Dateci Assad, dateci Tsipras, toglieteci Napolitano (e i canarini di guerra)
Cari amici, lo so: siamo lunghi, lunghissimi. Cosa non 
buona, nei tempi dei saettanti  twitter, degli sms criptati in frasette 
belle magre, quasi anoressiche, delle sveltine pubblicitarie interrotte 
dalle lungaggini dei programmi, dei face book  Oggi ho annusato la 
primavera. E tu?“ Capisco che una roba che pretende una curva 
dell’attenzione meno corta dei sette clic sul telefonino risulti 
indigesta. Capisco chi si ritira. O, se no, fate finta che sia la serie 
settimanale dei post di Grillo e suddividete la lettura su 7 giorni. 
Prometto che prima non ricompaio.
La Siria di allora, come lo è anche adesso, era il nucleo più 
potente della resistenza araba all’occidente…. Noi (Israele e America, 
ndr) abbiamo fatto tutto ciò che era possibile contro l’Iran e contro la
 Siria. Ora è dal maggio 2011 che stiamo cercando di destabilizzare il 
suo regime…. Dobbiamo continuare a mantenere alte le fiamme che abbiamo 
acceso e farla bruciare internamente. Noi non possiamo rinunciare ai 
nostri interessi e dobbiamo continuare e destabilizzare la Siria per 
ottenere ciò che vogliamo. (Henry Kissinger). Il resto del 
testo, ovviamente ispiratore dei miliziani mediatici di cui qui 
appresso, conviene che vi precipitate a leggerlo in fondo)
Dobbiamo passare all’offensiva. Il nostro obiettivo è 
schiacciare il LIbano, la Giordania e la Siria. Il punto debole è il 
Libano, poichè quel regime islamico è facile da destabilizzare. Creeremo
 lì uno Stato cristiano, dopodichè schiacceremo le armate arabe e la 
Siria ci cadrà in mano. (David Ben Gurion, premier israeliano).
Il cambio di regime è ovviamente il nostro obiettivo in LIbano e
 Siria. Ci sono tre modi per raggiungerlo: il dittatore cambia 
posizione;  viene travolto dal suo popolo infelice; o, se costituisce un
 ostacolo per l’esterno, l’esterno lo elimina. (JINSA, Istituto Ebraico per gli Affari di Sicurezza Nazionale, Washington)
Diventiamo schiavi nel momento in cui consegniamo le chiavi 
della definizione della realtà interamente ad altri, che siano gli 
affari, una teoria economica, un partito politico, la Casa Bianca, o la 
CNN. (B.W.Powe)
Damasco per Assad, giugno 2012
Siria, trincea dell‘umanità
Dunque, sabato 16 a Piazza del Popolo di Roma, è andata alla 
grande. Con grave scorno della muta di sciacalli che avevano cercato, 
col terrorismo della diffamazione e della menzogna, irrimediabilmente 
fascista, di intimidire organizzatori e relatori e scoraggiare solidali e
 pubblico. Hanno toppato, non riuscendo nell’intento e, anzi, facendo 
montare  la mobilitazione e, così, coprendosi del fango che il 
ventilatore di verità installato a Piazza del Popolo gli ha rimandato 
addosso.
Onore e grazie a Ouday Ramadan, comunista siriano, ideatore e organizzatore principe e irriducibile dell’evento onorato dai migliori degli italiani, per quanto minoranza assediata dalle catapulte di menzogne e calunnie di una conventicola decerebrata, o collusa con gli sterminatori di popoli e classi. Sotto gli enormi striscioni con la bandiera siriana e il volto di Bashar el Assad, che coloravano di sè tutta la piazza, centinaia di persone (e ci voleva coraggio!) in rappresentanza degli onesti hanno svergognato, nel cuore della colonia imperiale, aggressori, assassini, genocidi, scherani governativi, ignavi, bugiardi e utili idioti. E rappresaglie Digos.
Permettetimi un po‘ di retorica: dall’arida proliferazione di gramigna che ha desertificato l’intelligenza e l’onestà di tanti succubi, è spuntato un bellissimo papavero rosso. La natura ci insegna: nell’erbaccia rinsecchita dal sole, l’astro della luce bacia invece il suo fiore prediletto e lo fa resistere e proliferare. Fino a far rosseggiare grandiose distese e prepararle al raccolto del grano, la vita. A me è toccata l’apertura e, con un’occhiata al palco in corso di smontaggio, da dove in mattinata avevano emesso cinguettio critico (con occhio strizzato) i fasulloni della triplice sindacale, mi è
Onore e grazie a Ouday Ramadan, comunista siriano, ideatore e organizzatore principe e irriducibile dell’evento onorato dai migliori degli italiani, per quanto minoranza assediata dalle catapulte di menzogne e calunnie di una conventicola decerebrata, o collusa con gli sterminatori di popoli e classi. Sotto gli enormi striscioni con la bandiera siriana e il volto di Bashar el Assad, che coloravano di sè tutta la piazza, centinaia di persone (e ci voleva coraggio!) in rappresentanza degli onesti hanno svergognato, nel cuore della colonia imperiale, aggressori, assassini, genocidi, scherani governativi, ignavi, bugiardi e utili idioti. E rappresaglie Digos.
Permettetimi un po‘ di retorica: dall’arida proliferazione di gramigna che ha desertificato l’intelligenza e l’onestà di tanti succubi, è spuntato un bellissimo papavero rosso. La natura ci insegna: nell’erbaccia rinsecchita dal sole, l’astro della luce bacia invece il suo fiore prediletto e lo fa resistere e proliferare. Fino a far rosseggiare grandiose distese e prepararle al raccolto del grano, la vita. A me è toccata l’apertura e, con un’occhiata al palco in corso di smontaggio, da dove in mattinata avevano emesso cinguettio critico (con occhio strizzato) i fasulloni della triplice sindacale, mi è
 „Che ridere a metterla in culo agli italiani“
parso cruciale osservare come i 200mila sotto quel palco 
monumentale, e anche quelle migliaia di giovani contro il precariato a 
Piazza Farnese, intelligenza politica e sociale elementare avrebbero 
voluto che fossero qui, accanto ai siriani e agli amici dei siriani. 
Insieme ai ferrovieri dei notturni Sud-Nord aboliti, ai pastori sardi 
uccisi da Nestlè, alle maestre di Riano Flaminio (seviziate per anni da 
erinni bigotte, morbosizzate e fanatizzate dalla politica del sospetto e
 della sorveglianza) agli studenti offesi dai quiz Invalsi, alle donne 
cui fanno schifo donne come Hillary o Fornero quanto uomini come Obama o
 La Russa.  Era il loro posto, più che la spianata sotto il palco degli 
imbonitori, questo angolo della piazza dal tricolore con due stelle, 
dove si lottava contro lo stesso nemico, gli sfruttatori dell’uomo 
sull’uomo, la cupola dei geno- e socio-cidi, che là bombardano e 
praticano il terrore e qui praticano il terrore e depredano. Per capire 
che, con le loro forze armate e il loro popolo, siriani, libici, 
iracheni, serbi, afghani, palestinesi, si battono per la stessa 
sovranità e giustizia che la cosca sindacal-bancaria-mafiosa-clericale 
sottrae a loro come ai lavoratori, ai giovani, agli anziani, alle donne 
del nostro paese. Quando gridava „fuori la Nato dall’Italia, 
fuoril’Italia dalla Nato“, questa gente era conscia di quell’unità, del 
nemico comune e di una strategia unitaria da opporre alla strategia 
comune degli antropofagi. Si vinceva, allora, loro, i popoli proletari 
e, noi, le classi. Chi avrebbe potuto separare Berkley, o l’autunno 
caldo dal Vietnam? Chi la strage Usa di Mi Lay da Piazza Fontana? Chi il
 movimento del 68 dai fedayin? E chi oggi, invece, sa vedere la 
connessione tra la demolizione della Val di Susa e la polverizzazione di
 Sirte?
Si sentiva con forza di tuono echeggiare lo slogan Allah, Surìa, Bashar ua bas. Alcuni correggevano in Shaab, Surìa, Bashar ua bas, dove Shaab sta
 per popolo. Era la metafora sonora della Siria laica e pluralista, che 
per laico e pluralista intende e pratica da mezzo secolo il rispetto e 
la cura di decine di confessioni ed etnie, salvaguardando e garantendo 
così una separazione laica dello Stato dalle chiese, un codice 
epistemologico che ha educato generazioni alla convivenza e all’armonia.
 E, lo dico a te Marinella (cui mi dedicherò fra poche righe), perplessa
 per quello slogan che è di tutto un popolo, lasciare che si chiami 
all’intervento sia dio, sia il popolo, significa proprio questo e non 
getta la minima ombra sul carattere laico di quello Stato. Essere laici,
 mica significa necessariamente essere atei. Una cosa era chiara ai 
partecipanti: solidarietà alla Siria libera, sovrana, non globalizzata, 
nel segno dell’unità e sovranità araba, dell’antimperialismo, 
dell’anticapitalismo, dell’uguaglianza tra gli esseri umani, 
indipendentemente da razza, religione, sesso, inclinazioni, purchè non 
vendipatria. Allah, o non Allah per lo Stato pari sono. Questa è 
laicità.
Al di là di qualche frammento di folklore nazionalbolscevico, di 
qualche infiltrato fascista, subito imboscato perchè schiacciato dall‘ 
antimperialismo autentico, che non è mero antiamericanismo (Viva gli Occupy Wall Street)
 in funzione di altre versioni geopolitiche di imperialismo, e di un 
gruppetto di cerchiobottisti che avallavano l’equiparazione ONU tra chi 
aggredisce e chi si difende invocando un „cessate il fuoco di tutti“.
 Al di là di questi ambigui o nefasti fiancheggiatori, Piazza del Popolo
 ha vissuto un momento dignitoso, combattivo, onesto. Denuncia e 
svergognamento della lieta disponibilità di sinistre capitaliste, 
opportuniste, trotzkiste, radicalchic e pacifinte, di farsi bollire nel 
paiolo dei cannibali con il conforto di un rametto di rosmarino (licenza
 di sopravvivere con la catena alla caviglia).
Nella mefitica palude Stigia, formata dai nove grandi meandri 
percorsi dal fiume Stige, la dea Teti immerse il figlio neonato Achille,
 per renderlo invulnerabile, ma trascurò il tallone e Achille perì. La 
divinità che ha figliato eserciti di suoi eroi politico-merdiatici (la 
„r“ non è un errore), ve li immerse, in modo da farli immortali. Ma 
anch’essa li tenne per il piede e non si avvide del lembo scoperto. Il 
fiume, dolosamente, non rivelò la defraudazione. Così il colosso 
scatenato dalla Sublime Porta-Casa Bianca, ritenutosi corazzato dal 
bagno nella palude della frode grazie al concorso dei nove meandri 
dell’oligarchia merdiatica occidentale (Reuters, AP, Murdoch, CNN, BBC, 
Mediaset, RAI, De Benedetti, NYT), non si avvide dello zoccolo scoperto.
 E lì fu colpito da un nugolo di frecce, proprio mentre si apprestava a 
mettere a ferro e fuoco la città degli uomini di pace. Per restare nel 
mito, alcune di quelle frecce letali nel tallone del matamoros 
merdiatico (lo so, l’accostamento di questi modesti canarini da gabbia 
all’eroe acheo è improprio assai: magari entrambi protervi e 
prevaricatori, ma con una differenza di classe e di stile, quella tra 
ratti e falchi), le ha tirate Marinella Correggia. E le sue, di frecce, 
sono acuminate.
Di Marinella, lo dico con forza, non condivido le strade battute con altri No War
 in cerca, si vorrebbe, dell’equidistanza e di un pacifismo che finisce 
con considerare pacificatrice la distribuzione della responsabilità tra 
vittima e carnefice. Un suo testo, sconsolatamente ambiguo, elegge a 
„terza forza“ un gruppo di cristiani di Homs, questi, sì, benedetti dal 
Vaticano (e c’è già da riflettere), che si dichiarano contro ogni 
violenza e contro ogni scontro armato. Detto davanti a un groviglio di 
serpenti che strangola e avvelena il corpo della Siria, finisce con 
sottrarre forza alla resistenza e, ammantandosi di una ipocrita 
neutralità, lasatrica di buone intenzioni la via dell’inferno. Noi 
restiamo accanto al legittimo governo, al presidente Assad, alle forze 
armate patriottiche che, cari fratelli di Homs, purtroppo non hanno 
scelta se non impegnare la propria vita per fermare i sicari della 
criminalità organizzata internazionale. Tutto il resto è nè-nè e 
tradisce la verità e il popolo siriano.
Tutto ciò non incide sullla nostra solidarietà a Marinella contro i
 suoi detrattori. Senza nè-nè. Con lei e con noi – per i quali, insieme 
al lancio di mota, qualcuno ha anche fatto la scelta terroristica del 
procedimento giudiziario – i merdiatici  hanno dato seguito, nel loro 
piccolissimo, all’operazione planetaria di soppressione di voci altre, 
quelle dei „selvaggi“ e „dittatori“, di quelle che badano al vero, 
anzichè alla voce del (loro) padrone. Ci sono giornalisti che stanno 
alla committenza come le cortigiane stavano a Luigi XIV, come i 
picciotti ad Al Capone, come i caporali tedeschi al Feldmaresciallo 
Kesselring. Per loro, mica per niente, è in ballo il Premio Pulitzer. Ci
 siamo già occupati in passato del bloggista che spara su giornalisti 
veri, Cristiano Tinazzi, fermato dalla polizia in un gruppo di naziskin e
 poi candidato per il Fronte Nazionale di Freda, del savianeo 
geopolitico Ricucci e del davvero  esagerato Germano Monti, uno capace 
di inquinare con la sua lotta alla verità perfino l’onesto arcipelago 
della solidarietà palestinese. Ora nel coro è entrato anche un certo 
Lorenzo Declich (nomen omen), con una sparata contro Marinella tanto 
vigliacca quanto ottusa. Nascostosi dietro il dito artritico dell’ONU, 
di quell’ONU che per la Nato in Serbia, Iraq, Afghanistan, Libia ha 
fatto da notaio-zerbino, un po‘ come Napolitano ha onorato di firme 
tutte le scorrerie di Berlusconi, il soggetto si affanna a confutare la 
preziosissima opera di verifica e smascheramento portata avanti da 
Marinella sul menzognificio allestito dal monopolio merdiatico per 
lubrificare la sodomizzazione di Libia e Siria. Qui la perfidia 
diffamatrice è pari solo all’idiozia degli argomenti.
Lo spensierato copione delle migliori bufale dell’intelligencepolverizza come nonsense, e magari complottismo, il principio del cui prodest., inserendo tra i due termini un non
 campione di logica. Così Assad uccide la sua gente e distrugge il suo 
apparato di sicurezza per offrire su piatto d’argento un bella causa ai 
suoi potenziali assassini; gli islamici buttano giù le Torri Gemelle e 
bucano il Pentagono per dare il destro alla potenza guerresca egemone di
 papparsi i loro paesi; Piazza Fontana è fatta dagli anarchici e Piazza 
della Loggia da sindacalisti per alimentare la compressione di diritti e
 salari che passava sotto il nome di „strategia della tensione“; 
Gheddafi abbatte un aereo e 81 passeggeri a Ustica in modo che Reagan 
non abbia scrupoli a bombardarne la casa e cento residenti, Milosevic 
stermina 45 civili a Racak, in Kosovo, perchè non vede l’ora che gli si 
bombardi la capitale e si distrugga la Serbia e i palestinesi fanno 
saltare la stazione di Bologna, e chi c’era c’era, perchè si ponga fine 
allo squilibrio che vede l’Italia patteggiare un accordo di non 
aggressione reciproca. Le BR poi….
Questo criterio del cui prodest, da che mondo è mondo chiave
 di lettura di analisti, investigatori e storici per demistificare le 
campagne di intossicazione atte a rincretinire e soggiogare l’opinione 
pubblica, è definito apoditticamente „demenziale“. Punto. In compenso, 
questo assertore del cui non prodest oblitera perfino le 
perplessità del capo osservatori, generale Mood, messo in campo dal 
maggiordomo Ban Ki Moon per svolgere il compito di William Walker 
quando, in Kosovo, s’inventò quella strage di Racak per suscitare 
un’indignazione collettiva che avrebbe sostenuto le ali dei bombardieri 
su Belgrado. Il quale Mood, per quanto manipolato da Reuters e Ansa, due
 bocche della verità atlantiche, di fronte all’evidenza raccolta anche 
da media amici, aveva dovuto esprimere dubbi sulla paternità della 
strage di Hula, alla vista delle decine di teste colpite a bruciapelo e 
dei bambini con la gola tagliata, effetti non imputabili a bombardamenti
 di artiglieria. Declich, scandalizzatosi perchè c’è chi ascolta anche 
altre voci, come quella di un governo in ogni caso infinitamente meno 
criminale dei regimi totalitari del Fronte di Liberazione Siriano, 
Israele, Usa, GB, Francia, Qatar, Arabia Saudita, Al Qaida, o quella dei
 centri di informazione cristiani che testimoniano la loro comunità 
sterminata dai „rivoluzionari“, alla fin fine si aggrappa a un unico 
argomento: i bombardamenti di Assad sulle case e famiglie di civili. 
Siccome del cui prodest  il presidente del paese, azzannato da 
una marmaglia di lanzichenecchi, se ne fotte, ecco che promuove coesione
 contro il nemico  e consenso della nazione al suo governo bombardandone
 i figli.
Deve aver proprio pisciato fuori dal vaso imperiale, non unica 
nella stampa mainstream che incomincia a rendersi conto 
dell’insostenibilità della vulgata di Hillary e dell’emiro del Qatar, la
 Frankfurter Allgemeine Zeitung, standard aureo giornalistico 
per ogni establishment, quando ha pubblicato dati e testimonianze su 
Hula che rivelavano come TUTTI gli assassinati appartenessero a famiglie
 sostenitrici del governo, in quartieri che sgherri armati avevano 
occupato e dove l’esercito regolare era entrato solo a carneficina 
compiuta. Granate di carri armati siriani che hanno distrutto le case? A
 parte il fatto che è diritto di ogni governo intervenire contro 
aggressori che massacrano la gente, al Nostro sono sfuggite le immagini 
di ribelli che, sparando razzi RPG, fanno crollare case, quelle delle 
case che vengono fatte passare per bombardate e invece esplodono dal di 
dentro, quelle delle nuvole di fumo nero che, sistematicamente, si 
sprigionano dalle macerie e come tali indicano che si tratta di 
copertoni incendiati sui tetti. Riunendo in sé due delle proprietà delle
 tre scimmiette, il vessillifero della „rivoluzione siriana“, non vede, 
non sente. In compenso parla. Ripete.
Riesce anche imbarazzante per i più avveduti tra coloro di cui si 
esercita a essere l‘eco. Ci fa le pulci sulle provata presenza in Siria 
di terroristi importati ma, occhiutissimo, non si è neanche accorto 
delle bandiere nere al vento di Al Qaida in Libia e Siria, o dei 600 
sicari lì trasferiti dal fondatore di Al Qaida in Libia, Abdelhakim 
Belhadj, o delle ormai sempre più frequenti rivelazioni di stampa e 
servizi occidentali sulle spedizioni mercenarie guidate da forze 
speciali Nato. Meglio di qualsiasi nostra obiezione, lo mette al posto 
suo un referente di quel planeticidio che viene tanto ottusamente 
sostenuto. Leggetene qui sotto il suo pensiero sulla Siria. Un tantino 
più cinico. Ma parecchio meno stupido. E poi fatevi due risate a 
rileggere le inveterate scagliate contro di noi da Ricucci e compagnia.
Quando pensate che Kissinger era ministro di Nixon, consigliere di 
Bush 1 e 2 e oggi di Obama, alla luce dell’annientamento che programma 
per una nazione dopo l’altra, a partire dal Cile di Allende, non 
dovreste stupirvi del fatto che nella Casa Bianca, a capo dell’Occidente
 dove si verificano i prodromi della dittatura sul mondo, siede, come 
raccontatovi nel precedente pezzo, un assassino seriale di massa. 
Notizia (New York Times), quella di Obama che insieme ai suoi 14 capi 
della sicurezza si riunisce settimanalmente per stilare elenchi di 
assassinandi perchè „sospetti“ o „vicini a sospetti“, per cui è giudice,
 giuria e boia in uno. Informazione epocale su uno scherano di Wall 
Street che si crede Zeus e lancia droni sull’umanità che non marcia in 
fila, bellamente ignorata dalle armate mediatiche di cui i nostri tre 
scrivani eroi sono lo stormo di zanzare. Tutt’altra cosa il „manifesto“:
 silenziatore sul serialkiller e sua esaltazione in ultima pagina, 
 attorno a fotona di latinos con tocco in testa,  per cantare un peana 
all’angelo nero che, per nulla interessato al voto degli immigrati, 
regolarizza con decreto i giovani ispanici cresciuti negli States.
 Semplicemente grandioso per scelta delle priorità. Il collettivo 
sionista, in quello e in altri luoghi, avrà provato un leggero imbarazzo
 a vedere che il tema della Shoah, 127°dal dopoguerra (o giù di lì), è 
stato scelto dal 4,7% dei maturandi, avverso al 41,2% che ha preferito 
stare con i piedi sulla terra bruciata di oggi impegnandosi su „I 
giovani e la crisi“. Imbarazzo tramutatosi in euforia al constatare che 
ancora una vola la Shoah subita 70 anni fa è stata proposta a dispetto 
degli olocausti inflitti da 70 anni in qua. A Gaza (9 ammazzati da 
Israele negli ultimi tre giorni), terrorismo coloniale e militare in 
Cisgiordania del Bersani palestinese, Abu Mazen, in Libano, Siria e, 
attraverso dittatori surrogati, in metà dell’America Latina.
Intanto in Siria…
Ratti di Libia e bambini “ribelli” di Siria
Del Generale Robert Mood, capo della missione di Osservatori ONU e 
fonte cristallina di verità, ai sopranominati delatori è sfuggita la 
denuncia di un membro giordano della missione di Mood spia della Nato, 
denuncia uscita su buona parte dei media del Sud del mondo. Uno degli 
espisodi citati: Mood aveva portato il suo convoglio estemporaneamente a
 Tartus, dove non era in corso alcun conflitto da registrare, solo per 
ispezionare quattro installazioni militari siriane, operazione non 
prevista dal mandato ONU. La stessa azione veniva condottaa Rastan, 
sempre su strutture dell’esercito. Che Mood intenda ripetere la raccolta
 di elementi atti a favorire bombardamenti e incursioni mirate, già 
compiuta da osservatori ONU in Iraq prima dell’attacco, o da giornalisti
 e osservatori OSCE in Serbia a favore dei bombardieri in partenza da 
Aviano? A pensar male… con questi ci si è sempre preso.
Altra notiziola scartata dai probi cronisti di cui sopra, è la 
minaccia fatta dai loro teneri e pacifici rivoluzionari che occupano 
parti di Homs (unico abitato ancora non liberato dall’esercito), dove 
tengono in ostaggio e nel terrore di subire il noto „trattamento Sirte“ 
 5000 abitanti, di iniziare ad ammazzare civili se l’esercito siriano 
non se ne va. Hannibal che, mentre sbrana un po‘ di gente, intima al 
poliziotto di togliersi dai piedi. Notizia confermata non solo dai 
bugiardoni del governo, ma da vari giornalisti alla Marinella, 
ovviamente a libro paga di Assad. E, ancora, l’assalto compiuto da 
„ribelli“ contro l‘inviato dell’Ansa, loro consanguineo deontologico, in
 cui sono stati massacrati sei poliziotti che lo proteggevano. 
Ovviamente un’operazione di Assad. Infine, assolutamente non 
pubblicabile, la rivelazione che gli eroici volontari di „Medici senza 
Frontiere“ sono stati scoperti contrabbandare dalla Turchia esplosivo 
plastico ai terroristi. Imperdonabile che siano stati colpiti dalle 
forze lealiste mentre fraternizzavano in tal modo con i „giovani 
rivoluzionari“. Alcuni di questi, catturati, hanno confessato che 
svuotavano farmacie per fornire medicamenti agli „insorti“.
Altra notizia. A suggellare un’affinità terroristica al di là 
dell’appartenenza alla medesima confraternita confessionale, ecco che 
miliziani salafiti sono ospitati a Miami nei campi di addestramento dei 
bombaroli anticastristi, mentre, uniti nell’unica fede narco-islamista, 
altri tagliagole da lanciare contro la Siria vengono istruiti in Kosovo 
dall’UCK, a sua volta impratichitosi nel terrorismo grazie 
all’intervento, nel 98-99, di Al Qaida e dello stesso Osama bin Laden, 
in vista di Bondsteel, la più grande narcobase militare Usa d’Europa.
Mamma li curdi!
Sherkoh Abbas, importante dissidente siriano curdo, ha sollecitato 
Israele a ridurre in pezzi la Siria, come previsto nel 1982 dal Piano 
Oded Yinon del Ministero degli esteri sionista, frantumandola tra 
sunniti, sciti, alawiti, cristiani, drusi, curdi…  Dopo i despoti curdi 
 Barzani e Talabani, che hanno svenduto il Kurdistan iracheno alle 
compagnie Usa e ai servizi e accaparratori di terre israeliani, ecco 
arruolarsi il curdo siriano per onorare le istanze di emancipazione Nato
 del suo popolo. Dove ha sede l’Assemblea Nazionale Curda, capeggiata da
 questo campione dell’unità della sua nazione attraverso lo 
spezzettamento di altre? A Wahington, dove se no? E l’altro frammento di
 curdi filoimperialisti, il „Movimento del Futuro“, dove sta? Ma a  
Istanbul, nel sottoscala di quel che rimane, dopo sei scissioni, del 
Consiglio Nazionale Siriano. Ha invece sede in pieno territorio 
curdo-siriano, il PYD, organizzazione maggioritaria dei curdi siriani, 
da sempre ideologicamente legato all’onorevolissimo PKK della Turchia e 
sostenitore della Siria unita e libera di Assad. Non sarà un caso che il
 PKK abbia negli ultimi mesi intensificato i suoi confronti con le 
truppe turche, iniziativa simpatica, atta ad allegerire la pressione del
 Nato-turco Erdogan sulla Siria.
Con la coalizione progressista e democratica di 
Usa-UE-Nato-Turchia-Qatar-Arabia Saudita, di cui i nostri tre spadaccini
 sono i vessilliferi medatici, in assoluto marasma per via della 
resistenza in armi e di popolo e dell’accentuata fermezza di Putin 
(pensate al recente lancio dimostrativo di missili intercontinentali 
russi e alle navi di armi russe in rotta verso la Siria), Obama, in 
vista delle elezioni (Usa, ma anche messicane e venezuelane), si 
arrovella su un dubbio. Si chiede: guadagno più voti a contrastare 
Romney, primatista di demenza reazionaria e genocida, mettendomi la 
corazza del guerriero senza macchia, paura, indulgenze, o mi fa più 
gioco fermare l’Air Force, con quella maggioranza di cittadini che, 
animati da Occupy, sono contrari a ogni nuova e vecchia guerra?
 Il dubbio frantuma anche la coalizione dei volenterosi che, in 
confusione sul da farsi, diramano a giorni alterni invocazioni al piano 
di pace Annan e belluine minacce di sfracelli. Al lacerarsi del tessuto 
di menzogne e provocazioni perfino nella stampa main stream, 
cui disperatamente i nostri deontologici polemisti offrono puntelli di 
ricotta, al disgusto dei Brics, per ora non sanno che contraporre 
un’esasperazione forsennata degli attentati e delle stragi. Come se la 
quantità potesse porre rimedio al disfacimento della qualità. Come in 
Nigeria, ultima espansione del terrorismo confessionale Al Qaida-Nato, 
mirata a sfasciare, dopo la Libia, la più grande e petrolifera nazione 
africana, sono i cristiani ad andarci di mezzo. In Nigeria macellano 
quelli che li macellano, in Siria, colpiti dalla fanteria Nato con 
sequestri, massacri, tortura, distruzione o furti di case, fuggono e 
gridano aiuto. Il papa, loro monarca e custode, di questi ultimi non è 
stato informato.
Grecia: chi coglie il vento e naviga, chi s’accuccia in vista della bufera
Una cosa va detta prima di ogni altra considerazione 
politico-ideologico-economica. Sulla Grecia non si abbatte solo la furia
 predatrice degli strozzini internazionali e la collera per il fiorire 
di un pensiero alternativo di massa. Sulla Grecia infierisce la vendetta
 dei barbari. Il discorso, non della sola Merkel, di „noi brave 
formichine laboriose e voi cicale canterine e fannullone“ è il rigurgito
 moderno di un bimillenario complesso di inferiorità del Nord nei 
confronti della civiltà classica. Civiltà, cultura, che tutto ha 
iniziato e tutto ci ha insegnato. Civiltà da loro sempre inseguita, mai 
conquistata, dunque da obliterare. Psicologismi? Chiediamolo a Gramsci e
 alla sua intelligenza della „sovrastruttura“.
Syriza, fronte di 12 partiti e movimenti, che in Italia potrebbe 
essere paragonata a una coalizione tra Ferrero (o piuttosto la sua 
base), Grillo, Landini e No Tav, si moltiplica per sei e becca il 27%.  
Stava al 4% due elezioni fa. Gli altezzosi devoti a piaceri solitari del
 KKE, scavato un fosso tra sè e le masse, si dimezzano al 4, 5% e 
suscitano un amarcord  che fa rivivere il lento estinguersi dei 
sedicenti „comunisti“ in mezzo mondo. Suscitano anche una gran collera 
al pensiero che, uniti, KKE e Syriza avrebbero vinto e provocato la 
rottura della faglia europea. Il Pasok-PD è giunto al capolinea  dove un
 binario morto aspetta il suo equipollente italiano. Rattrista la 
rinnovata adesione del Partito Comunista-Sinistra Popolare del buon 
Rizzo a questi custodi del terzinternazionalismo più settario e 
antipopolare. Sinistra Democratica, con il suo 6,26%, manda 17 deputati a
 coprire a sinistra l’assalto finale di Pasok-ND-UE ai greci ancora in 
vita. Vale un SEL. Quanto ad Alba Dorata, il parallelo è con i 
neonazisti di Forza Nuova e affini. In vista della dittatura mondiale 
perseguita dalla Cupola, vengono allevati e esibiti nel circo della 
democrazia trucidi energumeni pelati e in camicia nera, macchiette da 
Gran Guignol, perchè i boccaloni continuino a credere che la minaccia di
 totalitarismo siano questi figuranti e non Monti, Obama, Draghi, 
Merkel, Lagarde, Zoellnick… Qualche mio gentile interlocutore insiste 
nel dare del democretino a chiunque, da Bersani a Stipras, non si 
ammassi sullo scoglio in gran tempesta dove sventola il vessillo della 
rivoluzione, dell’uscita dall’euro (nessuno sa come si fa) e 
dall’Europa. E dove neppure le zattere approdano più. Posso rispondere 
con la constatazione che esistono anche, più perniciosi per noi, i 
socialcretini?
Il risultato di Syriza è grandioso e cambia le carte in tavola. 
Atene non si smentisce. Nella Grecia aggredita dal’autocrate persiano 
Ciro è sorto un Leonida, o quel Demostene che seppe sottrarre la libertà
 della Grecia alle grinfie imperiali dei macedoni. 71 deputati sono 
arrivati in quel parlamento sull’onda di 17 scioperi generali in due 
anni e di quella volontà insurrezionale di massa che ha difeso con i 
corpi e con i mezzi possibili il suo diritto alla piazza. Hanno 
combattuto e votato le famiglie depredate dai tagli e dalle tasse, i 
lavoratori dei settori pubblico e privato rimasti al quasi 50% in 
strada, i comunisti seri, gli anarchici, gli studenti, i giovani. Fate 
un confronto tra le celebrazioni post-elettorali di Nuova Democrazia e 
di Syriza. Altro che „una faccia una razza“. Due facce, due razze: 
quella che fa indistinguibili i manifestanti di Occupy, del Quebec, di 
Madrid, di Santiago del Cile, da quelli di Syntagma. E l’altra che 
confonde i fichetti, yuppies, signore laccate di Nuova Democrazia, con 
il seguito arancione della Timoshenko, con quello verde dei quartieri 
alti di Tehran, o con la fauna di Cortina, o della Bocconi.
Syriza rifiuta il memorandum sociocida  ed è la priorità e la 
possibilità. E‘ il prerequisito per il ricupero della sovranità. Ha 
promesso che lo combatterà in parlamento e, ancora, nelle piazze. I 
giochi sono aperti: la vecchia oligarchia regnante è totalmente 
screditata. I greci sanno che ulteriori tagli per 11 miliardi li 
stroncherebbero definitivamente, che i prestiti ingrosseranno il debito e
 schizzeranno attraverso l’economia per alloggiarsi presso banchieri 
oltremare, che il licenziamento di 150mila statali preteso dalla Troika 
(alla maniera della Cuba di Raul, dove saranno un milione e mezzo a 
finire dietro a bancarelle), comporta la fame per un milione di 
famiglie. La fase richiede, mi pare, la transizione da un disastro senza
 limiti a un’economia equa, dinamica e partecipatoria. In parlamento si 
dovranno denunciare la corruzione dei cleptocrati e le spese assurde per
 le burocrazie militari e clientelari. Syriza non richiede oggi l’uscita
 dalll’euro (quante Piazza Fontana seguirebbero?), checchè sognino i 
dormienti, perchè vorrei vedere il greco che si ritrova con la dracma e i
 risparmi e salari dimezzati. Ma tale uscita in prospettiva sarà 
indispensabile una volta  confiscati  i beni rubati dagli oligarchi e 
nascosti in Svizzera o nei paradisi fiscali, e che gli interessi d’usura
 del sistema bancario europeo e internazionale siano stati rinegoziati, 
magari sotto minaccia di un abbandono della Nato, dando un minimo di 
fiato all’economia e ai livelli di vita. Con la propria valuta nazionale
 la Grecia riprenderebbe il controllo sulle sue finanze, tasso di 
cambio, strumenti di politica monetaria e degli investimenti. Nel 
frattempo sospenda il pagamento del debito (e ne scopra le componenti 
illegittime), metta il cappio al collo degli evasori miliardari, faccia 
un trapianto di organi vitali dai briganti armatori, evasori 
stramiliardari, al corpo agonizzante del popolo, imponga rigidi 
controlli sui capitali, congeli depositi bancari per evitarne la fuga, 
si rifornisca di fondi da fonti alternative: Russia, Iran, Venzuela, 
China e altri Stati non ligi alla Troika. Affidi al controllo operaio la
 gestione di industrie fallite, abbandonate, inefficienti, ai giovani 
l’innovazione e la rinascita di un’agricoltura uccisa dalla voracità di 
multinazionali e importatori.
E‘ il libro dei sogni? Dipende da che sostegno l’azione 
parlamentare otterrà dalla mobilitazione ed energia di piazza, non solo 
in Grecia. Gli eurocrati saranno tanto spaventati quanto spietati. Ma i 
300 delle Termopili ce la potranno fare. Abbiamo lasciato che Serbia, 
Iraq, Libia si sacrificassero da soli, anche per noi. Oggi sono la Siria
 e la Grecia  a poterci salvare. Tocca a noi darci da fare per salvare 
loro. I fronti sono tanti, c’è anche quello in fiamme d’Egitto, dove gli
 Usa, barcamenandosi tra i Fratelli Musulmani e i più affidabili 
generali, hanno benedetto il colpo di Stato con cui è stato sciolto il 
parlamento, i generali si sono ripresi il potere legislativo e hanno 
riabilitato alle elezioni presidenziali il boia di Mubaraq, Ahmed 
Shafiq. La reazione del popolo di Tahrir ha ribadito che i destini di 
popoli e classi sono intrecciati, una è la guerra, uno il nemico. Capito
 questo, abbiamo vinto.
Eroi di Napolitano. Bravi a sparare sui pescatori.
Rimpiangere Cossiga?
„Senza dubbio non tutte le conquiste del passato possono essere
 considerate ancora sostenibili e nemmeno ugualmente valide rispetto a 
nuove concezioni e misurazioni del benessere e della qualità della 
vita“. Questo, strappato pari pari dalle labbra della Fornero, ha 
sentenziato Giorgio Napolitano sporgendosi dal balcone su una sterminata
 massa di precari senza futuro, pensionati senza cibo, cittadini con 
casa rubata dalle tasse, operai senza rappresentanza sindacale seria e 
licenziabili a uzzolo del padrone, referendari rasi al suolo dal fuoco 
congiunto PD e PDL. Le misurazioni del benessere e della qualità della 
vita vanno fatte su Briatore, Benetton, Marchionne e su quel 10% di 
italiani che hanno il culo al caldo del 50% della ricchezza nazionale. 
Non v’è alcun dubbio che Napolitano, petalo di quel quadrifoglio della 
fortuna Nato-BCE, composto da lui con D’Alema, Veltroni, Bersani (il 
gambo si chiama Violante) e per lunghi anni concimato nell’orto del PCI 
togliattian-berlingueresco, tra tutti i nostri capi di Stato si è 
dimostrato il più equilibrato, imparziale, sopra le parti, saggio ed 
equo rappresentante di tutte le componenti della nazione. Con 
particolare cura per quelle minoritarie. Appunto il nominato 10%. Con la
 garza della sua „viva e vibrante commozione“ applicata sulle piaghe 
inflitte al paese da una banda di mafiosi promossi al governo del paese,
 ha permesso agli italiani di sopravvivere in coma vigile e di 
risvegliarsi nell’esultanza di un colpo di Stato che, come con Vittorio 
Emanuele di fronte alle intemperanze di lavoratori e socialisti, ha 
rimesso tutte le cose nel loro naturale ordine. Quello occupato del 10%.
Non si è concesso nè sosta, nè riposo, l’ultraottuagenario, 
allevato da manovratori illuminati fin  da quando lo mimetizzavano  da 
entusiastico celebratore dei carri armati di Budapest. Sulle 
insostenibili „conquiste del passato“, rappresentate in primis 
dall’anacronistico scudo della sovranità nazionale, consegnatoci in 
punto di morte dai martiri del Risorgimento, già ridotto a carta velina 
dal Patto Atlantico,  in nome delle „nuove concezioni e misurazioni“ ha 
fatto marciare gli stivaletti di pelle umana degli gnomi di Francoforte e
 di Bruxelles. Non c’è articolo della Costituzione che lui, massimo 
custode, non abbia liftato e reso trendy, restaurandolo in pret-à-portereuropeo
 (art. 81: pareggio di bilancio, costi quel che costi al popolino e, 
art. 41, eliminazione della forzatura sociale sulla libertà d’impresa), o
 addirittura grantendogli una rivitalizzante metempsicosi (art.1: 
repubblica fondata non più sull‘arcaico lavoro, ma sull’allegra 
dissipazione praticata a beneficio universale dalla minoranza del 10%; 
art.11: repubblica che ripudia la pace).
Infine, soddisfatte tutte le esigenze della modernità, restava da 
rivedere un altro istituto a lungo ostico al 10% (che poi, a ben vedere,
 è solo quell‘1% a rischio di estinzione che viene perseguitato da 
Tsipras, Assad,Tahrir e Occupy), la vecchia storia democratica 
dei  pesi e contrappesi tra i poteri della Repubblica: legislativo, 
esecutivo, giudiziario (quello militare sta di riserva). Rivelato in 
termini impropriamente diffamatori dal „Fatto Quotidiano“, che visti i 
suoi implacabili attacchi ai commessi viaggiatori della Suprema Banca 
deve essere certamente pagato da poteri occulti,  l’assalto di Giorgino 
o‘ padrino alla magistratura fa rosolare d’invida la buonanima di 
Francesco Cossiga. Dopotutto, il bislacco gladiatore si era limitato a 
garantire con Gladio-Decima Mas-mafia l’incolumità nazionale, a spedire 
Falchi fucilatori contro i sediziosi di piazza e a tirare colpetti a 
salve contro „giudici ragazzini“. C’era il dramma di un ex-ministro 
degli interni e presidente del Senato ai tempi in cui mafia e Stato, 
accendendo fuochi purificatori tra Capaci e Via die Georgiofili, 
tentavano disperatamente di tenere a bada il Mazinga comunista. Quei 
successori, nella disobbedienza e forse nella nemesi, di Borsellino e 
Falcone, avevano osato incriminare un illustrissimo e intoccabile 
rappresentante dello Stato e, addirittura, volevano metterlo a confronto
 con colleghi e pentiti che straparlavano di trattativa mafia-Stato. 
Succedeva sotto l’occhio dell’allora ministro di polizia e di quello 
della Giustizia, il quale  si era attribuito il merito di aver allentato
 il cappio disumano del 41bis ad alcuni interlocutori della trattativa e
 delle collegate esecuzioni di massa.
Così Mancino, sentita l’aria nuova che  ha preso a tonificare il 
10%, cui lui di dirittto appartiene, ha chiesto al presidente, per 
interposto braccio destro D’Ambrosio, di raddrizzare le cose e i 
magistrati di Palermo, soffocando così una volta per tutte le mefitiche 
esalazioni emesse dal pool di coloro che insistevano a soddisfare il 
diritto alla verità di una proterva maggioranza del 90%. E cosa ha fatto
 Napolitano? Ha innovato, perbacco. Si è messo al passo con Obama e si è
 dato, applicando la sua autorità puramente morale in quanto arbitro 
istituzionale, il ruolo ben meno anodino di incursore sulle fasce. Il 
centrattacco, del resto, l’aveva già fatto: dando l’assist al gol della 
punta Monti, con il quale la Banca Centrale Europea, e chi sopra di 
essa, avevano chiuso ogni partita del vecchio campionato di classe. Il 
capo dei procuratori della repubblica, inebriato anch’esso dall’aria 
nuova, ha ottemperato. Non s’incapponisca quel fanatico palermitano di 
Ingroia, si faccia coordinare da chi al fedele custode dei  misteri del 
92-93 saprà rendere il dovuto.
Osservando da vicino l‘erede di un’illuminata e rimpianta monarchia
 assoluta, se non addirittura di un re, a un bel tomo di Cagliari, 
avvocato e pure donna, è venuto in mente di riflettere sul fatto che, 
per molto meno, Nixon era stato impallinato da impeachment. Ha 
considerato che imporre, su ordini dall’alto, un premier e un governo 
non legittimato dal voto popolare, insieme a una serie di altre 
trasgressioni, non costituiva proprio garanzia della Costituzione.  E 
così, per Giorgino o‘ Delfino, ha azzardato una balzana prospettiva di 
messa in stato d’accusa. Attentato contro 
l’integrità, l’indipendenza e l’unità dello Stato (sovranità monetaria 
trasferita dal popolo italiano alla BCE, quella politica, eocnomica, 
militare, passata a privati esterni); associazione sovversiva; attentato
 contro la Costituzione dello Stato; usurpazione di potere politico; 
attentato contro gli organi costituzionali; attentato contro i diritti 
politici del cittadino; cospirazione politica mediante accordo; 
cospirazione politica mediante associazione. Tutto questo prima che gli 
venisse offerta l’ulteriore ghiotta occasione dell’intervento 
presidenziale sull’indipendenza dei magistrati. Colpo di Stato?
 Secondo ogni dottrina giuridica costituzionale è colpo di Stato. C’è 
chi ne è pratico. E i golpisti nel governo applaudono.
E‘ matta l’avv. Paola Musu da Cagliari? Forse non s’è avveduta che,
 storicamente, un potere criminale economico a un certo punto ambisce  a
 farsi politico. A farsi Stato. Prima la mafia regnava per interposta 
persona. Successivamente, grazie a quattro bombette, è entrata a gamba 
tesa nel palazzo. E così difficile comprendere Napolitano quando, fatto 
fare ogni cosa agli altri per tanti anni, ha ritenuto arrivata l’ora di 
farsi avanti in prima persona, con tanta „vibrante e commossa 
soddisfazione“ dei suoi papà e mamma, della famiglia tutta. Legittima 
aspirazione umana, no? Tutto il resto sono maleinterpretazioni, 
strumentalizzazioni e manipolazioni, dice Napolitano delle 
intercettazioni. Come Berlusconi.
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H. Kissinger
“Sono davvero sorpreso da come fa Assad a restare ancora al potere. In passato suo padre era l’unico leader arabo che mi ha battuto. Nel’1973, se non era per Anvar Sadat, il padre del giovane Assad avrebbe potuto battere l’occidente sul campo, perché la Siria di allora, come lo è anche adesso, era il nucleo più potente della resistenza araba all’occidente. Sono sicuro che senza l’aiuto di Sadat ci sarebbe stata una guerra contro Israele e gli arabi avrebbero potuto vincere contro Israele. Noi (Israele o America ? ndr) abbiamo fatto tutto ciò che era possibile contro l’Iran e contro la Siria. Personalmente ero al corrente di tutte le offerte che abbiamo fatto a Assad per allontanarsi dall’Iran, ma lui non ha ceduto e confesso che in lui ho visto l’immagine del padre che mi aveva battuto in modo eguale nel’1973. Ora è dal maggio 2011 che stiamo cercando di destabilizzare il suo regime, ma non riusciamo a stanarlo e questo mi ricorda quella formidabile forza che era l’impero mongolo che aveva preso tutto l’Asia Centrale e il Medioriente in un lampo, ma si fermò dietro le mura di Damasco. La cosa che mi sorprende è che la Siria, pur restando un paese senza grandi risorse e quasi povero, dispone di infrastrutture cosi forti e cosi stabili; ha i generi alimentari immagazzinati per oltre 5 anni ed è auto sufficiente per servizio sanitario ed energetico, inoltre, dall’esercito siriano composto da più di 500 mila unità, siamo riusciti ad ottenere solamente 1500 defezioni in tutti questi mesi e non riusciamo a dividerla internamente pur essendo un paese composto da circa 40 etnie diverse. Senza dubbio la grande maggioranza dei siriani sta con Assad e il paese ha l’appoggio dell’Iran, Russia e Cina. Non ci resta che insistere con la strategia di farla scoppiare dall’interno. Dobbiamo continuare a mantenere alte le fiamme che abbiamo acceso e farla bruciare internamente. Noi non possiamo rinunciare ai nostri interessi e dobbiamo continuare e destabilizzare la Siria per ottenere ciò che vogliamo.”
“Sono davvero sorpreso da come fa Assad a restare ancora al potere. In passato suo padre era l’unico leader arabo che mi ha battuto. Nel’1973, se non era per Anvar Sadat, il padre del giovane Assad avrebbe potuto battere l’occidente sul campo, perché la Siria di allora, come lo è anche adesso, era il nucleo più potente della resistenza araba all’occidente. Sono sicuro che senza l’aiuto di Sadat ci sarebbe stata una guerra contro Israele e gli arabi avrebbero potuto vincere contro Israele. Noi (Israele o America ? ndr) abbiamo fatto tutto ciò che era possibile contro l’Iran e contro la Siria. Personalmente ero al corrente di tutte le offerte che abbiamo fatto a Assad per allontanarsi dall’Iran, ma lui non ha ceduto e confesso che in lui ho visto l’immagine del padre che mi aveva battuto in modo eguale nel’1973. Ora è dal maggio 2011 che stiamo cercando di destabilizzare il suo regime, ma non riusciamo a stanarlo e questo mi ricorda quella formidabile forza che era l’impero mongolo che aveva preso tutto l’Asia Centrale e il Medioriente in un lampo, ma si fermò dietro le mura di Damasco. La cosa che mi sorprende è che la Siria, pur restando un paese senza grandi risorse e quasi povero, dispone di infrastrutture cosi forti e cosi stabili; ha i generi alimentari immagazzinati per oltre 5 anni ed è auto sufficiente per servizio sanitario ed energetico, inoltre, dall’esercito siriano composto da più di 500 mila unità, siamo riusciti ad ottenere solamente 1500 defezioni in tutti questi mesi e non riusciamo a dividerla internamente pur essendo un paese composto da circa 40 etnie diverse. Senza dubbio la grande maggioranza dei siriani sta con Assad e il paese ha l’appoggio dell’Iran, Russia e Cina. Non ci resta che insistere con la strategia di farla scoppiare dall’interno. Dobbiamo continuare a mantenere alte le fiamme che abbiamo acceso e farla bruciare internamente. Noi non possiamo rinunciare ai nostri interessi e dobbiamo continuare e destabilizzare la Siria per ottenere ciò che vogliamo.”
 








