LA SOLITA VECCHIA TRAPPOLA DEL VOTO
Sinceramente, questa volta non so proprio cosa voterò, forse M5s, forse mi asterrò a modo mio, forse voterò una lista di sinistra tipo De Magistris (se ci sarà); aspetto di vedere che scheda si presenterà per decidere. Una cosa però, la so con certezza: alle politiche non voterò per il Pd o per qualsiasi suo alleato. D’altra parte, se devo parlare con qualcuno, prendo in considerazione il padrone di casa, non la servitù. Il discorso potrebbe essere diverso per la Regione, ma anche qui vediamo che minestra si prepara. Ma, per le politiche il discorso è chiuso in questo senso. Come immaginavo, sugli spalti ci sono già ci sono i tifosi che incitano al voto utile per sbarrare la strada al ritorno del Caimano. Di fronte ad una tale orrenda prospettiva, astenersi o non votare per chi potrebbe sbarrare la strada al mostro, è masochismo? Calma e gesso.
In primo luogo precisiamo una cosa: Annibale non è alle porte. Il Cavaliere ha fatto una mossa abile –sportivamente parlando-, c’è da attendersi che ne farà altre come quelle che indicavo in un articolo precedente, se dovesse proseguire spenderebbe un pozzo di soldi, ma la partita è molto compromessa se non proprio disperata.
Le reazioni dei mercati, della stampa internazionale e persino del Ppe sono state furibonde ed al limite del linciaggio (meritatissimo: per carità!). Vice versa, i segnali di ripresa del suo elettorato sono stati poca cosa.
Nella
possibilità di vittoria piena (cioè che arrivi primo prendendo il
premio di maggioranza) non crede neppure lui, nell’ipotesi “pareggio”
non crede neppure Giuliano Ferrara. La cosa è possibile ma non probabile
perché occorre:
- che la Lega accetti di allearsi con il Pdl in Lombardia (magari in cambio del Pirellone e, per ora mi pare che non ne viglia sapere), che Albertini e Cl non remino contro e che, di conseguenza, la coalizione riesca a battere la sinistra, recuperando una bella fetta di voti andati all’astensione;
- che in Sicilia la Mafia e/o i soliti capibastone si convincano a tornare all’ovile e che si superi l’effetto psicologico della vittoria di Crocetta;
- che la Lega – più o meno da sola - riesca a vincere in Veneto;
Tutte cose possibili, beninteso, magari può anche darsi che la Lega alla fine si pieghi (ci credo poco) ma che si verifichino tutte insieme queste condizioni non è probabile. E il tutto sotto il fuoco battente dei mitici “mercati finanziari”.
Diciamo
che un personaggio come il Cavaliere, abituato a battersi sino
all’ultimo secondo, ci proverà e non è avversario da prendere sotto
gamba, però la cosa più probabile è che resterà sotto il 15% (magari il
20% con la Lega). Lui stesso, con l’incredibile uscita su Monti (“Se si
candida lui per il centro destra, mi faccio da parte”: ma non aveva
detto di essere tornato in campo perché Monti aveva fatto danni) si è
tagliato la strada da solo: come si fa a fare una campagna elettorale contro uno a cui si è offerto di capeggiare la propria lista sino alla sera prima? I segnali sono di rotta senza speranza, visto che lo abbandona anche un fedelissimo come Gaetano Quagliariello (che conosco molto bene da quando aveva 18 anni).
A
questo punto potrei cavarmela dicendo che, visto che il rischio di
vedere il film “Il ritorno del Caimano” è piuttosto remoto, posso
rilassarmi e decidere di astenermi, votare M5s, De Magistris o qualsiasi
cosa non sia il Pd ed i suoi infelici alleati. E potrei chiuderla lì.
Ma, come i miei amici sanno, non sono tipo da nascondersi dietro il dito
e scansare le questioni più spinose, per cui vado avanti.
Chi mi invita a votare Pd e soci lo fa in nome del solito, trito, ritrito, frusto, rancido, avariato, decomposto argomento del “voto utile” che, tradotto in buon italiano suona: “Vota contro”.
Credetemi: non sono così ideologico ed ingenuo da non conoscere le
virtù della tattica che consiglia di scegliere il “male minore”. Ma il
punto è proprio questo: il Pd è davvero il male minore?
A meno di un terremoto elettorale, magari ad opera della discesa di Monti, il Pd vincerà queste elezioni. E non sarà un bene.
Già
immagino i bruciori di stomaco di molti miei lettori che penseranno ad
una mia irrimediabile involuzione a destra. Vi prego di seguirmi nel
ragionamento.
Bersani ha già detto che la sua linea sarà quella del rigore,
indicata dell’agenda Monti e, di fronte alla minaccia di una lista
capeggiata dal Professore, si è precipitato a rassicurare “i mercati”
sull’affidabilità del centro sinistra sulla via delle “riforme” già
abbozzate da questo governo.
Quella linea è non solo socialmente iniqua ma semplicemente fallimentare, come dimostra il fatto che l’intera Eurozona, che si è affidata ad essa, è in netta recessione.
D’altra parte, il Pd non ha scelte e deve seguire questa strada: una proposta di politica economica alternativa non ce l’ha
e non si può pensare che riesca a darsela in qualche settimana di
campagna elettorale. La politica ha le sue leggi e una di queste è la
forza di inerzia, per cui una forza politica è indotta a proseguire la
traiettoria intrapresa e i tempi di una correzione di indirizzo sono
funzione del “peso” del partito e dell’angolazione della svolta: un
piccolo vettore può anche fare una svolta a 90° in qualche decina di
secondi, ma un autotreno chiede tempi più lunghi anche per modificare la
traiettoria di 15°. Ed il Pd non è una utilitaria.
Il punto è questo, c’è una crisi economico finanziaria mondiale che incalza e le scelte sono due: o si cerca una soluzione interna al sistema così come è, o si cerca di mettere in discussione il sistema e di uscire dalla crisi riformando (se non superando) il sistema.
Nel primo caso, quello interno al sistema, la soluzione non dipende da
nessun governo nazionale ed i singoli governi sono chiamati a fare il
lavoro sporco di scaricare i costi dell’operazione sulla gente,
salvando profitti e potere delle banche (e non è detto che la cosa poi
riesca). E, in questo caso, Berlusconi vale Bersani, Vendola vale Monti,
Casini vale Ferrero: non c’è differenza. Naturalmente ciascuno dei
leader citati può avere una sua particolare sfumatura diversa, ad
esempio può scegliere una cravatta più intonata alla camicia o meno, ma
non mi sembra molto importante.
Ma, qualcuno mi dirà, magari la sinistra potrebbe essere più delicata della destra verso i ceti subalterni,
magari, potrebbe anche fare qualcosa per il lavoro ai giovani o forse
aiutare un po’ la Cgil nello scontro con la Confindustria… Chiacchiere!
Abbiamo già visto come la sinistra ha sprecato le occasioni in cui è
stata in maggioranza: vi siete accorti di qualche differenza rispetto
alla politica economica di Berlusconi? La differenza, sin qui è stata
che il Pd è un Pdl senza il bunga bunga ma con più tasse e più simpatia per i pm. Il Pdl è un Pd con maggiore propensione al disavanzo ed al debito e più simpatia per imputati ed escort.
Sin
qui le ragioni che rendono molto arduo sostenere che il Pd sia una
alternativa reale al berlusconismo (che, infatti, non riesce a battere
da venti anni). Poi ci sono le ragioni per cui una vittoria del Pd (che,
ripeto, probabilmente ci sarà) sarebbe un danno assai peggiore. Magari
Bersani riuscirebbe ad attenuare un po’ i rigori dell’austerità e fare
“qualcosa di sinistra” (non ci credo, ma ammettiamolo), ma a quale
prezzo politico? La sinistra dovrebbe caricarsi dell’impopolarità di
scelte politiche antipopolari, entrare in conflitto con la propria base
sociale, frenare la Cgil, mandare la polizia contro i movimenti di
protesta ecc. E, alla fine, senza nemmeno raggiungere il risultato
prefisso (come si sta puntualmente dimostrando). Per quanto tempo la sinistra pagherebbe il prezzo di un’esperienza di governo così rovinosa?
Ed
allora, a guardare tre metri più avanti al proprio naso, chi sarà stato
il masochista? Chi ha cercato di evitare una trappola del genere o chi
ci è cascato con tutti due i piedi in nome di una vittoria effimera ed
avvelenata?
C’è
chi pensa che non ci sia alternativa alla politica interna al sistema
che ci vuole succubi dei mercati finanziari e del loro bisogno di
sacrifici umani. Non lo credo, ma posto pure che sia vero, vorrebbe dire
che in questo periodo è possibile solo una politica di destra. Ebbene
che la faccia la destra. Se c’è l’agenda Monti da realizzare che la faccia Monti, non le sue copie. La sinistra faccia l’opposizione e le lotte sociali. C’è qualcuno che si ricorda il significato di queste parole? Op-po-si-zio-ne, Lot-te so-cia-li, Con-flit-to, Piaz-za…
Nel
caso del Pd, poi, ci sono ragioni più specifiche per negargli il voto.
Il discorso del “meno peggio” può valere se l’opzione meno dannosa si
tiene entro la decenza di un “minimo sindacale”. Il Pd da molto tempo è
al di sotto di quel minimo: non solo ha pedissequamente eseguito ogni
indicazione del capitale finanziario, ma ha inferto i peggiori colpi
alla democrazia in questi venti anni (dalla legge sui servizi segreti
alla riforma del titolo V della Costituzione).
Da
ultimo non possiamo perdonargli l’ostinazione con cui ha difeso il
Porcellum garantendone la sopravvivenza. Questo ce lo ricorderemo per
molto tempo, così come non abbiamo dimenticato il referendum golpista
del 1993 e come non dimenticheremo l’appoggio a Monti.
Poi
questa storia del “voto utile” (ma poi, utile a che? Non sanno fare
neanche una legge sul conflitto di interesse) è servita solo a
peggiorare le cose in questi anni favorendo l’involuzione dell’ex Pci. Il Pd non può pensare di avere una sorta di “diritto” al consenso, per cui chi è di sinistra deve votarlo
(sempre per evitare che vinca “l’altro”) qualsiasi cosa faccia. E’
arrivato il momento di dire che se fa una politica di destra chieda i
voti a destra.
Per
il resto, una sconfitta del Pd oggi sarebbe una sconfitta
(meritatissima) del Pd, mentre una rotta del Pd domani, dopo una
disastrosa esperienza di governo, sarebbe una disfatta di tutta la
sinistra e comprometterebbe le cose per molti anni ancora. Purtroppo è
proprio quello che probabilmente accadrà grazie al mantra fraudolento
del “voto utile”.
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