“Un’altra strada per l’Europa”. Non
poteva essere più chiaro l’appello lanciato per il forum del 28 giugno
presso il Parlamento europeo, a Bruxelles. Il forum, organizzato da
un’ampia rete di movimenti e realtà, fra cui, per l’Italia,
Sbilanciamoci, il Manifesto, Rete @ Sinistra e Arci, sarà una sorta di
“contro-vertice” perché si svolgerà parallelamente al vertice,
programmato per i giorni 28 e 29 giugno, in cui i leader europei
dovranno discutere sulle misure da adottare in previsione di unione
bancaria, unione fiscale e ridefinizione delle modalità di estinzione
del debito dei paesi – come da programma, messo a punto in un fascicolo
di 15 pagine firmato da Barroso, Van Rompuy, Draghi e Juncker. Dopo le
elezioni in Grecia, monitorate e quasi commissariate da Angela Merkel, e
il G20 in Messico, in cui la stessa Merkel ha ribadito che l’unica via
possibile nelle sue intenzioni è il rigore, per cui non farà sconti a
nessuno, la situazione è rimasta invariata: la finanza continua a
speculare e a scommettere su fallimenti e uscite dall’Euro, l’obiettivo
da salvare restano le banche private e non i popoli e gli stati, e
l’intera linea politica del continente continua a dover piegarsi alla
linea dettata dalla Germania.
Come si legge nell’appello diffuso per
presentare il forum, e firmato fra gli altri anche da Rossana Rossanda,
“L’Europa è in crisi perché è stata sequestrata dal neoliberismo e dalla
finanza. Negli ultimi vent’anni il significato dell’Europa – con un
persistente deficit democratico – si è sempre più ridotto a una visione
ristretta del mercato unico e della moneta unica, portando a
liberalizzazioni e bolle speculative, perdita di diritti ed esplodere
delle disuguaglianze”.
E, in effetti, quanto la politica sta
facendo per aggredire la finanza consiste solo in ripetuti buchi
nell’acqua o, peggio, in soluzioni vantaggiose solo per le economie
“trainanti” del vecchio continente, e dannose per quelle in difficoltà.
Siamo ben lontani da una Tobin Tax reale che limiti la speculazione
tassando le transazioni: se verrà introdotta – il ministro dell’economia
tedesco, Wolfhang Schäuble, ha annunciato che si sta andando in questa
direzione – sarà applicata solo da 10 paesi, colpirà solo una minima
parte delle attività finanziarie e, rimodellata e aggiustata dopo
compromessi e mediazioni, rischia di essere facilmente aggirabile dagli
speculatori; i 130 miliardi di euro annunciati per salvare l’Europa, e
rilanciare la crescita, non si sa da dove usciranno fuori e, se mai
usciranno, non è ben chiaro come potranno aggredire la recessione
europea; il premier tecnico italiano, Mario Monti, senza troppo alzare
la voce chiede che l’Europa si impegni ad assumersi responsabilità
collettiva sul debito pubblico. E quest’ultima non è una notizia, è solo
un timido appello. Quello che è chiaro, dunque, è che nelle intenzioni
dei leader europei che contano, il taglio ai salari e al welfare, per
contenere il debito pubblico, non è minimamente messo in discussione. E
la recessione continuerà a galoppare.
Questa, appunto, è la strada che molti
governi europei e la cosiddetta “Troika” (UE, BCE, FMI) hanno in mente;
ma il “contro-vertice” indica appunto “un’altra strada”, una nuova rotta
che eviti “il collasso dell’Europa”. Visto che la Tobin Tax che
dovrebbe essere introdotta rischia di avere un valore quasi soltanto
simbolico, che il timido appello di Monti alla responsabilità collettiva
dell’Unione Europea sul debito pubblico resta senza risposte, e che il
devastante circolo vizioso di soldi erogati dalla BCE e prestati alle
banche private (con ulteriore aggravio di debito pubblico sulle spalle
dei lavoratori di tutta Europa), e non direttamente agli stati, non
viene ridiscusso, gli organizzatori del forum su politica fiscale, ruolo
della BCE e strapotere della finanza presenteranno le loro proposte.
Come si legge nell’appello “L’Unione monetaria dev’essere riorganizzata e
deve garantire collettivamente il debito pubblico dei paesi che
adottano l’euro; la Banca Centrale Europea deve diventare il prestatore
di ultima istanza dell’Unione. Non può essere accettato che il peso del
debito distrugga l’economia dei paesi in difficoltà. Tutte le
transazioni finanziarie devono essere tassate, devono essere ridotti gli
squilibri prodotti dai movimenti di capitale, una regolamentazione più
stretta deve impedire le attività più speculative e rischiose,
dev’essere reintrodotta la divisione tra banche commerciali e banche
d’investimento, si deve creare un’agenzia di rating pubblica europea”.
In merito alle politiche economiche, si
legge ancora nell’appello, “L’Europa deve andare oltre vecchi e nuovi
Patti di Stabilità, oltre le politiche limitate a mercato e moneta
unica. Le iniziative dell’Europa devono affrontare gli squilibri
dell’economia reale e cambiare la direzione dello sviluppo. In campo
fiscale occorre armonizzare la tassazione in Europa, spostando il carico
fiscale dal lavoro alla ricchezza e alle risorse non rinnovabili, con
nuove entrate che finanzino la spesa a livello europeo. La spesa
pubblica – a livello nazionale e europeo – dev’essere utilizzata per
rilanciare la domanda, difendere il welfare, estendere le attività e i
servizi pubblici. Le politiche industriali e dell’innovazione devono
orientare produzioni e consumi verso maggiori competenze dei lavoratori,
qualità e sostenibilità. Gli eurobond devono essere introdotti non solo
per rifinanziare il debito, ma per finanziare la riconversione
ecologica dell’economia europea”.
Ma l’ “altra strada” per salvare
l’Europa non è fatta solo di economia. “Un’altra strada per l’Europa”
porrà al centro del dibattito anche i temi della democrazia, della pace e
dei diritti umani. La democrazia non se la passa benissimo in Europa,
perché “il processo di decisione comune è sempre più rimpiazzato dal
potere del più forte. La crisi toglie legittimità alle istituzioni
europee”. Ma, ricordano i promotori del Forum, “in questi decenni i
cittadini europei sono stati protagonisti di movimenti sociali e
pratiche di democrazia partecipativa e deliberativa – dai Forum sociali
europei alle proteste degli indignados. Queste esperienze hanno bisogno
di una risposta istituzionale. Occorre superare il divario tra i
cambiamenti sociali di oggi e gli assetti istituzionali e politici che
sono fermi a un’epoca passata”.
La nuova Europa, e questo va ricordato
soprattutto a un paese quale l’Italia, deve saper essere inclusiva e
aperta: “Le società europee non devono richiudersi in se stesse.
L’inclusione sociale e politica dei migranti è una prova essenziale del
grado di democrazia dell’Europa. Legami più stretti vanno costruiti con i
movimenti per la democrazia nei paesi dell’Africa mediterranea che
hanno rovesciato regimi autoritari”. E l’Europa dovrà essere anche
un’Europa della pace, iniziando a tagliare le spese destinate
all’acquisto di armi e rivedendo le sue strategie politiche: “l’Europa
resta responsabile della presenza di armi nucleari, di strategie
militari aggressive e di un quinto della spesa militare mondiale: 316
miliardi di dollari nel 2010. Con gli attuali problemi di bilancio,
drastici tagli e razionalizzazioni della spesa militare sono
indispensabili. La pace in Europa non viene dalla proiezione di forza
militare, ma da una politica di sicurezza umana e comune, che può
costruire la pace e garantire i diritti umani”.
Il 28 giugno verrà presentata questa
idea di Europa, a favore dei popoli e non delle banche, della pace e non
delle guerre, dei diritti e dell’uguaglianza e non delle
prevaricazioni. Mentre il summit dei leader europei si riunirà ancora
una volta per non decidere nulla o quasi, il forum sarà l’occasione per
stimolare un ricco dibattito in tutti i paesi europei, con l’obiettivo
di costruire l’Europa che vogliamo, e che ci era stata promessa.
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