VOTA ANTONIO....... LA TRIPPA ....

domenica 25 novembre 2012

PER IL MINISTRO DELL' INTERNO

           

Per il Ministro dell’Interno c’è il “pericolo” di rivoluzione?




   Non esiste un concetto definito di rivoluzione, perché la rivoluzione è in permanente evoluzione e definire la rivoluzione vorrebbe semplicemente significare la fine stessa della rivoluzione.
Il termine rivoluzione ultimamente è stato utilizzato per vari eventi politici e sociali rilevanti, come la Primavera Araba, la prima elezione di Obama alla guida degli Usa, ma anche per semplici spot pubblicitari.
A parer mio la rivoluzione altro non è che la rottura di quelle catene che legano una moltitudine di individui ad una collettività amorfa adattata all’ordine sociale ed economico come imposto da una cerchia elitaria indirizzante l’equilibrio sociale oggi esistente.
Equilibrio fondato sulla non equità, sulla non solidarietà, sull’austerità, sull’ingiustizia sociale.
La rivoluzione dovrebbe mirare alla realizzazione di un sistema sociale fondato sull’equità, solidarietà e giustizia sociale rispettosa dei diritti umani.
Già, perché oggi giorno il concetto di giustizia sociale è utilizzato spesso anche dalle forze di estrema destra, che dilagano in tutta Europa, ed allora si deve differenziare anche il concetto medesimo di giustizia sociale.
Woody Allen direbbe che per fare una rivoluzione ci vogliono due cose: qualcuno o qualcosa contro cui rivoltarsi e qualcuno che si presenti e faccia la rivoluzione.
Il qualcuno o qualcosa contro rivoltarsi esiste, è il capitalismo, mentre quel qualcuno che si presenti e faccia la rivoluzione lo si intravede.
Ed è per questo motivo che il Ministro dell’Interno ha recentemente dichiarato che “Non possiamo consentire alla piazza di fare le scelte della politica” , mentre il Capo della Polizia afferma che “quando chi deve affrontare il problema e trovarne la soluzione non lo trova, ecco che diventa tutto dissenso, tensione, fibrillazione, effervescenza di piazza. Ecco che i poliziotti sono chiamati ad affrontare un problema che non toccherebbe loro”
Cosa vuole dire ciò?
L’Italia è in fase di sospensione democratica. Cosa ammessa pacificamente da tutte le componenti sociali, politiche e sindacali. Esiste un vuoto politico enorme, è venuta meno la canonica intermediazione tra la collettività ed il Palazzo della rappresentanza con il conseguente annichilimento della sovranità popolare.
Legittimare le azioni di protesta, spesso dure e violente, cosa in vari casi inevitabile, in altri artificiosa, vorrebbe dire legittimare azioni che mirano a demolire l’esistente, o meglio a colmare il vuoto politico con l’essenza della democrazia, la sovranità popolare.
Certo è anche chiaro che qualcuno coglierà l’attimo per indirizzare le lotte nell’ambito della campagna elettorale, ma l’astensionismo enorme e reale e la voglia di andare oltre, travolgerà ogni ipocrisia.
Ecco alcuni sindacati concertativi, anche di sinistra, che sino ad oggi hanno ammortizzato il conflitto sociale, prendere le distanze dalle manifestazioni di piazza, ritirarsi dagli scioperi “unitari”, od in alcuni casi neanche parteciperanno alle iniziative per esempio intraprese dall’unico movimento che ora è visibile, quello studentesco.
Avranno probabilmente delle direttive chiare in tal senso, unire il fronte del lavoro con quello studentesco è pericoloso.
Unire operai e studenti, lavoratori e studenti è un qualcosa da evitare per coloro che trovano legittimazione esistenziale proprio grazie a questo sistema economico e sociale che contrastano solo in via demagogica. D’altronde ciò è comprensibile visto e rilevato che parliamo di corporazioni sociali e sindacali che hanno un ruolo importante ed economico grazie alle regole esistenti.
Le forze dell’Ordine sono chiamate a garantire, sotto la maschera dei luoghi sensibili, il sistema esistente, l’antidemocrazia, la non sovranità popolare. Questo, i singoli soggetti che fanno parte delle forze dell’ordine, devono comprenderlo ed allora il manganello e la non legittimazione politica o sindacale delle lotte vere e sincere e non strumentali od indirizzate per altri fini, si coalizzano per evitare semplicemente ciò che rischia di essere inevitabile, la rivoluzione per la sovranità popolare.
Forse manca la consapevolezza di ciò, forse il popolo non è ben cosciente che si è innanzi ad un bivio che potrebbe comportare la caduta del presente. Probabilmente anche la paura del dopo, l’incertezza del dopo, rende tutto semplicemente labile e destinato, forse, ad un semplice urlo di piazza.
Sarà una storia lunga, molto lunga, ma il popolo deve sapere che il neofascismo e neonazismo è alle porte, e sbatte sempre con maggior violenza i pugni per far sentire la sua presenza, se non si organizzerà in modo chiaro e conciso e consapevole l’azione della rivolta, quello che potrebbe sembrare un semplice malumore ma che in realtà è reazione alla depressione e repressione sociale, verrà coltivato da chi vuole semplice autoritarismo, stragi, da chi vuole il male dell’umanità.                                                             

Nessun commento:

Posta un commento