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lunedì 31 marzo 2014

BLU A VERONA PER LA GIORNATA DELL' AUTISMO

Verona, armonia e solidarietà: Arco dei Gavi e Castelvecchio diventano blu per Giornata dell'autismo

blu per Giornata dell'autismo


Un fascio di luci di diverso colore per sensibilizzare la cittadinanza mercoledì 2 aprile alle 19. L'iniziativa, promossa da Comune e associazione M.Arte, prevede una serie di eventi fino al 12 aprile 



Verona, armonia e solidarietà: Arco dei Gavi e Castelvecchio diventano blu per Giornata dell'autismo

In occasione della Giornata mondiale dell’Autismo, mercoledì 2 aprile alle 19, l’Arco dei Gavi e l’ingresso di Castelvecchio verranno illuminati di blu, il colore che celebra in tutto il mondo la ricorrenza. L’iniziativa, promossa dal Comune e dall’associazione culturale M.Arte, prevede una serie di eventi per sensibilizzare la cittadinanza sull’Autismo.Verona, armonia e solidarietà: Arco dei Gavi e Castelvecchio diventano blu per Giornata dell'autismo
EVENTI - Dal 2 al 12 aprile, nella sala Boggian di Castelvecchio, si terrà la mostra “Euritmie: Talenti speciali accedono alle arti”, in cui saranno esposte le opere di tre artisti con autismo; mercoledì 2 aprile, alle 18, incontro “I colori dell’inclusione sociale” e proiezione del video “Autismi: Vivere il quotidiano”; sabato 5 aprile, alle 10, “Verona per l’autismo”; martedì 8 aprile, alle 17, reading “Euritmie nella poesia”; giovedì 10 aprile, alle 17, “Uno sguardo dietro le quinte del laboratorio espressivo”; sabato 12 aprile, alle 11, incontro “Se stessi tra visivo e immaginazione”







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SOLO 9 PAESI HANNO UNA BANCA CENTRARLE CHE NON APPARTIENE

Solo 9 Paesi hanno una Banca Centrale che non appartiene ai Rothschild 


Sono solamente 9 i Paesi che hanno la Banca Centrale che non appartiene ai Rothschild. Sono: Cina, Russia, Iran, Venezuela, Ungheria, Siria, Cuba, Islanda e Corea del Nord. Tre di questi Paesi, nell'ordine Russia, Iran e Venezuela, sono anche le tre più grandi riserve energetiche del mondo, considerando le riserve di petrolio, gas e carbone.

Direttamente o indirettamente tutte le altre banche centrali appartengono o sono controllate dai Rothschild. Ci sono addirittura quattro banche centrali che sono quotate in borsa: le banche centrali di Belgio, Grecia, Giappone e Svizzera. La Banca centrale di Grecia oltre che essere quotata alla Borsa di Atene è quotata anche alla Borsa Tedesca.
Da queste brevi considerazioni, penso sia comprensibile a tutti perchè i paesi che hanno una banca centrale indipendente siano costantemente attaccati mediaticamente dai media di tutto il mondo, tutti al servizio ovviamente delle grandi potenze imperialistiche dell'occidente.
Tutti questi paesi sono praticamente inseriti nell'asse del male, tutti i loro governi sono per i media occidentali delle "dittature" ed in tutti ci sono tentativi di destabilizzazione. Si comprende anche perchè Russia, Iran e Venezuela siano costantemente "presi di mira" dai media internazionali. Oltre che avere la Banca Centrale indipendente dai Rothschild sono anche le tre più grandi riserve energetiche del mondo.
Quando una Banca Centrale disegna la politica economica e monetaria del proprio paese sta pensando ai benefici per il suo popolo o ai benefici per i propri azionisti? Scontata la risposta: pensano ai benefici per i propri azionisti. Si comprende perchè un Paese come il Belgio possa stare per mesi (esattamente 18) senza un governo, perchè in sostanza il ruolo del governo è relativo. Si comprende perchè un paese come Grecia è completamente in balia della Troika, ossia del Fondo Monetario Internazionale (FMI), della Banca Centrale Europea (BCE) e della Commissione Europea (CE).

E l'Italia? La maggior parte degli italiani pensa che la Banca d'Italia, ossia la Banca Centrale dell'Italia appartenga allo Stato! Invece, come tutte le banche centrali del mondo, escluse quelle dei 9 paesi citati sopra, la Banca d'Italia appartiene ai propri azionisti. L'elenco completo degli azionisti della Banca d'Italia è consultabile nel sito stesso della Banca d'Italia.
Da tale documento, in linea, si evince che le due principali banche italiane, Intesa San Paolo e Unicredit hanno il 52% delle quote; Inps e Inail, enti statali, hanno quote irrilevanti. Ovviamente nel capitale delle grandi banche italiane, che controllano la Banca d'Italia, rientra quello dei Rothschild. Povera Italia! Poveri italiani!

2013: L'ANNO PIÙ VIOLENTO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

2013: L’Anno più Violento dalla Seconda Guerra Mondiale 

Il 2013 è stato, insieme al 2011, l’anno che ha fatto registrare più guerre dopo la seconda guerra mondiale. È questo il dato che emerge dal “Barometro” diffuso ieri dall’istituto di Heidelberg per l’indagine sui conflitti internazionali. L’anno scorso ci sono state venti guerre, due in più rispetto al 2012, e più conflitti armati. Alle guerre in Afghanistan, Iraq, Siria e Pakistan (gli scontri nelle regioni tribali) si sono tra le altre aggiunte quelle in Mali e nella Repubblica Centroafricana. Per gli esperti dell’istituto tedesco, inoltre, gli scontri tra le forze del nuovo Governo egiziano e i Fratelli musulmani hanno raggiunto in taluni casi le caratteristiche di una guerra.

Nel suo rapporto annuale, l’istituto ha contato l’anno scorso 414 conflitti in tutto il mondo, nove in più rispetto all’anno precedente. Tra questi, 45 sono stati considerati molto violenti. Venti di questi sono stati catalogati come guerre, mentre i restanti venticinque vengono considerati guerre limitate. Lo studio divide infatti i conflitti in 5 livelli — il più grave dei quali è appunto classificato come guerra — in base a criteri come l’utilizzo della forza militare, le vittime o flussi di profughi e rifugiati. «Nel 2013 il conflitto con il maggior numero di vittime è stato quello combattuto in Siria», ha detto Peter Hachemer, presidente dell’istituto.

Ma moltissime vittime si registrano anche in altri Paesi. Come in Iraq, che ha contato mille morti nel solo mese di agosto. Un numero elevatissimo, passato in realtà sotto silenzio, visto che la guerra che si combatte nel Paese, con le violenze quotidiane tra sciiti e sunniti, non riesce a ottenere l’attenzione dei media.

Così come i tanti conflitti che insanguinano l’Africa, che in verità meriterebbero più attenzione, non fosse altro perché la metà delle situazioni violente classificate come guerre dall’istituto di Heidelberg ha avuto luogo nella regione sub-sahariana del continente africano: solo in Sudan e nel Sud Sudan sono state registrate cinque situazioni di conflitto che hanno raggiunto il livello più preoccupante, mentre vere e proprie guerre sono state combattute, oltre che nel Mali e nella Repubblica Centroafricana, in Somalia, Nigeria e Repubblica Democratica del Congo.

Le altre guerre sono state combattute in Medio Oriente (Egitto, Siria, Yemen, Iraq e Afghanistan) e Asia (Pakistan e Filippine con gli scontri tra forze governative e gruppi secessionisti islamici). Per quanto riguarda il continente americano, l’unica Nazione presente nella lista delle situazioni più gravi è il Messico. Il rapporto si sofferma infatti sul confronto estremamente violento in atto nel Paese tra i cartelli della droga e sulla lotta delle forze di sicurezza contro il narcotraffico. Lo scorso anno il Messico ha dovuto contare più di diecimila assassinii e a rendere più grave l’emergenza ha contribuito la comparsa sulla scena nazionale delle cosiddette autodifese, gruppi armati che in talune regioni hanno combattuto sia contro i cartelli della droga che contro lo Stato.

Le situazioni di conflitto continuano ad alimentare un settore fiorente, uno dei pochi che non risente della crisi economica a livello planetario: il mercato delle armi. Secondo il Sipri (Stockholm International Peace Research Institute) solo nel 2012 sono stati investiti 1.750 miliardi di dollari in spese militari. Di questa cifra, ben l’8 per cento è destinata alle guerre in Medio Oriente. E anche di questo si parla poco. Troppo poco

NAPOLITANO SCENDE IN CAMPO E IL CARDINAL RAVASI LO SEGUE

NAPOLITANO SCENDE IN CAMPO PER L'EUTANASIA (E IL CARDINAL RAVASI LO SEGUE)
Il Quirinale e il Pontificio Consiglio della Cultura fanno da sponda all'iniziativa dei radicali per una legge sul fine vita 

Strategia che vince non si cambia. Uno dei mezzi che i radicali da sempre hanno usato per sdoganare alcuni "diritti civili" è quello dell'indagine conoscitiva per poi arrivare a dire: "Quanti aborti clandestini! Legalizziamo l'aborto. Quante giovani fanno uso di droghe! Legalizziamole. Quante coppie vanno all'estero per accedere all'eterologa! Legalizziamola". A questo giochino – quasi sempre basato su dati mendaci - ovviamente non si sottrae nemmeno l'eutanasia. In una conferenza stampa tenuta ieri, l'associazione Luca Coscioni e il Comitato promotore EutanaSia Legale hanno annunciato l'avvio di una ricerca sul campo per verificare "come si muore in Italia" e - citando le parole di Marco Cappato - per "spingere il Parlamento ad esaminare il progetto di legge di iniziativa popolare per la legalizzazione della eutanasia per il quale l'Associazione ha raccolto 67mila firme autenticate''. Per l'occasione i radicali si sono fatti accompagnare dai familiari di personalità note che si sono uccise oppure hanno chiesto con successo l'eutanasia: Mario Monicelli, Carlo Lizzani, Piergiorgio Welby e Lucio Magri. Non è mancato il vivente oncologo Umberto Veronesi il quale ha sentenziato che "abbiamo l'ovvio diritto di programmare la vita e anche il termine della vita''.
L'iniziativa ha trovato una sponda felice presso il Quirinale. Da lì il presidente Napolitano ha fatto sapere che ''il Parlamento non dovrebbe ignorare il problema delle scelte di fine vita ed eludere un sereno e approfondito confronto di idee sulle condizioni estreme di migliaia di malati terminali in Italia. Drammatici nella loro obiettiva eloquenza - continua il Presidente - sono d'altronde i dati resi noti da diversi istituti che seguono il fenomeno della condizione estrema di migliaia di malati terminali in Italia''.
Aspettando i dati eloquenti di questi istituti per poterli commentare, però sin da subito possiamo commentare le parole del Presidente Napolitano perché a leggerle vengono in mente alcuni articoli dell'ordinamento italiano che fanno al caso nostro. Ad esempio l'art. 2 della Costituzione – quella carta costituzionale di cui Napolitano dovrebbe essere fedele garante – il quale stabilisce che vi sono diritti inalienabili della persona che la Repubblica "riconosce e garantisce", tra cui ovviamente e prima degli altri il diritto alla vita. Oppure l'art. 579 del Codice Penale che sanziona l'omicidio del consenziente e l'art. 580 che punisce invece l'aiuto al suicidio, facendo così scattare le manette in caso di eutanasia. Oppure l'art. 5 del Codice Civile che vieta gli atti di disposizione permanente del proprio corpo: figuriamoci se proviamo a disporre che qualcuno tolga la vita a questo nostro corpo.
Tutti articoli che, all'opposto delle preoccupazioni del Presidente, si disinteressano del fatto che esista o meno una fiumana di moribondi che chiede di farla finita: l'importante è la tutela della vita delle persone, non l'estensione del fenomeno "eutanasia" (fenomeno tutto da provare comunque). Anche omicidi e furti sono all'ordine del giorno eppure continuano ad essere puniti.
Napolitano dunque indica al Parlamento di intraprendere una strada illegittima dal punto di vista giuridico e incostituzionale, e si dimentica invece di menzionare strumenti giuridici già esistenti per lenire le sofferenze fisiche e psichiche dei malati terminali, come la legge n. 38 del 2010 sulle cure palliative che aspetta solo di essere applicata.
A ben vedere però non c'è nulla di nuovo sotto il sole della dolce morte: la dichiarazione di intenti pro-eutanasia era stata già fatta da Napolitano sin dal 2009 quando non firmò il "decreto salva Eluana". Ora si tratta solo di rendere istituzionale un caso episodico, di dar forma legale all'eutanasia presidenziale.
Manco a farlo apposta – oppure sì ma a noi non è dato saperlo – ecco che all'interno dell'iniziativa "Il Cortile dei gentili" promossa Pontificio Consiglio della Cultura si terrà, alla Sala della Regina presso Camera dei Deputati, una tavola rotonda sul tema "I confini dei territori ai confini della vita". Il cardinal Gianfranco Ravasi, presidente del suddetto Pontificio Consiglio, ha deciso di invitare alcune personalità che proprio pro-life non sono. Abbiamo il dott. Alberto Giannini, Responsabile Terapia Intensiva Pediatrica Ospedale Maggiore Policlinico Milano, il quale in una nota della Società italiana anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva affermò che "la decisione di limitare, sospendere o non iniziare trattamenti di supporto vitale [non terapie, si badi bene] giudicati sproporzionati rappresenta una scelta clinicamente ed eticamente corretta". Poi è stato invitato il dott. Luciano Orsi, Direttore del Dipartimento di Cure Palliative della AO Carlo Poma di Mantova e membro della Consulta di Bioetica di Maurizio Mori, il quale in un'intervista a MicroMega si era espresso favorevolmente per il rifiuto di quelle terapie che si rivelano sproporzionate allorchè "mantengano una vita puramente biologica priva di qualsiasi coscienza". E in un'altra intervista affermò che "l'idratazione e la nutrizione alla fine della vita sono proprio un errore". A seguire ci sarà l'intervento di Paolo Zatti, Ordinario Diritto Privato Università di Padova, il cui pensiero sull'eutanasia si può sintetizzare con queste sue parole: "senza un diritto di lasciar morire si monta un'infernale trappola in cui vengono reclusi insieme medico e paziente". Ultimo ma non ultimo il famigerato prof. Giulio Giorello, filosofo dell'Università di Milano, che in merito alla recente legge belga sull'eutanasia dei bambini così ha commentato: "Se viene accertata la volontà di un minore, se è capace di intendere e di volere, perché non dovrebbe accedere alla pratica della 'dolce morte?".
Il Cortile sarà pur gentile, ma l'errore non può salire in cattedra. Si obietterà: dialogare con persone che la pensano in modo differente può far emergere ancor meglio la verità. Il ragionamento apparentemente suona bene, ma in realtà stecca più di una nota. Infatti le idee funeree che i cultori delle dolce morte instilleranno nelle orecchie dell'uditorio sono già patrimonio culturale dell'italiano medio, il quale confortato nell'ascoltare il parere di queste eminenze grigie non potrà che consolidare le proprie opinioni erronee. Insomma: il contraddittorio con la verità è pane quotidiano, inutile quindi inventarsi altre occasioni per scavare ancor più a fondo la fossa alla tutela della vita. Si corre il rischio di passare dalla dolce morte, alla gentil morte. In secondo luogo la verità si spiega da sé: Gesù chiedeva di essere docili allo Spirito Santo, non agli scribi e farisei. Possibile che per imparare a guidare l'auto debba prima provare a schiantarmi contro un muro?
In terzo luogo se il fine di simili incontri deve essere quello dell'avvaloramento della verità – posto che gli organizzatori credano ancora che esista un giudizio morale certo sull'eutanasia – che l'avversario sia messo nelle condizioni di uscire con le ossa rotte. Se quindi il nemico scende in campo con la sciabola, che non si risponda in punta di fioretto. Se quello morde, il cattolico non si metta a miagolare. La presenza in quel confronto del presidente del Comitato Nazionale di Bioetica Francesco Paolo Casavola e di Mons. Andrea Manto, Consulente Ecclesiastico dell'Associazione Medici Cattolici Italiani, ci assicurerà la vittoria? E poi: ma siamo così certi che vogliano davvero vincere oppure sventoleranno da subito bandiera bianca? 
ecco la proposta vera dei Radicali con una lettera alla Boldrni  

“Alla Cortese attenzione della Presidente Laura Boldrini,
Il Comitato promotore della proposta di legge di iniziativa popolare chiede alla Presidente della Camera -per questa come per le altre proposte di legge di iniziativa popolare- un intervento a garanzia della concreta affermazione dell'articolo 71 della Costituzione, secondo il quale "Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli".
Pur in assenza di uno specifico obbligo normativo ad iscrivere le proposte all'ordine del giorno, a dibatterle e ad approvarle o respingerle con un voto, il Comitato promotore considera incompatibile con il dettato costituzionale la pratica immancabilmente prodottasi nella storia repubblicana da parte dei Gruppi parlamentari di impedire persino la discussione delle proposte di legge di iniziativa popolare. Il potere di "esercitare l'iniziativa delle leggi" che i Costituenti attribuirono al popolo non è legittimamente interpretabile riducendolo al mero atto formale di poter depositare proposte di leggi corredate dalle 50.000 firme. L'esercizio dell'iniziativa delle leggi da parte del popolo è davvero tale soltanto se il Parlamento dedica un effettivo e pubblico dibattito alle proposte presentate, delle quali anche l'eventuale mancato accoglimento dovrebbe essere adeguatamente motivato attraverso il dibattito nelle commissioni competenti e in aula. Il Comitato chiede dunque alla Presidente della Camera di intervenire nelle forme che riterrà più opportune affinché tale risultato sia garantito.
Sul particolare tema dell'eutanasia legale, oggetto della proposta di legge, ricordiamo in particolare la risposta del Presidente della Repubblica al videomessaggio a Lui rivolto da parte di Piergiorgio Welby, co-Presidente dell'Associazione Luca Coscioni, nel settembre 2006. Scrisse il Presidente Napolitano:  "(...) raccolgo il suo messaggio di tragica sofferenza con sincera comprensione e solidarietà. Esso può rappresentare un’occasione di non frettolosa riflessione su situazioni e temi, di particolare complessità sul piano etico, che richiedono un confronto sensibile e approfondito, qualunque possa essere in definitiva la conclusione approvata dai più. Mi auguro che un tale confronto ci sia, nelle sedi più idonee, perché il solo atteggiamento ingiustificabile sarebbe il silenzio, la sospensione o l’elusione di ogni responsabile chiarimento." 
La proposta di legge di iniziativa popolare presentata da oltre 50.000 cittadini rappresenta l'occasione perché tale confronto sia avviato finalmente nella sede parlamentare. Il Comitato promotore sottolinea anche l'importanza del coinvolgimento dell'opinione pubblica in occasione del dibattito parlamentare, da ottenersi attraverso l'opera del servizio pubblico radiotelevisivo, da parte del quale è da esigere un'attenzione particolare proprio sulla base della natura popolare dell'iniziativa. Anche su tale aspetto chiediamo un attivo impegno da parte della Presidente della Camera per la ricerca di soluzioni positivamente innovative che operino una soluzione di continuità rispetto alle pratiche anticostituzionali finora invalse”.

RIFORMA SENATO RENZI "SVOLTA PER LE ISTITUZIONI"

Si' governo a ddl riforma Senato Renzi, "svolta per le istituzioni" 

Roma, 31 mar. - Tutti d'accordo al Consiglio dei ministri: voto all'unanimita' e parte ufficialmente la nuova, e piu' discussa, riforma dell'era Renzi. Quella del Senato, con in aggiunta quelle del Titolo V della Costituzione e del Cnel, organo costituzionalmente rilevante di cui si chiede, senza ulteriori indugi, l'abolizione. L'Assemblea di Palazzo Madama aggiungera' al suo nome la specificazione 'delle Autonomie'.
  Verra' composta dai presidenti delle giunte regionali e delle Province autonome di Trento e Bolzano, dai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione e di Provincia autonoma, nonche', per ciascuna Regione, da due membri eletti dal Consiglio regionale tra i propri componenti e da due sindaci eletti da un collegio elettorale costituito dai sindaci della Regione. Complesso, ma rappresentativo - per l'appunto - delle istituzioni territoriali della Repubblica. Subito dopo il varo del progetto. Renzi tiene una conferenza stampa, poi si fa intervistare da una televisione. Promette un miliardo di risparmio sui costi della politica; liquida gli oppositori (interni ed esterni al Pd) come una minoranza che tale restera'; avverte infine che, se e' vero che lui non minaccia nessuno con l'ipotesi di un voto anticipato, o si fa come dice lui o lui se ne va. Con tutte le conseguenze del caso. Intanto ottiene che il ministro Stefania Giannini, fino alla mattina perplessa su tanta fretta innovatrice, voti insieme agli altri membri del gabinetto. E sulla scia dell'entusiasmo da', implacabile, del "Premio Nobel mancato" a Renato Brunetta che lo critica sulle coperture e, soprattutto, riprende la polemica con il presidente del Senato Piero Grasso. "Non si era mai visto un presidente del Senato intervenire su un provvedimernto in itinere. Se e' intervenuto come presidente del Senato ha commeasso un errore nella forma e nella sostanza, se come esponente del Pd" ha risposto Deborah Serracchiani, richiamandolo all'ordine. Grande euforia, quella del presidente del Consiglio. Anche se, dal quartiergenerale di Forza Italia gli arriva un "reminder" firmato Silvio Berlusconi. Il quale sottolinea: Renzi sia coerente, con noi ha stretto un patto.
  Poi avverte: non vogliamo pacchetti di riforme preconfezionate.
  Infine richiede: prima di qualsiasi altra riforma, il varo dell'Italicum. Non e' l'unica puntualizzazione della serata.
  Arriva infatti anche un comunicato del Quirinale. "E' noto come da lungo tempo il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano abbia espresso la convinzione della necessita' ormai improrogabile di una riforma costituzionale che innanzitutto segni il superamento del bicameralismo paritario e garantisca un piu' lineare e spedito processo di formazione e approvazione delle leggi", premette. Per poi concludere: "Il Capo dello Stato ha peraltro ritenuto di dover astenersi - per ragioni di carattere istituzionale - dal pronunciarsi sulle soluzioni concrete definite dal Governo e sottoposte all'esame del Parlamento'". Inevitabile la necessita' di un esercizio di esegesi. Pare, per prima cosa, che certe ricostruzioni che lo indicavano come mandate di Grasso contro il governo - come anche quelle che lo volevano in sintonia con il governo e non con Grasso - siano state entrambi viste con fastidio dal Colle.
  Ma la cosa e' stata considerata anche come una opportunita' per ribadire un paio di elementi. Il primo che il Quirinale non entra nel merito delle questioni: c'e' chi e' stato chiamato apposta per affrontarle ed esiste la divisione istituzionale dei ruoli. Il secondo: il bicameralismo perfetto non e' certo cio' che Napolitano sentira' un giorno la nostalgia. Terzo: e' fondamentale che sia la politica a riappropriarsi del suo ruolo di motore della vita istituzionale. Quarto: Il Colle fara' la sua parte il giorno in cui il Parlamento avra' finito il suo lavoro e Napolitano avra' sulla scrivania non progetto di legge, ma leggi approvate da promulgare. E allora (anche questo Napolitano lo ha fatto sapere nei giorni scorsi), valutera' "con grande attenzione". Nel frattempo, silenzio!!!!