La Casta vuol darsi l’aumento da 1.200 euro netti al mese
Vaccaro, fedelissimo di Letta, propone una legge per portare gli stipendi dei parlamentari a livello degli eurodeputati. Indennità e diaria alle stelle
Stipendio mensile netto aumentato del 24%, rimborsi spesa più
generosi degli attuali, ma legati alla reale produttività, più
portaborse e meglio pagati con stipendi però erogati direttamente da
Camera e Senato in modo che a nessuno venga la tentazione di mettersi
direttamente in tasca quei soldi. È la proposta di legge n.495
depositata a Montecitorio dal primo firmatario: il deputato del Pd
Guglielmo Vaccaro. Una firma di peso, perché Vaccaro non è soltanto uno
dei leader del partito in Campania, ma soprattutto il principale
luogotenente dell’attuale presidente del Consiglio, Enrico Letta. I due
fanno coppia fin dalla prima Repubblica, quando entrambi avevano cariche
di vertice nel movimento giovanile democristiano. Vaccaro poi fu voluto
da Letta con sé alla sua segreteria tecnica da ministro dell’Industria
fra il 1999 e il 2001, e lo stretto sodalizio si è rafforzato prima
nella Margherita e poi nel Partito democratico. Proprio per questa
sintonia ha un peso non indifferente quella proposta di legge che dopo
anni di bandiere grilline sventolate per la prima volta capovolge la
questione dei costi della politica, proponendo di pagare di più i
parlamentari a patto che siano produttivi.
L’idea di base di Vaccaro è prendere a modello lo status economico
degli europarlamentari, rimodulando solo i rimborsi spese perché girare
l’Italia è naturalmente meno costoso che percorrere i 27 Stati
dell’Europa. La sua proposta è di dare a deputati e senatori la stessa
indennità mensile netta degli europarlamentari: 6.200 euro netti contro
gli attuali 5 mila scarsi. Un aumento di 1.200 euro netti mensili, pari
appunto al 24% in più. Una volta fatta questa scelta, sarebbe
direttamente indicizzata alle rivalutazioni e alle decisioni del
Parlamento europeo, e quindi nessuna campagna sui costi della politica o
polemica a 5 stelle potrebbe incidere su quello stipendio messo in
sicurezza. Diverso il caso dei rimborsi spesa, che verrebbero presi dal
modello di Strasburgo, e come là legati direttamente alla produttività,
ma con quote generalmente dimezzate. L’unico vantaggio potrebbe essere
quello della diaria. Vaccaro infatti propone che «a titolo di rimborso
delle spese di soggiorno, ai membri del Parlamento è assegnata una
diaria di entità pari all’indennità di soggiorno erogata in favore dei
membri del Parlamento europeo. Tale diaria è corrisposta in proporzione
alle effettive presenze del parlamentare in assemblea e nelle
commissioni parlamentari delle quali fa parte». Oggi la diaria è pagata
con un forfait di 3.503,11 euro netti mensili. Al parlamento europeo è
invece di 304 euro ogni giorno di presenza. Però fra Strasburgo e
Bruxelles al massimo si può raggiungere 80-100 giorni di presenza
all’anno, e quindi è impossibile avere più di 2.500 euro al mese di
diaria. Nel parlamento italiano invece Laura Boldrini e Piero Grasso si
sono impegnati a fare lavorare tutti dal lunedì al venerdì: 5 giorni
alla settimana fra aula e commissioni. Se uno fosse presente tutti i
giorni arriverebbe a 6.688 euro mensili di diaria, quasi il doppio del
massimo ottenuto oggi. Per le spese generali oggi i parlamentari
ricevono 1.845 euro diretti e 1.845 euro dietro presentazione di
documentazione, normalmente impegnati per pagare il cosiddetto
portaborse.
La proposta Vaccaro è di assegnare loro a fronte dei primi 1.845 euro
la metà esatta del fondo messo a disposizione dei parlamentari europei,
e cioè 2.150 euro al mese, più «il rimborso delle spese di viaggio
sostenute nel territorio nazionale per lo svolgimento del mandato,
previa presentazione della relativa documentazione ovvero di una
autocertificazione». Anche qui l’aumento potrebbe rivelarsi consistente.
Molto più alto quello delle spese per i collaboratori: a fronte degli
attuali 1.845 euro mensili, si propone il 50% «di quanto previsto per la
medesima finalità in favore dei membri del parlamento europeo», e cioè
8.950 euro mensili. Non un centesimo di quella somma però – a differenza
di quel che avviene ora – potrebbe finire nelle tasche di deputati e
senatori: sarebbero Camera e Senato a fare i contratti e a preparare le
buste paga per i 3 collaboratori assumibili con quella cifra. Verrebbe
invece ridotto il fondo per i rimborsi di spese di trasporto, che passa
da 1.107 a 400 euro mensili , e annullato il rimborso spese telefoniche
che attualmente è di 258 euro al mese. Il fedelissimo di Letta poi
aggiunge: «I membri del Parlamento hanno altresì diritto al rimborso dei
due terzi delle spese mediche e delle spese connesse alla gravidanza e
alla nascita di un figlio». Il totale netto mensile legato alla funzione
di parlamentare passerebbe dunque in linea teorica dagli attuali 13.558
euro a 24.388 euro mensili. Su base annuale si passa dagli attuali
153,7 milioni di euro a 276,6 milioni di euro. Una differenza di 123
milioni di euro, anche questa teorica, perché si spenderebbe di meno
quanto meno i parlamentari dovessero lavorare. Per risparmiare rispetto
ad oggi ci vorrebbe un Parlamento si scansafatiche, e chissà che non
pensino proprio a quel modello i lettiani quando dicono di volere
tagliare i costi della politica…
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