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sabato 15 marzo 2014

ANNESSIONE CRIMEA RUSSIA DOMANI IL REFERENDUM

Annessione Crimea Russia: domani il referendum, fallito il negoziato Lavrov-Kerry 

Le oltre sei ore di faccia a faccia di ieri a Londra, nell’ambasciata Usa, tra i rappresentanti della politica estera degli Stati Uniti, John Kerry, e della Russia, Serghiei Lavrov, non hanno portato a nessun accordo sulla situazione Ucraina. “L’intervallo è finito, la partita continua”, ha commentato su twitter il ministero degli esteri russo.
Alla vigilia del referendum in Crimea per tornare che potrebbe annettere la regione ucraina alla Russia, consultazione che la comunità internazionale minaccia di punire con sanzioni da lunedì e che sta già surriscaldando la russofona Ucraina orientale, i volti dei due negoziatori alla fine del loro incontro erano tutto un programma, nessun accordo e una precipitazione della situazione con il simbolismo di due conferenze stampa finali, separate. Lavrov ha riferito che i colloqui sono stati “utili” per migliorare la reciproca comprensione ma ha ammesso che “non c’è una visione comune” tra Russia e Usa.
Nella serata di ieri una telefonata tra il presidente Russo Vladimir Putin e il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, Putin ha definito il voto di domenica “conforme ai principi del diritto internazionale e della Carta dell’Onu”, ma la comunità internazionale non è d’accordo e sta preparando sanzioni contro Mosca, lunedì riunione dei ministri degli esteri Ue per il via libera, ma Lavrov, pur escludendo qualsiasi piano di invasione  del sud-est ucraino, ha avvertito che le sanzioni sarebbero “controproducenti”.
Prima di azioni economiche, blocco dei beni di dirigenti russi, ministri, capi militari e dei servizi segreti, oligarchi e vera e propria, militare, una “ciber-guerra” si è manifestata contro il sito del Cremlino, del ministero degli Esteri e della Banca centrale russa.
Ieri i russi hanno annunciato di aver avvistato i primi droni americani.

LA MASSONERIA DECIDE LE SORTI DELL' ITALIA

La Massoneria Decide le Sorti dell'Italia 

Un autorevolissimo esponente politico della ormai defunta (?) Prima Repubblica si è scagliato, violentemente, contro l’attuale Premier, che incarnerebbe – a suo dire – il vero erede di Licio Gelli: “Dopo 35 anni vedo realizzarsi il programma di Rinascita Nazionale del toscano Licio Gelli”

Il commento di Rino Formica, socialista, ministro delle Finanze e del Lavoro in tre diversi governi della prima repubblica, oltre che lapidario appare inquietante. La dichiarazione è stata rilasciata alcuni giorni prima dell’annuncio della lista definitiva dei ministri, a trattative ancora in corso; del resto le motivazioni che hanno spinto l’ex ministro a spingersi in una considerazione così azzardata non avevano bisogno di nomi specifici, ma risiedevano nell’acuta osservazione dei fenomeni politici degli ultimi due decenni.
In un’intervista rilasciata al sito del Sussidiario. Formica spiega “la crisi di governo è in realtà una crisi di sistema, con un’accumulazione di detriti che ci portiamo dietro da vent’anni, e in un’epoca come la nostra, nella modernità di questi tempi, vent’anni equivalgono più o meno a due secoli dei tempi passati. La crisi è di sistema e si continuano ad affrontare gli effetti, non le cause”.
L’ex ministro vede alla base del nuovo esecutivo un patto tra Renzi e Berlusconi, una sorta di “maggioranza occulta”, così la definisce, basata sulla sintonia dei due leader i quali “non sopportano i corpi intermedi, non hanno un’idea della democrazia partecipativa, e vogliono semplificare senza riguardo usando, solamente al momento, forze politiche medio-piccole che esistono ancora oggi in Parlamento”.
La tesi di Formica si sposa, quindi, con quella di chi ritiene Alfano e il suo Ncd uno strumento nelle mani di Berlusconi: un piccolo gruppo parlamentare che ha una valenza rilevante all’interno del nuovo governo e la cui funzione sarebbe quella di assecondare l’esistenza dell’esecutivo senza compromettere, al momento, il partito del leader del centrodestra.
Ma per quale motivo l’asse “occulto” Renzi-Berlusconi porterebbe alla realizzazione del programma politico della disciolta P2? Anche su questo argomento le spiegazioni fornite dall’onorevole barese sembrano trovare solide basi nelle vicende politiche degli ultimi giorni. Il patto si fonderebbe su tre punti fondamentali: 

1) intesa a due per l’elezione del presidente della Repubblica, con una convergenza sul nome di Mario Draghi; 
2) elezioni politiche entro un anno con una legge elettorale che permetta l’eliminazione dei partiti medio-piccoli e l’emarginazione di Grillo e, infine, 
3) una larga maggioranza parlamentare che abbia come obiettivo primario la modifica costituzionale della forma dello Stato attuale.
“Non un golpe” spiega Formica “ma la risposta a ciò che chiedono i mercati. E questo mi sembra la fotocopia del programma di Gelli: non esistono più maggioranze catto-comuniste ma catto-massoniche”.
Un quadro sconcertante ma purtroppo realistico, che inevitabilmente richiama alla mente una celebre frase dello stesso Formica: “La politica è sangue e merda”

SI ALLE MACROREGIONI MA IN UN EUROPA......

SI ALLE MACROREGIONI MA IN UN'EUROPA UNITA E NEUTRALE 



La Lega e il 5Stelle sono i due soli movimenti antisistema nati in Italia nell'ultimo quarto di secolo. Fra la Lega delle origini e il movimento di Grillo ci sono parecchie affinità: la lotta alla partitocrazia, alla lottizzazione, all'occupazione arbitraria della Rai, alla corruzione, la riscoperta dell'identità e delle radici. Non stupisce quindi che Grillo abbia riesumato l'antica idea Bossi-Miglio delle macroregioni.

L'ipotesi Bossi-Miglio, assolutamente ragionevole, perchè una grande area, omogenea per economia, socialità, storia, costume, tradizioni, clima, ha tutto l'interesse, che non è solo economico, a svilupparsi, o anche a non svilupparsi, secondo le sue vocazioni più profonde, fu ferocemente avverstata dai partiti («le tre Repubblichette») che capivano benissimo che le macroregioni avrebbero tolto loro una buona fetta di potere.

E del resto la Lega non fece quasi nulla per far capire alla gente del Sud che se il Meridione era diventato un peso economicamente non più sostenibile per il resto del Paese, d'altro canto l'unità d'Italia, guardata nel corso del suo secolo e mezzo di vita, aveva danneggiato il Sud molto più del Nord che lo aveva colonizzato col suo devastante e totalmente deficitario industrialismo ('le cattedrali nel deserto') , espropriandolo anche, ai propri fini, delle sue energie migliori e più sane costrette a salire a Milano, a Torino, a Genova.
L'ipotesi Bossi-Miglio si è così trasformata, tanto per dare un contentino alla Lega, nell'ipotesi di un federalismo spalmato su una ventina di Regioni che non solo non ha alcun senso ma è dannoso. Perchè una macroregione può fare programmi di un certo respiro una piccola, poniamo l'Umbria o il Molise, da sola non va da nessuna parte. E questo federalismo è dannoso perchè costa più di quanto non risparmi.
Oggi però la partitocrazia, dopo vent'anni di scandali igniominiosi e di un'altrettanto ignominiosa inefficenza, con un'astensione alle stelle, un governo tenuto su con lo sputo, è molto più debole di allora. E' quindi possibile che quello che non è riuscito a Bossi riesca a Grillo.
Però Grillo, come il Matteo Salvini che ne ha accolto con favore quella che, al solito, viene chiamata una 'provocazione', ma provocazione non è, è un'idea, un progetto, c'è una contraddizione. Bossi e Miglio guardavano lontano. Ad un'Europa politicamente unita dove i punti di riferimento periferici non sarebbero stati gli Stati nazionali, che sarebbero scomparsi, ma, appunto, le macroregioni.

Ora, sia Grillo sia, più moderatamente, Salvini, sono antieuropeisti. Invece un'Europa politicamente unita è essenziale anche per il progetto delle macroregioni. Sullo stesso blog di Grillo c'è chi lo ha contestato: «Mentre tutti si aprono e i confini diventano interplanetari, il grande pioniere della democrazia e della società del futuro vuole tornare indietro». E' così. Grillo è un antimodernista, sia pur un po' confusionario.
Ciò che, oggi, ci sta strangolando tutti è proprio la 'globalizzazione interplanetaria' più di quanto farebbe un'Europa, secondo la mia formula, «unita, neutrale, armata, nucleare ed economicamente autarchica» che ci porrebbe perlomeno al riparo dagli effetti più devastanti, anche sul piano umano, della globalizzazione. Una società del futuro non può che essere un ritorno, sia pur graduale, limitato e ragionato, al passato. L'Italia migliore, in economia, nelle arti figurative, in letteratura, è stata quella dei Comuni, delle Repubbliche marinare, dei Ducati e dei Granducati. Sulla storia dell'Italia unitaria, ha ragione Grillo, è meglio stendere un velo pietoso.