Per il Ministro dell’Interno c’è il “pericolo” di rivoluzione?
Non esiste un concetto definito di rivoluzione, perché la rivoluzione è in permanente evoluzione e definire la rivoluzione vorrebbe semplicemente significare la fine stessa della rivoluzione.
Il termine rivoluzione ultimamente è stato
utilizzato per vari eventi politici e sociali rilevanti, come la
Primavera Araba, la prima elezione di Obama alla guida degli Usa, ma
anche per semplici spot pubblicitari.
A parer mio la rivoluzione altro non è che la
rottura di quelle catene che legano una moltitudine di individui ad una
collettività amorfa adattata all’ordine sociale ed economico come
imposto da una cerchia elitaria indirizzante l’equilibrio sociale oggi
esistente.
Equilibrio fondato sulla non equità, sulla non solidarietà, sull’austerità, sull’ingiustizia sociale.
La rivoluzione dovrebbe mirare alla realizzazione
di un sistema sociale fondato sull’equità, solidarietà e giustizia
sociale rispettosa dei diritti umani.
Già, perché oggi giorno il concetto di giustizia
sociale è utilizzato spesso anche dalle forze di estrema destra, che
dilagano in tutta Europa, ed allora si deve differenziare anche il
concetto medesimo di giustizia sociale.
Woody Allen direbbe che per fare una rivoluzione ci vogliono due cose: qualcuno o qualcosa contro cui rivoltarsi e qualcuno che si presenti e faccia la rivoluzione.
Il qualcuno o qualcosa contro rivoltarsi esiste, è
il capitalismo, mentre quel qualcuno che si presenti e faccia la
rivoluzione lo si intravede.
Ed è per questo motivo che il Ministro dell’Interno
ha recentemente dichiarato che “Non possiamo consentire alla piazza di
fare le scelte della politica” , mentre il Capo della Polizia afferma
che “quando chi deve affrontare il problema e trovarne la soluzione non
lo trova, ecco che diventa tutto dissenso, tensione, fibrillazione,
effervescenza di piazza. Ecco che i poliziotti sono chiamati ad
affrontare un problema che non toccherebbe loro”
Cosa vuole dire ciò?
L’Italia è in fase di sospensione democratica. Cosa
ammessa pacificamente da tutte le componenti sociali, politiche e
sindacali. Esiste un vuoto politico enorme, è venuta meno la canonica
intermediazione tra la collettività ed il Palazzo della rappresentanza
con il conseguente annichilimento della sovranità popolare.
Legittimare le azioni di protesta, spesso dure e
violente, cosa in vari casi inevitabile, in altri artificiosa, vorrebbe
dire legittimare azioni che mirano a demolire l’esistente, o meglio a
colmare il vuoto politico con l’essenza della democrazia, la sovranità
popolare.
Certo è anche chiaro che qualcuno coglierà l’attimo
per indirizzare le lotte nell’ambito della campagna elettorale, ma
l’astensionismo enorme e reale e la voglia di andare oltre, travolgerà
ogni ipocrisia.
Ecco alcuni sindacati concertativi, anche di
sinistra, che sino ad oggi hanno ammortizzato il conflitto sociale,
prendere le distanze dalle manifestazioni di piazza, ritirarsi dagli
scioperi “unitari”, od in alcuni casi neanche parteciperanno alle
iniziative per esempio intraprese dall’unico movimento che ora è
visibile, quello studentesco.
Avranno probabilmente delle direttive chiare in tal senso, unire il fronte del lavoro con quello studentesco è pericoloso.
Unire operai e studenti, lavoratori e studenti è un
qualcosa da evitare per coloro che trovano legittimazione esistenziale
proprio grazie a questo sistema economico e sociale che contrastano solo
in via demagogica. D’altronde ciò è comprensibile visto e rilevato che
parliamo di corporazioni sociali e sindacali che hanno un ruolo
importante ed economico grazie alle regole esistenti.
Le forze dell’Ordine sono chiamate a garantire,
sotto la maschera dei luoghi sensibili, il sistema esistente,
l’antidemocrazia, la non sovranità popolare. Questo, i singoli soggetti
che fanno parte delle forze dell’ordine, devono comprenderlo ed allora
il manganello e la non legittimazione politica o sindacale delle lotte
vere e sincere e non strumentali od indirizzate per altri fini, si
coalizzano per evitare semplicemente ciò che rischia di essere
inevitabile, la rivoluzione per la sovranità popolare.
Forse manca la consapevolezza di ciò, forse il
popolo non è ben cosciente che si è innanzi ad un bivio che potrebbe
comportare la caduta del presente. Probabilmente anche la paura del
dopo, l’incertezza del dopo, rende tutto semplicemente labile e
destinato, forse, ad un semplice urlo di piazza.
Sarà una storia lunga, molto lunga, ma il popolo
deve sapere che il neofascismo e neonazismo è alle porte, e sbatte
sempre con maggior violenza i pugni per far sentire la sua presenza, se
non si organizzerà in modo chiaro e conciso e consapevole l’azione della
rivolta, quello che potrebbe sembrare un semplice malumore ma che in
realtà è reazione alla depressione e repressione sociale, verrà
coltivato da chi vuole semplice autoritarismo, stragi, da chi vuole il
male dell’umanità.
Nessun commento:
Posta un commento