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giovedì 13 dicembre 2012

IL MOSTRO BANCHARIO


-non è l’inflazione, ma il bilancio delle banche-

Immaginiamo un azienda che produce etichette. Quando fabbrica i suoi autoadesivi, il diligente amministratore annota al passivo le spese sostenute per approntarli: materie prime, ore di lavoro, competenze di eventuali subfornitori e terzisti, spese generali. Tutte le spese sostenute per la produzione vengono computate nel costo totale dell’etichetta e saranno scritte al passivo nel bilancio.
Finché il rotolo nuovo di etichette resta in magazzino, il suo valore è calcolato a prezzo di costo. Quando finalmente viene venduto, il fabbricante ottiene il suo ricavo, che verrà scritto negli attivi di bilancio. La parte di ricavo che eccede le spese è l’utile, che, se si sarà mantenuto per tutto l’anno, risulterà in bilancio e verrà tassato.
Avviene però che il cliente di questa azienda sia una catena di supermercati che richiede le etichette con il prezzo dei prodotti. Allora l’amministratore dell’etichettificio comincia a fatturare al supermercato la cifra scritta sulle etichette: 1.000 etichette con scritto il prezzo “2 euro”, costo 2.000 euro, 10.000 etichette con scritto il prezzo “10 euro”, costo 100.000 euro. Si tratta di cifre complessive favolose ed è strano che l’amministratore del supermercato le paghi senza richiedere la prova dell’etilometro al suo fornitore (alcune male lingue parlano di un co-interessamento dei vertici del supermercato con il giro di soldi). Comunque le paga e l’etichettificio si trova con degli utili astronomici. Come fare a giustificarli mentre il supermercato va in rovina e i suoi dipendenti sono inferociti? E come ridurre le salatissime tasse?

Ecco che il padrone dell’etichettificio ha una bella idea: con qualche spicciolo finanzia dei convegni di studi coinvolgendo anche grossi nomi e università e fa elaborare gli ILS (International Labelling Standard) dei criteri standard per la contabilizzazione delle etichette.
In base a queste norme compila il bilancio a fine anno, scrivendo nei passivi i prezzi a cui ha venduto le etichette, e negli attivi l’identica quantità di soldi ricevuta dal supermercato. Poi, siccome ha concesso al supermercato di pagare con dilazioni importanti (12, 24 mesi e più) aggiunge agli attivi gli interessi su queste dilazioni, interessi che verrebbero a costituire l’utile dell’etichettificio.
Naturalmente, dopo la presentazione del bilancio, gli azionisti e gli amministratori della società vengono immediatamente incriminati per truffa, falso in bilancio ed evasione fiscale.
La banca fa la stessa identica cosa, ma per lei, inaudita eccezione, è perfettamente legale.
Perché gli IAS (Account International Standard), le regole contabili (scritte dai banchieri stessi), sono recepite nelle legislazioni nazionali.
E così, il denaro nuovo, stampato di fresco, viene ceduto allo Stato, non al costo tipografico ed eventuali utili commisurati, ma al valore scritto sulle banconote e tale valore nominale viene iscritto nel bilancio della banca al passivo.
Molti commentatori hanno già messo in luce l’anomalia per cui la banca compare come proprietaria del denaro che crea dal nulla. Molti hanno insistito su come questo fatto generi sfruttamento del lavoro, parassitismo, ingiustizia.
Però, a mio parere, non si insiste abbastanza nel sottolineare che questo metodo non funziona e non potrà mai funzionare, anzi racchiude in sé il fallimento del sistema, ineluttabilmente sancito da poche regolette di aritmetica elementare.
Se la banca è l’unico ente autorizzato ad emettere denaro (la Banca Centrale creandolo e le banche commerciali moltiplicandolo grazie alla riserva frazionaria), significa che tutto il denaro che esiste è emesso dalla banca. Non esistono altre fonti di denaro, (si badi bene che diciamo “di denaro”, non “di ricchezza”). Quindi tutto il denaro che circola è gravato di interesse.
Certamente, al momento in cui il sistema si è avviato, esisteva del denaro di proprietà, ottenuto in precedenza senza interesse. Ma con la maturazione del sistema, quindi col passaggio di mano dei soldi, con l’aumento della massa monetaria, e con l’erosione continua dovuta agli interessi, questa quota di denaro “libero” è svanita o si è ridotta ad una percentuale insignificante. Dunque tutto il denaro che esiste, esiste in forma di debito su cui si paga un interesse.
Ma lo stipendio che si percepisce, la vendita di un immobile, gli affari dei commercianti…come è possibile dire che sono soggetti a interesse? L’interesse si paga senza vederlo, sotto forma di tasse, oppure nascosto nei prezzi al consumo (NOTA 1)
Perciò, globalmente, il sistema funziona così: la banca emette tutto il denaro, lo chiamiamo 100.
E vuole l’interesse (supponiamo) del 5%. Se tutto il denaro che esiste è 100, come fa la società a restituire 105? Semplicemente non può.
Se la banca accettasse come quota interessi un chilo di pane, un cesto di fragole, due schiavi nubiani che arieggiano l’ufficio del direttore con i loro larghi flabelli, allora si potrebbe. Ma la banca non li accetta, no, no, la banca vuole proprio e solo il denaro, che è l’unica cosa che, per legge, nessun membro della società civile può produrre. Se un cittadino stampasse un po’ di denaro da gettare come offa agli insaziabili trangugiatori di interessi, sarebbe un falsario, perché il denaro è l’unica cosa che può produrre la banca e può produrlo soltanto lei.
Per questa ragione si crea il paradosso che persino la crescita economica aumenta il debito.
Infatti, se aumentano i beni prodotti, per scambiarli occorre più denaro e questo sarà emesso dalla banca solo dietro emissione di cambiali (pubbliche o private) a interesse.
“Ma che discorsi!” Dirà l’uomo della strada “Se un’azienda o uno stato guadagnano bene, possono pagare gli interessi e resterà ancora un utile nelle loro mani”. Questa reazione emotiva, basata sull’abitudine, descrive solo un evento locale.
Guadagnare soldi significa acquisire la proprietà di soldi che aveva qualcun altro, non crearne.
Se tutto il denaro esistente è 100, qualcuno guadagna e qualcuno perde, ma 100 resta.
E se alla banca deve tornare 105, la società, nel suo complesso, resterà insolvente verso la banca.
Se dunque non è possibile restituire alla banca il denaro dovuto, la società nel suo complesso o si dichiara insolvente, oppure prende a prestito la somma per pagare gli interessi, indebitandosi sempre di più. Prende 100 in prestito e, l’anno seguente, prenderà 105, per pagare capitale e interessi, l’anno successivo105 più il 5% e così via. E’ uno “schema Ponzi”, volgarmente detto “catena di sant’Antonio”, che cresce costantemente, finché si sta al gioco, e poi crolla.
E i costumi finanziari moderni, soprattutto per l’Euro, hanno accentuato la criticità del sistema, accelerando il momento dell’insolvenza, tramite la valutazione del debito in base agli indicatori (rapporto debito/PIL e valutazioni varie), trattando il debito come se fosse reale.
Per l’Euro la situazione è doppiamente grave, in quanto l’assoluta indipendenza della BCE dalle istituzioni politiche (quindi dai ministeri dell’economia e delle finanze) priva la moneta europea di un qualunque governo sensato e la abbandona alla speculazione.
Questa impostazione della finanza basata sul debito è dunque fallimentare in se stessa e sta svelando, ogni giorno di più, la sua inadeguatezza. Ma il punto nevralgico del meccanismo è l’apposizione al passivo nel bilancio della Banca Centrale del denaro circolante, perciò è opportuno fare alcune attente osservazioni al riguardo.
1) Questa pratica è ingiustificata. Non esiste nessun motivo concreto o plausibile per cui il costo di una banconota da 100 euro debba essere conteggiato 100 euro, quando la sua stampa costa circa
3 centesimi.
2) Questa pratica è contraddittoria. Infatti, per ragioni inspiegabili, il conio delle monete metalliche
è di competenza degli Stati e risulta all’attivo in bilancio. Dunque, la stessa operazione di creazione del denaro, viene contabilizzata al passivo o all’attivo a seconda di chi la compie, realizzando così un capolavoro di illogicità.
3) Questa pratica non è rappresentativa della realtà. La realtà infatti, il mondo in cui viviamo, costituisce nel suo insieme un grande attivo che è la bontà dell’esistenza. E tale attivo presuppone dei crediti gratuiti iniziali, costituiti dalla nostra stessa vita e dalla natura, che contiene tutto ciò che ci consente di vivere. Dunque se il bilancio di un’attività vuole rispecchiare la realtà, tale bilancio deve essere in attivo. Il bilancio a somma zero appiattisce l’economia all’atto della transazione, escludendo la natura, il lavoro, il numero di persone coinvolte…in poche parole, la vita.
4) Questa pratica riflette una mentalità nichilista. Si deve questa brillante osservazione a Giovanni Passali, economista leader del sito “moneta complementare”, che traduce in un linguaggio filosofico l’osservazione del punto precedente.
In effetti la contabilità bancaria considera la vita un passivo e il numero un attivo.
Perché passivo viene considerato il denaro circolante, che assolve, nell’organismo economico, la stessa funzione del sangue che circola in un organismo vivente. Ovvero trasporta il nutrimento
e tutte le sostanze che occorrono alla vita materiale. Ed è adempiendo questa funzione che acquista il suo valore, un valore del tutto “spirituale”, che consiste nella fiducia di una comunità nell’accettarlo in pagamento, al fine di scambiare i frutti del proprio lavoro.
Mentre attivo, per il bilancio bancario, sono i pezzi di carta che non circolano, ma ritornano all’immobilità della cassaforte.
Immobilità che è la morte del denaro e la perdita del suo valore: se non è speso, si riduce a essere un pezzo di carta, neppure buono per accendere il fuoco perché, per l’appunto, è chiuso in cassaforte.
Eppure i banchieri e i loro servitori in livrea (ve ne sono tra i politici, i giornalisti, gli economisti,
i professori e financo fra ben noti rettori universitari) ci terrorizzano raccontando che loro sono lì,
in quella smisurata e illecita posizione di potere che proviene dalla creazione e dal controllo della moneta, per proteggerci dalla catastrofe dell’inflazione, autentico spauracchio sventolato come deterrente per chi volesse obiettare qualcosa alle loro politiche di schiavizzazione delle nazioni.
“L’inflazione eroderà il vostro stipendio, consumerà i vostri beni come il fuoco, vi ridurrà in miseria” (peraltro tutte cose che costoro fanno attivamente, positivamente e pertinacemente,
a nostro danno e a proprio vantaggio) così ci dicono, ma si guardano bene dal lasciar trapelare che
il buco nero che inghiotte il PIL di intere nazioni è lì nel loro bilancio.
Non solo, ma quelle poche crisi da iperinflazione che hanno fatto storia, non sono mai state causate dal denaro di Stato, ma sempre dalla speculazione al ribasso che loro stessi, banchieri e finanzieri internazionali, hanno condotto contro tali monete sovrane.
I casi della repubblica di Weimar e di alcuni Stati africani sono tutti identici: nazioni con un forte debito estero, a cui si faceva fronte con stampa di moneta per pagamenti internazionali.
Furono tutti vittime di vendita allo scoperto della propria divisa, che, causando svalutazione, richiedeva nuova stampa per coprire il debito estero, calcolato in oro (Weimar) o in dollari americani (Zimbabwe e altri Stati). (NOTA 2)
Si innescava così un circolo vizioso senza fondo, in cui l’inflazione era figlia della svalutazione e non dell’eccesso di stampa di moneta.
Infine ci tocca registrare che quel passivo artificioso che la banca scrive nella propria contabilità
(la Banca Centrale scrive al passivo il denaro che crea dal dal nulla, le comuni Aziende bancarie scrivono al passivo i crediti che erogano sulla base del quasi-nulla) non fa bene neppure al bilancio della banca.
Infatti quell’enorme passivo, se da una parte permette di eludere le tasse, dall’altra espone gli istituti bancari all’incertezza: basta qualche insolvenza per mandare i conti in rosso. E la totale mancanza di vincoli che ha la banca nell’erogazione dei prestiti (NOTA 3) invita gli istituti di credito a prestare irresponsabilmente a più non posso: si sa, l’occasione fa l’uomo ladro.
Il risultato finale del passivo artificiale, con cui è contabilizzato il denaro, è duplice: da una parte abbiamo gli immani debiti pubblici, che mai potranno essere ripagati, dall’altra un bilancio bancario che oscilla pericolosamente sulla linea di galleggiamento.
E fin ora si è ovviato a questa disfunzione strutturale con trucchi ed escamotage. Da una parte sta apparendo chiaramente che i bilanci degli Stati sono falsati: una grossa fetta dei passivi sono occultati deviandoli nelle “casse depositi e prestiti” o loro omologhe. Anche la virtuosa Germania nasconde il 20% del suo debito nella pancia della KfW e, insieme a Francia Italia e Portogallo,
si rifiuta di fornire i dati reali alla Commissione economica del Parlamento europeo (Econ), come denunciato nel giugno di quest’anno dalle istituzioni di Bruxelles.
Dall’altra parte si sussurra nei corridoi che anche i bilanci delle banche sono truccati. Del resto, anche se non lo fossero, tutti i salvataggi invocati dalle banche negli ultimi anni dimostrano un malessere che non può essere occasionale o frutto di una crisi passeggera. Si tratta ovviamente di un problema sistemico, anzi, come abbiamo visto sopra, matematico.
Perciò, concludendo, non è più il momento di aggiungere una pezza a una struttura tarlata, bisogna cambiare l’architrave del nostro sistema finanziario, prima che tutta la nostra casa economica ci crolli in testa. Tra le priorità di qualsivoglia governo riformatore, deve esserci la revisione dei criteri contabili (gli IAS) che porti all’eliminazione di quel passivo nichilista che inghiotte senza sosta le nostre ricchezze, la nostra libertà, la nostra vita.
                                                                      

IL Ppe PEREME X MONTI

 Fonte ansa .it
 

Il Ppe preme per Monti, Berlusconi: si candidi

Merkel chiede al premier di scendere in campo. Olanda: i popolari appoggiano lui, non il Cav 

Il Ppe chiede a gran voce a Mario Monti di candidarsi premier alla guida del centrodestra italiano. "Noi abbiamo detto chiaramente a Monti che ci piacerebbe vedere la sua candidatura e abbiamo avuto un buon feeling". Lo riferisce Elmar Brok, influente eurodeputato della Cdu al termine del pre vertice dei popolari a Bruxelles.
Anche il presidente del Pdl Silvio Berlusconi ha invitato oggi il presidente del Consiglio, incontrato al vertice di Bruxelles, a candidarsi alle prossime elezioni. "Silvio Berlusconi ha ribadito che gli piacerebbe una candidatura di Monti, ma il premier non ha risposto". A raccontarlo è Elmar Brok.
La riunione dei leader popolari europei, è iniziata poco dopo le 14 con l'arrivo a sorpresa di Mario Monti nella sede dell'Academie Royale de Belgique. Monti è entrato pochi istanti dopo l'arrivo della cancelliera Angela Merkel. Berlusconi era arrivato poco prima delle 13. Monti ha partecipato su invito del presidente Wilfrid Martens. Da premier, Monti ha partecipato all'incontro del gruppo Ppe di Fiesole di settembre. Ma oggi era la prima volta che presenziava ad un pre-vertice dei popolari prima dei summit dei leader Ue.
FONTI, MERKEL HA CHIESTO A MONTI DI RICANDIDARSI - La cancelliera tedesca Angela Merkel avrebbe chiesto a Mario Monti di ricandidarsi, durante la riunione del Ppe: lo riferiscono diverse fonti all'ANSA.
PREMIER OLANDA: PPE APPOGGIA MONTI, NON BERLUSCONI - "E' chiaro che il Ppe supporta Mario Monti e non Silvio Berlusconi": lo ha detto il premier olandese Mark Rutte al termine del vertice. "I popolari europei apprezzano i risultati raggiunti dal premier Monti", ha aggiunto Rutte, ribadendo che nel summit si é parlato molto del caso Italia.
BERLUSCONI, IO SFIDUCIATO DA PPE? NO, COCCOLATISSIMO - "Sfiduciato? No, mi sono sentito coccolato, anzi coccolatissimo", ha assicurato Silvio Berlusconi parlando con i cronisti dopo il vertice dei popolari europei. "Aspetto di vedere cosa succede", ha risposto il Cavaliere a chi gli chiedeva se, anche alla luce della sua proposta Monti, si ricandiderà a Palazzo Chigi. "Wait and see...", ha poi aggiunto. Ha inoltre affermato di avere sondaggi in base ai quali se si presentasse "potrei prendere gli stessi voti del 2008". "Ho ricordato al Ppe di aver chiesto a Mario Monti di essere il riferimento per il Pdl nonostante questo crei qualche problema con la Lega", ha raccontato Berlusconi. "Spero Monti accetti la mia proposta, anche se per ora non l'ha fatto. Capiamo le difficoltà di chi si è posto sopra le parti a diventare parte, non avremmo rincrescimenti se dovesse non accettare", ma con i moderati uniti e la Lega guidati da Monti si vince. Il Ppe è preoccupato da un possibile ritorno della sinistra in Italia, ha affermato l'ex premier.
BERLUSCONI A FT: MONTI PUO' UNIRE MODERATI IN ITALIA - ''Se Monti non corre, se non possiamo mettere insieme tutti i partiti di centro-destra, il centro sinistra vincera'. Monti e' una personalita' che puo' unite tutti i moderati in Italia'': lo dichiara Silvio Berlusconi al Financial Times. - ''E' chiaro che il Ppe auspica che l'Italia non cada nelle mani della sinistra, come in Francia, dove tutti sono disperati e stanno scappando a causa delle tasse elevate''. Lo ha detto Silvio Berlusconi spiegando, in un'intervista al Financial Times, perche' alla riunione del Ppe a Bruxelles ''tutti noi abbiamo chiesto'' a Monti di restare.
MONTI, DA PPE GRANDE SOSTEGNO A GOVERNO ITALIANO - Dal Ppe "c'é grande sostegno al governo italiano", ha detto Mario Monti lasciando la sede del Ppe sottolineando che il sostegno è stato ribadito dal presidente Martens. "Sono venuto qui, su invito di Martens, per spiegare la situazione politica italiana: ho ricordato qual era la situazione quando ho iniziato, le cose fatte e le condizioni che hanno determinato la mia decisione" di lasciare. Lo ha raccontato Monti, e ricordando le parole di Alfano dopo le quali "é mancata la fiducia".
"Ho espresso la speranza e la convinzione che quale che sia il prossimo governo, questo si collocherà nel solco della partecipazione europea perché è anche nell'interesse nazionale", ha affermato il premier.
Poco prima, Monti non aveva risposto a una domanda su una sua eventuale candidatura nelle prossime elezioni. "Nessun commento. Non sarebbe questo il momento e il luogo", ha affermato in conferenza stampa con Barroso, precisando di essere ancora concentrato "per qualche breve tempo" nella "condotta spedita" di ciò che il governo deve "ancora compiere".

JUNCKER,GRANDE SOSTEGNO A MONTI A VERTICE PPE - "Non sono il portavoce di Berlusconi", così il premier lussemburghese e presidente di Eurogruppo ha risposto a chi gli chiedeva come l'ex premier avesse spiegato al vertice Ppe le sue posizioni. "Posso solo dire che c'é stato grande sostegno per Monti", ha aggiunto Juncker lasciando la riunione.
HOLLANDE, MONTI HA FATTO RIALZARE ITALIA - "Monti è l'uomo che ha consentito all'Italia di rialzarsi e di riprendere un ruolo chiave, e ha fatto sì che l'Italia sia rispettata": lo ha detto il presidente francese Francois Hollande entrando la summit Ue.
Lunga stretta di mano tra Monti e Hollande all'arrivo al summit Ue: il premier italiano è sceso dall'auto, si è diretto verso Hollande che aveva appena parlato di lui con la stampa, e gli ha stretto a lungo la mano. Il presidente francese gli ha poi detto: "Stavo proprio parlando di te..".
FMI, BENE MONTI, CONTINUARE SU SUA STRADA - Le misure decise dal premier Mario Monti sono "coraggiose" e vanno nelle giusta direzione e "dovrebbero essere attuate. L'Italia è sulla strada giusta e bisogna continuare su questa strada". Lo ha affermato il portavoce del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), Gerry Rice.
BARROSO, HO DETTO BERLUSCONI IMPORTANZA ITALIA STABILE - "Ho parlato ieri con Silvio Berlusconi" e gli ho ribadito "molto francamente l'importanza di avere un'Italia stabile e che prosegua sulla strada delle riforme. Questo è cruciale per l'Italia e per l'Europa". Lo ha detto il presidente della Commissione Ue José Manuel Barroso.
"Abbiamo bisogno di un'Italia forte e stabile in Europa", ha aggiunto. Il presidente della Commissione europea ha lodato il premier italiamo Mario Monti per le riforme avviate e i risultati conseguiti finora per risolvere la crisi in Italia. Barroso ha parlato oggi a Bruxelles con accanto a sè lo stesso Monti.
MARTENS, MONTI CONTINUI, ESSENZIALE PER ITALIA E UE - "Monti deve continuare la sua azione, è essenziale per l'Italia e l'Europa" Lo ha dichiarato il presidente del Ppe, il belga Wilfred Martens, al termine del vertice, aggiungendo che è "di una importanza primordiale".
In seno al Partito Popolare europeo (Ppe) siamo "uniti contro il populismo e l'antieuropeismo". E' questa la posizione del partito, espressa dal suo presidente, l'ex premier belga Wilfried Martens, che ha risposto a una domanda sulla situazione politica in Italia al vertice del Ppe che precede di qualche ora il Consiglio Europeo.
SCHULZ, BERLUSCONI NON TORNERA', ITALIANI RICORDANO - "Berlusconi non tornerà perché gli italiani non hanno dimenticato che è lui che ha governato negli ultimi dieci anni": lo ha detto il presidente del Parlamento Ue Martin Schulz, spiegando come le sue idee politiche siano "discutibili".
DAUL SMENTISCE BERLUSCONI, NON INFLUENZATO DA NESSUNO - "La mia posizione sulla situazione politica in Italia non è stata influenzata da nessuno e riflette quella del Ppe". Così Joseph Daul, capogruppo del Ppe al Parlamento Ue, ha voluto smentire Silvio Berlusconi che ieri ha parlato di un'influenza di Mario Mauro sulla 'scomunica' espressa martedì dallo stesso Daul. In una nota da Strasburgo, il francese ha ribadito che il Ppe è "con chi dice la verità ai cittadini sperando di ottenere voti con vane promesse populistiche".
FINI: BENE PPE SU MONTI E RICHIESTA ITALIA NO POPULISTA -  Gianfranco Fini ha telefonato al Presidente del Ppe, Martens, congratulandosi per la riunione di oggi che, nell'esprimere vivo apprezzamento per l'operato di Monti, ha ribadito la necessita' che il futuro Governo italiano continui con una politica autenticamente europeista, ostile ad ogni forma di demagogia e di populismo.
                                                                    

SPRECHI ENTI SORDI

fonte corriere della sera

Quella relazione mai vista sugli sprechi dell'Ente per i Sordi

La relazione della Corte dei conti che mancava dal 2006 esce dieci giorni dopo la richiesta dei deputati radicali.
In allegato la relazione della Corte dei conti inviata alla presidenza della Camera l'11 dicembre - Sabrina Giannini


Non c’è peggior sordo di chi non vuole vedere.
Ed è finita che mentre l’Ente nazionale sordi (Ens) sprofondava in un disavanzo economico di 12,5 milioni di euro i governi che dal 2006 avrebbero dovuto vigilare non l’hanno fatto continuando però ad elargire un contributo annuo di 516 mila euro.
Soltanto ieri, con sei anni di ritardo e a seguito della sollecitazione dei deputati radicali Maria Antonietta Farina Coscioni e Maurizio Turco, la Corte dei Conti ha inviato alla Presidenza della Camera la relazione degli esercizi dal 2006 al 2010 (e il 2011?) senza motivare le ragioni del proprio intervento tardivo che, se fosse stato redatto tempestivamente, avrebbe arginato l’emorragia.
Si legge che “l'Ente non ha redatto un bilancio consuntivo. Ha, invece, stilato una sorta di bilancio consolidato, non conforme alle disposizioni vigenti, fornendo a supporto una documentazione contabile incompleta e discordante, così da rendere impossibile l’interpretazione della reale situazione economica e patrimoniale”.
Vai a sapere come hanno usato i soldi e come hanno gestito le vendite delle proprietà ricevute in donazione. Scrive la Corte, “Non è stato possibile verificare le argomentazioni presentate dall’Ente a proposito della dismissione del cospicuo patrimonio immobiliare”.
Si è saputo che l’attuale dirigenza ha ipotizzato di affittare parte del prestigioso immobile della sede centrale dell'ente a due passi da San Pietro ad un hotel di lusso con annesso centro massaggi.
Chissà se potranno accedervi con uno sconto i tesserati.
Nell’aprile del 2011 Ida Collu, presidente dell’Ens in carica dal '95, viene accusata della gestione disastrosa e sostituita da Giuseppe Petrucci che, oltre a promettere un riordino, rende noto il disavanzo di 12,5 milioni di euro (sebbene avesse approvato fino ad allora i bilanci in quanto membro del direttivo).
Oggi cliccando sul sito internet dell’Ens alla voce “Progetti e campagne” compare la comunicazione cristallizzata a marzo del 2012 che la pagina è in allestimento. Così come non compare alcuna rendicontazione, quella che dovrebbe essere richiesta dal Ministro dell’Interno deputato alla vigilanza.
Però le spese non mancano.
Petrucci vive in una casa in affitto arredata a spese dell’ente e possiede una carta di credito per spese di rappresentanza con un tetto di cinquemila euro al mese (risultano acquisti di abiti e viaggi all’estero certamente non low budget).
Se la mission dell’Ente “è l'integrazione delle persone sorde nella società, la promozione della loro crescita, autonomia e piena realizzazione umana”, non c’è dubbio che quella dei presidenti è quella di trattarsi molto bene.
Un governo attento avrebbe messo l’ente nelle mani di una dirigenza estranea alle gestioni precedenti. Anzi, i governi dal 2006 ad oggi avrebbero dovuto fare molto di più.
Come fa notare Maria Antonietta Farina Coscioni “dopo l’accertamento di un disavanzo di competenza per due esercizi consecutivi andava nominato un commissario e l’ente posto in liquidazione coatta amministrativa. Ma in questo caso non si sono accorti perché non hanno controllato. Questo governo come i precedenti”.
Il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri subentrata a Maroni sono i responsabili del mancato controllo e prima di loro l’ex ministro Giuliano Amato (2006-2008) che nel 2007, in via straordinaria, concesse all’Ente Nazionale per i sordi una contribuzione doppia rispetto all’ordinario assegno di 516 mila euro.
È lo stesso Giuliano Amato al quale Monti ha chiesto di redigere un dossier sui tagli alle risorse pubbliche?
Leggi la relazione della Corte dei conti inviata alla presidenza della Camera l'11 dicembre