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giovedì 1 maggio 2014

E' ALLARME LAVORO NON FESTA "NAPOLITANO"

"E' allarme lavoro, non festa" Napolitano 'scuote' il 1 maggio 

Un appello contro la disoccupazione dal Presidente della Repubblica nel messaggio per il primo maggio.
  "Se volessimo dare un nome" a questa giornata del Primo Maggio, "non e' eccessivo parlare di "allarme lavoro". Napolitano ha aperto cosi' il suo intervento al Quirinale.

  "No, non e' eccessivo parlare di 'allarme lavoro': per suscitare il massimo di reazioni in tutti i sensi, non certo per abbandonarsi allo scoramento. Il massimo di reazione - ha detto Napolitano - in termini di riforme e di politiche pubbliche, di impegno delle imprese e delle organizzazioni sociali, di iniziativa dal basso, individuale e di gruppo".
"L'opposto, insomma, della rassegnazione, del fatalismo e anche dell'ordinaria amministrazione della pigra e lenta routine burocratica". "Non tocca a me esprimermi sul merito di orientamenti e provvedimenti e sui punti controversi che presentano", ha detto il capo dello Stato.
  "Il confronto e' fisiologico e il dissenso pienamente libero di esprimersi: ma le scelte conclusive non possono tardare a lungo", ha aggiunto, dopo aver premesso: "come stia reagendo con accresciuto dinamismo e spirito innovativo il governo lo ha detto qui il ministro Poletti". Ai sindacati spetta "un ruolo essenziale e nuovo". Ma a loro spetta anche un ruolo nuovo e sono chiamati, in un quadro grave di crisi aziendali, come l'attuale, "a concorrere alla ricerca di soluzioni solidaristiche, innovative, coraggiose e determinate".
I sindacati "per loro natura - ha detto il Capo dello Stato - hanno storicamente sempre avuto difficolta' a rappresentare, insieme con il lavoratori, i senza lavoro, le istanze degli uni e degli altri. Ma anche salvaguardare posti di lavoro a rischio, oggi implica azioni diverse da quelle tradizionali di difesa condotte dai sindacati". Per raggiungere l'obiettivo della piena occupazione e del progresso sociale servono "anche in Italia ripensamenti non da poco nei nostri sistemi di garanzia del benessere e della protezione sociale", ha aggiunto il presidente della Repubblica. "Anche al fine di evitare che venga messo a rischio quel modello civile che nella seconda meta' del '900 ha fatto dell'Europa un punto di riferimento mondiale", ha osservato ancora. "Per non far regredire l'Italia e l'Europa, per rilanciarne il ruolo e i valori, innanzitutto promuovendo decisamente crescita e occupazione, ricerca e formazione, si impongono riforme razionalizzatrici", Lo concluso il presidente della Repubblica, ed ha spiegato: "dal mercato del lavoro al sistema tributario". E si impongono "politiche severe di impiego trasparente e produttivo del denaro pubblico, incidendo su sprechi, corruzione, privilegi e parassitismi".

RENZI ITALIA DA LACCI INUTILI

Renzi: non facile 'slegare' Italia da lacci inutili in un mese 

"Non e' facile 'slegare' questo paese da lacci inutili e anacronistici. Soprattutto, non si fa in un giorno e nemmeno in un mese. Vorrei anche dire che non si realizza una forte azione modernizzatrice solo 'dall'alto', da palazzo Chigi o dal parlamento: no, serve l'iniziativa di tutti, serve un concorso partecipato di idee". Lo scrive il premier Matteo Renzi in una lettera a 'Europa'. "Il che non vuol dire ripetere il copione del passato, con i tempi lunghissimi della politica tradizionale e delle infinite trattative, ma vuol dire: muoviamoci, muoviamoci come istituzioni, come comunita', come nazione".
  "E dunque, in questo senso, - dice ancora - questo Primo Maggio ci serve per raccoglierci insieme e riflettere su quello che stiamo facendo e su quello che abbiamo intenzione di fare.
  Noi stiamo parlando il linguaggio della concretezza e anche dell'ottimismo. Perche' non dobbiamo assuefarci. L'intervento sulle buste paga per chi ha di meno, la riforma della pubblica amministrazione, le leggi sul mercato del lavoro, la prossima riforma fiscale, il pagamento dei debiti alle pubbliche amministrazioni: tasselli di un mosaico che tende a comporsi con l'obiettivo di ridare fiato all'economia italiana. Non basta, e' chiaro. Ma ripartiamo da quello che c'e', e scrolliamoci di dosso la rassegnazione. Per cambiare, insieme, l'Italia". "Da troppi anni ormai il tema del lavoro viene declinato come il tema del non-lavoro - aggiunge il premier - Nelle case, in famiglia, con gli amici si parla di disoccupazione, non di lavoro, e la verita' e' che ci siamo un po' tutti abituati a questo. Ci siamo assuefatti. Diamo per scontato che ormai e' cosi', che non c'e' niente da fare. Che in Europa, in Italia per forza ci debba essere meno lavoro e che ai giovani non resti fare altro che prendersi un bel biglietto aereo di sola andata e cercare fortuna altrove". "Purtroppo la realta', certo - conclude il presidente del Consiglio - e' quella di una crisi mai vista negli ultimi decenni, una crisi che da noi e' mille volte piu' grave a causa di un sistema-paese che ostacola l'innovazione, la sperimentazione, il coraggio, la fantasia.
  Pensiamo a quanti imprenditori, soprattutto giovani, hanno tante idee e validissimi progetti per far partire imprese nuove e che si trovano di fronte a una serie impressionante di porte chiuse quando chiedono un finanziamento, un'autorizzazione, un bollo, un permesso"

CARIGE NON LASCEREMO NESSUNO SUL LASTRICO

Carige, «Non lasceremo nessuno sul lastrico» 

Genova - Le operazioni di dismissioni che Banca Carige deve realizzare nell’ambito del processo di rafforzamento patrimoniale da 800 milioni non avranno ricadute occupazionali. Lo ha detto il presidente dell’istituto, Giovanni Berneschi, nel corso dell’assemblea dei soci chiamati a deliberare sul bilancio 2012 e, nella parte straordinaria, la delega al Cda fino a fine marzo 2014 per un aumento di capitale fino a 800 milioni di euro.
«La vendita non significa abbandonare tutti, si possono fare vendite avendo garanzie sul personale. Banca Carige farà le cose in modo corretto e serio» ha detto Berneschi, rispondendo ai sindacati preoccupati per le ricadute occupazionali derivanti dalle cessioni degli asset, in primo luogo le due compagnie assicurative “La compagnia Danni” (Carige Assicurazioni) conta circa 300 dipendenti, mentre i lavoratori in “Carige Vita” sono circa 115.
«In questa vicenda colpisce il fatto che circa 450 persone possono essere lasciate sul lastrico, ma non lasceremo nessuno sul lastrico», ribadisce Berneschi. Il presidente ha spiegato le ragioni che hanno portato il gruppo a dovere mettere a punto un piano di rafforzamento patrimoniale incentrato sulle dismissioni, in primo luogo Basilea 3 e l’unione bancaria con la vigilianza della Bce, e si è detto fiducioso sul successo delle operazioni di dismissioni. «Se avessimo fatto solo un aumento di capitale avremmo dato un’altra bastonata alle nostre quotazioni», dice Berneschi spiegando che, con le attuali condizioni di mercato, «avremmo dovuto fare un aumento con uno sconto anche fino al 50%

LA RICHIESTA DI ARRESTO PER L'ON FRANCANTONIO GENOVESE

LA RICHIESTA DI ARRESTO PER L’ON. FRANCANTONIO GENOVESE: NUOVA SEDUTA DELLA GIUNTA. ECCO IL RESOCONTO. IL TERMINE SCADE IL 18 MAGGIO. NUOVE MEMORIE DIFENSIVE. L’INTERVENTO DELL’ON. GRILLO (M5S) 

Domanda di autorizzazione ad eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Francantonio Genovese (doc. IV, n. 6). (Seguito dell’esame e rinvio).
  La Giunta riprende l’esame della richiesta in titolo, rinviato da ultimo il 16 aprile 2014.
  Danilo LEVA, presidente, comunica che, a seguito della deliberazione assunta dalla Giunta nella riunione del 16 aprile scorso, la Presidente della Camera ha concesso la proroga di trenta giorni del termine entro cui la Giunta è tenuta a riferire all’Assemblea. Nella sua lettera viene specificato che si prende atto dell’esigenza di acquisire taluni documenti dall’autorità giudiziaria competente, nonché dell’impegno della Giunta di riprendere l’esame non appena essi siano acquisiti al fine di assumere le relative deliberazioni nei tempi più brevi possibili. Il nuovo termine scade pertanto il 18 maggio.   Nella citata seduta della Giunta del 16 aprile è stata, altresì, approvata la richiesta di acquisire dall’autorità giudiziaria le pronunce relative alle misure cautelari disposte nell’ambito del procedimento penale nonché la documentazione – ulteriore rispetto a quella già presente negli atti trasmessi – concernente la società Training service.   Quanto ai provvedimenti cautelari, il Presidente del tribunale di Messina, che ringrazia a nome della Giunta per la sollecita cooperazione, ha inviato i suddetti atti. Quest’ultimo ha altresì comunicato che la documentazione concernente la società Training service è nella disponibilità della locale procura della Repubblica, alla quale il presidente della Giunta ha immediatamente rivolto la medesima richiesta.
 Antonio LEONE (NCD), relatore, ritiene opportuno offrire ai colleghi una sintetica disamina degli elementi istruttori prodotti dal deputato interessato, ovvero acquisiti dalla Giunta su propria iniziativa nel corso dell’esame della domanda.   Già nella relazione introduttiva aveva fatto cenno ai contenuti della prima memoria difensiva prodotta dal deputato interessato, poi integrata – oltre che in sede di audizione presso la Giunta – da altre note e documenti, in parte richiesti dalla Giunta e in parte da lui spontaneamente prodotti.   Nelle sue memorie difensive, nonché nella sua audizione, Genovese formula argomentazioni a sostegno della sussistenza, nei suoi confronti, di un evidente fumus persecutionis.   Ciò sarebbe desumibile, in primo luogo, dall’abuso di mezzi investigativi, caratterizzato dall’acquisizione e dall’uso indebito delle intercettazioni delle sue conversazioni; inoltre, secondo Genovese, vi sarebbero state distorsioni macroscopiche nell’interpretazione delle norme penali sostanziali applicate, con lo scopo di formulare – in modo artificioso e meramente funzionale all’obiettivo di pervenire a pene edittali più elevate e rendere più plausibile la misura cautelare della custodia in carcere (oltre che aumentarne i termini massimi) – fattispecie di reato più gravi e, segnatamente il peculato in luogo del reato di truffa (in contrasto con il giudicato cautelare interno: Cass. VI sez. pen. n. 5889/2014) e – soprattutto – il riciclaggio.   Ad avviso del deputato Genovese, si assisterebbe inoltre ad un travisamento dei fatti per come ricostruiti nel corso dell’indagine, cui si accompagnerebbe un immotivato rifiuto di approfondire o addirittura acquisire – mediante incidente probatorio – prova su elementi di fatto essenziali per l’integrazione delle figure di reato contestate.   Nelle memorie difensive si palesa anche la possibile manipolazione di alcune fasi processuali, in quanto la contestazione del reato nei suoi confronti sarebbe dovuta eventualmente avvenire in una fase precedente e non quando effettivamente è accaduto, con lo scopo di affievolire la sua posizione difensiva.   Il deputato interessato ha anche richiamato elementi di condizionamento del giudice procedente, testimoniati dalla formulazione di un’istanza di astensione, per gravi ragioni di convenienza, che sarebbe stata rigettata dal Presidente del tribunale di Messina, in quanto essa non avrebbe enunciato in modo completo i rapporti tra alcuni imputati e la moglie ed il cognato del giudice, peraltro emersi ben prima della decisione sulla richiesta di custodia cautelare nei suoi confronti.   Infine, il deputato Genovese denuncia la sistematica fuga di notizie che avrebbe caratterizzato, anticipandone i contenuti, ogni atto giudiziario relativo all’inchiesta, così da sollecitare nell’opinione pubblica la convinzione della colpevolezza degli indagati e rendere doverose le ordinanze di custodia in carcere.   Quanto poi alla sua posizione nell’ambito delle vicende oggetto di indagine, Genovese – nei suoi atti difensivi – ha posto all’attenzione della Giunta alcuni elementi di valutazione, che si riassumono di seguito.   In primo luogo, la limitatissima incidenza che le somme contestate avrebbero in ordine alla sua complessiva posizione patrimoniale, maturata in trenta anni di partecipazioni societarie e attività politica e professionale.   In secondo luogo, il mancato riconoscimento – senza prove ed al solo scopo di configurare una condotta, invero anomala, di riciclaggio – dell’effettivo svolgimento da parte sua di attività professionale fatturata alle società a lui riferibili e dell’attività della sua società Caleservice, erroneamente definita dal giudice come una «cartiera», senza riconoscere il notevole patrimonio – superiore ai 15 milioni di euro – e senza preoccuparsi di acquisirne i bilanci, circostanza che smentisce in radice l’accusa di false fatturazioni e di frode fiscale.   Infine, l’onorevole Genovese ha ribadito con forza, in ogni suo atto difensivo, l’impossibilità di configurare nei suoi confronti l’ipotesi di reiterazione del reato, atteso che gli enti di formazione oggetto di indagine (LUMEN e ARAN) non sono più accreditati presso la Regione Sicilia e hanno già cessato la loro attività. Residua una sola società a lui indirettamente riconducibile – denominata Training Service – che è ancora operativa nel campo della formazione professionale. Al riguardo, la nota difensiva precisa che i relativi progetti formativi sono stati ammessi al finanziamento nell’agosto del 2012, con la previsione di una prosecuzione per gli anni a venire, come poi avvenuto per il 2014 peraltro con un significativo decremento del finanziamento; l’ente ha un unico contratto (di locazione immobiliare) con una sua società e non ha partecipato ad ulteriori bandi, avendo in corso solo ed esclusivamente l’attività formativa riconducibile alla seconda annualità dell’avviso pubblico n. 20 del 2011, destinata ormai ad esaurirsi nei mesi a venire.   Come già ricordato dalla presidenza, nella seduta dello scorso 16 aprile la Giunta ha deliberato di richiedere all’Autorità giudiziaria le pronunce in materia di provvedimenti cautelari adottati nell’ambito dei due tronconi del procedimento riguardante l’onorevole Genovese.   La richiesta di integrazione documentale derivava dal collegamento – posto in evidenza nella stessa ordinanza del GIP oggetto di esame – tra la posizione di Genovese e le esigenze cautelari riferite ad altri indagati tra cui, in particolare, il signor Elio Sauta.   Per quest’ultimo offre la seguente ricostruzione dei provvedimenti cautelari che lo hanno riguardato: il 9 luglio 2013 è stata emessa l’ordinanza che ne disponeva gli arresti domiciliari; l’8 agosto 2013 il collegio per il riesame ha rigettato il ricorso del Sauta, confermando la misura degli arresti domiciliari, in quanto «unica cautela adeguata allo stato a garantire le prospettate necessità di tutela sociale è da ritenersi quella degli arresti domiciliari, la quale, ampiamente proporzionata alla natura, alla gravità ed al numero degli illeciti contestati, vale a prevenire (…) il pericolo di reiterazione di condotte analoghe a quelle oggetto di contestazione»; il 14 ottobre 2013, accogliendo invece l’appello della procura, il collegio per il riesame ha disposto la custodia in carcere in sostituzione degli arresti domiciliari, in quanto «solo la misura della custodia cautelare in carcere è idonea a scongiurare il pericolo di reiterazione di reati della medesima natura (…). Ricorre, inoltre, un serio pericolo di inquinamento probatorio»; risulta che l’esecuzione dell’ordinanza sia stata sospesa, essendo stato proposto ricorso in Cassazione; il 23 dicembre 2013, la II sezione penale del tribunale di Messina ha rigettato l’istanza di revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari in quanto «permangono inalterate le esigenze cautelari poste a fondamento della misura – fronteggiabili unicamente con una misura custodiale»; il 22 gennaio 2014, la II sezione penale del tribunale di Messina, ha invece revocato la misura cautelare degli arresti domiciliari in atto, con la seguente motivazione: «l’apertura del dibattimento e l’avvio dell’istruttoria, con l’esame dei primi testimoni e il conferimento degli incarichi peritali costituiscono elementi che (…) assumono sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento della situazione apprezzata all’inizio del trattamento cautelare, essendo senz’altro idonei a spiegare piena efficacia deterrente su dei soggetti sostanzialmente incensurati ed alla prima esperienza detentiva; (..) pertanto, possono ritenersi del tutto cessate le esigenze preventive sottese al trattamento cautelare».   Da ultimo, il 24 marzo 2014, il Collegio per il riesame accoglieva l’appello dei PM e riformava l’ordinanza del 22 gennaio 2014 nel senso del ripristino della misura degli arresti domiciliari in quanto «l’attuale stato di avanzamento dell’attività istruttoria (…) non vale ad escludere che l’imputato, se lasciato libero di ricompattare il sistema di legami e agganci di cui godeva, possa proseguire nell’attività criminosa, anche avvalendosi del paravento costituito dall’interposizione di soggetti terzi. (…). La misura degli arresti domiciliari vale a costituire un sicuro margine alla ripetizione delle condotte illecite»; decisione non esecutiva fino alla sua definitività.   Per completezza, essendo stata evocata in alcuni passaggi del dibattito in Giunta, offre anche una sintetica ricostruzione dei provvedimenti cautelari adottati nei riguardi della moglie dell’onorevole Genovese, Chiara Schirò: il 9 luglio 2013 è stata emessa l’ordinanza che ne disponeva gli arresti domiciliari; l’8 agosto 2013 il collegio per il riesame ha rigettato la richiesta di riesame della signora Chiara Schirò, confermando la misura degli arresti domiciliari, in quanto «proporzionata alla gravità dei fatti ed idonea ad infrenare il predetto pericolo di reiterazione del reato»; il 23 dicembre 2013, la II sezione penale del tribunale di Messina ha rigettato l’istanza di revoca della misura cautelare in quanto «permangono inalterate le esigenze cautelari poste a fondamento della misura – fronteggiabili unicamente con una misura custodiale»; il 22 gennaio 2014, la II sezione penale del tribunale di Messina, ha invece revocato la misura cautelare degli arresti domiciliari con la seguente motivazione: «l’apertura del dibattimento e l’avvio dell’istruttoria, con l’esame dei primi testimoni e il conferimento degli incarichi peritali costituiscono elementi che (…) assumono sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento della situazione apprezzata all’inizio del trattamento cautelare, essendo senz’altro idonei a spiegare piena efficacia deterrente su dei soggetti sostanzialmente incensurati ed alla prima esperienza detentiva; (…) pertanto, possono ritenersi del tutto cessate le esigenze preventive sottese al trattamento cautelare»; il 3 marzo 2014 il Collegio per il riesame accoglieva parzialmente l’appello dei PM e riformava l’ordinanza del 22 gennaio 2014 disponendo il divieto di dimora a Messina in quanto «possono ritenersi solo affievolite le originarie esigenze cautelari, permanendo, nondimeno, la necessità che l’imputata non operi nel territorio messinese», decisione non esecutiva fino alla sua definitività.   Alla Giunta sono state altresì trasmesse numerose ordinanze concernenti le misure cautelari reali adottate nel corso del procedimento, sui cui contenuti non si sofferma.   Resta ancora pendente la richiesta, avanzata dalla Giunta al tribunale di Messina e, successivamente, alla locale procura della Repubblica, di visionare i documenti eventualmente acquisiti agli atti dall’autorità giudiziaria relativi all’attività dell’ente Training Service.   Si tratta di una richiesta istruttoria chiaramente funzionale a maturare un convincimento sulla fondatezza dell’affermazione recate nell’ordinanza che fonda la misura della custodia cautelare sul presupposto della ragionevole certezza della «reiterazione delle medesime condotte criminose».   Ricorda che l’ordinanza del GIP cita marginalmente le vicende legate a tale ente, essenzialmente allo scopo di sostenerne la riconducibilità a Genovese e ricordando che essa tra il dicembre del 2011 e il novembre del 2012 ha stipulato cinque contratti di locazione ed un contratto di comodato con la Caleservice e nel dicembre 2012 altri contratti con enti ricollegabili all’onorevole Genovese.
 Gianfranco Giovanni CHIARELLI (FI-PdL) ringrazia il relatore per aver fornito alla Giunta una guida alla lettura della nuova documentazione pervenuta, corposa ancorché incompleta. In ragione di ciò, ritiene di dover rinviare lo svolgimento del suo intervento nella discussione ad un momento successivo, non essendo stato nelle condizioni di approfondire i nuovi elementi istruttori a disposizione, pervenuti solo nella giornata di ieri, peraltro in modo parziale.
  Giulia GRILLO (M5S) rileva preliminarmente di intuire dalle parole del collega Chiarelli la volontà di rinviare ulteriormente la conclusione dell’esame già programmata per la seduta di domani.   Osserva che ciascun gruppo politico può avere una propria legittima posizione ideologica in ordine all’utilizzo delle misure restrittive della libertà personale e che questa posizione può influire sulla decisione che ciascun gruppo è chiamato ad assumere in relazione ai casi sottoposti all’esame della Giunta.    Tiene a chiarire, per la sua parte politica, che invece il Movimento 5 Stelle non muove da un presupposto di tipo ideologico. Sebbene, infatti, il gruppo al quale appartiene abbia un atteggiamento critico sulla prassi applicativa di alcune prerogative parlamentari che oggi appaiono solo come dei privilegi della classe politica, comprende tuttavia la ratio ad esse sottesa, che è quella di salvaguardare l’autonomia del parlamentare che potrebbe essere inficiata da azioni persecutorie della magistratura. Ciò giustifica le funzioni della Giunta, che è un organo politico, e non tecnico – come dimostra anche il fatto che non è previsto che i suoi componenti abbiano una specifica competenza nel settore giudiziario – in ordine alla valutazione della sussistenza del fumus persecutionis oggettivo o soggettivo.   Dopo aver esaminato l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP e una parte rilevante della documentazione trasmessa alla Giunta, ritiene di poter concludere che la quantità di elementi probatori enunciati sia dal GIP che dalla procura sia tale da giustificare la richiesta di restrizione della libertà personale nei confronti del deputato Genovese.   Sottolinea inoltre che vi sono elementi attinenti al contesto storico-ambientale nel quale si inquadra la vicenda in esame che a suo avviso fanno cadere la tesi della sussistenza del fumus persecutionis.   Osserva infatti che le indagini sugli enti di formazione in Sicilia non si riferiscono solo al Genovese, perché vi sono altri filoni di indagine che riguardano altri esponenti politici di altre province della regione (Palermo e Catania) che evidenziano come il sistema di gestione degli enti di formazione sia particolarmente fallace e si presti ad una concreta e difficilmente controllabile possibilità di truffe da parte di soggetti esterni. Il sistema di acquisizione del controllo degli enti di formazione, che sono enti no profit, consiste sostanzialmente nell’introdurre all’interno del consigli di amministrazione persone di fiducia dei vari politici di turno; diversi esponenti politici hanno infatti operato in Sicilia in questa direzione, servendosi degli enti di formazione come bacino di voti, secondo un meccanismo collaudato. Ne è prova il fatto che in Sicilia, in relazione alla gestione degli enti di formazione, è stata istituita una Commissione d’inchiesta, cui si fa riferimento anche negli atti processuali trasmessi dall’autorità giudiziaria. Ciò fa comprendere anche come l’inchiesta che riguarda Genovese non costituisca un fatto isolato, ma si inserisca in un’indagine più complessa che si è sviluppata in varie direzioni. A suo giudizio questo è un elemento oggettivo che esclude la possibilità di ravvisare un’azione persecutoria della magistratura nei confronti di Genovese.   Evidenzia poi un ulteriore elemento che, a suo avviso, demolisce la tesi sostenuta dalla difesa di Genovese secondo la quale, venendo meno l’operatività di alcuni enti o di alcune società direttamente o indirettamente riconducibili a Genovese o a suoi sodali, verrebbe meno anche la sua capacità di delinquere, e quindi la sua possibilità di reiterare il reato.   Ritiene infatti che dagli atti emerga l’esistenza di sistemi abbastanza rodati che consentono la reiterazione del reato e che si basano non tanto sulle caratteristiche degli enti, che possono essere ancora attivi o cessati, ma sulla conoscenza dei meccanismi attraverso i quali operano gli enti stessi e dei metodi di aggiudicazione degli appalti. Si tratta di meccanismi che sono rimasti inalterati, posto che la Regione siciliana non ha introdotto criteri diversi rispetto a quelli che c’erano prima delle indagini; è sufficiente quindi avere questo know how per poter reiterare il reato, sia pure con i tempi più lunghi che si rendono necessari nel momento in cui occorre riattivare un ente o utilizzare un’altra società.   Pur riconoscendo che oggettivamente le condizioni per poter reiterare il reato si sono fortemente indebolite – visto che alcuni collaboratori del deputato Genovese non hanno più la possibilità di operare in modo occulto e che, anche se non sono incorsi in misure restrittive della libertà personale, certamente non hanno la libertà di attivare contatti telefonici o intrattenere rapporti – osserva però che rimane in piedi il know how che riguarda sia il deputato Genovese che i suoi collaboratori.   Con riferimento alla Società Caleservice, contesta le affermazioni del deputato Genovese in ordine al fatto che tale società non sarebbe una «cartiera». Dagli atti emerge che questa presunta società di servizi in realtà veniva utilizzata per esigenze personali e familiari di Genovese, come rivelano in modo palese alcune fatture acquisite agli atti. A suo giudizio, pertanto, risulta chiaro che la Caleservice era una società che serviva agli scopi più disparati e che comunque a confondere le tracce su una serie di operazioni, come risulta da una ricostruzione degli inquirenti.   Da ultimo, valuta gravissimo, nonché pretestuoso e strumentale quanto affermato da Genovese in merito al condizionamento del giudice che ha adottato la misura cautelare. Ne costituisce testimonianza la richiesta di astensione dal procedimento che lo stesso giudice ha formulato al momento in cui è venuto a conoscenza, mediante una intercettazione casuale, della situazione del cognato che svolgeva il suo lavoro all’interno dell’assessorato alla formazione. A suo avviso il comportamento del GIP va letto non come una volontà di persecuzione nei confronti dell’onorevole Genovese ma, al contrario, come la volontà di distaccarsi dalla situazione che si era creata. Pur ritenendo di non dover entrare nel merito delle valutazioni del presidente del tribunale, osserva che questi ha ritenuto che tale elemento non fosse così rilevante da distogliere il GIP dalla conduzione del procedimento. Confessa quindi di non capire come Genovese possa rinvenire in tale situazione un indice di una volontà persecutoria nei suoi confronti, tanto più che alla sua vicenda giudiziaria è stato dato poco risalto dagli organi di informazione e che le poche ricostruzioni apparse in articoli di stampa non appaiono orientate a colpevolizzarlo.
 Antonio LEONE (NCD), relatore, richiamando le affermazioni dell’onorevole Grillo desidera precisare che, nella sua funzione di relatore nonché di membro della Giunta, nessun suo comportamento è orientato da pregiudizi ideologici in ordine all’istituto processuale delle misure cautelari. In questa sede l’unica sua preoccupazione è quella di consentire alla Giunta di svolgere la funzione istituzionale di valutare la richiesta dell’autorità giudiziaria al fine di proporne all’Assemblea l’accoglimento ovvero il rigetto.
  Giulia GRILLO (M5S) accoglie con soddisfazione la precisazione del collega Leone, aggiungendo che, a suo avviso, ad escludere radicalmente il fumus persecutionis milita anche un ulteriore argomento. Non si rinviene, infatti, nell’attività parlamentare del deputato Genovese, che peraltro non riveste incarichi istituzionali o di partito, alcuna iniziativa di particolare rilievo tale da costituire plausibile motivo di accanimento giudiziario persecutorio nei suoi confronti.
  Daniele FARINA (SEL) si domanda quale sia la connessione tra l’attività politica del deputato Genovese e la sussistenza o meno del fumus persecutionis.
  Giulia GRILLO (M5S) precisa che il suo ragionamento muoveva dal presupposto fattuale secondo cui anche l’attività politica potrebbe essere motivo, in estrema ipotesi, di individuare un parlamentare come bersaglio da colpire.
  Anna ROSSOMANDO (PD) ritiene che l’odierno dibattito sia stato molto utile, non solo in quanto ha consentito di apprezzare ulteriori elementi istruttori, ma anche per aver messo l’accento sui parametri di valutazione della Giunta.   Certamente parametrare l’eventuale sussistenza di un intento persecutorio all’attività parlamentare svolta dal deputato nella presente legislatura costituisce un argomento scivoloso, sebbene non si possa escludere che l’assunzione di posizioni politiche particolarmente accentuate possa esporre il parlamentare anche a rischi di questo tipo.   Riprendendo inoltre le considerazioni svolte dal relatore e dalla collega Grillo sulla necessità di non assumere posizioni pregiudiziali ed ideologiche, osserva che ciascuna opzione politica è ammissibile nella sede propria. In questo senso è in corso un significativo dibattito nell’ambito della Commissione Giustizia sulla riconfigurazione delle misure cautelari, che tuttavia non deve inficiare in alcun modo le scelte che i membri della Giunta sono tenuti a compiere nell’esame della richiesta che riguarda l’onorevole Genovese.   Rileva che la Giunta non si è sottratta allo svolgimento di un approfondito lavoro istruttorio e che, allo stato, dispone di un’ampia documentazione, che sarà presumibilmente integrata nei prossimi giorni con gli atti provenienti dalla procura di Messina. Si può dire pertanto che la fase della acquisizione documentale è ormai esaurita, fermo restando che i membri della Giunta non possono sottrarsi allo sforzo di un esame approfondito degli atti, come richiesto dalla delicatezza della decisione che sono chiamati ad assumere.   Conclusivamente allo scopo di un ordinato svolgimento dei lavori e della definizione della data in cui approdare alla deliberazione finale, invita la Presidenza a convocare un apposito Ufficio di presidenza già nella parte antimeridiana della giornata di domani. Esprime fin d’ora, a nome del Gruppo democratico, l’impegno a svolgere limitati interventi in dichiarazione di voto, per consentire una tempestiva conclusione dei lavori della Giunta.
  Paola CARINELLI (M5S) ricorda che l’Ufficio di Presidenza si è già tenuto la scorsa settimana e che era stata assunta la decisione di addivenire alla deliberazione finale già nella seduta convocata per la giornata del 30 aprile.
  Daniele FARINA (SEL) dichiara di condividere la proposta sull’ordine dei lavori dell’onorevole Rossomando.
  Antonio LEONE (NCD), relatore, esprime a sua volta condivisione per la proposta della collega Rossomando.
  Giulia GRILLO (M5S) invita la collega Rossomando, affinché rimanga agli atti, ad esplicitare le motivazioni della sua proposta. Se, sul piano metodologico, essa si giustificherebbe in ragione di una volontà di approfondimento degli atti, compresi quelli non ancora a disposizione della Giunta, sul piano del merito non appare chiaro che rilievo possa avere questa integrazione documentale concernente la Training Service.
  Anna ROSSOMANDO (PD) si limita a rilevare che la richiesta di acquisire la suddetta documentazione è stata formalmente deliberata dalla Giunta nella scorsa seduta. Spetta quindi alla Giunta assumere una diversa decisione, qualora si ritenga di soprassedere dalla richiesta o di verificarne l’incompatibilità con l’esigenza di concludere celermente i lavori.
  Danilo LEVA (PD), presidente, preso atto degli orientamenti emersi nel dibattito, dichiara che sarà sua cura informare il presidente La Russa sulle proposte concernenti l’ordine dei lavori della Giunta. Rinvia quindi il seguito ad una successiva seduta, già convocata per domani

RIVELAZIONI DOPO LE EUROPEE IL DILUVIO

RIVELAZIONI: DOPO LE EUROPEE IL DILUVIO 



Mi riferisco esclusivamente all’Italia. Un caso ha voluto che il sottoscritto abbia potuto accedere a “notizie riservate” che riguardano la reale situazione italiana, il rapporto fra il governucolo Renzi e la scadenza elettorale europide, ciò che accadrà al paese dopo questo appuntamento. Non posso e non voglio rivelare la mia fonte d’informazione. Non lo farò mai, neppure se mi arresteranno e mi metteranno sotto tortura. Quel che posso anticipare è che si tratta di “notizie riservate” di larga massima, ma sufficienti per rivelare i contorni di un vero e proprio piano, ordito per l’Italia … anzi, contro il nostro paese. L’attore sub-politico principale, qui, in loco, è il pd. Il pd da considerarsi nel suo complesso, senza distinzioni di corrente, quale forza collaborazionista ed euroserva organizzata. Matteo Renzi non è “colui che cambia le cose”, come alcuni credono, ma è solo l’ultima espressione mediatico-propagandistica del pd. Di tutto il pd. Chi tira i fili sta ovviamente fuori dalla penisola, molto sopra la dimensione nazionale.
Dunque … le informazioni che ho ricevuto provengono dal “ventre della balena”, o meglio, di quella disgustosa balenottera chiamata pd. Nonostante la sostanziale compattezza del partito euroservo, neoliberale e americanista, è evidente che non tutto può filar liscio al suo interno, e che gli odi reciproci, le vendette, le imboscate, le fronde di burocrati scontenti non cessano dietro le quinte. E’ così che si producono le “fughe di notizie”, provenienti da fonti bene informate.
A. Prima informazione, che ci chiarisce con chi e con cosa abbiamo a che fare, a che razza di sub-potere siamo sottoposti. Non c’è alcun dubbio che Il pd opera costantemente, sotto vari mascheramenti di corrente e sotto vari nomi (renziani, bersaniani, lettiani, cuperliani, civatiani), contro il popolo e il paese. Fin dall’inizio ho avuto ben chiaro che l’”operazione Renzi” mal celava una natura squisitamente mediatico-elettoralistica, nonché lo scopo di trattenere consenso, a livello di massa, evitando di scoprire le carte e rinviando tutto a dopo le europee. Infatti, la mia fonte conferma in pieno questo sospetto, che per me era già diventato certezza. La legislatura deve – ripeto, deve – restare in piedi fino a scadenza naturale, cioè fino al 2018, o mal che vada ancora un paio d’anni (seconda metà del 2016, inizi 2017). Questo per consentire di “fare le riforme”, di avviare e di applicare fino alle estreme conseguenze l’arcinoto fiscal compact (per noi, legge del 24 dicembre 2012, n. 243), il mes (meccanismo di stabilità, a tutto favore delle banche dei paesi europei più forti) e il cosiddetto erp (european redemption fund, sulle garanzie per le “eccedenze del debito pubblico”) che è minacciosamente in arrivo. Inoltre, il risultato del pd alle europee non può essere troppo basso, perché si deve mostrare che il consenso popolare alle controriforme neoliberiste e all’eurounionismo c’è. Ecco il perché del successo di Matteo Renzi, almeno fin che dura.
Nella realtà, Renzi non è il frutto di una rivoluzione generazionale e/o riformista, ma il suo esatto contrario. Egli è l’immagine scelta dalla burocrazia politica piddina – che è molto più compatta di ciò che appare, su certe questioni di fondo – per raggiungere due importanti obiettivi, elencati di seguito in ordine temporale. 1) Affrontare la scadenza elettorale di maggio senza troppe perdite, o addirittura con successo. La tenuta del pd, o addirittura una sua vittoria alle europee, allungherebbe la vita alla legislatura. Almeno di quanto basta per … 2) “Fare le riforme” rapidamente, come ordinato dai padroni sopranazionali, ma ovviamente dopo le elezioni di maggio. La verità è che i vari D’Alema, Bindi, Finocchiaro e poi Bersani, Fassino, Veltroni e compagnia bella non sono stati “rottamati”, non sono scomparsi, ma sono sempre presenti, sia pur in posizione defilata. Sono loro, di nascosto, di comune accordo, talora fingendo aperta ostilità nei confronti del sindaco di Firenze, che hanno deciso di lasciare che il “ciclone Renzi” si sfoghi (ciclone, come l’ha chiamato il ciarpame giornalistico). E questo – udite, udite! – nonostante qualche perplessità di Napolitano, che sapeva del gioco fin dall’inizio, un po’ ha resistito, ma poi improvvisamente ha “mollato” Letta. A quel punto, una ventata di novità era di vitale importanza, e così la simulazione della rottura dei ponti con il passato (“l’Italia cambia verso”), in nome del rinnovamento. Tanto il popolino, per come è stato ridotto, ci sarebbe cascato di sicuro.
Da ciò che mi è stato detto appare chiaro che nel pd non vi è mai stata vera lotta fra il vecchio e il nuovo. Solo una trista rappresentazione scenica, a uso e consumo di un elettorato sempre più idiota e manipolabile. Inscenare le primarie con vincitore già deciso e la “comunicazione” renziana amplificata dai media, rientrano pienamente in questo ordine d’idee. La cosa divertente, che mi rivela la mia fonte d’informazione, è che Matteo Renzi, pur non essendo un’anima bella, un illuso o un grullo, ma un figlio di puttana sotto mentite spoglie, non è del tutto consapevole di questo. Cioè di essere un mero prodotto della propaganda, della burocrazia politica piddina, dei media “salva-pd” e affossa-verità. Nonostante si guardi le spalle e nutra in proposito qualche sospetto (si pensi alla spinosa questione del senato e al disegno di legge del “ribelle” Vannino Chiti), Renzi crede veramente di essere il gran capo del partito collaborazionista e di poterlo cambiare a suo piacimento. Sta di fatto, però, che Letta è stato esautorato non tanto dall’esuberante ciarlatano di Firenze, che ha eseguito la sentenza davanti ai media, ma dal suo stesso partito, i cui “dinosauri” restano prudentemente nell’ombra. Questo ci fa capire perché, nonostante Renzi invocasse elezioni politiche per la sua investitura, il suddetto è diventato presidente del consiglio senza elezioni, per volontà dei burocrati del pd. Ciò spiega, altresì, perché i cosiddetti renziani, che fino a ieri erano quattro gatti, oggi sono maggioranza (o quasi). Il bello è che nella realtà non ci sono renziani, bersaniani, lettiani, civatiani, eccetera eccetera, ma solo piddini. Non ci sono stati (e non ci sono) scontri fra “conservatori” e “riformisti”, fra “rivoluzionari” e “reazionari”, se non nella proiezione mediatica esterna, ma vi è sempre unità d’intenti nel servire, fino alle estreme conseguenze, il padrone euroatlantista. Come mi conferma la mia fonte, gli stessi renziani, proliferati in pochi mesi, non sono che mascheramenti per conseguire i due obiettivi prima elencati. I burocrati piddini sanno che possono (e anzi, in certi momenti devono) fingere che ci sia un po’ di maretta nel partito, su temi importanti (legge elettorale, decreto lavoro, riforma del senato) dando la sensazione che il “pluralismo” delle opinioni e la democrazia esistono … e sono nel dna del pd. Dato che il programma politico applicato è unico (deciso nel sopranazionale), lo fanno unicamente per catturare e trattenere il consenso di coloro che, altrimenti, gli volterebbero la schiena disgustati. Ma sanno altrettanto bene che non possono spingersi fino al limite di rottura, proprio perché il confronto interno è una finzione. Così Civati, così Fassina, così tutti i finti oppositori di Renzi.
Ciò che ho rivelato fin qui ad alcuni potrà sembrare ovvio, ma la cosa importante è che mi è stato detto con chiarezza – in via del tutto riservata – da chi conosce bene esponenti del direttivo piddino (e forse della presente o passata segreteria, ma su questo voglio lasciare il dubbio) che con lui parlano e talora privatamente si confidano. Pensate in quale merda un intero popolo, quello italiano, è costretto a sguazzare!  
B. Seconda informazione, riguardante il programma di governo e le “riforme”. Qui viene il bello … e il drammatico per il paese. Gli alti gradi piddini sanno bene che tutto è rimandato a dopo le europee. Una piccola sosta, nella strage sociale, può essere accettata dal padrone o addirittura da lui consigliata, e infatti lo è. Non a caso lo spread sta andando in discesa, con puntate sotto i 160 punti. E’ in discesa “politicamente”, in attesa di ripartire dopo il 25 di maggio, se non si rispetteranno i parametri e i trattati con l’unione. O anche se si rispetteranno a fatica, potrà schizzare ugualmente verso l’alto, perché la posta in gioco delle riforme è altissima. Questo lo pensano i piddini di vertice che si confidano con il mio “informatore” (o “informatrice”, voglio mantenere l’ambiguità). Anzitutto, gli ottanta euro propagandistici, netti e mensili, da erogare ai lavoratori poveri, è certo come la morte che saranno “una tantum”, fino alla fine dell’anno in corso, o poco oltre. Nessun piddino lo ammetterebbe mai in pubblico, ma tutti lo sanno, Renzi e le sue veline compresi. Le coperture in tal caso sono provvisorie e non reggeranno a lungo, soprattutto se dopo le europee si dovranno fare le “riforme”, quelle vere che restano in caldo, quelle richieste dagli euroglobalisti. Nonché rispettare il pareggio di bilancio, alimentare il mes e sottomettersi all’erp dando garanzie per le “eccedenze” del debito oltre il 60% del pil. Ai vertici del pd (direzione, segreteria) sanno che non è nemmeno lontanamente pensabile ricontrattare con successo le regole europoidi, semestre o non semestre italiano di presidenza. Quindi finora hanno mentito sapendo di mentire, come avverte il mio “informatore” (o la mia “informatrice”?). Ed ora i dolori in arrivo per il pubblico impiego. I dipendenti pubblici a rischio saranno – udite, udite! – almeno duecentomila (se non duecento e cinquanta mila), con buona pace per gli ottantacinque mila pensionamenti anticipati 2014 e prepensionamenti annunciati a suo tempo da Madia. Inoltre, l’espulsione dei “vecchi” dal pubblico impiego (non tutti pensionati o prepensionati!), contrariamente a quanto ha cercato di far credere Madia, non libererà posti di lavoro in egual misura per i giovani disoccupati. Neppure lontanamente (e con il blocco del turn over come la mettiamo?). Se questo ancora non bastasse, ci sia avvierà a un blocco praticamente perpetuo delle retribuzioni nel pubblico impiego, che dovranno essere rapidamente compresse (complice lo spread in risalita e la maggior spesa per interessi). Se i dipendenti pubblici sapessero tutto questo, voterebbero alle europee per il pd e per le veline-capolista di Renzi? Sul fronte del lavoro e della contrattualistica nel settore privato, c’è poco da aggiungere a quanto già si sa. Tranne che, mi avverte la mia fonte, il contratto d’ingresso renziano avrà tutele … ben poco crescenti, dando per certa un’ulteriore diffusione della precarietà. Per questo è stato rinviato. Pensionati e precari è certissimo (come la morte, ma purtroppo la loro) che non avranno un emerito cazzo, né il prossimo anno né quello successivo. Nonostante Renzi dica, a poco meno di un mese dalle europee, di voler intervenire a loro favore nel 2015.
Per ora, questo è quanto. E’ tutto ciò che sono riuscito a ricavare dalla mia fonte. Ho cercato di riportarlo al meglio, in modo sintetico ma esaustivo. Se in futuro avrò altre “soffiate”, non mi farò scrupolo alcuno e le pubblicherò su Pauperclass.

IL METEO CONFESSA LA REALTA' DELLE SCIE CHIMICHE

Il Meteo.it Confessa la Realtà delle Scie Chimiche  

"Scie chimiche: ora è ufficiale! Gli U.S.A. hanno confermato l'uso di sostanze chimiche per irrorare i cieli. Uno dei temi più discussi degli ultimi anni forse ha la sua risposta, anzi, probabilmente l'ha già avuta, nel 2011 quando il consigliere scientifico di Obama ha confermato l'impiego di sostanze chimiche come i sali di bario, l'ossido di alluminio, il torio, il quarzo, il potassio ed il magnesio per l'irrorazione dei cieli a favore della geoingegneria e la manipolazione del clima. 
Cosa che lascia sconcertati anche perché gli scienziati fanno passare questa irrorazione come semplici scie di condensa, ma perché queste possano avvenire ci sono delle condizioni ben definite, condizioni che non coincidono con le scie che spesso vediamo nei nostri cieli. Se la cosa fosse vera e ulteriormente confermata, non potremmo stare certo tranquilli dato che l'aria, oltre ad essere già inquinata per conto suo, lo diventerebbe ulteriormente e non solo: anche le colture presenti sul territorio verrebbero avvelenate da queste irrorazioni, colture che noi mangiamo ogni giorno."

Bisogna riconoscerlo: il breve testo apparso sul sito di meteorologia accademica, gestito dai meteorologi Mario e Andrea Giuliacci, ha suscitato sconcerto e disorientamento. Cerchiamo di capire che cosa è successo dietro le quinte. Per comprendere il caso, bisogna premettere che i negazionisti sono i primi ad essere arciconvinti che la geoingegneria clandestina è reale, a sapere che è oltremodo dannosa. I perplessi sono soltanto quei cittadini che sono frastornati da notizie rassicuranti, ma in contraddizione con quanto osservano: i disinformatori li tranquillizzano, ripetendo che quanto devasta il cielo è solo vapore acqueo, ma, bene o male, certe persone notano qualcosa di anomalo. I centri meteo, infatti, avevano previsto una giornata di sole, ma la situazione è molto diversa: una coltre artificiale rende la luce opaca.
Dunque i negazionisti assomigliano a quegli inquisitori che interrogavano e torturavano gli “eretici” in età moderna: gli aguzzini sapevano benissimo che quanto affermato dai “miscredenti” era vero (ad esempio, che i Vangeli predicano una chiesa povera), ma per ragioni di potere e di Realpolitik, bollavano come eterodosse le dottrine delle loro vittime.
Ora, di fronte alla persuasione che la geoingegneria illegale è un fatto indiscusso, gli influencers hanno due opzioni: o tacere, fingendo di ignorare il problema, o asserire il contrario della verità, avvitandosi in una dissonanza cognitiva utile a spiegare le loro reazioni inconsulte e maniacali.
Non possiamo escludere che qualcuno nella redazione del sito Ilmeteo.it non sia più riuscito a frenare un’impellente esigenza di sputare il rospo ed abbia deciso di divulgare alcune informazioni sulle chemtrails, corredandole con un video in cui si menziona John Holdren, consigliere di Barack Obama e strenuo sostenitore della geoingegneria ufficiale.
E’ possibile anche interpretare la pubblicazione del breve articolo in esame come un esperimento di ingegneria sociale (social engineering), cioè si è stabilito di sondare la reazione dell’opinione pubblica di fronte alla diffusione della verità circa l’aerosolterapia. Non solo, l’intento potrebbe essere quello di screditare l’intera questione, rivelando che il video contiene un’incongruenza (le immagini dei contenitori che non si riferiscono ad aerei chimici), un’inesattezza, secondo la disinformazione, in grado di inficiare l’intera denuncia. Si dimostrerebbe così che i lettori, privi di conoscenze scientifiche, hanno creduto ad una colossale fanfaluca, secondo il distorto principio secondo cui se un particolare è errato, sarebbe errato anche tutto il resto. E’ come se l’”Eneide” di Virgilio smettesse di essere un capolavoro, soltanto perché alcuni esametri del poema sono incompleti. E’ un aberrante criterio adottato comunque dagli occultatori.
E’ significativo che la notizia sia stata diffusa nello stesso giorno (il giorno 11…) in cui alcuni telegiornali hanno accennato ad un possibile nesso tra il terremoto in Emilia e la pratica del fracking. E’ come se i registi dell’informazione si fossero chiesti: “Proviamo a lasciare trapelare qualche frammento di verità sulla geoingegneria abusiva ed a proposito dei sismi causati dall’estrazione di gas. Vediamo come reagisce la gente: se si indigna e si adira, allora cambiamo strategia; se, invece, dopo una fugace reazione di sdegno, il popolino torna ad ascoltare le barzellette del grullo fiorentino, allora possiamo continuare allegramente ad inquinare ed a provocare terremoti”.
Intanto i disinformatori sono in subbuglio, spiazzati e persino impauriti: essi, che valgono come il due di coppe, non sanno come arrabattarsi, poiché all’oscuro dei raffinati disegni ideati dal vertice dell’establishment. Così hanno subito preteso ed ottenuto una smentita dalla redazione del portale Ilmeteo.it. La rettifica è arrivata, ma il pezzo in esame, anche se sarà rimosso dal sito di meteorologia, è stato salvato e sarà leggibile altrove a dimostrare che l’universo dei media mainstream è un monolite da cui, però, si può staccare una scheggia o un blocco. La scheggia colpisce i negazionisti a cottimo, il blocco li seppellisce; i ricercatori indipendenti, continuano per la loro strada, senza lasciarsi incantare dagli effetti speciali né farsi fermare da alcuni settori di una magistratura telecomandata.