Dateci Assad, dateci Tsipras, toglieteci Napolitano (e i canarini di guerra)
Cari amici, lo so: siamo lunghi, lunghissimi. Cosa non
buona, nei tempi dei saettanti twitter, degli sms criptati in frasette
belle magre, quasi anoressiche, delle sveltine pubblicitarie interrotte
dalle lungaggini dei programmi, dei face book Oggi ho annusato la
primavera. E tu?“ Capisco che una roba che pretende una curva
dell’attenzione meno corta dei sette clic sul telefonino risulti
indigesta. Capisco chi si ritira. O, se no, fate finta che sia la serie
settimanale dei post di Grillo e suddividete la lettura su 7 giorni.
Prometto che prima non ricompaio.
La Siria di allora, come lo è anche adesso, era il nucleo più
potente della resistenza araba all’occidente…. Noi (Israele e America,
ndr) abbiamo fatto tutto ciò che era possibile contro l’Iran e contro la
Siria. Ora è dal maggio 2011 che stiamo cercando di destabilizzare il
suo regime…. Dobbiamo continuare a mantenere alte le fiamme che abbiamo
acceso e farla bruciare internamente. Noi non possiamo rinunciare ai
nostri interessi e dobbiamo continuare e destabilizzare la Siria per
ottenere ciò che vogliamo. (Henry Kissinger). Il resto del
testo, ovviamente ispiratore dei miliziani mediatici di cui qui
appresso, conviene che vi precipitate a leggerlo in fondo)
Dobbiamo passare all’offensiva. Il nostro obiettivo è
schiacciare il LIbano, la Giordania e la Siria. Il punto debole è il
Libano, poichè quel regime islamico è facile da destabilizzare. Creeremo
lì uno Stato cristiano, dopodichè schiacceremo le armate arabe e la
Siria ci cadrà in mano. (David Ben Gurion, premier israeliano).
Il cambio di regime è ovviamente il nostro obiettivo in LIbano e
Siria. Ci sono tre modi per raggiungerlo: il dittatore cambia
posizione; viene travolto dal suo popolo infelice; o, se costituisce un
ostacolo per l’esterno, l’esterno lo elimina. (JINSA, Istituto Ebraico per gli Affari di Sicurezza Nazionale, Washington)
Diventiamo schiavi nel momento in cui consegniamo le chiavi
della definizione della realtà interamente ad altri, che siano gli
affari, una teoria economica, un partito politico, la Casa Bianca, o la
CNN. (B.W.Powe)
Damasco per Assad, giugno 2012
Siria, trincea dell‘umanità
Dunque, sabato 16 a Piazza del Popolo di Roma, è andata alla
grande. Con grave scorno della muta di sciacalli che avevano cercato,
col terrorismo della diffamazione e della menzogna, irrimediabilmente
fascista, di intimidire organizzatori e relatori e scoraggiare solidali e
pubblico. Hanno toppato, non riuscendo nell’intento e, anzi, facendo
montare la mobilitazione e, così, coprendosi del fango che il
ventilatore di verità installato a Piazza del Popolo gli ha rimandato
addosso.
Onore e grazie a Ouday Ramadan, comunista siriano, ideatore e organizzatore principe e irriducibile dell’evento onorato dai migliori degli italiani, per quanto minoranza assediata dalle catapulte di menzogne e calunnie di una conventicola decerebrata, o collusa con gli sterminatori di popoli e classi. Sotto gli enormi striscioni con la bandiera siriana e il volto di Bashar el Assad, che coloravano di sè tutta la piazza, centinaia di persone (e ci voleva coraggio!) in rappresentanza degli onesti hanno svergognato, nel cuore della colonia imperiale, aggressori, assassini, genocidi, scherani governativi, ignavi, bugiardi e utili idioti. E rappresaglie Digos.
Permettetimi un po‘ di retorica: dall’arida proliferazione di gramigna che ha desertificato l’intelligenza e l’onestà di tanti succubi, è spuntato un bellissimo papavero rosso. La natura ci insegna: nell’erbaccia rinsecchita dal sole, l’astro della luce bacia invece il suo fiore prediletto e lo fa resistere e proliferare. Fino a far rosseggiare grandiose distese e prepararle al raccolto del grano, la vita. A me è toccata l’apertura e, con un’occhiata al palco in corso di smontaggio, da dove in mattinata avevano emesso cinguettio critico (con occhio strizzato) i fasulloni della triplice sindacale, mi è
Onore e grazie a Ouday Ramadan, comunista siriano, ideatore e organizzatore principe e irriducibile dell’evento onorato dai migliori degli italiani, per quanto minoranza assediata dalle catapulte di menzogne e calunnie di una conventicola decerebrata, o collusa con gli sterminatori di popoli e classi. Sotto gli enormi striscioni con la bandiera siriana e il volto di Bashar el Assad, che coloravano di sè tutta la piazza, centinaia di persone (e ci voleva coraggio!) in rappresentanza degli onesti hanno svergognato, nel cuore della colonia imperiale, aggressori, assassini, genocidi, scherani governativi, ignavi, bugiardi e utili idioti. E rappresaglie Digos.
Permettetimi un po‘ di retorica: dall’arida proliferazione di gramigna che ha desertificato l’intelligenza e l’onestà di tanti succubi, è spuntato un bellissimo papavero rosso. La natura ci insegna: nell’erbaccia rinsecchita dal sole, l’astro della luce bacia invece il suo fiore prediletto e lo fa resistere e proliferare. Fino a far rosseggiare grandiose distese e prepararle al raccolto del grano, la vita. A me è toccata l’apertura e, con un’occhiata al palco in corso di smontaggio, da dove in mattinata avevano emesso cinguettio critico (con occhio strizzato) i fasulloni della triplice sindacale, mi è
„Che ridere a metterla in culo agli italiani“
parso cruciale osservare come i 200mila sotto quel palco
monumentale, e anche quelle migliaia di giovani contro il precariato a
Piazza Farnese, intelligenza politica e sociale elementare avrebbero
voluto che fossero qui, accanto ai siriani e agli amici dei siriani.
Insieme ai ferrovieri dei notturni Sud-Nord aboliti, ai pastori sardi
uccisi da Nestlè, alle maestre di Riano Flaminio (seviziate per anni da
erinni bigotte, morbosizzate e fanatizzate dalla politica del sospetto e
della sorveglianza) agli studenti offesi dai quiz Invalsi, alle donne
cui fanno schifo donne come Hillary o Fornero quanto uomini come Obama o
La Russa. Era il loro posto, più che la spianata sotto il palco degli
imbonitori, questo angolo della piazza dal tricolore con due stelle,
dove si lottava contro lo stesso nemico, gli sfruttatori dell’uomo
sull’uomo, la cupola dei geno- e socio-cidi, che là bombardano e
praticano il terrore e qui praticano il terrore e depredano. Per capire
che, con le loro forze armate e il loro popolo, siriani, libici,
iracheni, serbi, afghani, palestinesi, si battono per la stessa
sovranità e giustizia che la cosca sindacal-bancaria-mafiosa-clericale
sottrae a loro come ai lavoratori, ai giovani, agli anziani, alle donne
del nostro paese. Quando gridava „fuori la Nato dall’Italia,
fuoril’Italia dalla Nato“, questa gente era conscia di quell’unità, del
nemico comune e di una strategia unitaria da opporre alla strategia
comune degli antropofagi. Si vinceva, allora, loro, i popoli proletari
e, noi, le classi. Chi avrebbe potuto separare Berkley, o l’autunno
caldo dal Vietnam? Chi la strage Usa di Mi Lay da Piazza Fontana? Chi il
movimento del 68 dai fedayin? E chi oggi, invece, sa vedere la
connessione tra la demolizione della Val di Susa e la polverizzazione di
Sirte?
Si sentiva con forza di tuono echeggiare lo slogan Allah, Surìa, Bashar ua bas. Alcuni correggevano in Shaab, Surìa, Bashar ua bas, dove Shaab sta
per popolo. Era la metafora sonora della Siria laica e pluralista, che
per laico e pluralista intende e pratica da mezzo secolo il rispetto e
la cura di decine di confessioni ed etnie, salvaguardando e garantendo
così una separazione laica dello Stato dalle chiese, un codice
epistemologico che ha educato generazioni alla convivenza e all’armonia.
E, lo dico a te Marinella (cui mi dedicherò fra poche righe), perplessa
per quello slogan che è di tutto un popolo, lasciare che si chiami
all’intervento sia dio, sia il popolo, significa proprio questo e non
getta la minima ombra sul carattere laico di quello Stato. Essere laici,
mica significa necessariamente essere atei. Una cosa era chiara ai
partecipanti: solidarietà alla Siria libera, sovrana, non globalizzata,
nel segno dell’unità e sovranità araba, dell’antimperialismo,
dell’anticapitalismo, dell’uguaglianza tra gli esseri umani,
indipendentemente da razza, religione, sesso, inclinazioni, purchè non
vendipatria. Allah, o non Allah per lo Stato pari sono. Questa è
laicità.
Al di là di qualche frammento di folklore nazionalbolscevico, di
qualche infiltrato fascista, subito imboscato perchè schiacciato dall‘
antimperialismo autentico, che non è mero antiamericanismo (Viva gli Occupy Wall Street)
in funzione di altre versioni geopolitiche di imperialismo, e di un
gruppetto di cerchiobottisti che avallavano l’equiparazione ONU tra chi
aggredisce e chi si difende invocando un „cessate il fuoco di tutti“.
Al di là di questi ambigui o nefasti fiancheggiatori, Piazza del Popolo
ha vissuto un momento dignitoso, combattivo, onesto. Denuncia e
svergognamento della lieta disponibilità di sinistre capitaliste,
opportuniste, trotzkiste, radicalchic e pacifinte, di farsi bollire nel
paiolo dei cannibali con il conforto di un rametto di rosmarino (licenza
di sopravvivere con la catena alla caviglia).
Nella mefitica palude Stigia, formata dai nove grandi meandri
percorsi dal fiume Stige, la dea Teti immerse il figlio neonato Achille,
per renderlo invulnerabile, ma trascurò il tallone e Achille perì. La
divinità che ha figliato eserciti di suoi eroi politico-merdiatici (la
„r“ non è un errore), ve li immerse, in modo da farli immortali. Ma
anch’essa li tenne per il piede e non si avvide del lembo scoperto. Il
fiume, dolosamente, non rivelò la defraudazione. Così il colosso
scatenato dalla Sublime Porta-Casa Bianca, ritenutosi corazzato dal
bagno nella palude della frode grazie al concorso dei nove meandri
dell’oligarchia merdiatica occidentale (Reuters, AP, Murdoch, CNN, BBC,
Mediaset, RAI, De Benedetti, NYT), non si avvide dello zoccolo scoperto.
E lì fu colpito da un nugolo di frecce, proprio mentre si apprestava a
mettere a ferro e fuoco la città degli uomini di pace. Per restare nel
mito, alcune di quelle frecce letali nel tallone del matamoros
merdiatico (lo so, l’accostamento di questi modesti canarini da gabbia
all’eroe acheo è improprio assai: magari entrambi protervi e
prevaricatori, ma con una differenza di classe e di stile, quella tra
ratti e falchi), le ha tirate Marinella Correggia. E le sue, di frecce,
sono acuminate.
Di Marinella, lo dico con forza, non condivido le strade battute con altri No War
in cerca, si vorrebbe, dell’equidistanza e di un pacifismo che finisce
con considerare pacificatrice la distribuzione della responsabilità tra
vittima e carnefice. Un suo testo, sconsolatamente ambiguo, elegge a
„terza forza“ un gruppo di cristiani di Homs, questi, sì, benedetti dal
Vaticano (e c’è già da riflettere), che si dichiarano contro ogni
violenza e contro ogni scontro armato. Detto davanti a un groviglio di
serpenti che strangola e avvelena il corpo della Siria, finisce con
sottrarre forza alla resistenza e, ammantandosi di una ipocrita
neutralità, lasatrica di buone intenzioni la via dell’inferno. Noi
restiamo accanto al legittimo governo, al presidente Assad, alle forze
armate patriottiche che, cari fratelli di Homs, purtroppo non hanno
scelta se non impegnare la propria vita per fermare i sicari della
criminalità organizzata internazionale. Tutto il resto è nè-nè e
tradisce la verità e il popolo siriano.
Tutto ciò non incide sullla nostra solidarietà a Marinella contro i
suoi detrattori. Senza nè-nè. Con lei e con noi – per i quali, insieme
al lancio di mota, qualcuno ha anche fatto la scelta terroristica del
procedimento giudiziario – i merdiatici hanno dato seguito, nel loro
piccolissimo, all’operazione planetaria di soppressione di voci altre,
quelle dei „selvaggi“ e „dittatori“, di quelle che badano al vero,
anzichè alla voce del (loro) padrone. Ci sono giornalisti che stanno
alla committenza come le cortigiane stavano a Luigi XIV, come i
picciotti ad Al Capone, come i caporali tedeschi al Feldmaresciallo
Kesselring. Per loro, mica per niente, è in ballo il Premio Pulitzer. Ci
siamo già occupati in passato del bloggista che spara su giornalisti
veri, Cristiano Tinazzi, fermato dalla polizia in un gruppo di naziskin e
poi candidato per il Fronte Nazionale di Freda, del savianeo
geopolitico Ricucci e del davvero esagerato Germano Monti, uno capace
di inquinare con la sua lotta alla verità perfino l’onesto arcipelago
della solidarietà palestinese. Ora nel coro è entrato anche un certo
Lorenzo Declich (nomen omen), con una sparata contro Marinella tanto
vigliacca quanto ottusa. Nascostosi dietro il dito artritico dell’ONU,
di quell’ONU che per la Nato in Serbia, Iraq, Afghanistan, Libia ha
fatto da notaio-zerbino, un po‘ come Napolitano ha onorato di firme
tutte le scorrerie di Berlusconi, il soggetto si affanna a confutare la
preziosissima opera di verifica e smascheramento portata avanti da
Marinella sul menzognificio allestito dal monopolio merdiatico per
lubrificare la sodomizzazione di Libia e Siria. Qui la perfidia
diffamatrice è pari solo all’idiozia degli argomenti.
Lo spensierato copione delle migliori bufale dell’intelligencepolverizza come nonsense, e magari complottismo, il principio del cui prodest., inserendo tra i due termini un non
campione di logica. Così Assad uccide la sua gente e distrugge il suo
apparato di sicurezza per offrire su piatto d’argento un bella causa ai
suoi potenziali assassini; gli islamici buttano giù le Torri Gemelle e
bucano il Pentagono per dare il destro alla potenza guerresca egemone di
papparsi i loro paesi; Piazza Fontana è fatta dagli anarchici e Piazza
della Loggia da sindacalisti per alimentare la compressione di diritti e
salari che passava sotto il nome di „strategia della tensione“;
Gheddafi abbatte un aereo e 81 passeggeri a Ustica in modo che Reagan
non abbia scrupoli a bombardarne la casa e cento residenti, Milosevic
stermina 45 civili a Racak, in Kosovo, perchè non vede l’ora che gli si
bombardi la capitale e si distrugga la Serbia e i palestinesi fanno
saltare la stazione di Bologna, e chi c’era c’era, perchè si ponga fine
allo squilibrio che vede l’Italia patteggiare un accordo di non
aggressione reciproca. Le BR poi….
Questo criterio del cui prodest, da che mondo è mondo chiave
di lettura di analisti, investigatori e storici per demistificare le
campagne di intossicazione atte a rincretinire e soggiogare l’opinione
pubblica, è definito apoditticamente „demenziale“. Punto. In compenso,
questo assertore del cui non prodest oblitera perfino le
perplessità del capo osservatori, generale Mood, messo in campo dal
maggiordomo Ban Ki Moon per svolgere il compito di William Walker
quando, in Kosovo, s’inventò quella strage di Racak per suscitare
un’indignazione collettiva che avrebbe sostenuto le ali dei bombardieri
su Belgrado. Il quale Mood, per quanto manipolato da Reuters e Ansa, due
bocche della verità atlantiche, di fronte all’evidenza raccolta anche
da media amici, aveva dovuto esprimere dubbi sulla paternità della
strage di Hula, alla vista delle decine di teste colpite a bruciapelo e
dei bambini con la gola tagliata, effetti non imputabili a bombardamenti
di artiglieria. Declich, scandalizzatosi perchè c’è chi ascolta anche
altre voci, come quella di un governo in ogni caso infinitamente meno
criminale dei regimi totalitari del Fronte di Liberazione Siriano,
Israele, Usa, GB, Francia, Qatar, Arabia Saudita, Al Qaida, o quella dei
centri di informazione cristiani che testimoniano la loro comunità
sterminata dai „rivoluzionari“, alla fin fine si aggrappa a un unico
argomento: i bombardamenti di Assad sulle case e famiglie di civili.
Siccome del cui prodest il presidente del paese, azzannato da
una marmaglia di lanzichenecchi, se ne fotte, ecco che promuove coesione
contro il nemico e consenso della nazione al suo governo bombardandone
i figli.
Deve aver proprio pisciato fuori dal vaso imperiale, non unica
nella stampa mainstream che incomincia a rendersi conto
dell’insostenibilità della vulgata di Hillary e dell’emiro del Qatar, la
Frankfurter Allgemeine Zeitung, standard aureo giornalistico
per ogni establishment, quando ha pubblicato dati e testimonianze su
Hula che rivelavano come TUTTI gli assassinati appartenessero a famiglie
sostenitrici del governo, in quartieri che sgherri armati avevano
occupato e dove l’esercito regolare era entrato solo a carneficina
compiuta. Granate di carri armati siriani che hanno distrutto le case? A
parte il fatto che è diritto di ogni governo intervenire contro
aggressori che massacrano la gente, al Nostro sono sfuggite le immagini
di ribelli che, sparando razzi RPG, fanno crollare case, quelle delle
case che vengono fatte passare per bombardate e invece esplodono dal di
dentro, quelle delle nuvole di fumo nero che, sistematicamente, si
sprigionano dalle macerie e come tali indicano che si tratta di
copertoni incendiati sui tetti. Riunendo in sé due delle proprietà delle
tre scimmiette, il vessillifero della „rivoluzione siriana“, non vede,
non sente. In compenso parla. Ripete.
Riesce anche imbarazzante per i più avveduti tra coloro di cui si
esercita a essere l‘eco. Ci fa le pulci sulle provata presenza in Siria
di terroristi importati ma, occhiutissimo, non si è neanche accorto
delle bandiere nere al vento di Al Qaida in Libia e Siria, o dei 600
sicari lì trasferiti dal fondatore di Al Qaida in Libia, Abdelhakim
Belhadj, o delle ormai sempre più frequenti rivelazioni di stampa e
servizi occidentali sulle spedizioni mercenarie guidate da forze
speciali Nato. Meglio di qualsiasi nostra obiezione, lo mette al posto
suo un referente di quel planeticidio che viene tanto ottusamente
sostenuto. Leggetene qui sotto il suo pensiero sulla Siria. Un tantino
più cinico. Ma parecchio meno stupido. E poi fatevi due risate a
rileggere le inveterate scagliate contro di noi da Ricucci e compagnia.
Quando pensate che Kissinger era ministro di Nixon, consigliere di
Bush 1 e 2 e oggi di Obama, alla luce dell’annientamento che programma
per una nazione dopo l’altra, a partire dal Cile di Allende, non
dovreste stupirvi del fatto che nella Casa Bianca, a capo dell’Occidente
dove si verificano i prodromi della dittatura sul mondo, siede, come
raccontatovi nel precedente pezzo, un assassino seriale di massa.
Notizia (New York Times), quella di Obama che insieme ai suoi 14 capi
della sicurezza si riunisce settimanalmente per stilare elenchi di
assassinandi perchè „sospetti“ o „vicini a sospetti“, per cui è giudice,
giuria e boia in uno. Informazione epocale su uno scherano di Wall
Street che si crede Zeus e lancia droni sull’umanità che non marcia in
fila, bellamente ignorata dalle armate mediatiche di cui i nostri tre
scrivani eroi sono lo stormo di zanzare. Tutt’altra cosa il „manifesto“:
silenziatore sul serialkiller e sua esaltazione in ultima pagina,
attorno a fotona di latinos con tocco in testa, per cantare un peana
all’angelo nero che, per nulla interessato al voto degli immigrati,
regolarizza con decreto i giovani ispanici cresciuti negli States.
Semplicemente grandioso per scelta delle priorità. Il collettivo
sionista, in quello e in altri luoghi, avrà provato un leggero imbarazzo
a vedere che il tema della Shoah, 127°dal dopoguerra (o giù di lì), è
stato scelto dal 4,7% dei maturandi, avverso al 41,2% che ha preferito
stare con i piedi sulla terra bruciata di oggi impegnandosi su „I
giovani e la crisi“. Imbarazzo tramutatosi in euforia al constatare che
ancora una vola la Shoah subita 70 anni fa è stata proposta a dispetto
degli olocausti inflitti da 70 anni in qua. A Gaza (9 ammazzati da
Israele negli ultimi tre giorni), terrorismo coloniale e militare in
Cisgiordania del Bersani palestinese, Abu Mazen, in Libano, Siria e,
attraverso dittatori surrogati, in metà dell’America Latina.
Intanto in Siria…
Ratti di Libia e bambini “ribelli” di Siria
Del Generale Robert Mood, capo della missione di Osservatori ONU e
fonte cristallina di verità, ai sopranominati delatori è sfuggita la
denuncia di un membro giordano della missione di Mood spia della Nato,
denuncia uscita su buona parte dei media del Sud del mondo. Uno degli
espisodi citati: Mood aveva portato il suo convoglio estemporaneamente a
Tartus, dove non era in corso alcun conflitto da registrare, solo per
ispezionare quattro installazioni militari siriane, operazione non
prevista dal mandato ONU. La stessa azione veniva condottaa Rastan,
sempre su strutture dell’esercito. Che Mood intenda ripetere la raccolta
di elementi atti a favorire bombardamenti e incursioni mirate, già
compiuta da osservatori ONU in Iraq prima dell’attacco, o da giornalisti
e osservatori OSCE in Serbia a favore dei bombardieri in partenza da
Aviano? A pensar male… con questi ci si è sempre preso.
Altra notiziola scartata dai probi cronisti di cui sopra, è la
minaccia fatta dai loro teneri e pacifici rivoluzionari che occupano
parti di Homs (unico abitato ancora non liberato dall’esercito), dove
tengono in ostaggio e nel terrore di subire il noto „trattamento Sirte“
5000 abitanti, di iniziare ad ammazzare civili se l’esercito siriano
non se ne va. Hannibal che, mentre sbrana un po‘ di gente, intima al
poliziotto di togliersi dai piedi. Notizia confermata non solo dai
bugiardoni del governo, ma da vari giornalisti alla Marinella,
ovviamente a libro paga di Assad. E, ancora, l’assalto compiuto da
„ribelli“ contro l‘inviato dell’Ansa, loro consanguineo deontologico, in
cui sono stati massacrati sei poliziotti che lo proteggevano.
Ovviamente un’operazione di Assad. Infine, assolutamente non
pubblicabile, la rivelazione che gli eroici volontari di „Medici senza
Frontiere“ sono stati scoperti contrabbandare dalla Turchia esplosivo
plastico ai terroristi. Imperdonabile che siano stati colpiti dalle
forze lealiste mentre fraternizzavano in tal modo con i „giovani
rivoluzionari“. Alcuni di questi, catturati, hanno confessato che
svuotavano farmacie per fornire medicamenti agli „insorti“.
Altra notizia. A suggellare un’affinità terroristica al di là
dell’appartenenza alla medesima confraternita confessionale, ecco che
miliziani salafiti sono ospitati a Miami nei campi di addestramento dei
bombaroli anticastristi, mentre, uniti nell’unica fede narco-islamista,
altri tagliagole da lanciare contro la Siria vengono istruiti in Kosovo
dall’UCK, a sua volta impratichitosi nel terrorismo grazie
all’intervento, nel 98-99, di Al Qaida e dello stesso Osama bin Laden,
in vista di Bondsteel, la più grande narcobase militare Usa d’Europa.
Mamma li curdi!
Sherkoh Abbas, importante dissidente siriano curdo, ha sollecitato
Israele a ridurre in pezzi la Siria, come previsto nel 1982 dal Piano
Oded Yinon del Ministero degli esteri sionista, frantumandola tra
sunniti, sciti, alawiti, cristiani, drusi, curdi… Dopo i despoti curdi
Barzani e Talabani, che hanno svenduto il Kurdistan iracheno alle
compagnie Usa e ai servizi e accaparratori di terre israeliani, ecco
arruolarsi il curdo siriano per onorare le istanze di emancipazione Nato
del suo popolo. Dove ha sede l’Assemblea Nazionale Curda, capeggiata da
questo campione dell’unità della sua nazione attraverso lo
spezzettamento di altre? A Wahington, dove se no? E l’altro frammento di
curdi filoimperialisti, il „Movimento del Futuro“, dove sta? Ma a
Istanbul, nel sottoscala di quel che rimane, dopo sei scissioni, del
Consiglio Nazionale Siriano. Ha invece sede in pieno territorio
curdo-siriano, il PYD, organizzazione maggioritaria dei curdi siriani,
da sempre ideologicamente legato all’onorevolissimo PKK della Turchia e
sostenitore della Siria unita e libera di Assad. Non sarà un caso che il
PKK abbia negli ultimi mesi intensificato i suoi confronti con le
truppe turche, iniziativa simpatica, atta ad allegerire la pressione del
Nato-turco Erdogan sulla Siria.
Con la coalizione progressista e democratica di
Usa-UE-Nato-Turchia-Qatar-Arabia Saudita, di cui i nostri tre spadaccini
sono i vessilliferi medatici, in assoluto marasma per via della
resistenza in armi e di popolo e dell’accentuata fermezza di Putin
(pensate al recente lancio dimostrativo di missili intercontinentali
russi e alle navi di armi russe in rotta verso la Siria), Obama, in
vista delle elezioni (Usa, ma anche messicane e venezuelane), si
arrovella su un dubbio. Si chiede: guadagno più voti a contrastare
Romney, primatista di demenza reazionaria e genocida, mettendomi la
corazza del guerriero senza macchia, paura, indulgenze, o mi fa più
gioco fermare l’Air Force, con quella maggioranza di cittadini che,
animati da Occupy, sono contrari a ogni nuova e vecchia guerra?
Il dubbio frantuma anche la coalizione dei volenterosi che, in
confusione sul da farsi, diramano a giorni alterni invocazioni al piano
di pace Annan e belluine minacce di sfracelli. Al lacerarsi del tessuto
di menzogne e provocazioni perfino nella stampa main stream,
cui disperatamente i nostri deontologici polemisti offrono puntelli di
ricotta, al disgusto dei Brics, per ora non sanno che contraporre
un’esasperazione forsennata degli attentati e delle stragi. Come se la
quantità potesse porre rimedio al disfacimento della qualità. Come in
Nigeria, ultima espansione del terrorismo confessionale Al Qaida-Nato,
mirata a sfasciare, dopo la Libia, la più grande e petrolifera nazione
africana, sono i cristiani ad andarci di mezzo. In Nigeria macellano
quelli che li macellano, in Siria, colpiti dalla fanteria Nato con
sequestri, massacri, tortura, distruzione o furti di case, fuggono e
gridano aiuto. Il papa, loro monarca e custode, di questi ultimi non è
stato informato.
Grecia: chi coglie il vento e naviga, chi s’accuccia in vista della bufera
Una cosa va detta prima di ogni altra considerazione
politico-ideologico-economica. Sulla Grecia non si abbatte solo la furia
predatrice degli strozzini internazionali e la collera per il fiorire
di un pensiero alternativo di massa. Sulla Grecia infierisce la vendetta
dei barbari. Il discorso, non della sola Merkel, di „noi brave
formichine laboriose e voi cicale canterine e fannullone“ è il rigurgito
moderno di un bimillenario complesso di inferiorità del Nord nei
confronti della civiltà classica. Civiltà, cultura, che tutto ha
iniziato e tutto ci ha insegnato. Civiltà da loro sempre inseguita, mai
conquistata, dunque da obliterare. Psicologismi? Chiediamolo a Gramsci e
alla sua intelligenza della „sovrastruttura“.
Syriza, fronte di 12 partiti e movimenti, che in Italia potrebbe
essere paragonata a una coalizione tra Ferrero (o piuttosto la sua
base), Grillo, Landini e No Tav, si moltiplica per sei e becca il 27%.
Stava al 4% due elezioni fa. Gli altezzosi devoti a piaceri solitari del
KKE, scavato un fosso tra sè e le masse, si dimezzano al 4, 5% e
suscitano un amarcord che fa rivivere il lento estinguersi dei
sedicenti „comunisti“ in mezzo mondo. Suscitano anche una gran collera
al pensiero che, uniti, KKE e Syriza avrebbero vinto e provocato la
rottura della faglia europea. Il Pasok-PD è giunto al capolinea dove un
binario morto aspetta il suo equipollente italiano. Rattrista la
rinnovata adesione del Partito Comunista-Sinistra Popolare del buon
Rizzo a questi custodi del terzinternazionalismo più settario e
antipopolare. Sinistra Democratica, con il suo 6,26%, manda 17 deputati a
coprire a sinistra l’assalto finale di Pasok-ND-UE ai greci ancora in
vita. Vale un SEL. Quanto ad Alba Dorata, il parallelo è con i
neonazisti di Forza Nuova e affini. In vista della dittatura mondiale
perseguita dalla Cupola, vengono allevati e esibiti nel circo della
democrazia trucidi energumeni pelati e in camicia nera, macchiette da
Gran Guignol, perchè i boccaloni continuino a credere che la minaccia di
totalitarismo siano questi figuranti e non Monti, Obama, Draghi,
Merkel, Lagarde, Zoellnick… Qualche mio gentile interlocutore insiste
nel dare del democretino a chiunque, da Bersani a Stipras, non si
ammassi sullo scoglio in gran tempesta dove sventola il vessillo della
rivoluzione, dell’uscita dall’euro (nessuno sa come si fa) e
dall’Europa. E dove neppure le zattere approdano più. Posso rispondere
con la constatazione che esistono anche, più perniciosi per noi, i
socialcretini?
Il risultato di Syriza è grandioso e cambia le carte in tavola.
Atene non si smentisce. Nella Grecia aggredita dal’autocrate persiano
Ciro è sorto un Leonida, o quel Demostene che seppe sottrarre la libertà
della Grecia alle grinfie imperiali dei macedoni. 71 deputati sono
arrivati in quel parlamento sull’onda di 17 scioperi generali in due
anni e di quella volontà insurrezionale di massa che ha difeso con i
corpi e con i mezzi possibili il suo diritto alla piazza. Hanno
combattuto e votato le famiglie depredate dai tagli e dalle tasse, i
lavoratori dei settori pubblico e privato rimasti al quasi 50% in
strada, i comunisti seri, gli anarchici, gli studenti, i giovani. Fate
un confronto tra le celebrazioni post-elettorali di Nuova Democrazia e
di Syriza. Altro che „una faccia una razza“. Due facce, due razze:
quella che fa indistinguibili i manifestanti di Occupy, del Quebec, di
Madrid, di Santiago del Cile, da quelli di Syntagma. E l’altra che
confonde i fichetti, yuppies, signore laccate di Nuova Democrazia, con
il seguito arancione della Timoshenko, con quello verde dei quartieri
alti di Tehran, o con la fauna di Cortina, o della Bocconi.
Syriza rifiuta il memorandum sociocida ed è la priorità e la
possibilità. E‘ il prerequisito per il ricupero della sovranità. Ha
promesso che lo combatterà in parlamento e, ancora, nelle piazze. I
giochi sono aperti: la vecchia oligarchia regnante è totalmente
screditata. I greci sanno che ulteriori tagli per 11 miliardi li
stroncherebbero definitivamente, che i prestiti ingrosseranno il debito e
schizzeranno attraverso l’economia per alloggiarsi presso banchieri
oltremare, che il licenziamento di 150mila statali preteso dalla Troika
(alla maniera della Cuba di Raul, dove saranno un milione e mezzo a
finire dietro a bancarelle), comporta la fame per un milione di
famiglie. La fase richiede, mi pare, la transizione da un disastro senza
limiti a un’economia equa, dinamica e partecipatoria. In parlamento si
dovranno denunciare la corruzione dei cleptocrati e le spese assurde per
le burocrazie militari e clientelari. Syriza non richiede oggi l’uscita
dalll’euro (quante Piazza Fontana seguirebbero?), checchè sognino i
dormienti, perchè vorrei vedere il greco che si ritrova con la dracma e i
risparmi e salari dimezzati. Ma tale uscita in prospettiva sarà
indispensabile una volta confiscati i beni rubati dagli oligarchi e
nascosti in Svizzera o nei paradisi fiscali, e che gli interessi d’usura
del sistema bancario europeo e internazionale siano stati rinegoziati,
magari sotto minaccia di un abbandono della Nato, dando un minimo di
fiato all’economia e ai livelli di vita. Con la propria valuta nazionale
la Grecia riprenderebbe il controllo sulle sue finanze, tasso di
cambio, strumenti di politica monetaria e degli investimenti. Nel
frattempo sospenda il pagamento del debito (e ne scopra le componenti
illegittime), metta il cappio al collo degli evasori miliardari, faccia
un trapianto di organi vitali dai briganti armatori, evasori
stramiliardari, al corpo agonizzante del popolo, imponga rigidi
controlli sui capitali, congeli depositi bancari per evitarne la fuga,
si rifornisca di fondi da fonti alternative: Russia, Iran, Venzuela,
China e altri Stati non ligi alla Troika. Affidi al controllo operaio la
gestione di industrie fallite, abbandonate, inefficienti, ai giovani
l’innovazione e la rinascita di un’agricoltura uccisa dalla voracità di
multinazionali e importatori.
E‘ il libro dei sogni? Dipende da che sostegno l’azione
parlamentare otterrà dalla mobilitazione ed energia di piazza, non solo
in Grecia. Gli eurocrati saranno tanto spaventati quanto spietati. Ma i
300 delle Termopili ce la potranno fare. Abbiamo lasciato che Serbia,
Iraq, Libia si sacrificassero da soli, anche per noi. Oggi sono la Siria
e la Grecia a poterci salvare. Tocca a noi darci da fare per salvare
loro. I fronti sono tanti, c’è anche quello in fiamme d’Egitto, dove gli
Usa, barcamenandosi tra i Fratelli Musulmani e i più affidabili
generali, hanno benedetto il colpo di Stato con cui è stato sciolto il
parlamento, i generali si sono ripresi il potere legislativo e hanno
riabilitato alle elezioni presidenziali il boia di Mubaraq, Ahmed
Shafiq. La reazione del popolo di Tahrir ha ribadito che i destini di
popoli e classi sono intrecciati, una è la guerra, uno il nemico. Capito
questo, abbiamo vinto.
Eroi di Napolitano. Bravi a sparare sui pescatori.
Rimpiangere Cossiga?
„Senza dubbio non tutte le conquiste del passato possono essere
considerate ancora sostenibili e nemmeno ugualmente valide rispetto a
nuove concezioni e misurazioni del benessere e della qualità della
vita“. Questo, strappato pari pari dalle labbra della Fornero, ha
sentenziato Giorgio Napolitano sporgendosi dal balcone su una sterminata
massa di precari senza futuro, pensionati senza cibo, cittadini con
casa rubata dalle tasse, operai senza rappresentanza sindacale seria e
licenziabili a uzzolo del padrone, referendari rasi al suolo dal fuoco
congiunto PD e PDL. Le misurazioni del benessere e della qualità della
vita vanno fatte su Briatore, Benetton, Marchionne e su quel 10% di
italiani che hanno il culo al caldo del 50% della ricchezza nazionale.
Non v’è alcun dubbio che Napolitano, petalo di quel quadrifoglio della
fortuna Nato-BCE, composto da lui con D’Alema, Veltroni, Bersani (il
gambo si chiama Violante) e per lunghi anni concimato nell’orto del PCI
togliattian-berlingueresco, tra tutti i nostri capi di Stato si è
dimostrato il più equilibrato, imparziale, sopra le parti, saggio ed
equo rappresentante di tutte le componenti della nazione. Con
particolare cura per quelle minoritarie. Appunto il nominato 10%. Con la
garza della sua „viva e vibrante commozione“ applicata sulle piaghe
inflitte al paese da una banda di mafiosi promossi al governo del paese,
ha permesso agli italiani di sopravvivere in coma vigile e di
risvegliarsi nell’esultanza di un colpo di Stato che, come con Vittorio
Emanuele di fronte alle intemperanze di lavoratori e socialisti, ha
rimesso tutte le cose nel loro naturale ordine. Quello occupato del 10%.
Non si è concesso nè sosta, nè riposo, l’ultraottuagenario,
allevato da manovratori illuminati fin da quando lo mimetizzavano da
entusiastico celebratore dei carri armati di Budapest. Sulle
insostenibili „conquiste del passato“, rappresentate in primis
dall’anacronistico scudo della sovranità nazionale, consegnatoci in
punto di morte dai martiri del Risorgimento, già ridotto a carta velina
dal Patto Atlantico, in nome delle „nuove concezioni e misurazioni“ ha
fatto marciare gli stivaletti di pelle umana degli gnomi di Francoforte e
di Bruxelles. Non c’è articolo della Costituzione che lui, massimo
custode, non abbia liftato e reso trendy, restaurandolo in pret-à-portereuropeo
(art. 81: pareggio di bilancio, costi quel che costi al popolino e,
art. 41, eliminazione della forzatura sociale sulla libertà d’impresa), o
addirittura grantendogli una rivitalizzante metempsicosi (art.1:
repubblica fondata non più sull‘arcaico lavoro, ma sull’allegra
dissipazione praticata a beneficio universale dalla minoranza del 10%;
art.11: repubblica che ripudia la pace).
Infine, soddisfatte tutte le esigenze della modernità, restava da
rivedere un altro istituto a lungo ostico al 10% (che poi, a ben vedere,
è solo quell‘1% a rischio di estinzione che viene perseguitato da
Tsipras, Assad,Tahrir e Occupy), la vecchia storia democratica
dei pesi e contrappesi tra i poteri della Repubblica: legislativo,
esecutivo, giudiziario (quello militare sta di riserva). Rivelato in
termini impropriamente diffamatori dal „Fatto Quotidiano“, che visti i
suoi implacabili attacchi ai commessi viaggiatori della Suprema Banca
deve essere certamente pagato da poteri occulti, l’assalto di Giorgino
o‘ padrino alla magistratura fa rosolare d’invida la buonanima di
Francesco Cossiga. Dopotutto, il bislacco gladiatore si era limitato a
garantire con Gladio-Decima Mas-mafia l’incolumità nazionale, a spedire
Falchi fucilatori contro i sediziosi di piazza e a tirare colpetti a
salve contro „giudici ragazzini“. C’era il dramma di un ex-ministro
degli interni e presidente del Senato ai tempi in cui mafia e Stato,
accendendo fuochi purificatori tra Capaci e Via die Georgiofili,
tentavano disperatamente di tenere a bada il Mazinga comunista. Quei
successori, nella disobbedienza e forse nella nemesi, di Borsellino e
Falcone, avevano osato incriminare un illustrissimo e intoccabile
rappresentante dello Stato e, addirittura, volevano metterlo a confronto
con colleghi e pentiti che straparlavano di trattativa mafia-Stato.
Succedeva sotto l’occhio dell’allora ministro di polizia e di quello
della Giustizia, il quale si era attribuito il merito di aver allentato
il cappio disumano del 41bis ad alcuni interlocutori della trattativa e
delle collegate esecuzioni di massa.
Così Mancino, sentita l’aria nuova che ha preso a tonificare il
10%, cui lui di dirittto appartiene, ha chiesto al presidente, per
interposto braccio destro D’Ambrosio, di raddrizzare le cose e i
magistrati di Palermo, soffocando così una volta per tutte le mefitiche
esalazioni emesse dal pool di coloro che insistevano a soddisfare il
diritto alla verità di una proterva maggioranza del 90%. E cosa ha fatto
Napolitano? Ha innovato, perbacco. Si è messo al passo con Obama e si è
dato, applicando la sua autorità puramente morale in quanto arbitro
istituzionale, il ruolo ben meno anodino di incursore sulle fasce. Il
centrattacco, del resto, l’aveva già fatto: dando l’assist al gol della
punta Monti, con il quale la Banca Centrale Europea, e chi sopra di
essa, avevano chiuso ogni partita del vecchio campionato di classe. Il
capo dei procuratori della repubblica, inebriato anch’esso dall’aria
nuova, ha ottemperato. Non s’incapponisca quel fanatico palermitano di
Ingroia, si faccia coordinare da chi al fedele custode dei misteri del
92-93 saprà rendere il dovuto.
Osservando da vicino l‘erede di un’illuminata e rimpianta monarchia
assoluta, se non addirittura di un re, a un bel tomo di Cagliari,
avvocato e pure donna, è venuto in mente di riflettere sul fatto che,
per molto meno, Nixon era stato impallinato da impeachment. Ha
considerato che imporre, su ordini dall’alto, un premier e un governo
non legittimato dal voto popolare, insieme a una serie di altre
trasgressioni, non costituiva proprio garanzia della Costituzione. E
così, per Giorgino o‘ Delfino, ha azzardato una balzana prospettiva di
messa in stato d’accusa. Attentato contro
l’integrità, l’indipendenza e l’unità dello Stato (sovranità monetaria
trasferita dal popolo italiano alla BCE, quella politica, eocnomica,
militare, passata a privati esterni); associazione sovversiva; attentato
contro la Costituzione dello Stato; usurpazione di potere politico;
attentato contro gli organi costituzionali; attentato contro i diritti
politici del cittadino; cospirazione politica mediante accordo;
cospirazione politica mediante associazione. Tutto questo prima che gli
venisse offerta l’ulteriore ghiotta occasione dell’intervento
presidenziale sull’indipendenza dei magistrati. Colpo di Stato?
Secondo ogni dottrina giuridica costituzionale è colpo di Stato. C’è
chi ne è pratico. E i golpisti nel governo applaudono.
E‘ matta l’avv. Paola Musu da Cagliari? Forse non s’è avveduta che,
storicamente, un potere criminale economico a un certo punto ambisce a
farsi politico. A farsi Stato. Prima la mafia regnava per interposta
persona. Successivamente, grazie a quattro bombette, è entrata a gamba
tesa nel palazzo. E così difficile comprendere Napolitano quando, fatto
fare ogni cosa agli altri per tanti anni, ha ritenuto arrivata l’ora di
farsi avanti in prima persona, con tanta „vibrante e commossa
soddisfazione“ dei suoi papà e mamma, della famiglia tutta. Legittima
aspirazione umana, no? Tutto il resto sono maleinterpretazioni,
strumentalizzazioni e manipolazioni, dice Napolitano delle
intercettazioni. Come Berlusconi.
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H. Kissinger
“Sono davvero sorpreso da come fa Assad a restare ancora al potere. In passato suo padre era l’unico leader arabo che mi ha battuto. Nel’1973, se non era per Anvar Sadat, il padre del giovane Assad avrebbe potuto battere l’occidente sul campo, perché la Siria di allora, come lo è anche adesso, era il nucleo più potente della resistenza araba all’occidente. Sono sicuro che senza l’aiuto di Sadat ci sarebbe stata una guerra contro Israele e gli arabi avrebbero potuto vincere contro Israele. Noi (Israele o America ? ndr) abbiamo fatto tutto ciò che era possibile contro l’Iran e contro la Siria. Personalmente ero al corrente di tutte le offerte che abbiamo fatto a Assad per allontanarsi dall’Iran, ma lui non ha ceduto e confesso che in lui ho visto l’immagine del padre che mi aveva battuto in modo eguale nel’1973. Ora è dal maggio 2011 che stiamo cercando di destabilizzare il suo regime, ma non riusciamo a stanarlo e questo mi ricorda quella formidabile forza che era l’impero mongolo che aveva preso tutto l’Asia Centrale e il Medioriente in un lampo, ma si fermò dietro le mura di Damasco. La cosa che mi sorprende è che la Siria, pur restando un paese senza grandi risorse e quasi povero, dispone di infrastrutture cosi forti e cosi stabili; ha i generi alimentari immagazzinati per oltre 5 anni ed è auto sufficiente per servizio sanitario ed energetico, inoltre, dall’esercito siriano composto da più di 500 mila unità, siamo riusciti ad ottenere solamente 1500 defezioni in tutti questi mesi e non riusciamo a dividerla internamente pur essendo un paese composto da circa 40 etnie diverse. Senza dubbio la grande maggioranza dei siriani sta con Assad e il paese ha l’appoggio dell’Iran, Russia e Cina. Non ci resta che insistere con la strategia di farla scoppiare dall’interno. Dobbiamo continuare a mantenere alte le fiamme che abbiamo acceso e farla bruciare internamente. Noi non possiamo rinunciare ai nostri interessi e dobbiamo continuare e destabilizzare la Siria per ottenere ciò che vogliamo.”
“Sono davvero sorpreso da come fa Assad a restare ancora al potere. In passato suo padre era l’unico leader arabo che mi ha battuto. Nel’1973, se non era per Anvar Sadat, il padre del giovane Assad avrebbe potuto battere l’occidente sul campo, perché la Siria di allora, come lo è anche adesso, era il nucleo più potente della resistenza araba all’occidente. Sono sicuro che senza l’aiuto di Sadat ci sarebbe stata una guerra contro Israele e gli arabi avrebbero potuto vincere contro Israele. Noi (Israele o America ? ndr) abbiamo fatto tutto ciò che era possibile contro l’Iran e contro la Siria. Personalmente ero al corrente di tutte le offerte che abbiamo fatto a Assad per allontanarsi dall’Iran, ma lui non ha ceduto e confesso che in lui ho visto l’immagine del padre che mi aveva battuto in modo eguale nel’1973. Ora è dal maggio 2011 che stiamo cercando di destabilizzare il suo regime, ma non riusciamo a stanarlo e questo mi ricorda quella formidabile forza che era l’impero mongolo che aveva preso tutto l’Asia Centrale e il Medioriente in un lampo, ma si fermò dietro le mura di Damasco. La cosa che mi sorprende è che la Siria, pur restando un paese senza grandi risorse e quasi povero, dispone di infrastrutture cosi forti e cosi stabili; ha i generi alimentari immagazzinati per oltre 5 anni ed è auto sufficiente per servizio sanitario ed energetico, inoltre, dall’esercito siriano composto da più di 500 mila unità, siamo riusciti ad ottenere solamente 1500 defezioni in tutti questi mesi e non riusciamo a dividerla internamente pur essendo un paese composto da circa 40 etnie diverse. Senza dubbio la grande maggioranza dei siriani sta con Assad e il paese ha l’appoggio dell’Iran, Russia e Cina. Non ci resta che insistere con la strategia di farla scoppiare dall’interno. Dobbiamo continuare a mantenere alte le fiamme che abbiamo acceso e farla bruciare internamente. Noi non possiamo rinunciare ai nostri interessi e dobbiamo continuare e destabilizzare la Siria per ottenere ciò che vogliamo.”
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