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domenica 23 settembre 2012

INGIUSTIZIA CHIO FORTI FREEE

 

Un grido dal carcere

Chico Forti - un urlo dal carcere“Aiutatemi! Sono innocente”.
È l’appello lanciato, all’indomani della sentenza che lo ha condannato all’ergastolo, dal produttore televisivo italiano Enrico Forti. Da oltre dodici anni Enrico Forti, detto “Chico”, è rinchiuso in un carcere di massima sicurezza nelle paludi delle Everglades. L’accusa: omicidio di primo grado ai danni di Dale Pike, figlio di un albergatore di Ibiza, Spagna, Anthony John Pike, detto “Tony”.
Ex campione di windsurf ed eccellente documentarista, specializzato nei filmati sugli sport estremi, Chico Forti si trasferisce da Trento in America, in cerca di fortuna, sfruttando la sua intelligenza eclettica ed il suo estro vulcanico. Si stabilisce in Florida, il Sunshine State. Sposa una californiana dalla quale ha tre figli. La famiglia di Enrico Forti risiede a Williams Island, un elegante quartiere di Miami.
A dichiararlo colpevole una bugia, soltanto una bugia, detta nel Paese sbagliato, nel momento sbagliato e alle persone sbagliate. In America, patria delle contraddizioni, la menzogna è un delitto grave. Con la mente annebbiata dalla paura e senza alcuna assistenza legale, Enrico Forti mente alla polizia di Miami sul suo incontro con la vittima. Da quel momento la sua vita viene sconvolta. Entra in una spirale incontrollabile in cui fatti, circostanze, coincidenze, singolarità, generano una picchiata senza fine. Il punto di non ritorno sembrerebbe la condanna al carcere a vita, ma Chico Forti sta ancora precipitando e per lui l’incubo dello schianto non è ancora finito.
Chico Forti - un innocente condannato all'ergastoloÈ un'impresa molto ardua sciogliere il groviglio inestricabile di questa brutta vicenda. Un affair dai risvolti inquietanti, veri e propri coltelli affilati, i cui manici, a quanto pare, sono nelle mani di gente assai potente. Una verità costellata di buchi neri. Come quelli collegati alle piume scure che odorano di morte del piccione trovato accanto al corpo di Gianni Versace o all’affondamento della house-boat in cui si era rifugiato il presunto assassino dello stilista, Andrew Philip Cunanan.
Insondabili baratri di abiezione, dei quali Chico aveva cominciato a scardinare le porte in un suo documentario intitolato “Il sorriso della Medusa”, rendendosi conto dell’esistenza di stanze dai segreti inconfessabili. Qualcosa di grosso, di molto grosso. Misteri che non potranno né dovranno mai essere svelati.
L’America è la terra dove si materializzano i sogni, il posto ideale per chi, come Enrico Forti, di sogni ne aveva non uno, ma un’infinità. Attenzione però, è anche la terra dove Sacco e Vanzetti furono giustiziati nel 1927 e riabilitati formalmente soltanto nel 1977. Una terra bellissima, che Chico, nonostante tutto, continua ad amare. Un’abbagliante peripatetica che si concede al miglior offerente e si fa corrompere anche se è necessario neutralizzare un innocente.
Esuberanza, voglia di fare, sfrenata creatività nei confronti della vita e del mondo si possono forse attribuire a Enrico Forti. Che abbia ucciso Dale Pike questo però nessuno lo può credere. Non solo per un atto di fede, ma per il semplice fatto che non esiste uno straccio di prova, eccetto una costruita ad arte e che poteva essere smontata all’istante se soltanto vi fosse stata la volontà di farlo.
Così come si è volutamente insabbiata la chiave di volta del processo contro Forti data dall’assenza di un movente. Che, per il pubblico ministero, è da individuarsi in un’ipotetica truffa perpetrata dal Forti nei confronti del padre della vittima, Anthony John Pike, proprietario dell’Hotel Pikes ad Ibiza, in Spagna. Un albergo frequentato in passato da star e personalità di caratura internazionale, ma che ultimamente stava attraversando un periodo di crisi.
Secondo l’accusa Forti intendeva strappare “sottocosto” la proprietà a Tony Pike, approfittandosi di un vecchio malato e incapace. “Greed”, “avidità”, dirà il pubblico ministero Reid Rubin al processo. Il figlio di Tony, Dale, avrebbe interferito per impedirne la compravendita e per questo Chico lo avrebbe ucciso.
Per l’imputazione di tentata truffa, circonvenzione d’incapace e appropriazione indebita Forti fu processato e assolto in istruttoria. Dissolti i dubbi il movente decade, non esiste più. Clamoroso e incomprensibile come lo Stato, che esclude la fondatezza del movente, con cieca testardaggine ne faccia la propria arma più tagliente per accusare Chico di omicidio.
Ed è ancora più incomprensibile come in un Paese democratico, un comprimario, se non addirittura regista e attore protagonista di questa terribile farsa, di nome Thomas Heinz Knott, se la cavi per il rotto della cuffia, patteggiando con lo Stato proprio l’accusa di truffa ai danni di Anthony John Pike. E diventando uno dei testi principali contro Enrico Forti.
Knott era un ex imprenditore tedesco, condannato a sei anni di reclusione in Germania proprio per truffa aggravata. Scontò solo circa quattro anni della pena per benefici di legge, e si trasferì negli Stati Uniti tramite un passaporto falso, andando ad abitare proprio a Williams Island. Sospettato all’inizio anche lui dell’assassinio di Dale Pike, non venne però mai chiamato a deporre al processo. Fu liberato ed espulso dagli Stati Uniti nell’immediatezza del rifiuto dell’appello per la revisione del processo di Enrico Forti.
L’unica cosa certa è che l’italiano non ha avuto un giusto processo, quel fair trial o due process di cui gli americani si riempiono tanto la bocca, prospettandolo come garanzia infallibile della giustizia. Difficile individuare l’esatta combinazione per risolvere questo complicatissimo ma non impossibile rompicapo.
“Da cento conigli non si fa un cavallo, da cento sospetti non si fa una prova” recita un proverbio inglese.
Chico Forti - un innocente condannato all'ergastoloAccade a volte che la realtà superi la più fervida delle immaginazioni. È allora che gli incubi escono dalla loro dimensione onirica, trasponendosi nella vita di un uomo per imprigionarla e annullarla per sempre. Si materializzano da una bugia partorita dalla paura, da numeri incomprensibili di un'equazione imperfetta, che ha per risultato un movente inesatto, da microscopici granelli di sabbia scaturiti dal niente, per creare un perfetto incastro dell’ambiguità. La verità scompare e cercarla diviene impresa ardua, ma non impossibile per chi è consapevole che vitam inpendere vero è lo stile di esistenza necessario per contrastare quella anomia diffusa, che permea tutte le società, anche le più evolute.
Questo dossier vuole essere un incontro dialettico fra autore e lettore attraverso un percorso euristico, al fine di dimostrare come il dubbio, se utilizzato senza sofisticazioni, possa ancora risultare un valido strumento della ragione a sostegno della verità. E al tempo stesso, si propone di svelare come l’esercizio del dubbio metodico possa essere gravemente inficiato dalle omissioni. Che, spesso, sommi sacerdoti della persuasione sottile, strumentalizzano come punto di appoggio per le proprie tesi perverse.
L’effetto è quello di far scaturire una volontà unanime fra i membri di una comunità sovrana, chiamata a emettere un verdetto di vita o di morte. Però il consenso può fondarsi su un errore e rivelarsi fatale, poiché la concordanza di opinioni permette di stabilire che cosa è ritenuto vero, ma non di provare che il contenuto affermato, realmente corrisponde alla realtà.
Anche la più inoppugnabile forma di amministrazione del diritto, condotta su basi                 intenzionalmente fuorvianti, rivela pertanto tutta la propria imperfettibilità e la débâcle della giustizia è inevitabile. Resta la speranza di riuscire a trovare un quid risolutivo in un ingranaggio che ha l’effimera consistenza di una tela di ragno. Sempre pronta a catturare gli insetti piccoli, lasciandosi trapassare da quelli grossi, che la bucano e restano liberi. In volo verso gli accecanti e proteiformi riflessi del mondo apparentemente dorato dei ricchi e famosi, dei potenti e intoccabili, che all’esteriorità e alla negazione dell’essere sacrificano, senza dubbio alcuno, la propria umanità.   


L'incredibile storia di Enrico "Chico" Forti

Un innocente condannato all'ergastolo 

Il fatto

L'imprenditore italiano di Trento, Enrico Forti detto “Chico”, dopo un processo durato venticinque giorni, il 15 giugno 2000 è stato ritenuto colpevole di omicidio da una giuria popolare della Dade County di Miami, “per aver personalmente e/o con altra persona o persone allo Stato ancora ignote, agendo come istigatore e in compartecipazione, ciascuno per la propria condotta partecipata, e/o in esecuzione di un comune progetto delittuoso, provocato, dolosamente e preordinatamente, la morte di Dale Pike”.
La sentenza ha lasciato esterrefatti i presenti e quanti avevano seguito il dibattimento processuale, increduli che una giuria abbia potuto emettere “oltre ogni ragionevole dubbio”, un verdetto di colpevolezza basato soltanto su flebili e confuse prove circostanziali.
Successivamente, attente verifiche e valutazioni sulla fondatezza di queste “prove circostanziali”, produssero una tale quantità di dubbi che il sospetto che i fatti siano andati in modo completamente diverso da come sono stati presentati dall'accusa, è divenuto certezza.
Valutando meticolosamente una per tutte le accuse basate su fatti ed antefatti, si scoprì una serie infinita di manomissioni delle “prove circostanziali” da parte dell'accusa, con l'unico scopo di ottenere un verdetto di condanna.                                                      
                                                                    

L'incredibile storia - gli antefatti 

Enrico Forti detto “Chico” nasce a Trento nel 1959 dove vive fino al conseguimento della maturità scientifica nel 1978. In seguito si trasferisce a Bologna per frequentare l'Isef, l'università di educazione fisica.
Fisicamente dotato, si dedica alla pratica di parecchi sport, dedicandosi in particolare al “windsurf” e negli anni '80 ottiene molti successi a livello mondiale.
Negli anni '90 si trasferisce a Miami in Florida, dove intraprende un'attività di film-maker e presentatore televisivo.
In seguito si dedica anche ad intermediazioni immobiliari ed è proprio svolgendo questa attività che conosce un personaggio di nome Anthony Pike, che si presenta come proprietario di un omonimo albergo sull'isola di Ibiza, in Spagna.
Quest'albergo aveva goduto di una certa notorietà negli anni '80, frequentato da parecchi personaggi del jet-set internazionale, ma in seguito ebbe un declino fallimentare.
Alla fine del 1997, Anthony Pike viaggia alla volta di Miami, ospite di un tedesco di nome Thomas Knott, che da qualche tempo soggiornava a Williams Island, in un appartamento sito proprio sotto l'abitazione di Enrico Forti.
I due erano stati “compagnoni” ai tempi dorati dell'albergo di Ibiza, di cui Knott era un assiduo frequentatore.
Solo in seguito, a cose fatte, si scopriranno i veri profili di questi due personaggi.
In primo luogo, Pike in quel periodo si trovava in estreme difficoltà finanziarie.
Knott era un “intrallazzatore” condannato in Germania a sei anni di detenzione per truffe miliardarie, sparito durante un periodo di libertà vigilata e ricomparso a Miami (ospite di altri tedeschi) a Williams Island, dove svolgeva sotto falsi documenti (procuratigli da Pike) un'attività di copertura come “istruttore di tennis”.
In realtà continuava la sua “professione” di truffatore (25 accuse in poco più di sei mesi!) e l'ultima fu proprio quella tentata ai danni di Enrico Forti, convocando Anthony Pike a Miami con l'intento di vendere il citato hotel, sebbene non fosse più di sua proprietà da oltre un anno.
Durante questa trattativa, compare sulla scena Dale Pike, figlio di Anthony, che in passato era stato allontanato dall'albergo di Ibiza per gravi dissapori con il padre e probabilmente anche con Thomas Knott, suo ex compagno di baldorie.
Dale Pike doveva lasciare precipitosamente la Malesia, per motivi non accertati, e ricorse all'aiuto del padre, trovandosi in questo stato di necessità completamente privo di denaro.
Anche Anthony Pike non aveva alcuna disponibilità finanziaria, e chiese l'aiuto di Enrico Forti con il quale era entrato in trattative per la compravendita dell'albergo. Forti fu disponibile e alla fine di gennaio 1998 pagò a Dale Pike il biglietto aereo dalla Malesia alla Spagna.
Quindici giorni più tardi, Anthony Pike telefonò nuovamente ad Enrico Forti, prospettandogli una sua visita a Miami, questa volta in compagnia del figlio Dale.
Il giorno del loro arrivo fu programmato per domenica 15 febbraio 1998.
Convinse nuovamente Enrico Forti ad anticipare il denaro per pagare i biglietti aerei ed anche questa volta Forti acconsentì a pagare i biglietti ad ambedue.
Alcune e-mail di Dale Pike alla fidanzata Vaike Neeme, una “ragazza copertina”. L'ultima è del 14 febbraio 1998 (il giorno prima della partenza per Miami). In questa lettera Dale si dice ansioso di conoscere Chico, “il nuovo proprietario” dell'hotel di suo padre, che è anche un produttore cinematografico. Scrive “di avere con sé un progetto per fare un film e di volerglielo presentare”. Dale si augurava che Forti lo aiutasse a realizzare questo film.
Due giorni prima della partenza, Anthony fece un'ultima telefonata ad Enrico Forti, adducendo problemi personali, spostando il suo appuntamento con lui a New York per il mercoledì successivo 18 febbraio.
Suo figlio Dale invece, avrebbe comunque viaggiato a Miami, da solo, la domenica 15 febbraio ed Anthony chiese a Forti di andarlo a prendere all'aeroporto per ospitarlo a casa sua.
Forti acconsentì, ma dopo il suo incontro con Dale all'aeroporto, quest'ultimo gli chiese di essere portato al parcheggio di un ristorante a Key Biscayne, dove amici di Knott lo stavano attendendo e avrebbe trascorso alcuni giorni con loro, in attesa dell'arrivo del padre.
Forti quindi gli diede un passaggio fino al luogo indicato da Dale e lo lasciò al parcheggio verso le ore 19 di quella domenica.
Il suo contatto con Dale Pike, mai visto né frequentato prima di quel giorno, era durato circa una mezzora.
Il giorno 16 febbraio un surfista ritrovò il cadavere di Dale Pike in un boschetto che limita una spiaggia a poca distanza dal parcheggio dove Enrico Forti lo aveva lasciato.
Era stato “giustiziato” con due colpi di pistola calibro 22 alla nuca, denudato completamente ma con vicino il cartellino verde di cui viene dotato alla dogana chiunque entri negli Stati Uniti.
C'erano anche altri oggetti personali per cui fu semplice l'identificazione.
La morte fu fatta risalire tra le ore 20 e 22 del giorno precedente, poco tempo dopo il suo commiato da Enrico Forti.
Fu provato che Enrico Forti alle ore 20 si trovava all'aeroporto di Fort Lauderdale.
Al processo infatti venne accusato e condannato come “mandante” dell'omicidio.  
             
                                                                          

L'incredibile storia - l'inganno 

Le accuse mosse contro Enrico Forti si basarono tutte sul fatto che in un primo momento egli tacque sulla circostanza dell'arrivo di Dale Pike domenica 15 febbraio 1998 ed omise la verità sul loro incontro all'aeroporto di Miami.
Nei giorni che seguirono i fatti dimostrarono come Enrico Forti non fosse stato affatto preoccupato della sorte di Dale Pike.
Fu soltanto mercoledì 18 a New York, dove si era recato per l'incontro con il padre, che apprese la notizia dell'omicidio.
Saltato l'appuntamento con Anthony Pike e non avendo più sue notizie, Forti tornò immediatamente a Miami ed il giorno seguente, 19 febbraio, si recò spontaneamente al dipartimento di polizia, per rispondere ad una convocazione come persona informata dei fatti.
Fu durante questa convocazione – che si rivelò poi un vero e proprio interrogatorio come maggior indiziato per l'omicidio – che la polizia lo informò falsamente che oltre a Dale, anche il padre Anthony era stato trovato ucciso a New York.
Anthony Pike invece, era vivo e vegeto e sotto protezione della polizia stessa dal giorno precedente.
Terrorizzato dal precipitare degli avvenimenti, Forti negò di aver incontrato Dale Pike.
La sera del 20 febbraio, ormai resosi conto della gravità della situazione, tornò alla polizia per consegnare una serie di documenti relativi al rapporto d'affari con il padre della vittima.  Ingenuamente, si presentò senza l'assistenza di un legale, anche per la garanzia di un ex capo della squadra omicidi da lui conosciuto, che lo aveva assicurato trattarsi solamente di dare alcuni chiarimenti per aiutare le indagini della polizia.
Invece in quell'occasione venne immediatamente arrestato e sottoposto ad un massacrante interrogatorio per 14 ore, durante il quale ammise di aver incontrato Dale Pike il 15 febbraio nelle ore precedenti il suo omicidio e di averlo accompagnato al parcheggio del ristorante Rusty Pelican a Virginia Key.
Questa ammissione fu il risultato di una vera e propria trappola, tesagli per mandarlo in totale confusione, costringendolo a mentire soggiogato dalla paura e dalla disperazione. Una tecnica forse legittima ed ammissibile, secondo il sistema americano, ma ottenuta proditoriamente con l'inganno.  
                                                                           

L'incredibile storia - l'accusa   

Le invenzioni dell'accusa

Nell’immediatezza del primo arresto, Enrico Forti era stato accusato di frode, circonvenzione d’incapace e concorso in omicidio.
La giuria però fu fuorviata ed ingannata nel suo giudizio finale perché non venne mai informata che Enrico Forti in precedenza era già stato completamente assolto dalle accuse di frode e circonvenzione d’incapace.
Liberato su cauzione, nei venti mesi che seguirono, era stato infatti scagionato da tutti i capi d'accusa (otto) che riguardavano la frode.
Scorrettamente invece, la frode fu usata come movente nel processo per omicidio.
Riportiamo la traduzione letterale del testo introduttivo della teoria dello stato sulla quale il PM ha fondato le sue accuse.
   “La teoria dello Stato sul caso era che Enrico Forti avesse fatto uccidere Dale Pike perché Forti sapeva che Dale avrebbe interferito con i piani di Forti per acquisire dal padre demente, in modo fraudolento, il 100% di interesse di un hotel di Ibiza. Dale aveva viaggiato verso Miami dall’isola di Ibiza in modo che Forti avrebbe potuto “mostrargli il denaro” – quattro milioni di dollari richiesti per la transazione – per l’acquisto dell’albergo di suo padre. Forti semplicemente non lo aveva. Invece, Forti incontrò Dale all’aeroporto e lo condusse alla morte”.
    Non c’è una sola parola di verità in queste affermazioni.
        Non è vero che Dale Pike, la vittima, costituiva un ostacolo per i piani di Forti di acquistare l’albergo. Non ne aveva alcun potere.
          Non è vero che il padre, l’albergatore Tony Pike, era un vecchio malato e disabile, incapace di intendere e volere. Tutt’altro. A suo tempo, molte testimonianze lo consideravano un astuto e sveglio uomo d’affari. D’altronde al processo non è stato presentato alcun documento che comprovasse la sua presunta demenza, né da parte di un tribunale, né di una qualsiasi commissione medica.
          Non è vero che Enrico Forti volesse appropriarsi in maniera fraudolenta del 100% dell’hotel. Anzi si è scoperto che l’albergatore tentava di vendere al Forti un hotel che da molto tempo non era più suo. Una truffa vera e propria. Anthony Pike stesso lo aveva ammesso in una deposizione rilasciata a Londra prima del processo, dicendo chiaramente che intendeva rifilare a Chico un “elefante bianco”.
Ma l’accusatore l’ha tenuto nascosto alla giuria.
Non è vero che Dale aveva viaggiato a Miami “per vedere il denaro contante”, quattro-cinque milioni di dollari, che il Forti avrebbe dovuto pagare. L’accordo di compravendita prevedeva il pagamento nell’arco di tempo di sei mesi, parte in contanti, parte in permuta di due appartamenti e parte con l’assunzione dei debiti dell’albergo con le banche. La supervalutazione di quattro-cinque milioni di dollari del valore dell’albergo è una stima del tutto inventata. A tutt’oggi il suo valore reale è meno di un terzo.
Come si vede, alla base di tutte le accuse, viene evidenziato il movente della truffa.
Invece è vero esattamente il contrario. L’albergatore tentava di vendere un albergo che da molto tempo non era più di sua proprietà.
Quindi Enrico Forti era il truffato e non il truffatore ed il movente era completamente inventato ed inesistente.

L'arringa dell'accusa

Giovedì, 15 giugno 2000, mezzogiorno circa.
Il pubblico ministero Reid Rubin ha appena terminato la sua sommatoria, guardando la giuria come se avesse presentato il suo “masterpiece”, un'opera d'arte.
E di un'opera d'arte si è trattato effettivamente, dal momento che è riuscito a costruire e portare avanti un processo senza alcun sostegno probatorio per avallare le sue accuse.
Certo Rubin non ha lasciato nulla all'improvvisazione, visto che ha impiegato ben ventotto mesi per preparare la sua arringa finale.
Un record per i tribunali americani, visto che normalmente qualsiasi processo si è sempre esaurito entro sei mesi dalla sua istruttoria.
Certamente, questo enorme impiego di tempo e di denaro (dello Stato della Florida) deve aver significato molto per la sua carriera o per gli interessi del palazzo, se è riuscito ad ottenere facilmente una serie di rinvii, fino al completamento di questo suo capolavoro.
Indubbiamente, l'artista Reid Rubin ha avuto molti punti di favore per giungere alle sue conclusioni.
Innanzitutto ha avuto l'incredibile vantaggio di pronunciare la sua arringa senza che la difesa potesse replicare, in modo che qualsiasi teoria lui intendesse proporre alla giuria, vera o presunta, basandosi esclusivamente su una fantasiosa ricostruzione dei fatti, non era più contestabile.
Tutto si può dire quando non si corre alcun rischio di essere smentiti!
Ma come è possibile che in un processo dove è in gioco la vita di una persona l'ultima parola competa all'accusa?
Semplice: il rito del processo americano prevede che l'ultima parola spetti di diritto all'accusa quando l'imputato si è avvalso della facoltà di non rispondere oppure non è chiamato al banco dei testimoni.
Ma chi era al corrente di questa regola? Sicuramente non Enrico Forti!
Lo sapeva ovviamente il pubblico ministero, che ha sfruttato questa opportunità puntando tutte le sue “chances” proprio nello spazio finale a lui concesso, approfittando anche del fatto che la giuria deve decidere il suo verdetto basandosi esclusivamente sulla propria memoria del dibattimento.
Logico quindi che nella mente dei giurati rimangano impresse più le ultime parole dell'accusa che non quelle della difesa.
A maggior ragione questo si verifica quando l'oratore è particolarmente bravo e non c'è dubbio che Reid Rubin lo sia.
Ma la responsabilità più grave della faccenda ricade sugli avvocati della difesa: anche loro conoscevano questa regola. E allora è normale chiedersi: ma perché concedere questo enorme vantaggio all'accusa e non si è provveduto ad evitare questa trappola per tempo?
Disarmante la spiegazione data dai legali nel consigliare Enrico Forti di non presentarsi alla sbarra: “Tu hai detto una bugia, quindi sei esposto al massacro di immagine che l'accusatore può dare di te ai giurati. Quindi meglio non rischiare. Inoltre, non essendoci prove, nessuna giuria al mondo potrà emettere un verdetto di colpevolezza nei tuoi confronti!”.
Naturalmente, anche l'accusatore se ne è guardato bene dal chiamare Enrico Forti alla sbarra! Il suo disegno accusatorio era proprio fondato su questa possibilità: avere l'ultima parola per convincere una giuria che, come succede nella maggioranza dei casi, può anche essere stata non molto attenta durante il dibattimento.
Tardivamente, durante l'arringa del pubblico ministero, la difesa ha sollevato un'infinità di obiezioni, molte rifiutate, alcune accettate, ma con uguale effetto.
Il giudice, in quasi tutte le occasioni, ha invitato gli avvocati a sollevarle in appello, quell'appello che poi sarebbe stato sistematicamente rifiutato.  
                                                                

L'incredibile storia - il verdetto 

Dopo la conclusione dell'arringa dell'accusa, la giuria popolare si è ritirata nella camera di consiglio.
Giovedì 15 giugno 2000, ore 16 circa. Solo poche ore sono bastate ai giurati per emettere un verdetto di colpevolezza.
Incredibile ed incomprensibile la decisione della Corte nel suo pronunciamento della abnorme pena inflitta, che riportiamo nella traduzione letterale:
“La Corte non ha le prove che lei sig. Forti abbia premuto materialmente il grilletto, ma ho la sensazione, al di là di ogni dubbio, che lei sia stato l'istigatore del delitto. I suoi complici non sono stati trovati ma lo saranno un giorno e seguiranno il suo destino. Portate quest'uomo al penitenziario di Stato. Lo condanno all'ergastolo senza condizionale”!
La morte civile inflitta ad Enrico Forti in definitiva si basa solamente su una “sensazione”!
In seguito, nonostante si fosse in grado di dimostrare ampiamente che Enrico Forti era rimasto vittima di un clamoroso errore giudiziario, cinque appelli posti per la revisione del processo sono stati tutti rifiutati sistematicamente dalle varie Corti, senza motivazione né opinione. 
                                                             

L'incredibile storia - i diritti negati

... e le regole violate  

Ad Enrico Forti è stato negato il diritto allo Speed Trial (processo veloce entro 20 giorni dall’arresto) per avvenuta scadenza dei termini di legge (6 mesi) dalla prima accusa all’arresto (20 mesi).
Il diritto allo Speed Trial gli è stato negato perché applicata la Regola Williams, cioè l’esistenza di una diretta connessione tra l’ottenimento di un illecito guadagno (truffa) e la consumazione dell’omicidio.
Questa regola avrebbe dovuto essere revocata perché Enrico Forti era già stato assolto dall’accusa di frode in un precedente processo.
La deposizione rilasciata da Enrico Forti come testimone, durante la quale ha detto la bugia sul suo incontro con Dale Pike, avrebbe dovuto essere annullata perché coperta dai Diritti Miranda che prevedono l’assistenza di un legale durante qualsiasi deposizione rilasciata da una persona ufficialmente accusata di un crimine.
Questi diritti gli furono negati anche se al momento di questa deposizione, era già il principale indiziato per l’omicidio.
L’accusatore ha anche scorrettamente ignorato un accordo pre-processuale tra le parti, detto in limine, secondo il quale la truffa non avrebbe dovuto essere usata come movente La giuria così fu intenzionalmente fuorviata nel suo giudizio finale.
In questo modo si è violata anche la regola Double Jeopardy secondo la quale, se un imputato è già stato assolto da un’accusa in un precedente processo, la stessa accusa non può essere usata in un altro processo.
Ad Enrico Forti furono negati anche i diritti previsti dalla Convenzione di Vienna. I Paesi firmatari di questa convenzione, garantiscono l’immediata assistenza legale in caso di arresto di un loro cittadino in uno Stato diverso dal proprio. E’ prevista anche l’automatica simultanea comunicazione alle autorità consolari locali del cittadino stesso.
Il Consolato Italiano venne a conoscenza del primo arresto di Enrico Forti casualmente dai giornali nove giorni dopo. Alla protesta ufficiale che ne seguì, la polizia inviò una lettera di scuse per “l’involontaria” omissione. 
                                                                  
                                                          

La doppia storia - Prima fase

Illustriamo la fisionomia dei personaggi e delle situazioni della PRIMA FASE della vicenda.
1) ENRICO FORTI. Ex campione sportivo, nel 1992 si trasferisce a Miami in Florida, dove svolge un'attività di produttore cinematografico, presentatore televisivo ed agente immobiliare. Si sposa con un'americana e ha tre figli. Vive a Williams Island.
2) ANTHONY PIKE. Avventuriero inglese che trascorre molti anni in Australia occupandosi delle più svariate attività. Negli anni '80 si trasferisce in Spagna, ad Ibiza, dove costruisce un piccolo hotel all'interno dell'isola. Porta con sé uno dei suoi figli, Dale. L'albergo ha un notevole successo grazie alle iniziative di Tony che organizza molte feste ed attrae l'attenzione e la frequentazione di noti personaggi del jet-set internazionale.
           
3) THOMAS KNOTT. Faccendiere tedesco che riesce a guadagnare enormi quantità di denaro attraverso operazioni truffaldine in Germania. Frequenta l'hotel Pike's, dove si reca spesso con un aereo privato in compagnia di un altro tedesco, Siegfried Axtmann, spendendo enormi somme di denaro tra donne, champagne e quant'altro. Diventa molto amico di Tony e Dale Pike. Axtmann è titolare di una compagnia aerea di nome FAI rent-a-jet di Norimberga, stessa città di Thomas Knott.
           
4) DALE PIKE. E' impiegato presso l'albergo del padre e cura le public-relations dell'hotel. All'inizio degli anni '90 viene cacciato dal padre per uno sgarbo gravissimo commesso nei suoi confronti. Si trasferisce in Malesia dove svolge delle attività non ben definite. Padre e figlio non si parleranno per anni, fino alla fine del '96.
           
5) Nel 1993 Tony Pike contrae l'Aids. In quel periodo comincia un inesorabile declino delle fortune dell'hotel. In quello stesso anno Thomas Knott viene arrestato in Germania e condannato a sei anni di reclusione per truffe milionarie. Durante il periodo di detenzione Tony Pike si reca a visitarlo alcune volte in carcere, a riprova della grande amicizia che lo legava al tedesco.
           
6) Alla fine del 1996 Knott viene rilasciato e messo in regime di libertà vigilata per il periodo restante della pena. Nella primavera del 1997 sparisce dalla Germania e si trasferisce negli Stati Uniti, Florida, Miami, Williams Island. E' ospitato dall'amico Siegfried Axtmann, residente anche lui a Williams Island. I falsi documenti per l'espatrio vengono procurati da Tony Pike.
           
7) Sempre alla fine del '96, Tony Pike viene contattato dal figlio Dale che lo invita in Malesia chiedendogli soccorso per risolvere grossi problemi economici. Tony intraprende il viaggio per visitare il figlio, ma quando arriva la sua malattia si aggrava notevolmente. Dale provvede a trasferire il padre dalla Malesia a Sidney, in Australia, dove vive il fratello Bradley. Qui i due figli fanno ricoverare il padre in fin di vita presso un ospedale per malati terminali e si fanno rilasciare una procura per la gestione delle sue proprietà. Tony Pike viene salvato dall'intervento dell'allora moglie Vera, che riesce a trasferirlo in Spagna, dove viene curato e si riprende miracolosamente. Comunque, dopo quella vicenda i rapporti tra i figli ed il padre peggiorano ulteriormente.
           
8) A Williams Island Thomas Knott svolge un'attività di copertura come insegnante di tennis. Abita in un mini appartamento amministrato da Axtmann, assieme ad altri amici tedeschi appartenenti al clan di Axtmann stesso. Il monolocale è sito proprio sotto l'appartamento dove abitano Chico Forti e la sua famiglia. In breve tempo il tedesco riesce a conquistare l'amicizia di Chico.
           
9) Il 15 luglio del 1997 viene ucciso lo stilista Gianni Versace a Miami Beach. Il 23 luglio viene localizzato il presunto assassino di Versace, tale Andrew Cunanan, su una casa galleggiante sita su un canale lungo Collins Avenue, sempre a Miami Beach. La polizia, dopo ore di assedio, irrompe nella casa e trova Cunanan che si era “suicidato” (questa è la versione ufficiale). Thomas Knott dice a Chico Forti di conoscere il proprietario della casa galleggiante che, guarda caso, è rappresentato ancora una volta da Siegfried Axtmann. Knott si propone come intermediario per l'acquisto dei diritti per usare la casa a scopo di inchieste giornalistiche. Firmato un accordo in questo senso, Knott aiuta Chico Forti a realizzare un film/inchiesta sulla vicenda Cunanan/Versace (trasmesso in Italia ed in Francia, intitolato “Il Sorriso della Medusa”).
           
10) A metà settembre 1997 Chico si reca in un negozio di articoli sportivi per l'acquisto di attrezzature. Knott lo segue e tratta l'acquisto di armi per uso sportivo (una pistola calibro 22, un fucile ed un lanciapiattelli da barca) che intesta a proprio nome. Essendo però sprovvisto di denaro convince Chico Forti a pagare l'acquisto di queste armi con la sua carta di credito insieme alle altre attrezzature.
           
11) Alla fine di novembre 1997, Knott invita Anthony Pike a Miami, ospitando anche lui nel mini appartamento. Durante il suo soggiorno, Pike trova l'occasione per conoscere Chico Forti e, con la complicità di Knott, prospetta all'italiano la possibilità di acquistare l'hotel Pike's di Ibiza. Nasconde però che dall'inizio dell'anno l'hotel non è più di sua proprietà.
           
12) Chico Forti non sospetta minimamente l'imbroglio e, a fine dicembre, si reca ad Ibiza per visionare l'hotel. A metà gennaio 1998 vi ritorna e firma un accordo di acquisto presso un notaio del luogo. Chico esige l'esclusione di Knott dalla trattativa, dopo essere venuto a conoscenza dei suoi precedenti penali.
           
13) Alla fine di gennaio Tony Pike telefona a Chico dicendogli di avere un figlio, di nome Dale, che risiedeva in Malesia. Dale si trovava nei guai e doveva lasciare precipitosamente il Paese, ma non aveva il denaro per pagarsi il biglietto aereo per il rientro in Spagna. Poiché anche Anthony Pike non aveva alcuna disponibilità di denaro, chiede a Chico Forti di provvedere al pagamento del biglietto ottenendo quanto richiesto.
           
14) Ai primi di febbraio altra telefonata di Tony Pike a Chico Forti. Questa volta prospetta un viaggio a Miami insieme al figlio Dale, che desiderava conoscerlo. Il volo Madrid/Miami viene programmato per la domenica 15 febbraio ed ancora una volta i biglietti aerei per entrambi vengono pagati da Chico. Il giorno precedente la partenza Tony Pike cambia programma. Telefona a Chico dicendogli che il figlio Dale la domenica sarebbe arrivato da solo. Tony invece avrebbe viaggiato a New York il mercoledì successivo, dando appuntamento a Forti in quella città per un incontro d'affari. Nel frattempo invitava Chico Forti ad andare a prendere suo figlio Dale all'aeroporto e ad ospitarlo in attesa del suo arrivo. Quella mattina Knott si presenta all'appartamento di Chico dicendogli di essere al corrente dell'arrivo di Dale, proponendo di recarsi lui stesso a prenderlo all'aeroporto. Chico è sorpreso dell'informazione in possesso di Knott e rifiuta la proposta.
15) Nei giorni precedenti la sua partenza per Miami, Dale Pike ha scritto alcune e-mail alla fidanzata Vaike Neeme. L’ultima è del 14 febbraio 1998, giorno antecedente il suo viaggio per Miami. In questa e-mail Dale si dice ansioso di conoscere Chico Forti “il nuovo socio dell’hotel di suo padre” e anche noto produttore cinematografico. Scrive “di avere con sé il progetto per fare un film e di volerglielo presentare”. Dice anche di contare sull’aiuto di Chico Forti per poterlo realizzare. Non fa alcun riferimento alla compravendita dell’hotel.
16) Domenica 15 febbraio Chico Forti si reca all'aeroporto di Miami per incontrare Dale Pike. Quando arriva, con notevole ritardo, Dale comunica a Chico che non sarebbe stato suo ospite e lo prega di accompagnarlo presso un ristorante di Virginia Key dove aveva appuntamento con amici di Thomas Knott. Chico acconsente e gli dà un passaggio fino al parcheggio di quel ristorante, dove c'è un uomo che lo attende su una Lexus bianca. Dale saluta Chico e gli dà appuntamento per il giovedì successivo, giorno dell'arrivo del padre a Miami. Chico Forti non lo vedrà più. Dale Pike verrà ucciso quella sera stessa e il suo corpo verrà ritrovato su una spiaggia a qualche miglio di distanza dal parcheggio la sera del giorno seguente.
           
17) La sera di domenica 15 febbraio 1998, in concomitanza con l'omicidio di Dale Pike, Thomas Knott aveva organizzato un party a casa sua e tra gli ospiti c'erano Siegfried Axtmann e gli altri tedeschi del suo clan, compreso l'avvocato Keith Marshall. Questa riunione ha costituito l'alibi del tedesco.
           
18) Chico Forti apprende dell'omicidio di Dale Pike il mercoledì successivo 18 febbraio a New York, dove si era recato per l'appuntamento con Tony Pike. Ritornato a Miami senza aver incontrato l'albergatore, tenta di rintracciarlo ma inutilmente. Chiede l'intervento di Gary Schiaffo, un ex poliziotto di sua conoscenza. Il giorno successivo, giovedì 19 febbraio, si reca al dipartimento di polizia, convocato come persona informata dei fatti. Gli inquirenti gli comunicano falsamente che anche Tony Pike era stato ucciso.
           
19) Terrorizzato da questa situazione, Chico Forti mente alla polizia negando di aver incontrato Dale Pike. L'interrogatorio viene registrato senza essere coperto dai Diritti Miranda, benché fosse già il maggiore indiziato per il delitto.
           
20) Venerdì 19 febbraio Chico Forti ritorna volontariamente al dipartimento per portare i documenti relativi alla compravendita dell'hotel e per spiegare i suoi rapporti con Tony Pike. Ritratta la versione del giorno precedente, dicendo di aver incontrato Dale Pike e di avergli dato un passaggio dall'aeroporto a Virginia Key e di non sapere cosa fosse successo. In base a questa bugia viene però arrestato con la duplice accusa di frode e concorso in omicidio. Gli viene negata l'assistenza di un avvocato. Il mattino seguente, dopo 14 ore di interrogatorio, intravede l'albergatore Anthony Pike nella stanza vicina e capisce di essere caduto in una trappola.
           
DOMANDA: Alla luce di questi fatti, per quale misteriosa ragione Chico Forti avrebbe dovuto pianificare la morte di Dale Pike?            
                                                                
      

La doppia storia - seconda fase

La SECONDA FASE della vicenda inizia dal ritrovamento del cadavere di Dale Pike e si sviluppa nella ricostruzione dei fatti eseguita dal p.m. Reid Rubin, della procura di Miami, al quale erano state assegnate le indagini del caso.
In questa seconda parte della vicenda entrano altri personaggi e situazioni che portano inevitabilmente ad un collegamento dell'imputato Chico Forti con il caso Versace/Cunanan.
Questi i fatti che si sono potuti accertare.
1) SIEGFRIED AXTMANN. Apparentemente la sua figura sembra non avere molta importanza, ma entra in quasi tutte le situazioni che riguardano Thomas Knott. Risiede a Williams Island. Va e viene dalla Germania e svolge un'attività di amministratore o prestanome per conto di altri faccendieri tedeschi, in particolare Reineck Thorsten e Matthias Ruhel. E' amico di vecchia data di Thomas Knott con cui ha condiviso gli “anni grassi” della sua disponibilità finanziaria. Conosceva perfettamente Tony e Dale Pike per aver frequentato l'hotel Pikes's ad Ibiza insieme a Knott. Era titolare di una compagnia di jet privati a Norimberga ed è molto probabile che Knott usufruisse dei suoi aerei per i propri trasferimenti. Ovviamente Axtmann conosceva le vicissitudini ed i precedenti penali di Thomas Knott e quest'ultimo non si è certamente trasferito a Miami a caso, ma aveva un recapito preciso a Williams Island presso di lui. E' presumibile che Knott si sia potuto introdurre nell'ambiente esclusivo dell'isola soltanto grazie alla protezione di Axtmann. E' sempre Siegfried Axtmann, tramite Knott, a mettere in contatto Chico Forti con un altro tedesco, Matthias Ruehl, che figurava come ultimo intestatario della house-boat dove era stato localizzato Andrew Cunanan, il presunto assassino di Gianni Versace.
           
2) REINECK THORSTEN. Sparito dalla Germania dove era ricercato per frode ed evasione fiscale (37 capi d'accusa), si stabilisce negli Stati Uniti. A Las Vegas gestisce un club gay (“Apollo Spa and Gay Center”) spesso frequentato da Andrew Cunanan (presunto assassino di Gianni Versace) durante la sua latitanza. E' anche proprietario della casa galleggiante di Miami Beach dove Cunanan si era “rifugiato” e successivamente “suicidato”. Dopo questo fatto però lascia precipitosamente gli Stati Uniti e ritorna in Germania nonostante sapesse di essere ricercato e dove infatti viene arrestato. Prima di partire Reineck trasferisce la proprietà della house-boat a Matthias Ruehl per un valore simbolico di $100. Negli Stati Uniti Reineck Thorsten si presentava anche come ambasciatore dello Stato di Sealand, una piattaforma sita nel mare del nord il cui proprietario l'aveva assurta a Principato. L'ambasciata di Sealand rilasciava anche dei documenti di identità e passaporti ritenuti falsi. Thorsten Reineck e Andrew Cunanan erano provvisti di questi passaporti.
           
3) GARY SCHIAFFO. Durante una visita alla casa galleggiante, Chico Forti un giorno trovò “casualmente” ad aspettarlo il capo della squadra investigativa di Miami, Gary Schiaffo, che aveva condotto le indagini sul caso Cunanan per conto del dipartimento criminale di Miami. Schiaffo, dimissionario dalla squadra investigativa per raggiunta età pensionabile, si offrì di procurare a Chico dei documenti riguardanti Cunanan, naturalmente dietro congruo compenso. Tra questi documenti un referto medico che testimoniava come la morte di Cunanan fosse avvenuta almeno 48 ore prima del paventato suicidio, come dichiarato dalla polizia. Schiaffo rilasciò anche delle pesanti affermazioni riportate nel filmato/inchiesta “Il Sorriso della Medusa”. Il poliziotto avrebbe dovuto anche procurare alcune fotografie del volto intatto di Cunanan, ma questo non avvenne e l'accordo con Chico Forti in parte saltò. Schiaffo per questo ebbe motivi di rancore nei confronti dell'italiano e al processo divenne uno dei principali testi dell'accusa. Dopo le dimissioni dalla polizia, Schiaffo lavorò presso il dipartimento criminale di Miami, alle dipendenze di Reid Rubin, incaricato delle indagini sull'omicidio di Dale Pike. Enrico Forti si rivolse proprio a Schiaffo per avere notizie sull'assassinio di Dale e sulla temporanea sparizione del padre Anthony, e si presentò alla polizia senza l'assistenza di un avvocato, proprio come suggeritogli da Gary.
           
4) REID RUBIN. Le indagini per l'omicidio di Dale Pike vennero affidate al prosecutor Reid Rubin. Il p.m. venne informato da Schiaffo sulla persona di Chico Forti e fu messo al corrente dell'inchiesta da lui realizzata sul caso Versace/Cunanan dove venivano messe in dubbio le dichiarazioni della polizia di Miami e dove l'attacco alla casa galleggiante era considerato una clamorosa messinscena. Le indagini preliminari furono affidate ai detective Catherine Carter e Confessor Gonzales che, guarda caso, facevano parte della squadra investigativa di Schiaffo. In seguito, la conduzione del processo ad Enrico Forti fu affidata alla giudice Victoria Platzer, anche lei membro della squadra di Schiaffo prima di essere nominata giudice.
           
5) IRA LOEWY. Avvocato dello studio legale incaricato della difesa di Enrico Forti. A Loewy venne contestata un'assoluta inefficienza nella difesa di Chico tale da far sospettare una collusione con l'accusa. Inoltre, al tempo dell'istruttoria del processo ad Enrico Forti, Loewy lavorava in un altro caso, come sostituto procuratore aggiunto presso il dipartimento criminale, in un ufficio adiacente a quello dell'accusatore Reid Rubin. Questo costituiva un chiaro conflitto d'interessi diretto, richiamato anche dalla giudice del processo in una specifica udienza. Benché Loewy avesse assunto l'impegno di informare il suo assistito Enrico Forti della situazione, non ottemperò mai a questo obbligo. Scoperta casualmente tre anni più tardi questa illegale procedura, Loewy presentò, per giustificarsi, la fotocopia di un documento di autorizzazione a procedere firmata da Enrico Forti. Di questo documento non si è mai trovato l'originale, non è mai stato allegato agli atti del processo, la firma in calce non è di Enrico Forti e quindi non si è mai voluto o potuto verificarne l'autenticità. Ira Loewy, prima di professare l'avvocatura privatamente, lavora per sei anni presso la procura di Miami. Reid Rubin era quindi suo collega ed amico.
           
6) La responsabilità più grave di Ira Loewy è quella di aver concesso l'ultima parola all'accusa nella fase finale del processo. Una singolare regola dei processi americani prevede che l'arringa dell'accusa (senza possibilità di replica da parte della difesa) determini la conclusione del dibattimento nel caso in cui l'imputato non venga chiamato a deporre durante il processo. Loewy non fece deporre Chico Forti, concedendo questo enorme vantaggio all'accusa. Reid Rubin ebbe la possibilità di esporre alla giuria una sequenza di prove circostanziali senza alcun sostegno probatorio. La giuria può fare affidamento soltanto alla propria memoria relativamente alle situazioni prospettate durante il processo, per cui al momento del ritiro in camera di consiglio pesano in modo determinante le ultime cose ascoltate. La mancanza di replica non potrà mai far rilevare ai giurati le accuse fossero veritiere oppure (come provato in seguito) infondate e inventate.
           
7) In definitiva il processo è stato basato tutto sulla menzogna estorta a Chico Forti il primo giorno del suo contatto con gli inquirenti della polizia di Miami, non tenendo nemmeno in considerazione che lui disse la verità immediatamente il giorno successivo. Non è stata prodotta alcuna altra prova oggettiva che collegasse Chico Forti all'omicidio. Niente testimoni, nessuna impronta, niente arma del delitto, DNA negativo. Anche il movente era inesistente perché impostato sulla truffa, accusa dalla quale era già stato assolto in istruttoria. Ciononostante la giudice Platzer ha convalidato il verdetto di colpevolezza, applicando il massimo della pena possibile: ergastolo senza condizionale. Gli appelli promossi per controvertire questa sentenza sono stati tutti rifiutati senza motivazione.
8) THOMAS KNOTT. Dopo la conferma della condanna di Enrico Forti (12 agosto 2002), il 27 settembre dello stesso anno Knott fu liberato e rimandato in Germania nonostante in Florida avesse dovuto scontare una pesante condanna detentiva per truffa aggravata. Non è mai stato possibile conoscere l’accordo raggiunto tra il tedesco e lo Stato della Florida per ottenere l’immunity.  Attualmente svolge un’attività di marketing director per conto di un’azienda tedesca denominata “Millennium International” e si occupa di vendite in time share di barche e case di lusso. Thomas Knott ha recapiti telefonici ed indirizzi e-mail in Germania, Spagna, Croazia e Dubai.
9) ANTHONY PIKE. Dopo i fatti di Miami l’albergatore continua a gestire l’albergo Pike's come se il contratto di vendita firmato presso il notaio German Pena non fosse mai stato sottoscritto. Il Notaio afferma invece, che il contratto è ancora valido e la proprietà spagnola dell’albergo è ancora intestata ad Enrico Forti, poiché nessun tribunale ha mai emesso un decreto di annullamento della transazione. Anthony Pike non si è mai costituito parte civile contro Enrico Forti, passo necessario per annullare il passaggio di proprietà. Nel 2005 ha organizzato un lussuoso evento per festeggiare il venticinquesimo anno di fondazione dell’hotel, girando anche un video divulgato su internet.
DOMANDA: Perché, nonostante l'assoluta mancanza di prove certe, la procura di Miami si è accanita tanto contro Enrico Forti fino a farlo condannare all'ergastolo senza condizionale? 

Considerazioni di Tito Giovannini

Al ritorno dalla visita in carcere a Chico


Trento, 15 settembre 2009
La settimana scorsa sono stato a Miami a trovare Chico. Non era la prima volta, c’ero già stato nel maggio 2004, e – a 5 anni di distanza – non è cambiato nemmeno un po’. I capelli li aveva già persi tutti, rughe in più nemmeno l’ombra e - per l’occasione della mia visita - il giorno prima si era rasato con cura faccia e testa. Infatti il primo giorno aveva la capoccia perfettamente lucida, mentre nei giorni successivi controluce si notava che quei quattro peli che ha ancora sulla zucca crescevano prepotentemente. Fisicamente è molto in forma, mi ha detto che - nonostante la cancellazione della palestra che coordinava lui fino a qualche tempo fa - riesce a fare un po’ di ginnastica quasi tutti i giorni.
Ma soprattutto non ha perso minimamente la grinta e la forza che ha sempre avuto, la testa è sempre quella! Una memoria impressionante, abbiamo di nuovo ripercorso i tempi in cui ci siamo frequentati di più a Trento, gli anni del liceo (74/79) e gli anni dell’inizio della sua carriera di windsurfista, fino a perderci un po’ di vista mentre lui girava il mondo con le tavole, per poi ritrovarci già “grandi”, tutti e due verso i 30 anni (Chico, che è del ’59, ha un anno più di me). Ogni episodio vissuto insieme tornava fuori nei dettagli, ricordando luoghi, persone e situazioni divertenti e soprattutto ripeteva “ per fortuna ho vissuto così intensamente i miei primi 40 anni, altrimenti adesso non avremmo molto da ricordare!”
Appena atterrato a Miami nel pomeriggio di giovedì, ricevo la splendida notizia che avrei potuto visitare Chico per tre volte. Nella richiesta di visita che avevo inoltrato alcune settimane fa al supervisore di Chico ( questa è la procedura ) avevo richiesto Sabato e Domenica, ma dato che il lunedì era festivo mi è stato concesso anche il terzo giorno.
Così sabato mattina verso le 8 mi presento all’ingresso del carcere, già affollato di famigliari in attesa, compilo e consegno il solito modulo e mi preparo ad attendere. Fila tutto liscio, tra perquisizione e vari passaggi di prassi, nel giro di 40 minuti sono all’interno dell’area visite ad aspettare Chico. Poco dopo comunicano a tutti i visitatori in attesa che vi sarà ritardo a causa di un conteggio a sorpresa dei detenuti (succede spesso). Verso le 9 e mezza i primi detenuti che ricevono visite cominciano ad uscire dalla porta che divide l’area visite con il resto della struttura dove ovviamente gli esterni non hanno accesso. Tutti gli occhi di famigliari e amici sono puntati su quella porta e quando esce Chico mi cerca con lo sguardo e mi spalanca il suo sorriso a 32 denti che non vedevo da 5 anni!
Le 5 ore successive sono un ininterrotto fiume di parole intervallate da brevi bocconi di una squisita specialità preparata dal grande chef Enrico Chico Forti da Trento, a base di insalata, cotoletta di pollo impanata con sottiletta riscaldataa 3mila gradi Fahrenheit al microonde e spezzettata con forchetta di plastica che si scioglieva al contatto con la carne, tonno, condimenti e salsine varie, tutti ingredienti freschissimi prelevati direttamente dallo spaccio dell’area visitatori! Il tutto innaffiato da succo d’arancia, acqua minerale e V8, un intruglio multivitaminico che solo Chico riesce a bere!!
Ogni tanto riesco ad interrompere il suo parlare senza sosta, almeno mentre trangugia il suo cibo, e riesco ad aggiornarlo su Trento, gli amici, il Comitato e mille altre cose e persone di cui mi chiede; è veramente incredibile la sua memoria, sembra di rivivere in diretta certi momenti di 30 e più anni fa.
Domenica mattina alle 8 siamo in due davanti al carcere che aspettiamo di “essere ricevuti” da Chico: c’è anche il grande Roberto Fodde, che tutti gli amici di Chico su Facebook conoscono. Lui è un abituè, viene a trovare Chico quasi tutte le domeniche, lo sente al telefono almeno una volta la giorno, ed ho il sospetto che lo faccia per il cibo squisito che Chico prepara…
Oggi si fa spesa grande, siamo in tre a tavola, e c’è pure la macedonia e il dolce, barrette di cioccolato e caramello. Mentre Chico con la solita maestria condisce l’insalata chiede a Roberto e a me di metterci in fila ai microonde e si raccomanda di controllare la cottura del pollo…
E poi di nuovo un torrente inarrestabile di parole, non smettiamo un attimo di parlare, in tre è più facile, si riesce anche a gustare la pietanza.
Lunedì torno da solo, Roberto lavora. Il problema che ci si presenta subito è la mancanza dell’insalata allo spaccio, ma Chico decide che va bene uguale, visto che ho gradito la sua arte gastronomica nei giorni scorsi non si scompone e per il terzo giorno consecutivo mi rifila la solita sbobba…
Chico è un grande, ha un’intelligenza, una forza d’animo, un coraggio, una determinazione e prima di tutto un cuore enormi e si merita l’affetto e il sostegno di tutti quanti.
Tito Giovannini 

Appello degli amici


Una storia assurda!
Una storia assurda! Chico Forti, ex campione di windsurf, produttore di cortometraggi, era a Miami all'epoca dell'omicidio dello stilista Versace e del suicidio di Cunanan; pensò di realizzare un filmato sulla morte di Cunanan avvalendosi della collaborazione di un investigatore della polizia di Miami. Dopo tre mesi della realizzazione de "Il sorriso della medusa" (vedi su youtube) fu ucciso, con la stessa modalità di Versace, l'australiano Dale Pike; questo era figlio di un albergatore con cui Chico era in affari ed era giunto a Miami, suo ospite, per fare una vacanza. Chico fu interrogato per rispondere dell'omicidio Pike senza l'assistenza di un legale e senza informare l'ambasciata italiana (in violazione della convenzione di Vienna), l'investigatore Gonzales gli stracciò la foto dei figli asserendo che non li avrebbe rivisti mai più: una sentenza già scritta prima che venisse firmata dal giudice! Diversi test (DNA e macchina della verità) provarono l'estraneità di Chico all'omicidio ma l'accusa suppose che fosse il mandante ma senza esibire alcuna prova ed essere supportata da un movente attendibile, solo sospetti! Provate a leggere i links pubblicati nel gruppo Facebook, capirete tutti i risvolti del caso e come può la giustizia statunitense essere spietata contro chi esprime una personale e critica opinione. Nella sua città natale hanno costituito una fondazione per finanziare le ingenti spese legali, ma dopo dieci anni lui e' sempre rinchiuso lì; sono stati presentati sei appelli che sono stati rifiutati senza motivazione, né opinione.
Nel mese di marzo 2009 il sen. Giacomo Santini ha presentato al Senato l'ennesima interrogazione parlamentare ed ha informato il ministro degli esteri Frattini segnalando un caso che ha più il sapore di vendetta da parte del giudice che si e' occupato del caso Versace-Cunanan, piuttosto che un clamoroso errore giudiziario. Chico ha perso tutto quello che aveva: suo padre morì di crepacuore nel 2001 dopo un anno dal suo arresto, sua moglie lo ha lasciato perdendo le speranze di rivederlo libero, lui non ha più rivisto i suoi tre figli, i suoi parenti hanno devoluto tutti i beni per pagare le salatissime parcelle dei legali, senza il minimo risultato. Al processo sono state manipolate le testimonianze, costruite ad arte “prove circostanziali”, e fuorviata la giuria con false dichiarazioni. Per favore AIUTIAMO CHICO ad ottenere la revisione del processo presso la Corte Federale per poter dimostrare la sua innocenza!!!

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Lettera aperta alle Autorità Italiane

SINTESI DELL'INCONTRO  AL MINISTERO DEGLI ESTERI

Grazie all'interessamento del sen. Marco Perduca, che ha promosso l'incontro, mercoledì 30 maggio 2012 la famiglia di Enrico “Chico” Forti, rappresentata dagli zii Gianni e Wilma, è stata ricevuta al Ministero degli Esteri dal Ministro Plenipotenziario Francesco Saverio Nisio, Direttore Centrale per i Servizi agli Italiani all’Estero.
La famiglia era accompagnata dal giudice prof. Ferdinando Imposimato (avvocato italiano di Chico Forti) e dalla dott.ssa Roberta Bruzzone, redattrice di un report dove si evidenziano tutte le gravi anomalie che hanno impedito a Enrico Forti di dimostrare la sua innocenza e privato del suo diritto ad avere un giusto processo negli Usa.
Il sen. Perduca ha introdotto le motivazioni dell'incontro, spiegando le ragioni che hanno indotto la famiglia di Enrico Forti a chiedere l'aiuto delle istituzioni diplomatiche italiane competenti dopo un lunghissimo e inutile percorso legale in Florida, che ha visto irrimediabilmente precluso ogni tentativo di ottenere la revisione del processo, al termine del quale Chico è stato condannato all'ergastolo senza sconti.
Il prof. Imposimato ha fatto un'ampia disamina del caso facendo rilevare tutte le procedure sbagliate, i vizi procedurali e le evidenti violazioni del patto internazionale sui diritti civili e politici relativi al caso di Chico, prima, durante e dopo il processo.
La dott.ssa Bruzzone ha ampiamente sviscerato la questione, illustrando i punti controversi del caso, le prove indiziarie e circostanziali inesistenti, oltre alle nuove prove a discarico emerse dallo studio degli atti del processo, contenute in modo preciso e circostanziato nel suo report che si intendeva presentare ufficialmente.
Il Ministro Nisio, dopo aver ascoltato molto attentamente tutte le ragioni esposte, ha detto gentilmente, ma molto chiaramente, che il Ministero degli Esteri è tecnicamente impossibilitato ad intervenire presso le autorità politiche americane perché la procedura diplomatica non lo prevede.
Il Ministro ha affermato che l'unica via da seguire è quella di incaricare nuovamente uno studio legale americano e inoltrare una istanza di riapertura del processo per la revisione dello stesso. Solo durante questa nuova e ulteriore azione forense, il Ministero potrà affiancare all'iniziativa il supporto del Consolato Italiano di Miami.
Questa, ha sottolineato il Ministro, è l'unica strada percorribile e non ci sono alternative.
Gianni Forti ha fatto notare che nei dodici anni ormai trascorsi dalla pronuncia del verdetto di condanna, sono stati fatti tutti i tentativi legali possibili per cercare di ottenere la revisione del processo, ma che le petizioni in appello sono state rifiutate senza motivazione e senza discussione.
La dott.ssa Bruzzone ha ribadito che la ricerca effettuata e riportata nella sua relazione è iniziata dopo che la Corte Federale americana, ultimo grado di giudizio consultato, ha rifiutato di prendere in considerazione il caso per scadenza dei termini. Un lavoro che ha comportato un notevole impiego di tempo ed energie, con l'unico obiettivo di dimostrare alle autorità italiane che un suo cittadino non ha avuto un giusto processo all'estero.
Il Ministro Nisio ha ribadito che purtroppo il report non ha alcun valore tecnico a livello istituzionale e che quindi non può essere protocollato dal Ministero. Pur comprendendo e condividendo tutte le ragioni in esso contenute, un'azione diplomatica basata sullo stesso non avrebbe alcuna possibilità di successo oltre che essere considerata un'interferenza negli affari interni di un altro Paese.
Pertanto l'unica possibilità rimane solo quella di riprendere dall'inizio il percorso forense.
Gianni Forti, ringraziando il Ministro Nisio per la sua disponibilità e attenzione, ha ricordato che la famiglia non è più in grado di affrontare le esorbitanti spese legali che questo tipo di iter prevede, oltretutto senza alcuna garanzia di poter arrivare alla Corte Suprema non essendo in possesso di una motivazione scritta del rifiuto della revisione.
Inoltre ha fatto presente che i tempi per intraprendere questa nuova iniziativa legale sarebbero inevitabilmente lunghissimi, traducendosi in altri anni di angosciosa attesa non più sopportabile sia psicologicamente che fisicamente da Enrico Forti.
La famiglia poneva molte speranze su questo incontro ormai atteso da anni, anche perché il precedente Ministro degli Esteri Franco Frattini, aveva scritto chiaramente sul suo “Diario Quotidiano” quanto segue: “L'unica possibilità che abbiamo  - e che suggerisco anche a voi amici e supporter di Chico Forti – è quella di verificare se sussistano nuovi elementi a discarico non emersi e non considerati nella fase del giudizio, elementi che potranno riaprire il caso, valutare nuove prove ed accertare la sua responsabilità o meno. Un Ministro degli Esteri non deve smettere mai di dare speranze a un suo connazionale, e io ho anche la certezza e la prova che la Farnesina e la sua rete non hanno mai smesso di seguire e lavorare per la causa di Chico” (6 ottobre 2011).
Il report della dott.ssa Bruzzone ha seguito esattamente il suggerimento del Ministro Frattini.
“Ora Lei, dott. Nisio – ha detto Gianni Forti – ci dice che le cose non stanno così. Che il rapporto preparato non può essere protocollato dal Ministero perché non ha alcun valore diplomatico. Che bisogna intraprendere una nuova azione legale e solo in quella fase il Ministero può fornire il suo apporto. Forse non abbiamo compreso perfettamente il suggerimento del Ministro Frattini oppure le cose sono cambiate nel frattempo”.
In pratica il Ministro Nisio ha detto che la famiglia deve provvedere ancora autonomamente al prosieguo della causa presso le istituzioni americane, avvalendosi nuovamente di legali americani, nonostante le cocenti delusioni finora patite, correndo quindi il rischio di ritrovarci di nuovo al punto di partenza.
Gianni Forti ha ringraziato ancora una volta il Ministro Nisio promettendo di seguire nel limite del possibile i suoi suggerimenti, anche se la famiglia non vede come può farcela da sola. Sperando, ovviamente, che quando si arriverà (e se si arriverà) al “dunque”, un altro Ministro, che certamente sarà subentrato nel frattempo data la lunghezza dei tempi, non ci dica che bisogna agire in una maniera ancora diversa perché nel frattempo la procedura è cambiata.
La famiglia, forse ingenuamente, si aspettava un risultato un po' diverso da questo incontro nel quale aveva riposto tante speranze, se non altro per mantenere viva la piccola fiammella di speranza che farebbe sopravvivere Chico Forti in attesa del giorno in cui gli verrà concessa la possibilità di dimostrare la sua innocenza.

IL NON SERVIZIO PER GLI ITALIANIA ALL'ESTERO | LETTERA APERTA GIUGNO 2012

Istituzionalmente in Italia c'è un ufficio tecnico per ogni problema dei cittadini. Anzi pare che ci siano più uffici che problemi, anche se il vero problema è quello di arrivare all'ufficio che dovrebbe aiutarti a risolverlo.
Naturalmente c'è anche l'ufficio che si occupa degli italiani all'estero, che opera all'interno del Ministero degli Esteri.
Il problema che si vorrebbe portare all'attenzione del direttore di questo ufficio è grosso: si tratta di perorare la causa di un italiano ingiustamente recluso negli Stati Uniti, condannato a rimanere in carcere per tutta la vita nonostante si possa dimostrare la sua innocenza se solo se ne avesse la possibilità.
E' imprigionato ormai da dodici anni e tutte le petizioni di appello per la revisione del processo sono state respinte sena motivazione. La giustizia americana ha chiuso definitivamente il caso e non ha la minima intenzione di riaprirlo.
Grazie all'interessamento di un amico senatore, la famiglia riesce ad arrivare al cospetto del direttore del Dipartimento Servizi agli Italiani all'Estero, accompagnata dai legali italiani del recluso.
L'ufficio è ordinato, moderatamente lussuoso, l'ospite squisito, il segretario efficiente, Lui ascolta attentamente, prende nota mentalmente, assicura che il suo ufficio porrà la massima attenzione al problema.
Sul tavolo ci sono i documenti che comprovano l'ingiusto processo e l'ingiusta condanna dell'italiano.
Il direttore si dichiara personalmente molto dispiaciuto, ma purtroppo il suo Dipartimento non può intervenire nella questione perché diplomaticamente sarebbe considerata un'interferenza negli affari di un altro Paese.
Ogni protesta sarebbe inevitabilmente rimandata al mittente con disprezzo.
Bisogna ritornare negli Stati Uniti e rivolgersi ad uno studio legale abilitato che inoltri un'altra istanza di revisione. Il nuovo iter può comportare altri anni di angosciosa attesa e comportare spese enormi non più sopportabili dalla famiglia.
La situazione è chiara, le difficoltà sono gigantesche ma non c'è alternativa, questa è l'unica strada da seguire. Il Ministero seguirà con attenzione il nuovo percorso forense, ma il suo apporto potrà essere solo esterno. Non può essere coinvolto direttamente.
I documenti restano sul tavolo. L'impressione della famiglia e dei legali è quella di aver sbagliato ufficio. Forse non è il “Servizio italiani all'Estero”.
Come fai a capire se sei di fronte a un ufficio reale o di rappresentanza?
Quello dell'ufficio di rappresentanza non lascia nessuna traccia concreta dell'incontro. Non ti dà un appuntamento per approfondire e sviscerare il problema, non ti dà neanche il cellulare del segretario efficiente, non ti indica se ci sono altre persone precise a cui rivolgerti.
Perché si agisce così?
Semplicemene perché si segue la regola aurea del politico, molto partecipe ai casi di risonanza mondiale, tipo il sequestro dei “marò” in India, ma dimentica quelli che possono creare soltanto grane burocratiche fastidiose. Anche se si tratta di un caso umanitario.
Lo schermo diplomatico è una buona scusa per rendersi irreperibili, a meno che non ci sia un ritorno mediatico.
Alla faccia del Servizio agli Italiani all'Estero!

Per un intervento dello Stato in difesa di Enrico "Chico" Forti


Chi è Chico Forti? Chico Forti è un nostro connazionale che da 12 anni si trova in carcere a Miami condannato all’ergastolo, accusato di un omicidio che non ha commesso. È stato condannato in base a un processo che non può chiamarsi tale, in quanto si è trattato di un processo indiziario (senza prove!) e basato su un movente dal quale lo stesso Forti era stato assolto mesi prima da un altro tribunale.
Senza voler rifare qui il processo, il particolare è importante, poiché proprio l'apparente assenza di movente, unito anche al fatto che la stessa accusa riconosce che Forti non può aver ucciso materialmente, in qualsiasi Stato moderno ove vigono principi di civiltà giuridica, si impone un accertamento ancora più rigoroso delle prove a carico dell'accusato.
Questo accertamento pare invece essersi limitato alla bugia detta dal Forti nell'immediatezza della sua convocazione avanti gli organi di Polizia giudiziaria nel negare di aver conosciuto e incontrato il soggetto poi deceduto e ritrovato morto il giorno dopo detto incontro.
Se, a mente fredda, la circostanza della bugia può apparire strana o non giustificare del tutto il comportamento del Forti (non è questo il luogo per cercare di spiegare in base a quale pressione psicologica e quale particolare situazione si sia trovato il Forti presso la stazione di Polizia giudiziaria in cui è stato interrogato), certo è che, sulla base di solo detto elemento, in qualsiasi altro Paese moderno il processo non sarebbe probabilmente arrivato nemmeno alla fase dibattimentale.
Altra anomalia del processo è che risulta un conflitto di interessi, giuridicamente sanzionato dallo Stato della Florida, secondo cui il legale di Forti aveva contemporaneamente assunto l'incarico di Pubblico Ministero in altro processo, rappresentando dunque lo Stato della Florida. Ciò non è possibile, a meno che l'assistito non dia esplicito assenso scritto al difensore. Il legale sostiene che detto assenso scritto ci fu, ma l'originale di detta scrittura non risulta sia mai stato esibito in processo.
Un'ulteriore, ancor più grave, anomalia è quella secondo cui Forti, da quasi dodici anni (la condanna all'ergastolo è stata sanzionata ormai nel 2000), impegnato in plurimi tentativi di appello, rifacimento del processo e quant'altro, gli è stata sempre negata la possibilità di dimostrare la sua innocenza addirittura senza obbligo di motivazione.
In tutti gli Stati moderni, e senza dover scomodare la Dichiarazione universale dei Diritti dell'Uomo, l'imputato ha diritto, se non a tre, ad almeno due gradi di giudizio. Non solo, ma ha altresì diritto a che il diniego sia giudicato da un giudice superiore in grado del precedente (così traducendosi il diniego finora dato con una sostanziale conferma della condanna di primo grado) e risulti motivato in fatto ed in diritto, non potendo lasciare al semplice arbitrio di chi amministra la giustizia potersi limitare ad un semplice no al rifacimento del processo o al riesame dello stesso, non specificando i motivi per cui le osservazioni, i ragionamenti e le argomentazioni portate dalla difesa dell'imputato siano state non solo ritenute infondate, ma (si sospetta) addirittura nemmeno esaminate.
Inoltre, ad Enrico Forti furono anche negati i diritti previsti dalla Convenzione di Vienna. Infatti i Paesi firmatari di questa convenzione garantiscono l'immediata assistenza legale in caso di arresto di un loro cittadino in uno Stato diverso dal proprio. E' prevista anche l'automatica e simultanea comunicazione alle Autorità Consolari del cittadino stesso.
Il Consolato Italiano, invece, venne a conoscenza del fatto, in modo casuale, soltanto nove giorni dopo il primo arresto di Chico Forti.
Queste sono, succintamente, le maggiori anomalie che ci fanno ritenere, nel caso di Chico Forti, essere stato lo stesso privato dei principi fondamentali di difesa e di civiltà giuridica, specialmente in uno Stato facente parte di una Federazione quale quella degli Stati Uniti ove l'individuo è posto al centro della comunità e ove le sue libertà inviolabili (almeno a parole) dovrebbero essere fortemente tutelate.
Non appare fuori di luogo ricordare il famoso principio di cui tanto si riempiono la bocca le Corti americane del non poter condannare alcuno senza prima aver fugato "ogni ragionevole dubbio" sulla propria innocenza o estraneità ai fatti.
Ogni grado di giudizio superiore e’ stato negato a Forti e cosa molto importante senza nessuna spiegazione, in modo tale che senza questa giustificazione non si possa chiedere nessun appello!
Chico Forti non chiede pietà, non chiede nessuna grazia, chiede solo che possa essere giudicato sulla base dei fatti, sulla base di prove, in poche parole vuole solo avere un processo giusto.
Inutile dire che Chico Forti in questi 12 anni ha perso tutto, la famiglia, i suoi tre amati figli, tutti i suoi averi per pagare le ingenti spese di avvocati.
Soprattutto , però, Chico Forti ha perso la sua libertà, ha perso la sua vita in base a un processo che viene ritenuto totalmente irregolare.Per tutto questo noi amici di Chico e membri del gruppo a sostegno di Chico su Facebook (ormai molte decine di migliaia), chiediamo allo Stato italiano che, dopo dodici anni di totale indifferenza, inoltri un forte intervento presso la Casa Bianca, affinchè questo nostro connazionale possa venire giudicato con tutto il rispetto della legge.Per concludere, la richiesta della revisione del processo di Chico Forti è basata su un’ampia documentazione probatoria che può dimostrare la sua totale innocenza. Siamo fiduciosi che lo Stato italiano appoggi, come dovrebbe e come avrebbe dovuto fare in questi dieci anni, la causa di questo suo “figlio”, e diciamo figlio non a caso, dato che ogni nostro connazionale dovrebbe essere difeso come tale dallo Stato italiano. Si dimostri all’Italia intera che un cittadino italiano può contare sull’appoggio del proprio Stato quando rimane vittima di una grave ingiustizia all’estero. 



Aderisci all'iniziativa

Ecco come aiutare Chico Forti!

E' sempre cosa gradita per un detenuto ricevere della posta.
Potete scrivere all'indirizzo:
Mr. Enrico Forti
DC 199115 A2 122L
DADE CORRECTIONAL INSTITUTION
19000 S.W. 377th Street
FLORIDA CITY, FLORIDA 33034-6409
U.S.A.
Oppure via e-mail all'indirizzo  forzachico@gmail.com


Venerdì, 14 Settembre 2012 20:56

Cosa penso del Caso Chico Forti

Cosa penso del Caso Chico Forti www.chicoforti.com
23 agosto 2012

23 agosto 1927 Il Massachusetts uccide Sacco e Vanzetti

Se Enrico "Chico" Forti fosse stato condannato a morte tutto sarebbe più semplice: daremmo per scontata la sua colpevolezza e cercheremmo di salvargli la pelle. Ma Forti non ha una sentenza capitale e proclama la sua innocenza da uno dei supermax dell'American Gulag (1) dove sta scontando l'ergastolo senza possibilità di rilascio anticipato (LWOP) (2).

Le sue proteste d'innocenza non si trovano a cozzare solo contro la "mission impossible" di convincere una corte americana, ma anche contro il prudente scetticismo di chi, come noi abolizionisti, non ha l'abitudine di prendere per buona qualsiasi dichiarazione innocentista (3) e, per quanto ne sappiamo, l'unica cosa inusuale del processo Forti è stata la sua notevole lunghezza.

Malauguratamente del caso giudiziario e dei dodici anni di appelli sappiamo solo quel poco che raccontano gli amici di Forti. Non sappiamo nulla delle udienze preliminari, non abbiamo il verbale del processo, gli opening statements e le istruzioni date alla giuria, non possediamo i writs of certiorari dei sei tentativi d'appello, non conosciamo il punto di vista dell'Accusa e nemmeno quello del tanto vituperato collegio di difesa. Inoltre i media italiani hanno, con poche eccezioni, sposato acriticamente le lacunose tesi della famiglia Forti. Tuttavia, grazie ai documenti e alle interviste reperibili su Internet, è possibile farsi un'idea, per quanto approssimativa, dei fatti. Senza mettere in dubbio la buona fede degli amici di Forti faccio notare alcuni dei punti che non mi convincono.

PRIMA DEL PROCESSO

I guai di Chico Forti deriverebbero da un'unica bugia. Spaventato dalla polizia avrebbe negato di conoscere la vittima Dale Pike. Secondo l'Accusa invece questa è stata solo una di una lunga serie di menzogne del Forti che ha lavato la macchina per fare sparire le tracce, fabbricato falsi documenti notarili per costituirsi un alibi, raccontato balle, eccetera. Proprio la produzione di documenti falsificati avrebbe definitivamente inguaiato Forti cui sarebbe stata revocata la libertà su cauzione. Questo spiegherebbe perché CF è arrivato alle udienze nella divisa arancione dei carcerati e ammanettato mani e piedi.

La difesa lamenta che a CF non sono stati letti i diritti, come previsto dalle Regole Miranda, e che la polizia ha mentito per metterlo in difficoltà: ma non c'è bisogno di essere un giurista per sapere che la polizia organizza trabocchetti, come fa quella italiana, e che i Miranda Warnings sono letti al sospettato solo quando diventa accusato e ha le manette ai polsi: basta guardare un telefilm del Tenente Colombo.

Si fa anche notare che la polizia non ha avvisato il consolato italiano. Non lo fanno mai e CF non è uno sprovveduto immigrato guatemalteco (dicono conosca cinque lingue) e ha avuto tutto il tempo di avvisare amici, legali e autorità diplomatiche, mentre per Angel Breard e Joseph Stanley Faulder, che sono finiti al patibolo, l'avvocato del consolato avrebbe avuto un'importanza decisiva.

La polizia è accusata di avere incastrato CF per punirlo di un suo cortometraggio sulla morte dell'assassino di Versace (Il sorriso della Medusa). Allora perché non si è chiesto il change of venue e portato il processo fuori dalla Miami Dade County?

Secondo i suoi sostenitori CF sarebbe stato assolto in istruttoria dall'accusa di tentata truffa, circonvenzione d'incapace e appropriazione indebita. Invece la Procura ha semplicemente lasciato perdere (nolle prosequi), visto che stava perseguendo Forti per un reato ben più grave. Quindi non c'è violazione della double jeopardy che, che in assenza di dual sovereignty, vale solo per i verdetti.

IL PROCESSO

L'accusa non era capitale e CF non è scampato per un pelo alla sedia elettrica come dicono alcuni. I processi per murder (omicidio di primo grado) iniziano a due o tre anni dal delitto e a volte molto più tardi, soprattutto perché la Difesa ha bisogno di tempo per prepararsi. Non vi è stata alcuna violazione del diritto allo speedy trial. Per essere un processo americano non è stato breve. Le cause penali, nel raro caso si facciano, durano un paio di giorni e solo quelle particolarmente complicate si protraggono per settimane. Quindi 24 giorni con 18 udienze sono veramente tanti.

Forti prospetta una violazione della Williams Rule (Williams v Florida, Scotus 1959) per via della presunta assoluzione per le accuse meno gravi, ma secondo questa regola "relevant evidence of collateral crimes is admissible at jury trial when (...) is used to show motive, intent, knowledge." Ovvero: l'Accusa poteva usarla al processo per dimostrare il movente dell'omicidio.

Il collegio di difesa è stato accusato d'inefficienza quando non di collusione con il DA e si accusa uno degli avvocati di avere lavorato per la Procura. In America gli avvocati esercitano indifferentemente per un privato o per la Procura e non esiste la separazione delle carriere di cui da noi si parla tanto. In ogni caso mi chiedo perché non sia stata sollevata in appello una Ineffective Assistance of Council prevista dalla norma 3.850 del Codice di Procedura Penale della Florida.

Gli strali della difesa si concentrano su Thomas Heinz Knott che, grazie al patteggiamento, sarebbe diventato "uno dei testi principali contro Enrico Forti". Peccato che Knott non abbia testimoniato al processo. Evidentemente la Procura non lo considerava utile e il collegio di difesa probabilmente lo temeva per via della pistola calibro 22 comprata da Knott con i soldi di Forti. Faccio notare che ilpatteggiamento di un complice in cambio di una condanna lieve è la norma e che, se i difensori consideravano utile la testimonianza di Knott (truffatore ben noto al Forti), dovevano chiamarlo al processo: ora è troppo tardi. (4)

Gli amici di CF affermano che "non ha avuto un giusto processo", ma non sono in grado di motivare l'affermazione. Sempre secondo loro le prove contro CF sono inconsistenti, ma è evidente che i 12 giurati l'hanno pensata in maniera diversa.

Infine l'ordine delle arringhe finali (closing arguments) non dipende dalla testimonianza dell'accusato (che è sempre sconsigliata) e l'Accusa chiude sempre il processo, con l'arringa o il rebuttal e inoltre i giurati non sono "cittadini eletti a sorte", ma accuratamente scelti dalle parti. Se il collegio di difesa considerava la testimonianza di Forti importante perché non l'ha chiamato a deporre? Forse perché temeva che il controinterrogatorio sarebbe stato la sua pietra tombale.

Per la famiglia Forti "È molto singolare che il processo non permetta ai giudici di indicare alle parti temi nuovi o integrazioni probatorie: la decisione va presa sulla base di quello che le parti hanno deciso di mostrare loro. Quindi, inspiegabilmente, non sono stati ascoltati, nel processo, l'imputato Forti, la moglie Heather, il condannato per reato collegato Thomas Knott e altri che pure avevano partecipato direttamente ai fatti. L'estrema singolarità di questo modo di procedere appare evidente." Purtroppo lo è solo per chi non ha idea di come funziona il sistema giudiziario americano.

VERDETTO E SENTENZA
Non si deve confondere il verdetto della giuria con la sentenza emessa dal giudice e i suoi acidi commenti e nemmeno si possono utilizzare canoni italiani nel sistema giudiziario USA, perché la giuria non motiva il verdetto e si limita a dichiarare l'imputato colpevole o non-colpevole.

Uno dei punti di forza degli amici di CF è che, al momento della sentenza, il giudice avrebbe detto:"La Corte non ha le prove che lei sig. Forti abbia premuto materialmente il grilletto, ma ho la sensazione, al di là di ogni dubbio, che lei sia stato l'istigatore del delitto. I suoi complici non sono stati trovati ma lo saranno un giorno e seguiranno il suo destino. Portate quest'uomo al penitenziario di Stato. Lo condanno all'ergastolo senza condizionale!" Malauguratamente le affermazioni del giudice sono prive di qualsiasi rilevanza perché ciò che conta è la convinzione che si è fatta la giuria e non sembra che qualcuno si sia preoccupato di intervistare i giurati per capirne le motivazioni. La loro decisione è definitiva e raramente è concesso l'appello. Inoltre ricordo che la condanna al LWOP è obbligatoria per il murder di primo grado non capitale e il giudice non aveva scelta.

"The jury decision is final. No matter how wrong or how foolish this seems, there is no appeal. A convicted defendant can also try to appeal on the ground of error at the trial. Generally speaking "error" means legal errors; it is not enough to say the jury must have been wrong, or failed to do justice, or acted stupidly. An appeal court does not try the case over again, or redecide issues of fact. (...) But overall only a small minority of losing defendant go on to a higher court. The rest give up and take their medicine."

LAWRENCE M. FRIEDMAN

American Law. An Introduction. Revise and Updated Edition. New York. Norton, 1998 p.193

L'APPELLO

In America l'appello non è un diritto costituzionale e le corti superiori non devono motivare il loro rifiuto del certiorari. In appello non ci sono giurati, non si ascoltano testi e ci si limita a verificare il verbale del processo di merito. In appello non si deve dimostrare l'innocenza del condannato, ma che nel processo vi sono stati errori legali così gravi e numerosi tali che questo deve essere annullato. Le sei possibilità d'appello concesse a CF sono un'enormità per un caso non capitale, ma i punti posti all'attenzione delle varie corti: Diritti Miranda, Regola Williams, Double Jeopardy, Convenzione di Vienna, Speedy Trial, Conflitto d'Interessi, sono straordinariamente deboli e non hanno meritato nemmeno due righe di diniego.

LA SITUAZIONE ATTUALE

Il Dott. Imposimato e la Dott.ssa Bruzzone sono il collegio di difesa italiano di Forti, ma le controdeduzioni forensi arrivano con 12 anni di ritardo e sono procedural defaulted, mentre gli appelli alle norme internazionali sui diritti umani sono irrilevanti. (5)

La Dichiarazione Universale non si occupa del diritto d'appello mentre ne parla il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici il cui articolo 14.5 recita: "Ogni individuo condannato per un reato ha diritto a che l'accertamento della sua colpevolezza e la condanna siano riesaminati da un tribunale di seconda istanza in conformità della legge". Ma questo non significa che vi sia l'obbligo di fare l'appello come invece è richiesto per i condannati a morte dalle Garanzie ECOSOC.

I confronti con altri casi, dal Cermis ad Amanda Knox, dalla Baraldini a Rocco Barnabei, mettono fuori strada perché ogni caso ha la sua storia e Pietro Venezia, che la Florida voleva condannare a morte, l'abbiamo invece processato in Italia dove sta scontando 23 anni per omicidio.

Per convincere una corte americana a riaprire il caso ci vorrebbe una newly discovered evidence che è come chiedere la luna nel pozzo, ma se anche la si trovasse questa nuova prova, nulla dimostra che il processo sarebbe annullato e che una nuova eventuale giuria riterrebbe Chico Forti non colpevole.

In attesa che gli amici di Forti si decidano una buona volta a informarci dettagliatamente sui fatti del processo e a pubblicare gli atti del processo, raccomando grandissima cautela nelle affermazioni e ricordo che Sacco e Vanzetti non sono mai stati riabilitati.



(1) American Gulag: termine iconoclasta usato anche da Lawrence Friedman per indicare l'immenso sistema carcerario americano che, con 2.400.000 detenuti e 800.000 guardie, costa 60 miliardi di dollari l'anno. Nel 2008 il sistema è aumentato di 1.000 detenuti la settimana per un totale superiore all'intera popolazione carceraria italiana. E' composto di 5,069 prigioni, di cui3,365 sono Local Jails, 1,558 State Facilities, 146 Federal Facilities, più 83 Indian Country Jails e 769 Youth Facilities.

Il paragone con il Gulag sovietico sembra essere particolarmente apprezzato:

"the black incarceration rate is nearly double the (...) rate at which citizens of the Soviet Union were confined to the gulag's camps in Stalin's last years"

William J. Stuntz "Law and Disorder, The case for a police surge." The Weekly Standard 23 Feb 2009 http://www.weeklystandard.com/Content/Public/Articles/000/000/016/157ehmas.asp

"In truth, there are more black men in the grip of the criminal-justice system—in prison, on probation, or on parole—than were in slavery then. Over all, there are now more people under "correctional supervision" in America—more than six million—than were in the Gulag Archipelago under Stalin at its height."

Adam Gopnik, The Caging of America, The New Yorker 30 Jan 2012

http://www.newyorker.com/arts/critics/atlarge/2012/01/30/120130crat_atlarge_gopnik

Gli Stati Uniti d'America detengono il record mondiale di un carcerato ogni 125 abitanti, con un tasso di detenzione di 800 per 100.000. Ma, se aggiungiamo ai 2,4 milioni in prigione i 5 milioni che sono in libertà vigilata (probation e parole), arriviamo a un condannato ogni 40 abitanti e a un tasso di 2.466 per centomila. Nessuno sa quanti siano in libertà su cauzione. Un adulto americano ogni cento è dietro le sbarre e per i maschi neri si arriva a uno ogni nove. Con i 5 milioni in probation e parole siamo a un adulto ogni 31. Ogni 48 uomini in età lavorativa uno è in prigione, mentre il 2% degli americani e il 14% dei neri hanno perso il diritto di voto. 47 milioni di americani hanno precedenti penali, 13 milioni per felonies.

http://www.astrangefruit.org/index.php/it/risorse/725-american-gulag

(2) Gli ergastolani sono più di 140.000 (7.000 minorenni). 41.000 non hanno la possibilità di rilascio sulla parola (LWOP) e di questi 2.700 erano minori al momento del crimine (alcuni di 13 anni)

(3) Non ci sono innocenti nel braccio della morte

http://www.radio.rai.it/radio3/uomini_profeti/view.cfm?Q_EV_ID=275649&Q_PROG_ID=66

(4) Il principale teste d'accusa nel processo al governatore del Michigan Blagojevich non è stato chiamato a deporre e ha patteggiato una pena irrisoria.

(5) In proposito vale la pena ricordare che tutte le norme internazionali vietano nella maniera più esplicita la condanna a morte di minorenni e che invece gli Usa lo hanno fatto fino alla sentenza Roper del primo marzo 2005.

Link Chico Forti 11 settembre 2012

http://www.chicoforti.com/

http://chicofortifree.blogspot.it/

http://www.facebook.com/lucio.caltavituro?ref=stream

http://vidgrids.com/chico-forti-free

http://www.youtube.com/user/ChicoChannel

Albaria e i suoi link

http://www.albaria.it/chicco_forti/default.htm

Time table

http://www.albaria.com/speciale_chicco_forti/storico.htm

Elenco dei nomi

http://www.albaria.it/chicco_forti/legenda_nomi.htm

Time table processuale

http://www2.miami-dadeclerk.com/cjis/CasePrinter.aspx?case=F99034759

Il caso Forti. Ombre e dubbi di un processo surreale. A cura di Gianni Forti

http://agnesinapozzi.altervista.org/tag/il-caso-chico-forti-in-usa/

Chico Forti: un personaggio scomodo

http://www.albaria.it/chicco_forti/chico_personaggio_scomodo.htm

L'incredibile storia di Chico Forti

http://www.albaria.it/chicco_forti/incredibile_storia/incredibile_storia_1.htm

Lorenzo Matassa

http://www.albaria.com/speciale_chicco_forti/prologo.htm

http://archivio.siciliainformazioni.com/cronaca/il-caso-forti-intervista-al-giudice-matassa/

La Repubblica 17 Giugno 2000

http://www.repubblica.it/online/mondo/forti/forti/forti.html

Radio anch'io 23/03/2001

http://www.radio.rai.it/radio1/radioanchio/view.cfm?Q_EV_ID=8276&Q_PROG_ID=93

Rete4

http://www.dailymotion.com/video/xrewvz_il-caso-enrico-chico-forti-detenuto-in-usa_news

inchiesta TS telestudio

http://www.youtube.com/watch?v=tCLLfeEUYyM

intervista Chico Forti su Jack TV

http://www.youtube.com/watch?v=KmwhgYSESNE

dichiarazione di CF

http://www.youtube.com/watch?v=8gtSRuR10Rc

Interviste allo zio di CF

http://www.zonedombra.com/archivio/controinformazione/225-chico-forti-farnesina.html

http://www.youtube.com/watch?v=r4wUROjpwBU

http://www.youtube.com/watch?v=NeJ6SvTLpjo&feature=relmfu

http://www.youtube.com/watch?v=LeWdETJCoR4&feature=relmfu

http://www.youtube.com/watch?v=3ZYnKGRq4V0&feature=related

http://www.radioradicale.it/soggetti/gianni-forti

Interventi della dottoressa Bruzzone

http://www.youtube.com/watch?v=XZY2UHDEUx8&feature=relmfu

http://www.youtube.com/watch?v=ESAPBkLBZz4&feature=related

http://www.youtube.com/watch?v=nzbRBWsGBY0&feature=related

http://www.youtube.com/watch?v=GRfBepRIdQk

http://www.youtube.com/watch?v=akzraDy2aGk

intervento Avv. Imposimato

http://www.youtube.com/watch?v=6RQsePxurKo

http://it-it.facebook.com/media/set/?set=a.10151589443110724.854200.230015650723&type=3

Intervista TG5 a Anthony Pike

http://www.telly.com/0K0KV

varie tv

http://www.telly.com/IARGW?fromtwitvid=1

interventi di Fiorello

http://www.youtube.com/watch?v=9DvzzTey7qE&feature=relmfu

TG1

http://twitpic.com/9ui62o

TG2

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-22f9d2f9-4f7f-4b6f-954e-2804574d74b5.html

mattino 5

http://www.youtube.com/watch?v=zZOXVEHNGOA&feature=related

Rai Brontolo

http://www.prigionieridelsilenzio.it/it/mappa/prigionieri/carlo-parlanti/interviste-video-ed-audio/79-brontolo-rai-3-22-6-2012-oliviero-beha.html

radio social web

http://sviluppo.studio.ht-system.com/young/Blog/982-radiosocialweb-il-caso-chico-forti.html

Maiori TG

http://www.youtube.com/watch?v=SVSg7f4GKWU&feature=endscreen

http://www.youtube.com/watch?v=7A2-EgX7xzU&feature=relmfu

interventi amiche di CF

http://www.youtube.com/watch?v=tpu3qKWSBiw

http://www.youtube.com/watch?v=X9EVvh6RY44

http://www.youtube.com/watch?v=xpU3GICmx1U

http://www.youtube.com/watch?v=xTiPDNMPRo4&feature=relmfu

http://www.video.mediaset.it/video/tg5/servizio/312733/leonesse-per-chico-forti.html

http://www.telly.com/FSQDY?fromtwitvid=1

Intervista a Roberto Fodde

http://www.youtube.com/watch?v=CjmU7NFgmZs

http://www.youtube.com/watch?v=2AeCj7GmLm4

http://www.youtube.com/watch?v=3DGpNXTBhcw

http://www.youtube.com/watch?v=4KFCVfCuPp8

Varie

http://www.youtube.com/watch?v=5GJaCJOU31A&list=UUbRUTt9f4r6Ph9tzSOM_W0Q&index=2&feature=plcp

http://www.youtube.com/watch?v=k19amLIdbAc&feature=related

http://www.youtube.com/watch?v=tjDesmRcM7c&feature=relmfu

http://www.youtube.com/watch?v=99JuBfMKJE4&feature=related

http://www.youtube.com/watch?v=_iSRFtQnpGw

http://www.youtube.com/watch?v=5C_fL6D9Zio

http://www.youtube.com/watch?v=CjmU7NFgmZs

http://www.youtube.com/watch?v=i404QEyKF-g

Il sorriso della medusa

http://www.albaria.it/chicco_forti/default.htm

http://www.albaria.it/chicco_forti/video_versace_ita.htm

Articoli di giornalettismo

http://www.giornalettismo.com/archives/404697/chico-forti-il-caso-e-le-bugie-dei-media-italiani/

http://www.giornalettismo.com/archives/421207/chico-forti-il-caso-complottismo/

Articoli di Claudio Giusti

http://www.osservatoriosullalegalita.org/12/acom/06giu1/0909giustipenam.htm

http://www.osservatoriosullalegalita.org/12/acom/07lug2/2023giustipenam.htm

http://byebyeunclesam.wordpress.com/2012/07/30/sul-caso-chico-forti-e-lamerican-gulag/
                                                                                                                       

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