DUE SOVRANITÀ ! ANZI TRE !!! ANZI DI PIÙ ?
Poichè parliamo spesso di sovranità, è interessante analizzare il suo
significato. Qui tento di individuare alcuni aspetti del concetto di
sovranità.
Conviene partire da una definizione di sovranità, ripiglio quella che avevo fornito per anarcopedia:
La sovranità è una forma di potere
che non riconosce alcuna autorità di livello superiore. Solitamente la
sovranità è intesa a livello dello Stato (che solitamente si identifica
con lo stato-nazione). In altre parole lo Stato è un potere sovrano che
non dipende da altri poteri.
Qui emerge una delle contraddizioni del concetto: sovranità deriva etimologicamente da sovrano, cioè re, esso è intimamente legato a concetti monarchici.
In un modo che dà da pensare, nelle odierne democrazie si parla spesso di "sovranità popolare".
Insomma la sovranità, che è un concetto riferito ad una persona, ad un
singolo, la massima autorità di uno Stato, viene oggi concepita come un
concetto pluralistico, di un popolo. Nasce poi in ambiente monarchico e
vorrebbe essere applicato in ambito democratico. Qui c’è qualche aspetto
paradossale, su cui vorrei tornare dopo.
Ma restiamo per ora alla sovranità come è citata nella Costituzione italiana:
Art. 1. L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La
sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti
della Costituzione.
Emerge qui una visione della sovranità che deriva dal grande
costituzionalista Kelsen: la sovranità viene fornita tramite la
Grundnorm, la legge fondamentale (la Costituzione) sulla cui base viene
costruito l’edificio giuridico. In questa visione la sovranità si
costruisce sulla legge.
Il concetto può essere capovolto, facendo diventare la Costituzione
come la legge di grado più elevato, da cui discendono tutte le altre.
Non cambia molto, ma rende l’idea di una legge che discende dall’alto, invece che costruita dal basso.
Nella prospettiva di Kelsen si evita però di introdurre la possibilità
di una legge che discende da un ente esterno, l’idea della legge divina
che per millenni è stata considerata valida.
Eppure un altro famoso giurista ammoniva che tutti i concetti politici
originano dalla teologia.(1) Era Carl Schmitt, più famoso per un altro
concetto di sovranità: “Sovrano è chi decide lo stato di eccezione”.
La prospettiva di Schmitt è basata sull’idea che la legge non può
prevedere ogni situazione, ci saranno delle situazioni eccezionali in
cui bisognerà prendere decisioni, anche se non c’è una norma esplicita.
Per lui il sovrano è colui (o l’ente) che decide cosa fare in questi
casi eccezionali.
Anche se non è molto esplicita, anche la sovranità di Schmitt è
presente nella nostra Costituzione, perché essa deve prevedere cosa fare
nelle situazioni impreviste. Essa compare negli artt. da 134 in poi.
Art. 134. La Corte costituzionale giudica:
sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi
e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni;
sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni;
sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione.
Particolarmente interessante l’ultimo comma dell’art 137.
Contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione.
Insomma se si volesse leggere la nostra Costituzione con la visione di
Schmitt, la sovranità vera sarebbe qui, e risiederebbe nella Corte
costituzionale, non nel popolo. Ci sarebbe certamente qualche aspetto di
forzatura, perché la Costituzione fu scritta in un’ottica alla Kelsen,
ma qui emerge l’idea che esista un’altra sovranità, oltre a quella
citata esplicitamente, la sovranità di chi decide ed ha l’ultima parola.
Un’interessante conseguenza è che la Corte costituzionale non è solo un
organismo giuridico, ma ha sostanziali contenuti politici.
Vale comunque la pena di ricordare che Kelsen e Schmitt furono spesso
in polemica tra loro, ottenendo notorietà con le loro controversie oltre
che con le loro idee.
Nel frattempo in Italia il nostro Costantino Mortati, senza troppo clamore, definiva l’idea di costituzione materiale,
come qualcosa di vivente nella nazione, nel suo popolo e nelle sue
istituzioni, qualcosa che si poteva discostare fortemente dalla norma
scritta. Mi resta la sensazione che avesse visto più lungo degli altri
due famosi giuristi.
In ogni caso, le due visioni di Kelsen e Schmitt mostrano due visioni
alquanto interessanti di sovranità, decisamente diverse tra loro.
Ma il discorso è ben più complesso. La parola sovranità compare ancora all’ art. 11:
L’Italia … consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle
limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la
pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le
organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
Qui compare un concetto diverso dai precedenti, ancora una volta poco
esplicitato, l’Italia vuole essere uno Stato sovrano che decide in sua
autonomia le politiche e le decisioni da adottare. Insomma uno Stato è
sovrano quando non ci sono ingerenze di altri Stati.
Qui la questione non è chi decide all’interno dello Stato, ma che lo
Stato è capace di decidere di suo, che non è una colonia amministrata da
un viceré. Forse qui la prudenza dei padri costituenti ha evitato di
inserire dichiarazioni che non si potevano mantenere, vista la sconfitta
subita nella II Guerra mondiale (e le onerose condizioni di pace),
eppure questo concetto di sovranità è ben visibile nel diritto
all’autodeterminazione dei popoli presente nelle dichiarazioni ONU. (Ad
esempio la Carta delle Nazioni Unite, 26 giugno 1945; art. 1, par. 2 e
art. 55)
Questo è un principio molto citato e poco applicato. Eppure se lo Stato
non è sovrano, ha senso parlare di sovranità al suo interno?
Va detto che all’interno della sovranità statale si ritrova la
sovranità monetaria della MMT (diffusa da Paolo Barnard con varie
spiegazioni, inizialmente Modern Money Theory): uno stato ha la
sovranità monetaria quando è padrone della propria moneta e della
propria Banca centrale.
Qui conviene aggiungere il commento di un utente di Comedonchisciotte. (Jor-el)
Il discorso della sovranità è costellato di tabù, il più grande dei
quali è quello che riguarda la sovranità militare, di cui non si può
assolutamente parlare e che invece è direttamente collegata alla
sovranità politica e monetaria. Con un paletto del genere, sfido che i
discorsi diventano "complicati"! Viceversa, una bella mappa dell'Europa
in cui siano ben evidenziate le centinaia di basi militari straniere
(magari sovrapponendo ad essa quella dei flussi del contrabbando di
droga o dei migranti) chiarirebbe molte cose.
E quindi quella che per Benigni era “la Costituzione più bella del mondo “ qualche dimenticanza la ha.
Vorrei ritornare in chiusura sul paradosso iniziale, di come conciliare
l’idea di re con il popolo sovrano. Sembrano concetti alquanto
incompatibili, eppure Antonio Gramsci fece un’operazione di questo tipo,
partendo dal “Principe” di Machiavelli per arrivare alla moderna forma
del principe, che per lui doveva essere un partito politico, vivo,
attivo, egemone.
E allora si , in un'ottica gramsciana il popolo sovrano può esistere.
Se è un popolo attivo, militante, impegnato. Non è un popolo di
elettori.
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