SOMMARIE RIFLESSIONI SULLA CRISI
Si tratta di un argomento talmente complesso e denso di dibattiti
teorici da richiedere pure un notevole approfondimento storico.
Insomma, sarebbe necessario tenerci sopra un intero corso di lezioni e
non soltanto una breve introduzione e per spunti assai sommari. Tanto
più che non sono d’accordo sull’impostazione prevalentemente
economicistica con cui viene solitamente discusso tale problema.
Sia chiaro che nelle due parti in cui verrà diviso questo scritto non
affronterò il tema della crisi iniziata nel 2008; nemmeno mi fisserò su
come essa viene interpretata dagli economisti odierni o anche dal
Governo con le sue misure che stanno ottenendo risultati esattamente
contrari alle intenzioni dichiarate (credo assai diverse da quelle
perseguite politicamente, con la sola maschera della necessità
economica).
Un simile argomento va trattato in altra sede e dopo aver preso
visione delle pur sommarie indicazioni relative alla problematica
generale della crisi. Altrimenti s’instaura una semplice “discussione da
bar”. Comunque il lettore attento potrà più volte istituire un
parallelo tra quanto qui scritto e le pappardelle fornite in questi
ultimi quattro anni.
Mi rifarò ancora una volta ad un
esempio da me utilizzato più volte per analogia perché particolarmente
congruo nella sua applicazione al tema della crisi, sempre pensata come
semplicemente economica. Il terremoto, magari con annesso tsunami,
è evento catastrofico che colpisce a fondo la vita degli uomini; ed è
ancora imprevedibile, checché se ne dica a volte con somma insipienza.
Tutti, evidentemente, fuggono disordinatamente nel momento cruciale, poi
iniziano ad organizzarsi in previsione di eventuali nuove scosse e
pensano infine alla ricostruzione.
Il sismologo sa tuttavia che il tremore di superficie, così
disastroso, dipende da scontri tra strati del terreno che avvengono a
grande profondità; più profondi sono tali urti e frizioni, maggiore è
l’energia accumulata per anni e decenni (talvolta secoli) e più intenso e
violento è il suo scaricarsi; tanto più ampia è inoltre la zona colpita
dallo sconquasso. Non è escluso che in futuro i terremoti possano
essere previsti con qualche significativa probabilità (così com’è
accaduto per le previsioni meteorologiche per brevi periodi); a patto
però che non ci si limiti a studiare grafici e tabelle statistiche che
indicano soltanto la loro frequenza nel tempo, le zone maggiormente
colpite, certi andamenti lineari di superficie, magari correlazioni più o
meno credibili con altri fenomeni altrettanto superficiali, ecc. Tutte
rilevazioni non inutili, sia chiaro, ma alle quali attribuire il
significato di sintomi “fenomenici”, che devono spingere a guardare più
in profondità, nelle viscere della terra.
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