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lunedì 27 giugno 2016

Come si governa a Verona

Come si governa a Verona 

 

Il sindaco Tosi ha capito fin da giovane che si governa coltivando gli interessi privati, gli unici che procurano subito voti e finanziamenti. Perseguire il bene comune e gli interessi collettivi spesso comporta più difficoltà che vantaggi e paga solo a lungo termine, spesso troppo lungo per goderne i benefici.

Flavio Tosi si mette in mostra la prima volta tra il 1991 e il 1992. Distribuisce, come tanti altri giovani i moduli per il Censimento. Il Comune di Verona ritarda i pagamenti dei compensi ai giovanotti, il nostro organizza un comitatino che sollecita e rivendica, il sindaco Sboarina alla fine paga e Tosi non può che riscuotere il consenso e il plauso che da sempre è dovuto al politico che si da generosamente da fare per il bene dei suoi camerati.
Nei primi anni Novanta a Verona c’era la Lega di Bonato e Ottaviani, di Signorini e Bertaso, di Flego e Comencini. Già allora con una spiccata inclinazione per le epurazioni e le divisioni che (già allora) facevano imbestialire il capo, Umberto Bossi. Flavio Tosi conosce i meccanismi del consenso fin da quando, agli esordi, s’è reso popolare nel suo quartiere – Borgo Venezia – facendo una battaglia per la sanatoria di balconi e verande.
Saltiamo a piè pari le iniziative contro zingari, barboni ed immigrati, come pure quelle a favore di nazi, ultras ed oltranzisti cattolici e veniamo ai nostri giorni con due temi scottanti: la Fondazione Arena e l’Arsenale.
Si era intuita fin dagli inizi l’antipatia di Tosi per i sindacati, a meno che non fossero disposti a chinare il capo al suo cospetto. Già nel 2007 agli impiegati e ai funzionari del Comune e delle Partecipate fu fatto capire in maniera inequivocabile che la nuova parola d’ordine era: “obbedire senza discutere”.
Nella vicenda della Fondazione Arena Tosi non si è mai posto il problema di come risollevare le sorti dell’ente lirico veronese, tant’è vero che a dirigerlo ci ha piazzato senza tanti complimenti un perito agrario.
Per il sindaco il problema era un altro; come scaricare sui dipendenti dell’ente lirico la responsabilità della gestione fallimentare degli ultimi 10 anni, con la perdita progressiva sia dei finanziamenti pubblici sia dei proventi derivanti dalla vendita dei biglietti. Mentre Salisburgo cresceva, Verona crollava. Chiunque abbia assistito recentemente a qualche spettacolo lirico non può che esserne uscito “sconcertato”.
Fuortes promette di salvare capra e cavoli con il suo piano, ma non si intravede nessuna nuova idea su come rilanciare uno dei “motori” principali del turismo veronese.
Sull’Arsenale abbiamo sentito tutto e il contrario di tutto. I giornali di oggi scrivono, dopo 2 anni di scavi per il parcheggio, che sono stati scoperti degli importanti reperti romani e che si dovranno apportare alcune modifiche al progetto. C‘avimmo ‘a fa?
Quello che non è mai stato chiaro e che sopratutto non è mai stato deciso è quale utilizzo si vuol fare dell’Arsenale, una volta finiti i lavori di restauro. Al sindaco Tosi di cosa mettere dentro all’Arsenale interessa poco o nulla. Ancora meno gli interessa decidere quale sarà la nuova sede del Museo di Storia Naturale, attualmente smistata fra palazzo Pompei, Castel San Pietro e l’Arsenale.
A lui interessa firmare il contratto con Italiana Costruzioni, magari col consueto trucchetto dei lavori in due fasi, già sperimentato con il traforo. L’importante è blindare il contratto, che fra un anno ci sono le elezioni e servono tanti soldi.........

 

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