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martedì 6 maggio 2014

LA TRUFFA DELLA VENDITA DI BANCA ITALIA

LA TRUFFA DELLA VENDITA DI BANCA ITALIA 

In questa data avvengono due fatti estremamente importanti per la realizzazione del progetto:
viene varata la legge 82 con cui il ministro del Tesoro Guido Carli (già governatore della Banca d’Italia), attribuisce alla Banca d’Italia la “facoltà di variare il tasso ufficiale di sconto senza doverlo più concordare con il Tesoro”
. Ovvero dal 1992 la Banca d’Italia decide autonomamente per lo Stato italiano il costo del denaro; Giulio Andreotti come presidente del Consiglio assieme al ministro degli Esteri Gianni de Michelis e al ministro del Tesoro Guido Carli firmano il Trattato di Maastrich, con il quale vengono istituiti il Sistema europeo di Banche Centrali (SEBC) e la Banca Centrale Europea (BCE). Il SEBC è un’organizzazione, formata dalla BCE e dalle Banche Centrali nazionali dei Paesi dell’Unione Europea, che ha il compito di emettere la moneta unica (euro) e di gestire la politica monetaria comune con l’obiettivo fondamentale di mantenere la stabilità dei prezzi.
I cittadini italiani non si rendono conto della gravità delle conseguenze che questi atti hanno, ed avranno, sulle loro vite. Ne subiscono le conseguenze e quando si domandano “perchè”, ogni volta viene loro proposto un capro espiatorio diverso. L’importante è che i cittadini non riescano a capire quanto sta avvenendo.
I potenti, nel frattempo, continuano a lavorare al loro progetto e, il 13 ottobre 1995, il governo italiano, con il Decreto Ministeriale numero 561, pone il segreto su:
“articolo 2) atti, studi, analisi, proposte e relazioni che riguardano la posizione italiana nell’ambito di accordi internazionali sulla politica monetaria…;
d) atti preparatori del Consiglio della Comunità europea;
e) atti preparatori dei negoziati della Comunità europea…
Articolo 3. a ) atti relativi a studi, indagini, analisi, relazioni, proposte, programmi, elaborazioni e comunicazioni… sulla struttura e sull’andamento dei mercati finanziari e valutari…; ecc. …)”.
Insomma, quanto il Governo sta facendo per realizzare il progetto europeo non si deve sapere, men che meno in ambito di politica monetaria.
Il 1 gennaio 2002 l’Italia ed altri Paesi europei (non tutti) adottano come moneta l’euro. I prezzi raddoppiano, gli stipendi no. La crisi economica si acuisce. Anche in questo caso viene offerto ai cittadini qualche capro espiatorio per giustificare una crisi che, invece, secondo alcuni analisti, è stata pianificata da tempo.
Il 4 gennaio 2004 Famiglia Cristiana rende note le quote di partecipazione alla Banca d’Italia. Si scopre così, per la prima volta (le quote di partecipazione di Banca d’Italia erano riservate) che l’istituto di emissione e di vigilanza, in palese violazione dell’articolo 3 del suo statuto (“In ogni caso dovrà essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale della Banca da parte di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di voto sia posseduta da enti pubblici) è, per il 95% in mano a banche private e società di assicurazione (Intesa, San Paolo, Unicredito, Generali, ecc..). Solo il 5% è dell’INPS.
Da quando la Banca d’Italia è in mano ai privati? Come è potuto succedere tutto ciò? La risposta è semplice: con la privatizzazione degli istituti di credito voluta con la legge numero 35/1992 Amato- Carli, cui, l’ex governatore della Banca d’Italia, ha fatto subito seguire la legge 82/1992, che dava facoltà alla Banca d’Italia di decidere autonomamente il costo del denaro.
In altri termini con queste due leggi la Banca d’Italia è divenuta proprietà di banche private che si decidevano da sole il costo del denaro sancendo così, definitivamente, il dominio della finanza privata sullo Stato. A questo stato di cose seguono i noti scandali bancari (Bond argentini, Cirio, Parmalat, scalata Unipol con il rinvio a giudizio del governatore di Banca d’Italia Fazio, ecc..) con grande danno per migliaia di risparmiatori.
Non è possibile che il ministro Carli, ex governatore della Banca d’Italia, non si sia accorto di tutto ciò. Ed ancora: è possibile che i politici, ministri del Tesoro, governatori non si siano accorti, per ben 12 anni, di questa anomalia? Comunque se ne accorgono alcuni cittadini, che citano immediatamente in giudizio la Banca d’Italia.
Il 26 settembre 2005 un giudice di Lecce, con la sentenza 2978/05, condanna la Banca d’Italia a restituire ad un cittadino (l’attore) la somma di euro 87,00 a titolo di risarcimento del danno derivante dalla sottrazione del reddito monetario.
Nella sentenza viene sottolineato, inoltre, come la Banca d’Italia, solo nel periodo 1996-2003, si sia appropriata indebitamente di una somma pari a 5 miliardi di euro a danno dei cittadini. Ma ancora non basta, perché la perizia del CTU nominato dal giudice mette in evidenza:
Per quanto concerne la Banca d’Italia:
come questa sia, in realtà, un ente privato, strutturato come società per azioni, a cui è affidata, in regime di monopolio, la funzione statale di emissione di carta moneta, senza controlli da parte dello Stato;
come, pur avendo il compito di vigilare sulle altre banche, Banca d’Italia sia in realtà di proprietà e controllata dagli stessi istituti che dovrebbe controllare;
come, dal 1992, un gruppo di banche private decida autonomamente per lo Stato italiano il costo del denaro.
Per quanto concerne la BCE:
come questa sia un soggetto privato con sede a Francoforte;
come, ex articolo 107 del Trattato di Maastricht, sia esplicitamente sottratta ad ogni controllo e governo democratico da parte degli organi dell’Unione Europea.
come la succitata previsione faccia si che la BCE sia un soggetto sovranazionale ed extraterritoriale;
come, tra i sottoscrittori della BCE, vi siano tre Stati (Svezia, Danimarca ed Inghilterra) che non hanno adottato come moneta l’euro, ma che, in virtù delle loro quote, possono influire sulla politica monetaria dei Paesi dell’euro.
In altri termini la sentenza mette in evidenza come lo Stato, delegato dal popolo ad esercitare la funzione sovrana di politica monetaria, dal 1992 l’abbia ceduta a soggetto diverso dallo Stato: prima alla Banca d’Italia (di proprietà al 95% di privati), quindi alla BCE (soggetto privato, soprannazionale ed extraterritoriale).
Così facendo lo Stato ha violato due articoli fondamentali della Costituzione:
L’articolo 1 che recita: “… La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Infatti il popolo aveva delegato i suoi rappresentanti ad esercitare la funzione sovrana di politica monetaria, non a cederla a soggetti privati;
L’articolo 11 della Costituzione che recita: “L’Italia … consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
L’articolo 11 della Costituzione consente limitazioni (non già cessioni) della sovranità nazionale.
Inoltre, la sovranità monetaria non è stata ceduta a condizioni di parità (le quote di partecipazione alla BCE non sono paritarie), vi fa parte anche la Banca d’Inghilterra che non fa parte dell’euro e partecipa alle decisioni di politica monetaria del nostro Stato, senza che lo Stato italiano possa in alcun modo interferire nella politica monetaria interna.
Ed ancora. Tale limitazione (non cessione) può essere fatta ai soli fini di assicurare “la pace e la giustizia tra le Nazioni”. I fini della BCE non sono quelli di assicurare pace e giustizia fra le nazioni, ma quello di stabilire una politica monetaria. La sentenza è, quindi, estremamente importante e, per taluni, anche estremamente pericolosa, visto che ai politici che illegittimamente hanno concesso la sovranità monetaria prima alla Banca d’Italia e poi alla BCE potrebbero essere contestati i reati di cui agli articoli:
241 codice penale: “Chiunque commette un fatto diretto a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza dello Stato, è punito con l’ergastolo”.
283 codice penale: “Chiunque commette un fatto diretto a mutare la costituzione dello Stato, o la forma del Governo con mezzi non consentiti dall’ordinamento costituzionale dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni”.
I politici, infatti, hanno ceduto un potere indipendente e sovrano ad un organismo privato e, per quanto riguarda la BCE , anche esterno allo Stato. Il pericolo c’è, ma la paura di un possibile rinvio a giudizio per questi gravi reati dura poco. Per una strana coincidenza, a soli 5 mesi dalla sentenza che condanna la Banca d’Italia, nell’ultima riunione utile prima dello scioglimento delle camere in vista delle elezioni, con la legge 24 febbraio 2006 numero 85 dal titolo “Modifiche al codice penale in materia di reati di opinione” vengono modificati proprio gli articoli 241 (attentati contro l’indipendenza, l’integrità e l’unità dello Stato); 283 (attentato contro la Costituzione dello Stato); 289 (attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali), ovvero le figure di attentato alle istituzioni democratiche del Paese, che, diciamolo, con i reati di opinione hanno ben poco a che vedere.
Cosa cambia con questa modifica? Nella sostanza le figure di attentato diventano punibili solo se si compiono atti violenti. Se invece si attenta alla Costituzione semplicemente abusando di un potere pubblico non si commette più reato. I politici, dunque, non solo sono salvi per quanto concerne il passato, ma, da ora in poi, potranno abusare del loro potere pubblico violando la Costituzione senza più rischiare assolutamente nulla. Certo, questa modifica priva la nostra repubblica di qualsiasi difesa, ma di questo pare nessuno se ne accorga.
Pochi mesi dopo questa modifica arriva la sentenza 16.751/2006 della Cassazione a Sezioni Unite, che accoglie il ricorso di Banca d’Italia avverso la succitata sentenza del giudice di Lecce. Nelle motivazioni si legge: “… al giudice non compete sindacare il modo in cui lo Stato esplica le proprie funzioni sovrane, tra le quali sono indiscutibilmente comprese quelle di politica monetaria, di adesione a trattati internazionali e di partecipazione ad organismi sovranazionali: funzioni in rapporto alle quali non è dato configurare una situazione di interesse protetto a che gli atti in cui esse si manifestano assumano o non assumano un determinato contenuto”.
In altri termini il giudice non può sindacare come lo Stato esercita le sue funzioni sovrane, neanche quando queste arrechino un danno al cittadino.
Ma, come abbiamo appena visto, il cittadino è rimasto privo di difese anche nel caso in cui, abusando di poteri pubblici, la sua sovranità venga svenduta a soggetti privati. E allora che fare? Al cittadino resta un’ultima flebile speranza? Può aggrapparsi alla violazione dell’articolo 3 dello Statuto della Banca d’Italia? Assolutamente no, anche l’articolo 3 dello Statuto, ovviamente, è stato modificato a dicembre del 2006. Ora non è più necessaria nessuna partecipazione pubblica in Banca d’Italia. Tutto in mano ai privati per Statuto.
La sovranità monetaria è persa. Ma l’inganno è solo all’inizio, anche se è stato portato a termine un tassello importante del progetto, in fondo si sa, è il denaro che governa il mondo.
Lisbona
I potenti, sicuri della loro totale impunità, proseguono nel grande inganno e, visto che nel 2005 la Costituzione Europea (che presentava palesi violazioni con le maggiori costituzioni europee e pareva scritta per favorire le grandi lobby affaristiche in danno dei cittadini) era stata bocciata da francesi ed olandesi al referendum, decidono che, per far passare il testo, si deve agire in due modi:
evitare di far votare la popolazione;
rendere il testo illeggibile.
Il loro progetto prevede di lasciare la Costituzione Europea immutata e, per evitare il referendum, di chiamarla Trattato. Poi, per non far capire al cittadino che nulla è cambiato, rendono il testo illeggibile inserendo migliaia di rinvii ad altre leggi e note a piè pagina, come hanno confessato:
l’ex presidente francese Valéry Giscard D’Estaing: “Il Trattato è uguale alla Costituzione bocciata. Solo il formato è differente, per evitare i referendum”;
il parlamentare europeo danese Jens-Peter Bonde “i primi ministri erano pienamente consapevoli che il Trattato non sarebbe mai stato approvato se fosse stato letto, capito e sottoposto a referendum. La loro intenzione era di farlo approvare senza sporcarsi le mani con i loro elettori”;
il nostro Giuliano Amato: “Fu deciso che il documento fosse illeggibile… Fosse invece stato comprensibile, vi sarebbero state ragioni per sottoporlo a referendum”.
Nel 2007 tutto è pronto e il 13 dicembre i capi di governo si riuniscono a Lisbona per firmare il Trattato, ovvero la Costituzione Europea bocciata nel 2005 e resa illeggibile. Ora manca solo la ratifica dei vari Stati.
Il parlamento italiano ratifica il trattato di Lisbona l’8 agosto del 2008, approfittando della distrazione dei cittadini dovuta al periodo feriale. Nessuno spiega ai cittadini cosa comporti la ratifica del Trattato, ed i media, ancora una volta, tacciono.
In realtà con quella ratifica abbiamo ceduto la nostra sovranità in materia legislativa, economica, monetaria, salute e difesa ad organi ( Commissione e Consiglio dei Ministri) che non verranno eletti dai cittadini. Il solo organo eletto dai cittadini, il Parlamento Europeo, non avrà, nei fatti, alcun potere.
Ancora una volta i nostri politici, abusando del loro potere pubblico, hanno violato l’articolo 1 e 11 della nostra Costituzione.
L’articolo 1 perchè, come detto, lo Stato ha la delega ad esercitare la funzione sovrana in nome e per conto dei cittadini, non a cederla. E’ come se una persona avesse il compito di amministrare un immobile e lo vendesse all’insaputa del proprietario, abusando del potere che gli è stato conferito.
Inoltre ha violato l’articolo 11 perché, come abbiano visto: “L’Italia… consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità”.
Lo Stato, invece, ancora una volta ha ceduto la sovranità e l’ha ceduta non in condizioni di parità. Infatti l’Inghilterra, che già non ha aderito all’euro, in sede di negoziato ha ottenuto diverse e importanti esenzioni per aderire al Trattato di Lisbona, eppure pare che il primo presidente europeo sarà proprio l’ex primo ministro inglese Tony Blair. La nomina a presidente europeo di Blair deve far riflettere, sopratutto in ordine alla cosiddetta Clausola di Solidarietà presente nel Trattato di Lisbona. Detta Clausola prevede che ogni nazione europea sia tenuta a partecipare ad azioni militari quando si tratti di lottare contro “azioni terroristiche” in qualunque altra nazione. Il problema e che nessuno ha definito cosa si intenda per “azioni terroristiche”. Chi deciderà chi è un terrorista e perchè? Persone come Tony Blair, in passato coinvolto nello scandalo sulle inesistenti armi di distruzione di massa in mano a Saddam con cui è stata giustificata la guerra all’Iraq? A quante guerre ci sarà chiesto di partecipare solo perché qualche politico non democraticamente eletto avrà deciso di usare la parola “terrorista” o “azione terroristica”?
Si consideri che già, oggi, basta definire un cittadino “presunto terrorista” per poterlo privare dei diritti umani e permettere che i servizi segreti possano sequestrarlo a fini di tortura, attività criminale che potrà poi essere coperta con il segreto di Stato, come ha recentemente confermato con la sentenza 106/2009 anche la nostra Corte Costituzionale.
Ma il dato più allarmante è che con il Trattato di Lisbona viene reintrodotta la pena di morte. Ovviamente tale dicitura non è chiaramente presente nel testo, ma in una noticina a piè pagina (si continua nell’inganno).
Leggendo attentamente questa noticina, e seguendo tutti i rimandi, si arriva alla conclusione che con il Trattato di Lisbona accettiamo anche la Carta dell’Unione Europea, la quale dice “La morte non si considera cagionata in violazione del presente articolo se è il risultato di un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario: Per eseguire un arresto regolare o per impedire l’evasione di una persona regolarmente detenuta; per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o un’insurrezione” (articolo 2, paragrafo 2 della CEDU).
La cosa è di estrema gravità. Infatti, anche in questo caso, chi deciderà che una protesta è sfociata in disordini tali da rendere lecito un omicidio? (l’Italia, poi, ha un triste primato in fatto di “agenti provocatori” pagati per trasformare una manifestazione in guerriglia). In quali casi si potrà sparare sulla folla disarmata? Chi deciderà quando potranno essere sospesi i diritti umani? Perché di questo si tratta.
Ecco la storia di un grande inganno, un inganno che inizia
- con il cedere illecitamente, proteggendosi con il segreto, la funzione sovrana dell’esercizio della politica monetaria a privati:
- nello sfuggire alle responsabilità del proprio operato depenalizzando le figure di attentato alla Costituzione;
- nell’approfittare delle ferie estive per ratificare un Trattato con cui vengono cedute le nostre restanti sovranità (legislativa, economica, monetaria, salute, difesa, ecc.) ad una oligarchia non eletta e che nessuno conosce;
- ed, in ultimo, nel dare il potere a qualche politico di poter privare i cittadini dei loro diritti umani semplicemente con una parola.
Così, quando i cittadini si renderanno conto che hanno perso tutto, che la loro vita viene decisa da una oligarchia di potenti non eletti democraticamente, quando si renderanno conto del grande inganno in cui sono caduti non sarà loro concesso neanche reagire o protestare, perchè basterà una sola parola per trasformare la reazione in “azione terroristica” o la protesta in “insurrezione”, legittimando così la sospensione dei diritti umani e l’applicazione della pena di morte. Il tutto, poi, verrà coperto con il segreto di Stato.
La crisi non esiste,la crisi è provocata dalla banche che chiedono rientri e non rilasciano presiti,questo provoca un’economia ferma e senza sbocchi.
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TOTALI 300.000.

L'OSCE COPIA IL GOVERNO SU RECENSIONE E DEFICIT

L'Ocse copia il governo su recessione e deficit ma frena sulla disoccupazione: "Nessun miglioramento" 

Crescita lenta e ancora problemi con il deficit nel 2014 e 2015 mentre sul fronte della disoccupazione continua la stagnazione. E’ questo in sintesi il quadro che l’Ocse ha diffuso in queste ore sulla situazione nel Bel Paese, un quadro tutto sommato uguale a quello delineato dal Governo nell’ultimo Def. Così sovrapponibili i due profili che in un passaggio viene sottolineato come le prospettive complessive continuano a migliorare non solo grazie "alle esportazioni, stimate in crescita per via dell'aumento della domanda estera”, ma anche per una domanda interna che iniziera' a espandersi, “sostenuta anche dai tagli alle tasse sul reddito nel 2014”. Tuttavia, ancora una volta proprio come sottolinea palazzo Chigi, servono "ulteriori riforme strutturali mentre "il governo dovrebbe anche garantire l'effettiva attuazione delle riforme precedenti".
Nel 2015 la disoccupazione sarà al 12,5%
La recessione continuera' durante il 2104 e la crescita aumentera' un po' di piu' nel 2015 - scrive l'organizzazione parigina - Il ritorno della fiducia aiutera' sia i consumi sia gli investimenti (tenuti a freno dal sistema creditizio), con un'ulteriore spinta dai moderati tagli alle tasse che aumenteranno il reddito delle famiglie". Quadro nero per la disoccupazione, che scendera' nel 2015, ma solo lentamente, perche' il primo impatto dell'aumento della domanda di lavoro “saranno probabilmente piu' ore lavorate". La percentuale di senza lavoro viene al 12,8% nel 2014, dopo il 12,2% dell'anno scorso, e al 12,5% nel 2015. Sul fronte del deficit invece, scrive ancora l'Ocse, "il governo italiano ha avuto successo nel portare avanti il consolidamento di bilancio nel 2013". Ciononostante, "il livello del deficit non e' sceso, a causa dell'attivita' economica debole". Il rapporto deficit/Pil e' cosi' rimasto al 2,8% l'anno scorso, e scendera' secondo le stime dell'organizzazione al 2,7% quest'anno e al 2,1% l'anno prossimo."il rapporto tra debito e Pil non comincera' a scendere prima del 2016”. Cio' rende il Paese "ancora vulnerabile a potenziali scossoni" dei mercati, ed e' quindi "essenziale continuare con la cautela sui conti pubblici basata sulla riduzione della spesa".
"Inflazione destinata a rimanere bassa"
La fiducia delle imprese “e' cresciuta ma rimane al di sotto dei recenti picchi", prosegue l'Ocse, "l'occupazione, pero', continua a diminuire e la disoccupazione e' aumentata di nuovo; pertanto la debolezza dell'economia rimane sostanziale". "La crescita dei salari e' rimasta bassa e l'inflazione e' calata, in parte a causa dell'apprezzamento dell'euro", si legge ancora nell'Outlook, "la spesa pubblica restera' debole e l'inflazione e' destinata a rimanere bassa". In Italia le condizioni del credito dovrebbero in qualche modo migliorare nel 2014, a seconda dei risultati dell'Asset Quality Review della Bce, ma dovrebbero sostenere una ripresa solo graduale degli investimenti", i quali, secondo l'Ocse, accelereranno comunque nel 2015 grazie proprio alla ripresa delle esportazioni. I rischi al ribasso per la ripresa, afferma ancora l'organizzazione di Parigi, sono legati proprio al settore bancario, la cui debolezza potrebbe "restringere il credito e interrompere il normale ciclo degli investimenti" e a una possibile reazione avversa dei mercati a una frenata sul consolidamento fiscale. D'altro canto, si legge ancora nell'Outlook, "gli investimenti, e di conseguenza il Pil, potrebbero riprendersi piu' del previsto, soprattutto se il piano di rimborso dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese riuscira' a dare un impeto significativo all'economia".
Il quadro mondiale è sostanzialmente statico
La situazione mondiale, al di là di qualche facile trionfalismo sui segnali di qualche ripresa in settori del mondo occidentale, non lascia intravvedere grandi prospettive. Il Pil dell'area Ocse e' destinato a crescere del 2,2% nel 2014 e del 2,8% nel 2015, in accelerazione rispetto all'espansione dell'1,3% segnata nel 2013, in un quadro che vede gli Usa accelerare, la Cina rallentare e l'Eurozona riprendersi in modo piu' lento rispetto alle altre grandi potenze economiche mondiali. Però, viene anche sottolineato che i rischi derivanti dal ritiro delle misure di allentamento quantitativo attuate dalle banche centrali "potrebbero rivelarsi un'enorme sfida", dice l’Ocse. E se da una parte sono diminuiti i timori di un collasso dell'area euro, proprio "le tensioni finanziarie sui mercati emergenti potrebbero far deragliare la ripresa globale". Fattori di rischio che si aggiungono ai pericoli di deflazione nell'Eurozona e alle tensioni geopolitiche, in un quadro dove "l'eredita' della crisi deve ancora essere affrontata".

RIFORMA DEL SENATO IL GOVERNO VA SOTTO SULL'ODG CALDEROLI

Riforma del Senato, il governo va sotto sull’odg Calderoli. Poi passa il testo base 

Roma - Il governo incassa l’adozione del proprio ddl come testo base per le riforme in commissione Affari costituzionali del governo, e per di più con i voti di Forza Italia e della Lega, cosa che spinge Matteo Renzi ad esultare («la palude non ci blocca è proprio la volta buona», dice) ma prima di questo passaggio maggioranza e governo incappano in uno scivolone che non lascia presagire un cammino tranquillo alle riforme.
In Commissione Affari costituzionali del Senato si era raggiunto un accordo di massima che consisteva nell’adottare il ddl del governo come testo base, e di votare anche un ordine del giorno che contenesse una serie di modifiche su cui c’era ampio consenso, compreso il sì del governo. Ma dopo una giornata di tensioni, nella seduta serale si è giunti con due distinti ordini del giorno da parte dei due relatori, Anna Finocchiaro e Roberto Calderoli.
Il testo del senatore leghista indicava, diversamente da quanto prevede il ddl del governo e l’odg di Finocchiaro, l’elezione diretta dei senatori di ciascuna regione in concomitanza con quella dei consigli regionali. «Non la daremo vinta a Calderoli», dichiara il ministro Maria Elena Boschi entrando in Commissione. Ma da lì a poco subirà una delusione.
Al momento del voto Mario Mauro si è sfilato dalla maggioranza ed ha votato per il testo Calderoli (Corradino Mineo era in quel momento fuori dall’Aula): finisce 15 a 13. A quel punto l’ordine del giorno di Finocchiaro, che non entrava nel merito delle modalità di elezione dei senatori, viene ritirato, mentre viene bocciato un documento di Forza Italia che chiedeva di affrontare il presidenzialismo subito dopo la riforma di Senato e Titolo V.
Dopo un momento di smarrimento, con tanto di sospensione della seduta, maggioranza e governo non possono che prendere atto dello schiaffone. Viene quindi proposto il ddl del governo come testo base per i futuri emendamenti, ed esso viene approvato anche con il consenso di Forza Italia e Lega.
Il ministro Boschi esce subito dalla commissione con un largo sorriso e dice che quella odierna «è una serata positiva» visto che il ddl del governo è stato adottato come testo base, e «questo era l’obiettivo fondamentale». La linea comunicativa è di valorizzare questo aspetto, e così su Twitter Renzi fa sentire la propria esultanza: «approvato il testo base del Governo sulla riforma del Senato. Molto bene, non era facile. La palude non ci blocca! È proprio #lavoltabuona».
Le facce meste dei senatori di maggioranza tradiscono però altri sentimenti. L’ordine del giorno Calderoli, spiega la presidente di commissione Finocchiaro «orienterà» i lavori ma non inibirà altre soluzioni diverse. Insomma se verranno presentati emendamenti che escludono l’elezione diretta non saranno inammissibili e potranno essere discussi e votati. Quindi nulla è perduto. Purché maggioranza e governo sappiano fare bene i conti sui voti in commissione.

DOPO ODESSA NULLA SARA' COME PRIMA

Dopo Odessa Nulla Sarà Come Prima 

Un massacro pianificato e realizzato scientificamente dai terroristi di Kiev (perché i terroristi stanno al governo e non altrove) segna il punto di non ritorno di una guerra civile che non sarebbe mai cominciata senza i dollari americani, il supporto strategico della CIA e quello delle alte sfere militari statunitensi. Le visite di rappresentanti istituzionali prima degli assalti nel sud-est, dal capo della Cia Brennan al vice-Presidente Biden, sono l’emblema dell’escalation, pretesa e guidata da Washington.
Basterebbe seguire l’odore dei soldi per dipanare tutta la matassa Ucraina e portare i colpevoli alla sbarra, di fronte ad un tribunale internazionale per crimini contro l’umanità, se non fosse che ormai l’afrore acido della carne bruciata rende del tutto inutile tale operazione, almeno sotto il profilo della compensazione del rancore che reclama un diverso tributo.
Qualcuno ha voluto alzare il livello dello scontro e ora dovrà pagarne le conseguenze. Ci saranno ancora violenze, ma non tutte le violenze sono uguali. La vendetta porterà a quella purificazione dall’odio che nessuna sentenza sarebbe mai in grado di garantire a chi ha subito lutti e umiliazioni. Del resto, gli pseudonazisti che hanno perpetrato l’eccidio di Odessa conoscono soltanto la lingua del terrore. Nella Casa del sindacato, dove si è svolta la rappresaglia, Pravy Sektor non ha semplicemente ucciso ma ha violentato le donne, vilipeso i cadaveri, bruciato le prove.
Non sarà il diritto a chiudere questa partita perché tutti quei morti chiamano i parenti e gli amici alla rivalsa che non tarderà a manifestarsi. Vorrei augurarmi il contrario ma immagino che le cose andranno così. La brutalità di Odessa è un refrain, un film già visto su altri scenari più lontani dietro ai quali, guarda caso, ci sono sempre gli americani.
Questa volta però anche l’Ue è stata parte attivissima, sin dai primi momenti, dell’esasperazione dello scontro. Fior di rappresentati europei facevano la spola tra Bruxelles e Kiev per dimostrare al popolo ucraino di essere pronti ad accoglierlo nella famiglia europea. Promettevano alla piazza, sotto un vergognoso sventolio di bandiere naziste e simbologia celtica, che solo un cieco non avrebbe notato, di voler condividere con essa ricchezza e democrazia.
Finora sono riusciti a darle un piano lacrime e sangue del FMI e una guerra fratricida con centinaia e centinaia di cadaveri. Chi ha sostenuto quel gioco sporco di giuramenti fasulli si è reso indirettamente complice di assassini e criminali. Li ha spinti ad una risolutezza che già non mancava alla frange più estreme di majdan, ha legittimato i carnefici alla “soluzione finale” del problema russo, assicurando loro l’impunità e una terra promessa di libertà nel grembo della Nato che era un miraggio, non la realtà.
Odessa è il risultato di queste dinamiche prevedibili che nessuno ha voluto evitare. Quasi trecento morti dicono gli odessini, nonostante la polizia stia provando ad occultare i corpi ed eliminare gli indizi. I responsabili di questo massacro sono a piedi libero e la Junta di Kiev sta impedendo indagini indipendenti perché dietro l’eccidio ci sono i suoi ordini. Nessuna trattativa tra le parti potrà essere possibile finché lo Stato Ucraino sarà in mano ai serial killer di Svoboda o di Batkivshchina. Lo ha detto anche Sergei Tigipko, membro del Partito delle Regioni, il quale ha chiesto nella Rada le dimissioni dell’esecutivo sotto il quale è avvenuta la mattanza.
La storia è sì magistra vitae, ma quasi sempre inascoltata. Ed ecco che qualcuno continua ancora a soffiare sul rogo di Odessa, reclamando ancora più distruzione. Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha rilasciato una dichiarazione orribile che non rispetta i morti della casa del sindacato e nemmeno il sangue versato nel Donbass: ‘Kiev ha mostrato “grande moderazione”, sullo sfondo degli eventi in Ucraina orientale’, ha chiosato Washington. Senza parole. Le pecore nere di Kiev non potevano che essere state partorite da un montone ancor più immondo.
Fin qui la parte più emotiva che non ci direbbe nulla di veramente comprensibile su quello che sta avvenendo ad Est senza un’analisi più stringente della situazione geopolitica, benchè appena abbozzata. Il taglio razionale degli eventi ci suggerisce che gli Usa stanno mettendo in pratica una nuova strategia di accerchiamento delle potenze, con aspirazioni globali, nelle quali prevedono stia nascendola sfida concreta al mantenimento delle sue sfere egemoniche nella presente conformazione. Questa dichiarazione di guerra, perché di questo si tratta, degli Usa alla Russia mira a prevenire, o almeno rallentare, l’avvento di un mondo policentrico.
La Russia, in questo senso, non può rinunciare ai suoi sbocchi sul mare. Odessa rientra tra questi. E’ il suo punto di osservazione sull’Occidente, sul Mediterraneo e sul teatro africano, in una fase di massima allerta per gli equilibri in tali aree. Privata di questo avamposto Mosca diventerebbe una potenza regionale quasi orba, tagliata dal mediterraneo, snodo di palcoscenici multipli, con un campo visivo e d’azione molto più angusto. E’ vero che c’è la Crimea e la base di Sebastopoli ma se gli Usa installassero una loro postazione ad Odessa la prima sarebbe neutralizzata. Proprio come in Siria, dove i russi annoverano le basi di Tartus e Lakatia e si ritrovano ostacolati dal conflitto scatenato dagli Usa contro Assad.
Che farà allora il Cremlino? Sicuramente reagirà anche se non possiamo prevederne modi e tempi, ma lo farà per non vedere vanificati i suoi obiettivi vitali di risalita geopolitica. La sua strategia dolce o gentile, come l’ha definita il nuovo procuratore della Crimea, nonostante le continue istigazioni della Nato, assomiglia a quell’area centrale di calma, detta in termine tecnico occhio, intorno alla quale si creano pian piano i venti che si trasformano in tifoni. E i tifoni prima o poi si abbattono prendendo delle direzioni. Staremo a vedere con quale forza e fin dove si spingeranno.

MANGIALARDI REPLICA A GRILLO /DA RENZI NON SCIACALLAGGIO

Mangialardi replica a Grillo: “Da Renzi vicinanza a Senigallia, non sciacallaggio” 

Il Sindaco risponde al leader M5S: "Sono sicuro che la visita si tradurrà in sostegno economico dal Governo"
“Quello che scrive Grillo a proposito della visita del Presidente del Consiglio Matteo Renzi a Senigallia il giorno dopo la tremenda alluvione che ha colpito la nostra città è ingiusto, sbagliato e del tutto fuori luogo.
Altro che sciacallaggio politico, quello del Presidente Renzi è stato al contrario un atto di attenzione e affettuosa vicinanza ad una comunità come la nostra prostrata da una tragedia che ha provocato delle vittime e che rischia di mettere in ginocchio l’economia locale. E’ stato un gesto simbolico importante che ci ha fatto sentire meno soli.
Sono certo che il Presidente Renzi, a differenza di altri, tradurrà questa presenza anche in provvedimenti normativi concreti capaci di assicurare sostegno economico alla popolazione senigalliese colpita da una calamità così grave”.

LAVORO PA E RIFORMA PENSIONI 2014 RENZI REPLICA

Lavoro, PA e riforma pensioni 2014, Renzi replica alla Camusso: 'Avanti senza sindacati' 

Riforma pensioni 2014, Cgil, Cisl e Uil contro il Governo Renzi. Poletti: 'Governo cerca soluzioni per gli esodati' 
La leader della Cgil Susanna Camusso, ieri al congresso del "sindacato rosso" a Rimini, ha accusato il premier Matteo Renzi di determinare una "distorsione democratica" escludendo i sindacati dai processi decisionali e, con il sostegno di Cisl e Uil, ha lanciato la nuova sfida la governo chiedendo una riforma pensioni condivisa e la concertazione sulla riforma del lavoro e quella della Pubblica Amministrazione.
Lavoro, PA e riforma pensioni 2014, Renzi: 'Avanti senza sindacati'
Intanto il premier Matteo Renzi replica ai sindacati e alla Cgil che ieri a Rimini hanno sferrato un nuovo attacco al governo. "Penso che sarebbe importante - ha detto ieri sera Matteo Renzi a Ballarò su Rai 3 - che i sindacati dessero una mano sulla riforma della Pubblica Amministrazione". Come si ricorderà, il ministro Marianna Madia ha proposto prepensionamenti per gli statali. "Aspettiamo loro contributi e idee su lavoro, pensioni e PA, non solo attacchi", ha detto Renzi. "Se i sindacati hanno voglia di confrontarsi - ha aggiunto il premier replicando alla sfida dei sindacati sulla riforma pensioni e sulle proposte per il lavoro - ci siamo, se hanno voglia di fare polemica la facciano, noi andiamo avanti anche senza di loro. Partecipino alla discussione, non chiamiamolo tavolo altrimenti - ha concluso Renzi - si pensa alle riunioni fumose".
Riforma pensioni 2014, Poletti: 'Governo in cerca di soluzioni per gli esodati'
"Il problema degli esodati - ha dichiarato il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Giuliano Poletti a Sky Tg24 - lo abbiamo ereditato da una scelta che non ha previsto e non ha gestito una transizione dal vecchio regime al nuovo regime. E' un problema - ha aggiunto il ministro che aprirà oggi mercoledì 7 maggio il tavolo per valutare le proposte di riforma pensioni e in particolare per risolvere le questioni esodati e Quota 96 scuola - che va affrontato in maniera integrale, ma per farlo - secondo il ministro del Lavoro del Governo Renzi - occorre avere la volontà di perimetrarlo chiaramente. Si deve dire e decidere - ha aggiunto Poletti - chi può essere identificato correttamente come un esodato e per queste persone poi va trovata una soluzione. Noi stiamo lavorando - ha assicurato il ministro Poletti - per farlo affinché in tempi non lunghi questo possa essere considerato un problema risolto''.
Riforma pensioni 2014 in tv, scontro Renzi - Camusso su Rai 3
Lo scontro Renzi - Camusso su riforma pensioni, lavoro e pubblica amministrazione sarà al centro del dibattito della nuova puntata Agorà in programma oggi mercoledì 7 maggio, dalle 8 alle 10, su Rai 3. Ospiti in studio di Gerardo Greco saranno: Alessia Mosca (Pd); Giovanni Galli (Forza Italia); Paola Morandin (L`Altra Europa con Tsipras); Barbara Saltamartini (Nuovo Centrodestra); Dario Parrini (Pd); Claudia Fusani (l`Unità); Paolo Liguori, direttore editoriale New Media di Mediaset; Michel Martone, docente di Relazioni Industriali e Diritto del Lavoro, e lo storico Franco Cardini