Luigi Bisignani: "Silvio Berlusconi, quella volta che si nascose in un furgoncino per andare al ministero"
Il patto del Nazareno non è stato rotto da Matteo Renzi, ma da Silvio Berlusconi. A raccontarlo è Luigi Bisignani nel suo ultimo libro intriso di retroscena I potenti al tempo di Renzi scritto con il direttore di lettera43.it, Paolo Madron. In un'anticipazione del volume pubblicata sul Corriere della Sera,
 Bisignani racconta con dovizia di particolari i giorni immediatamente 
precedenti all'elezione di Sergio Mattarella al Quirinale, rivelando 
scene a metà tra il film da spionaggio e la commedia all'italiana. 
Interpreti di sketch involontari anche Angelino Alfano, Pierferdinando Casini e Denis Verdini, tra gli altri.
Il tradimento - Mancano dieci giorni all'inizio 
delle votazioni per il successore di Giorgio Napolitano. È il 19 gennaio
 2015, alle 20.20 sono saltati i nervi a Renzi che era a Palazzo Chigi, 
perché viene a sapere che in Prefettura a Milano poche ore prima c'è 
stata una riunione a sorpresa. In una saletta riservata, si sono visti 
Berlusconi e Alfano, accompagnati rispettivamente da Giovanni Toti e Nicolò Ghedini
 con il Cavaliere, e da Maurizio Lupi e Gaetano Quagliariello con il 
segretario di Ncd. E poi Lorenzo Cesa dell'Udc. "Renzi si è sentito 
tradito - racconta Bisignani - in calo nei sondaggi, con il governo in 
difficoltà, c'era il rischio di finire in trappola" perché il 
centrodestra si stava ricompattando.
Vecchi amici - Silvio e Angelino non si vedevano da un anno,
 da quando cioè il secondo aveva mollato il primo per sostenere il 
governo del Pd. Eppure Berlusconi "come nel suo stile, fece davvero 
finta di nulla. Sembrava che si fossero lasciati da poche ore". Da 
quella riunione spunta l'idea di puntare su Pier Ferdinando Casini per 
il Quirinale, nonostante Renzi contasse sul sostegno di Berlusconi per 
Mattarella. All'inizio l'ex premier è rimasto titubante, ma Toti 
insisteva convinto che pezzi del Pd dissidente avrebbero fatto venir 
meno i numeri per Mattarella, così come fecero per Prodi.
Imboscato - Il 28 gennaio Berlusconi si è svegliato 
"frastornato e mortificato" perché sapeva che "nelle ore decisive della 
battaglia, lui doveva rientrare a Milano" obbligato dai magistrati. 
Renzi lo ha chiamato per capire se ci fosse ancora o no il sostegno a 
Mattarella, Berlusconi gli ha risposto prendendosi un paio di ore, senza
 chiusure. Da lì in poi le scene si fanno comiche: "Per non farsi 
scoprire dai giornalisti che assediavano Palazzo Grazioli, (Berlusconi, 
ndr) si nascose nel furgoncino nero che di solito fa da
 scorta alla sua Audi corazzata". I cronisti abboccano e seguono l'Audi.
 Lui invece rimane accucciato nel furgone, mentre al Viminale lo 
aspettano Casini, Cesa, Quagliariello, Lupi e Cicchitto. Arrivato al 
ministero, Berlusconi è stato accolto con grandissimo calore dagli amici
 ritrovati. A quel punto tutto sembra possibile ai presenti e così parte
 Casini con gran teatro e dito indice sollevato: "Amici miei, e non 
parlo per il mio interesse, ma per voi. Tu Silvio, e noi tutti, 
Mattarella non lo possiamo proprio votare". Tutti convinti, a quel punto
 anche Berlusconi che diede: "Il via libera alla famigerata decisione 
delle schede bianche". Tutti allineati quindi, o quasi. Nella stanza 
c'era anche Verdini, il più scettico (e forse realista) che uscendo ha 
poi detto a Gianni Letta: "Questi fra tre ore si rimangiano tutto".
 

