Come misuriamo le disuguaglianze? Per alcuni versi il quadro sembra migliorato, ma per altri peggiora ogni giorno di più.
E’ una notizia ormai nota a tutti, i numeri di Oxfam hanno fatto il giro del mondo: oggi l’1% ricco della popolazione mondiale detiene più ricchezza di quanto
possegga tutta la popolazione mondiale messa insieme. Le disuguaglianze
nel mondo attuale hanno raggiunto i livelli peggiori dal 19° secolo.
Per
la maggior parte della gente, è questo è il dato che indica le
disuguaglianze del mondo. Ma le cifre di Oxfam sulla distribuzione della
ricchezza nel mondo non dicono tutto. E le disuguaglianze di reddito
allora? E – ancora più importante – le disuguaglianze tra paesi? Se
allarghiamo il nostro campo di osservazione oltre gli usuali parametri,
scopriremo che il mondo attuale è molto poco equo.
La prima cosa da dire sulle cifre di Oxfam è che rappresentano un
quadro piuttosto conservativo. Considerando che i ricchi usano
nascondere le loro ricchezze all’ombra di paradisi fiscali e di
giurisdizioni di segretezza, è impossibile stabilire con certezza quanto
posseggano realmente. Stime recenti indicano che quasi 32 trilioni di $
sono nascosti in paradisi fiscali – quasi un sesto della ricchezza
totale del mondo. Se a questo poi aggiungiamo i dati forniti da Oxfam,
realizziamo che il quadro è peggiore di quanto pensavamo.
E questo per quanto riguarda la ricchezza. Molti analisti, tuttavia,
ritengono che non dovremmo guardare alle disuguaglianze di ricchezza, ma
piuttosto a quelle del reddito. E’ stata questa la critica
maggiore mossa ai numeri di Oxfam. E se guardiamo alle disuguaglianze di
reddito, il quadro non sembra poi così drammatico. Perlomeno non
secondo quello che ci raccontano. Branko Milanovic,
uno dei maggiori esperti di disuguaglianze di reddito nel mondo,
sostiene che mentre in alcuni paesi il fenomeno è peggiorato rispetto al
passato, su scala mondiale invece appare migliorato.
Per misurare le disuguaglianze, possiamo far riferimento all’ Indice Gini,
dove il punto ‘0’ rappresenta l’uguaglianza assoluta e il punto ‘1’
quella assoluta, cioè quando una persona possiede tutto e gli altri
niente. Secondo Milanovic, l’indice Gini globale si è leggermente abbassato, da 0.72 nel 1988 a 0.71 nel 2008. Per cui…non dobbiamo preoccuparci poi così tanto delle disuguaglianze.
L’indice Gini è un metro piuttosto problematico però, poiché tiene
conto solo di alcuni cambiamenti relativi. Se il reddito dei ricchi e
dei poveri aumenta della stessa percentuale, il Gini resta invariato,
anche se aumentano le disuguaglianze assolute. In altre parole, se
l’individuo ‘A’ possiede 10.000 dollari e l’individuo ‘B’ 100.000
dollari ed entrambi raddoppiano il loro reddito, il Gini non cambia
anche se il divario tra i due è salito da 90.000 a 180.000 dollari.
L’economista Robert Wade ritiene che questa sia una valutazione altamente fuorviante, poiché nasconde la reale entità della disuguaglianza. Secondo lui dovremmo usare l’indice Gini assoluto. E cosa accade quando lo facciamo? Ci rendiamo conto che nel corso degli ultimi decenni le disuguaglianze sono lievitate da 0,57 nel 1988 a 0,72 nel 2005.
Un momento però, potreste sire. Saranno forse peggiorate le disparità
di reddito tra gli individui, ma sicuramente si sarà ridotto il divario
tra paesi poveri e paesi ricchi. L’industria dello sviluppo
internazionale non sta forse lavorando per ridurre le distanze tra est e
ovest? Questa è un’opinione piuttosto diffusa, molto condivisa tra gli
studenti della London School of Economics dove insegno. Dopo tutto, secondo “la teoria della convergenza” i paesi più poveri crescono a un tasso maggiore di quelli ricchi e nel tempo il divario tra i due si riduce automaticamente.
Tuttavia, questo non sta accadendo. La storia, infatti, ci mostra
l’esatto contrario: nel corso degli ultimi duecento anni le
disuguaglianze tra i paesi sono aumentate considerevolmente, e non si
notano segni di un’inversione di tendenza.
Ci sono alcuni modi per analizzare questi dati. Probabilmente, quello
più comune è quello di misurare il divario tra paesi ricchi e paesi
poveri in termini di reddito reale pro capite. Utilizzando i dati del Maddison Project,
vediamo che nel 1960, alla fine del colonialismo, le persone che
vivevano nel paese più ricco del mondo erano 33 volte più ricche di
quelle che vivevano nel paese più povero. Era un divario enorme. Poi,
nell’anno 2000, dopo che la globalizzazione neoliberale aveva fatto il
suo corso, ecco che lo erano non di 33 ma di 134 volte. E questo senza
considerare i casi estremi come i regni ricchi di petrolio del Medio
Oriente o i piccoli paradisi fiscali offshore. Questa non è affatto
‘convergenza’. Per citare Lant Pritchett, è divergenza alla massima potenza.
Se la vediamo in termini assoluti, è sempre negativo. Dal 1960 ad oggi, secondo i dati del Maddison Project, il divario assoluto tra il reddito dei paesi più ricchi e quello dei paesi più poveri è aumentato del 135%.
Ovviamente, questa metro di valutazione considera le disuguaglianze
tra paesi dei due estremi. Possiamo correggere la valutazione osservando
invece le differenze regionali. Il modo migliore è quello di misurare
il divario – in termini reali – tra il PIL pro capite della prima
superpotenza mondiale (Stati Uniti) e quella delle varie regioni del sud
del mondo. Considerando le cifre della Banca Mondiale, vediamo che dal
1960 il divario per l’America Latina è cresciuto del 206%, per l’Africa
Sub-Sahariana del 207% e per l’Asia Meridionale del 196%. In altre
parole, il divario delle disuguaglianze globali si è quasi triplicato.
Nel corso degli ultimi decenni, le disuguaglianze sono talmente
peggiorate che nel 2000 il cittadino statunitense era 9 volte più ricco
di quello latino-americano, 72 volte più ricco dell’africano
sub-sahariano e – reggetevi forte – 80 volte più ricco dell’asiatico
meridionale. Queste cifre ci danno l’idea di quanto sia ingiusta la
distribuzione della ricchezza nel mondo nell’ attuale economia.
Da qualsiasi punto la guardiamo, è sempre la stessa cosa: le
disuguaglianze nel mondo sono peggiorate. E di molto. La teoria della
convergenza ha fallito; le disuguaglianze non si compensano
automaticamente; tutto dipende dagli equilibri dei poteri politici
nell’economia globale. Finché saranno pochi paesi ricchi a stabilire le
regole dell’economia a proprio vantaggio, le disuguaglianze nel mondo
continueranno a peggiorare. Il sistema del debito, gli aggiustamenti
strutturali, gli accordi di libero scambio, l’evasione fiscale e le
asimmetrie di potere nella Banca Mondiale, nel FMI e nel WTO, sono i
motivi principali per cui le disuguaglianze nel mondo, invece di
attenuarsi, sono peggiorate.
E’ il momento di affrontare seriamente questi squilibri che
distorcono l’economia mondiale. Non c’è niente di naturale in una
disuguaglianza estrema. E’ l’uomo che l’ha costruita e ha a che fare con
il potere. Dobbiamo avere tutti il coraggio di dirlo chiaramente.
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