Come si governa a Verona
Il sindaco Tosi ha capito fin da giovane
che si governa coltivando gli interessi privati, gli unici che procurano
subito voti e finanziamenti. Perseguire il bene comune e gli interessi
collettivi spesso comporta più difficoltà che vantaggi e paga solo a
lungo termine, spesso troppo lungo per goderne i benefici.
Flavio Tosi si mette in mostra la prima volta tra il 1991 e il 1992. Distribuisce, come tanti altri giovani i moduli per il Censimento.
Il Comune di Verona ritarda i pagamenti dei compensi ai giovanotti, il
nostro organizza un comitatino che sollecita e rivendica, il sindaco
Sboarina alla fine paga e Tosi non può che riscuotere il consenso e il
plauso che da sempre è dovuto al politico che si da generosamente da
fare per il bene dei suoi camerati.
Nei primi anni Novanta a Verona c’era la Lega di Bonato e Ottaviani,
di Signorini e Bertaso, di Flego e Comencini. Già allora con una
spiccata inclinazione per le epurazioni e le divisioni che (già allora)
facevano imbestialire il capo, Umberto Bossi. Flavio Tosi conosce i
meccanismi del consenso fin da quando, agli esordi, s’è reso popolare
nel suo quartiere – Borgo Venezia – facendo una battaglia per la sanatoria di balconi e verande.
Saltiamo a piè pari le iniziative contro zingari, barboni ed
immigrati, come pure quelle a favore di nazi, ultras ed oltranzisti
cattolici e veniamo ai nostri giorni con due temi scottanti: la Fondazione Arena e l’Arsenale.
Si era intuita fin dagli inizi l’antipatia di Tosi per i sindacati, a
meno che non fossero disposti a chinare il capo al suo cospetto. Già
nel 2007 agli impiegati e ai funzionari del Comune e delle Partecipate
fu fatto capire in maniera inequivocabile che la nuova parola d’ordine
era: “obbedire senza discutere”.
Nella vicenda della Fondazione Arena Tosi non si è
mai posto il problema di come risollevare le sorti dell’ente lirico
veronese, tant’è vero che a dirigerlo ci ha piazzato senza tanti
complimenti un perito agrario.
Per il sindaco il problema era un altro; come scaricare sui dipendenti dell’ente lirico la responsabilità della gestione fallimentare degli ultimi 10 anni, con la perdita progressiva sia dei finanziamenti pubblici sia dei proventi derivanti dalla vendita dei biglietti. Mentre Salisburgo cresceva, Verona crollava. Chiunque abbia assistito recentemente a qualche spettacolo lirico non può che esserne uscito “sconcertato”.
Per il sindaco il problema era un altro; come scaricare sui dipendenti dell’ente lirico la responsabilità della gestione fallimentare degli ultimi 10 anni, con la perdita progressiva sia dei finanziamenti pubblici sia dei proventi derivanti dalla vendita dei biglietti. Mentre Salisburgo cresceva, Verona crollava. Chiunque abbia assistito recentemente a qualche spettacolo lirico non può che esserne uscito “sconcertato”.
Fuortes promette di salvare capra e cavoli con il suo piano, ma non
si intravede nessuna nuova idea su come rilanciare uno dei “motori”
principali del turismo veronese.
Sull’Arsenale abbiamo sentito tutto e il contrario
di tutto. I giornali di oggi scrivono, dopo 2 anni di scavi per il
parcheggio, che sono stati scoperti degli importanti reperti romani e
che si dovranno apportare alcune modifiche al progetto. C‘avimmo ‘a fa?
Quello che non è mai stato chiaro e che sopratutto non è mai stato
deciso è quale utilizzo si vuol fare dell’Arsenale, una volta finiti i
lavori di restauro. Al sindaco Tosi di cosa mettere dentro all’Arsenale
interessa poco o nulla. Ancora meno gli interessa decidere quale sarà la
nuova sede del Museo di Storia Naturale, attualmente smistata fra palazzo Pompei, Castel San Pietro e l’Arsenale.
A lui interessa firmare il contratto con Italiana Costruzioni, magari
col consueto trucchetto dei lavori in due fasi, già sperimentato con il
traforo. L’importante è blindare il contratto, che fra un anno ci sono
le elezioni e servono tanti soldi.........