni anno (solo alcuni dei quali sono a rischio reale di demenza) e produce enormi costi, considerati inutili, di brain imaging dal momento che non vi è alcun trattamento efficace per l'Alzheimer.

A parte queste eccezioni, il manuale continua ad espandersi sempre più, come denunciano molti studiosi, fra cui Allen Frances , psichiatra della Duke University che ha presieduto la Task Force del DSM-IV e che ritiene che i supporti scientifici su cui si basa il DSM-5 siano in molti casi piuttosto dubbi.

Ad esempio, molto criticata è la decisione di non escludere più i soggetti a lutto da una possibile diagnosi di depressione maggiore. Il lutto nel DSM-5 non viene più considerato una possibile giustificazione al basso tono dell'umore o ai comportamenti tristi e apatici. La persona che ha da poco subito un lutto viene dunque considerata esattamente come un'altra. Questa decisione è ovviamente molto controversa: i critici sostengono infatti che siamo di fronte al tentativo di medicalizzare la società e di rendere patologiche le naturali emozioni della vita, come quella della tristezza o della disperazione per aver perso una persona cara.

Vi sono però anche voci a favore  di questa decisione, che sostengono che l'inclusione del lutto nella diagnosi di depressione maggiore sia dettata da 2 ragioni molto importanti: (1) non ci sono studi che dimostrano che i sintomi depressivi successivi ad un lutto differiscano nella natura, nel decorso o nella severità dagli altri sintomi depressivi; (2) il grande rischio di suicidio che la depressione comporta (4%) non giustifica la non considerazione del lutto, visto che questi pazienti giungono spesso a togliersi la vita, al pari degli altri depressi.

Osservazioni sicuramente giuste, ma che non sembrano tenere conto che l' elaborazione del lutto richiede soprattutto tempo, anziché farmaci.

E se anche la psicoterapia nel caso del lutto, potrebbe rivelarsi addirittura più efficace di un farmaco, specialmente nei casi più lievi,ricorso agli Psichiatri  il problema non è degli psichiatri, ma dei cambiamenti strutturali profondi che dovrebbe fare la società e che esulano dallo scopo per cui è stato creato il DSM.

Tra i disturbi alimentari è stato incluso il 'binge eating' cioè il mangiare troppo e senza sensi di colpa, che potremmo definire "disturbo da alimentazione incontrollata". Mentre il bulimico cede all'abbuffata, ma poi si sente in colpa e tenta di rimediare con condotte di eliminazione (es. vomito e uso di lassativi), il binge eater è un mangione, che non si sente in colpa, è in sovrappeso e non se ne lamenta. Se nella passata edizione per ricevere questa diagnosi occorreva cedere all'abbuffata due volte alla settimana nei sei mesi precedenti, ora i criteri sembrerebbero ridotti a una volta alla settimana nei tre mesi precedenti. Inoltre, il disturbo diventa più rilevante, passando dall'appendice del DSM al vero e proprio manuale. Anche qui, nessuno può sostenere ovviamente che fare abbuffate una volta alla settimana sia salutare, ma considerarla una malattia, potrebbe davvero apparire eccessivo.

Un altra novità è la 'disregolazione' ("Disruptive Mood Dysregulation Disorder o DMDD"), che riguarda bambini persistentemente irritabili e soggetti a scatti di rabbia tre o più volte alla settimana per oltre un anno. Questa novità sembra destinata a superare le difficoltà create dalla diagnosi di disturbo bipolare nei bambini, che nel tempo era notevolmente aumentata.

Vi è poi il disturbo di escoriazione (skin picking) che sarà incluso nei disturbi ossessivo-compulsivi insieme al "disturbo di accaparramento" o hoarding disorder, per soggetti che mostrano persistenti difficoltà a privarsi delle loro cose, anche quando non le utilizzano più e, indipendentemente dal loro valore, le conservano, fino a riempire completamente la loro casa di oggetti inutili.

Il disturbo di iperattività e deficit di attenzione (ADHD), che aveva già fatto tanto discutere a causa della controversa cura del Ritalin prescritto ai bambini, viene ora esteso anche agli adulti, con la sindrome di Adult Attention Deficit Hyperactivity Disorder (ADHD), dove i sintomi sono ad esempio cambiare posto di lavoro più volte, avere relazioni che terminano bruscamente, ecc.

Non si parlerà più di "Disturbo Di Identità' in genere " usata per persone che si sentono dell'altro sesso: il termine verrà sostituito con il più neutro 'disforia di genere'. Questo sulla spinta dei movimenti LGBT che vedono in questo cambiamento del DSM-V un passo importante per rimuovere lo stigma contro le persone transgender basato su stereotipi sull'identità di genere, aggravati dalla parola "disturbo". In questo modo ci si aspetta che le persone transgender non vengano più considerate "malate" a causa della loro condizione sessuale.

Ulteriori estensioni riguardano un allargamento dei criteri per i disturbi specifici di apprendimento e un nuovo capitolo sul disturbo post traumatico da stress, che riguarderà i casi di bambini e adolescenti.sarà dedicata ad una serie di malattie che richiedono ulteriori indagini per essere accettate definitivamente:

Una Particolare Sezione - sindrome psicotica attenuata, in cui la persona manifesta sintomi simili alla psicosi (ad esempio sentire delle voci), ma non si tratta di vera e propria psicosi (in quanto si è in grado di distinguere la differenza tra realtà e immaginazione)

- Disturbo da uso di videogiochi: essenzialmente, una dipendenza da gioco online

- Comportamenti autolesionistici non suicidari: comportamenti autolesionistici, ma che non con hanno scopo suicidario

- Disturbo comportamentale suicida: disturbo di personalità che aumenta il rischio di suicidio

Si immagina che il consumo di ansiolitici e antidepressivi, con tutte queste estensioni, salirà dunque alle stelle. Il già ricordato ipercritico Allen Frances ritiene inoltre che queste estensioni del DSM saranno dannose anche sul piano sociale  dal momento che verranno considerate malate, e curate, delle persone che non hanno alcun bisogno di trattamento, mentre non vi saranno fondi pubblici per il trattamento delle persone realmente malate, come i malati psichiatrici, che finiranno per essere reclusi nelle carceri sovraffollate. Inoltre, ricorda Frances, vi saranno complicazioni mediche indirette, dovute all'eccesso di trattamenti farmacologici (spesso gli antipsicotici producono un enorme aumento di peso e portano al diabete e alle malattie cardiache). Per non parlare del problema dei sovradosaggi di farmaci regolarmente prescritti, che producono visite al Pronto Soccorso e ricoveri dovuti ad overdose, con tassi superiori perfino ai consumatori di droga comprata in strada. Una denuncia abbastanza seria, considerata la fonte autorevole da cui deriva.

Sul cui prodest, tutti i critici sono d'accordo, non sembra vi siano molti dubbi: sono infatti vistosi gli interessi dell'industria farmaceutica, che con la creazione e l'estensione di tante malattie psichiatriche vedrebbe i suoi antipsicotici essere sempre più diffusi, quasi come fossero caramelle.

Si spera solo che il medico prudente si ricordi sempre che il DSM anzitutto non è affatto una Bibbia, come invece spesso si dice, ma un semplice manuale, tanto che in molti Stati, come ad esempio il Regno Unito non è neanche il principale punto di riferimento per le diagnosi psichiatriche (che è invece l' ICD dell'Organizzazione Mondiale della Sanità). Inoltre, si spera sempre che a prevalere, nel momento della diagnosi sia, se non l'etica professionale, almeno il buon senso.