Vivere in un paese normale
Le vicende politiche di questi giorni convulsi hanno nuovamente posto l’Italia al centro del dibattito internazionale.In Europa, all’interno degli organismi e dei vertici comunitari, l’eco della ricandidatura di Silvio Berlusconi, come leader e guida del centrodestra italiano alle prossime elezioni politiche, ha avuto un effetto destabilizzante ritenendosi nuovamente a rischio il progetto di risanamento economico del paese e dubitando sulla sincera intenzionalità nel portare avanti l’agenda delle riforme che il governo Monti si era impegnato a realizzare ed ad attuare come patente di investitura per un legittimo riconoscimento internazionale della propria azione.
Il vertice del Ppe del 14 dicembre ha fugato ogni dubbio attraverso la corale testimonianza di credibilità che è stata attribuita alla visita del Prof. Monti che ha fatto da contraltare ad un isolamento, freddo e strategico, che è stato riservato a Berlusconi, l’antico leader di una Italia politica populista in grado di guidare la nazione ad un metro dal baratro finanziario.
La decisa volontà del Cavaliere a ritagliarsi nuovamente l’incarico di premier con effetti ad personam sulle sue vicende personali e sulle sorti relative alla gestione del proprio gruppo economico, si diceva, ha prodotto la reazione decisa dei leader dei paesi europei che hanno evocato la candidatura politica di Monti alla guida di un nuovo fronte di moderati italiani che sia espressione della vision europeista e che al proprio interno incarni i congegni della orizzontalità delle vedute e della democratica scelta del proprio capo.
Andando al di là del dato politico, l’Ue crede nella saldezza degli italiani nella scelta del nuovo governo?.
Detta con intenti di sintesi cognitiva, si teme la ricandidatura di un leader sgradito ai maggiori partiti ed esponenti europei?. Gli effetti di un possibile orientamento elettorale indirizzato verso un Pdl guidato da Berlusconi ha prodotto nei giorni scorsi la reazione dei mercati e l’oscillazione al rialzo dello spread.
Ma in un contesto economico – finanziario di tipo globale una nuova caduta degli indici italiani richiamerebbe nel vortice della crisi altri paesi dalle economie instabili e dal sistema bancario a rischio di tenuta come la Spagna e non invertirebbero la rotta le dichiarazioni dal sapore demagogico in base alla quali, ad esempio, lo spread costituirebbe una mera finzione creata ad artem dagli speculatori per orientare il voto.
In questa occasione, parlare di cessione di sovranità o, se si vuole, di orientamento elettorale etero – condotto dai piani alti dell’establishment internazionale è esercizio privo di fondamento logico.
Giunti al punto, è intuibile che sia sotto analisi la capacità di autocritica e di valutazione degli italiani.
Berlusconi si proponeva come Moderato Liberale e Liberista“l’alternativa alla vecchia politica“, un imprenditore al servizio della politica. Il suo stile comunicativo si basava ( o si basa ) su un dialogo diretto con il popolo, condotto per mezzo di slogan semplici ed incisivi (un presidente operaio, un milione di posti di lavoro, meno tasse per tutti, il partito dell’amore).
Nella comunicazione politica assumeva un rilievo particolare l’uso del linguaggio e dello stile.
Vi si riconosceva una strategia di comunicazione connotata dall’uso di un codice linguistico preciso, al quale erano riconducibili anche le occorrenze di particolari espressioni comuni
Si tratta di una sorta di baby talk rivelatore di un indirizzo comunicativo di base, i cui esiti, peraltro, risultano premianti sia in termini di efficacia comunicativa e persuasiva sia di acquisizione del consenso.
Il berlusconismo, fenomeno che senza dubbio ha non solo occupato le pagine dei quotidiani ed affaticato le riflessioni di opinion leader e di politologi per vent’anni ma anche innalzato la soglia delle vendite degli stessi quotidiani, rappresenta più di un’era politica, di un passaggio epocale, essendo divenuto parte del sistema di vita e di pensiero del paese.
E’bene rammentare che esso ricalcava una valenza fortemente positiva, come sinonimo di ottimismo imprenditoriale, divenendo nel decennio successivo agli anni ’80 fenomeno sociale e politico messo spesso in relazione alla cosiddetta “anomalia italiana”, ovvero alla concomitanza di fattori strutturali di criticità che hanno afflitto ed affliggono tuttora molti campi della vita italiana.
Attraverso il ricorso a Piero Gobetti, che aveva visto nel fascismo “l’autobiografia della nazione”, è stato possibile tracciare un parallelismo tra il ventennio nero e l’epopea berlusconiana, intravedendo nella scelta del proprio leader da parte dell’elettorato della nuova destra l’incarnazione più visibile di tendenze deteriori radicate a fondo nella società italiana.
Teme tutto questo l’Europa?. In parte si, le derive populiste e la politica dai proclami inconsistenti, interrogandosi sul reale scudo etico di una nazione. Valore della tradizione democratica e peso della cultura sono i dogmi da cui dover ripartire sanando la coscienza morale di un popolo ferito, da sempre in grado di dare corpo alla propria capacità creativa ma altrettanto succube verso le prosopopee di leader incantatori.
Non si tratta, in questo caso, di contrapporre la sinistra alla destra, i valori della prima alle regole dogmatiche della seconda pur tuttavia, essendo chiaro che, in una fase storica così delicata quale quella che stiamo vivendo, guardare il mondo con gli occhi dei più deboli significa creare un mondo migliore e regolamentare in modo equo il mercato rivela la necessità di creare automatismi privi di monopoli, corporazioni e posizioni di dominio.
Il discorso è rivolto all’elettore della destra, deluso e smarrito che non deve votare le primarie del centrosinistra scegliendo Renzi come l’uomo mancato al proprio schieramento ma deve ritrovare nella propria parte una classe dirigente che orienti verso altri valori l’indirizzo politico e ridia senso e dignità al paese ed alla politica.
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