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sabato 4 maggio 2013

OSCE-GOVERNO I CONTI NON TORNANO

Ocse-governo, i conti non tornano 

In un colpo solo l’Ocse smentisce il governo Monti e scrive un gigantesco punto interrogativo sul destino del governo Letta. Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che ieri ha presentato a Roma il suo ultimo rapporto sull’Italia, nei prossimi mesi il nostro Paese navigherà in acque peggiori del previsto: il Pil subirà quest’anno una contrazione dell’1,5%, (solo a novembre le stime parlavano di un -1%), mentre l’anno prossimo dovrebbe tornare positivo di circa mezzo punto.
Il dato più preoccupante è però quello relativo al deficit, che stando ai calcoli dell'Ocse si attesterà al 3,3% del Pil nel 2013 e al 3,8% nel 2014. Altro che pareggio di bilancio. Se queste cifre fossero confermate, Bruxelles non potrebbe chiudere a breve la procedura d’infrazione per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia, poiché il trattato di Maastricht prescrive che il dato non superi il 3%. Il governo Letta dovrebbe quindi varare una nuova manovra finanziaria, come ha confermato ieri il capo economista dell’Ocse, Pier Carlo Padoan. Eppure a Roma sembrano tutti convinti che la questione si risolverà entro la fine del mese.
Secondo il nuovo ministro del Tesoro, Fabrizio Saccomanni, la procedura dell’Unione europea “può essere chiusa nelle prossime settimane, entro fine maggio, al massimo entro i primi di giugno” e questo aprirebbe perfino la strada “a un allentamento di vincoli, come il patto di stabilità interno, liberando fondi per 12 miliardi che darebbero stimolo a investimenti produttivi”.
Insomma, sembra che l’Ocse e Saccomanni parlino di due Paesi diversi. Com’è possibile? Confrontiamo innanzitutto i numeri diffusi ieri dall’organizzazione internazionale con le previsioni pubblicate il mese scorso dall’uscente governo Monti. Secondo l’ultimo Documento di economia e finanza (Def), il deficit italiano peggiorerà quest’anno soltanto fino al 2,9% e nel 2014 scenderà addirittura all’1,8%. Quanto al Pil, i professori ritengono che quest’anno calerà dell’1,3%, per poi salire della stessa percentuale nei successivi 12 mesi.
La differenza è notevole, ma Saccomanni fa notare che le stime Ocse "non tengono conto dell'impatto del decreto per il pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione" sui conti del 2013 e del 2014. Parrebbe di capire che il decreto pagamenti sia quindi in grado di stimolare il Pil al punto da ridurne il rapporto con il deficit. La questione però non è chiara, dal momento che, nella revisione del Def effettuata dopo il varo di quello stesso decreto da 40 miliardi in due anni, le stime del governo Monti sul deficit 2013 non erano state limate al ribasso, ma al rialzo, passando dal 2,4 al 2,9%. Appena un decimo in meno della famigerata soglia invalicabile.
Su questa corda sottilissima e traballante dovrà camminare nei prossimi mesi Enrico Letta. Nel discorso tenuto alla Camera il giorno della fiducia, il neopremier ha espresso l’intenzione di varare una serie di misure, molte delle quali sembrano necessariamente implicare un aumento della spesa pubblica: dal controverso intervento sull’Imu alla soluzione della questione esodati, passando per il rilancio dell’occupazione e il sostegno alle imprese.
Un programma così ambizioso dovrebbe esigere la rinegoziazione dei vincoli di bilancio concordati con l’Europa, operazione auspicata dallo stesso Presidente del Consiglio. Tuttavia, di ritorno dal viaggio europeo che in meno di tre giorni lo ha portato a incontrare i big del continente (la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Françoise Hollande, il numero uno del Consiglio Ue Herman Van Romuy e il leader della Commissione europea José Barroso), il Premier italiano ha confermato l’intenzione di rispettare tutti gli impegni sottoscritti dai governi precedenti.
Anche ammettendo che i conti italiani del 2013 rispondano ai criteri europei senza bisogno di ulteriori interventi correttivi, dunque, non si vede in quale modo l’Esecutivo possa evitare nuove manovre e al contempo avviare il suo grandioso programma di riforme economiche. Da dove prenderemo le risorse senza scatenare l’ira funesta di Bruxelles?
L’interrogativo al momento rimane senza risposta. Ieri Letta ammesso che sta ancora “cercando di capire quali siano i margini di manovra e le possibilità per lavorare”. Speriamo che non arrivi alle stesse conclusioni dell’Ocse.  

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