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lunedì 25 giugno 2012

UN'ALTRA STRADA PER L'EUROPA

"Un'altra strada per l'Europa". Il 28 giugno a Bruxelles un Forum per ripensare l'Europa e mettere al centro i popoli e i loro diritti e non le banche e il rigore


  

“Un’altra strada per l’Europa”. Non poteva essere più chiaro l’appello lanciato per il forum del 28 giugno presso il Parlamento europeo, a Bruxelles. Il forum, organizzato da un’ampia rete di movimenti e realtà, fra cui, per l’Italia, Sbilanciamoci, il Manifesto, Rete @ Sinistra e Arci, sarà una sorta di “contro-vertice” perché si svolgerà parallelamente al vertice, programmato per i giorni 28 e 29 giugno, in cui i leader europei dovranno discutere sulle misure da adottare in previsione di unione bancaria, unione fiscale e ridefinizione delle modalità di estinzione del debito dei paesi – come da programma, messo a punto in un fascicolo di 15 pagine firmato da Barroso, Van Rompuy, Draghi e Juncker. Dopo le elezioni in Grecia, monitorate e quasi commissariate da Angela Merkel, e il G20 in Messico, in cui la stessa Merkel ha ribadito che l’unica via possibile nelle sue intenzioni è il rigore, per cui non farà sconti a nessuno, la situazione è rimasta invariata: la finanza continua a speculare e a scommettere su fallimenti e uscite dall’Euro, l’obiettivo da salvare restano le banche private e non i popoli e gli stati, e l’intera linea politica del continente continua a dover piegarsi alla linea dettata dalla Germania.
Come si legge nell’appello diffuso per presentare il forum, e firmato fra gli altri anche da Rossana Rossanda, “L’Europa è in crisi perché è stata sequestrata dal neoliberismo e dalla finanza. Negli ultimi vent’anni il significato dell’Europa – con un persistente deficit democratico – si è sempre più ridotto a una visione ristretta del mercato unico e della moneta unica, portando a liberalizzazioni e bolle speculative, perdita di diritti ed esplodere delle disuguaglianze”.
E, in effetti, quanto la politica sta facendo per aggredire la finanza consiste solo in ripetuti buchi nell’acqua o, peggio, in soluzioni vantaggiose solo per le economie “trainanti” del vecchio continente, e dannose per quelle in difficoltà. Siamo ben lontani da una Tobin Tax reale che limiti la speculazione tassando le transazioni: se verrà introdotta – il ministro dell’economia tedesco, Wolfhang Schäuble, ha annunciato che si sta andando in questa direzione – sarà applicata solo da 10 paesi, colpirà solo una minima parte delle attività finanziarie e, rimodellata e aggiustata dopo compromessi e mediazioni, rischia di essere facilmente aggirabile dagli speculatori; i 130 miliardi di euro annunciati per salvare l’Europa, e rilanciare la crescita, non si sa da dove usciranno fuori e, se mai usciranno, non è ben chiaro come potranno aggredire la recessione europea; il premier tecnico italiano, Mario Monti, senza troppo alzare la voce chiede che l’Europa si impegni ad assumersi responsabilità collettiva sul debito pubblico. E quest’ultima non è una notizia, è solo un timido appello. Quello che è chiaro, dunque, è che nelle intenzioni dei leader europei che contano, il taglio ai salari e al welfare, per contenere il debito pubblico, non è minimamente messo in discussione. E la recessione continuerà a galoppare.
Questa, appunto, è la strada che molti governi europei e la cosiddetta “Troika” (UE, BCE, FMI) hanno in mente; ma il “contro-vertice” indica appunto “un’altra strada”, una nuova rotta che eviti “il collasso dell’Europa”. Visto che la Tobin Tax che dovrebbe essere introdotta rischia di avere un valore quasi soltanto simbolico, che il timido appello di Monti alla responsabilità collettiva dell’Unione Europea sul debito pubblico resta senza risposte, e che il devastante circolo vizioso di soldi erogati dalla BCE e prestati alle banche private (con ulteriore aggravio di debito pubblico sulle spalle dei lavoratori di tutta Europa), e non direttamente agli stati, non viene ridiscusso, gli organizzatori del forum su politica fiscale, ruolo della BCE e strapotere della finanza presenteranno le loro proposte. Come si legge nell’appello “L’Unione monetaria dev’essere riorganizzata e deve garantire collettivamente il debito pubblico dei paesi che adottano l’euro; la Banca Centrale Europea deve diventare il prestatore di ultima istanza dell’Unione. Non può essere accettato che il peso del debito distrugga l’economia dei paesi in difficoltà. Tutte le transazioni finanziarie devono essere tassate, devono essere ridotti gli squilibri prodotti dai movimenti di capitale, una regolamentazione più stretta deve impedire le attività più speculative e rischiose, dev’essere reintrodotta la divisione tra banche commerciali e banche d’investimento, si deve creare un’agenzia di rating pubblica europea”.
In merito alle politiche economiche, si legge ancora nell’appello, “L’Europa deve andare oltre vecchi e nuovi Patti di Stabilità, oltre le politiche limitate a mercato e moneta unica. Le iniziative dell’Europa devono affrontare gli squilibri dell’economia reale e cambiare la direzione dello sviluppo. In campo fiscale occorre armonizzare la tassazione in Europa, spostando il carico fiscale dal lavoro alla ricchezza e alle risorse non rinnovabili, con nuove entrate che finanzino la spesa a livello europeo. La spesa pubblica – a livello nazionale e europeo – dev’essere utilizzata per rilanciare la domanda, difendere il welfare, estendere le attività e i servizi pubblici. Le politiche industriali e dell’innovazione devono orientare produzioni e consumi verso maggiori competenze dei lavoratori, qualità e sostenibilità. Gli eurobond devono essere introdotti non solo per rifinanziare il debito, ma per finanziare la riconversione ecologica dell’economia europea”.
Ma l’ “altra strada” per salvare l’Europa non è fatta solo di economia. “Un’altra strada per l’Europa” porrà al centro del dibattito anche i temi della democrazia, della pace e dei diritti umani. La democrazia non se la passa benissimo in Europa, perché “il processo di decisione comune è sempre più rimpiazzato dal potere del più forte. La crisi toglie legittimità alle istituzioni europee”. Ma, ricordano i promotori del Forum, “in questi decenni i cittadini europei sono stati protagonisti di movimenti sociali e pratiche di democrazia partecipativa e deliberativa – dai Forum sociali europei alle proteste degli indignados. Queste esperienze hanno bisogno di una risposta istituzionale. Occorre superare il divario tra i cambiamenti sociali di oggi e gli assetti istituzionali e politici che sono fermi a un’epoca passata”.
La nuova Europa, e questo va ricordato soprattutto a un paese quale l’Italia, deve saper essere inclusiva e aperta: “Le società europee non devono richiudersi in se stesse. L’inclusione sociale e politica dei migranti è una prova essenziale del grado di democrazia dell’Europa. Legami più stretti vanno costruiti con i movimenti per la democrazia nei paesi dell’Africa mediterranea che hanno rovesciato regimi autoritari”. E l’Europa dovrà essere anche un’Europa della pace, iniziando a tagliare le spese destinate all’acquisto di armi e rivedendo le sue strategie politiche: “l’Europa resta responsabile della presenza di armi nucleari, di strategie militari aggressive e di un quinto della spesa militare mondiale: 316 miliardi di dollari nel 2010. Con gli attuali problemi di bilancio, drastici tagli e razionalizzazioni della spesa militare sono indispensabili. La pace in Europa non viene dalla proiezione di forza militare, ma da una politica di sicurezza umana e comune, che può costruire la pace e garantire i diritti umani”.
Il 28 giugno verrà presentata questa idea di Europa, a favore dei popoli e non delle banche, della pace e non delle guerre, dei diritti e dell’uguaglianza e non delle prevaricazioni. Mentre il summit dei leader europei si riunirà ancora una volta per non decidere nulla o quasi, il forum sarà l’occasione per stimolare un ricco dibattito in tutti i paesi europei, con l’obiettivo di costruire l’Europa che vogliamo, e che ci era stata promessa.

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