Un innocente condannato all'ergastolo
Il fatto
L'imprenditore italiano di Trento, Enrico Forti detto “Chico”, dopo
un processo durato venticinque giorni, il 15 giugno 2000 è stato
ritenuto colpevole di omicidio da una giuria popolare della Dade County
di Miami, “per aver personalmente e/o con altra persona o persone
allo Stato ancora ignote, agendo come istigatore e in compartecipazione,
ciascuno per la propria condotta partecipata, e/o in esecuzione di un
comune progetto delittuoso, provocato, dolosamente e preordinatamente,
la morte di Dale Pike”.
La sentenza ha lasciato esterrefatti i presenti e quanti avevano
seguito il dibattimento processuale, increduli che una giuria abbia
potuto emettere “oltre ogni ragionevole dubbio”, un verdetto di colpevolezza basato soltanto su flebili e confuse prove circostanziali.
Successivamente, attente verifiche e valutazioni sulla fondatezza di queste “prove circostanziali”,
produssero una tale quantità di dubbi che il sospetto che i fatti siano
andati in modo completamente diverso da come sono stati presentati
dall'accusa, è divenuto certezza.
Valutando meticolosamente una per tutte le accuse basate su fatti
ed antefatti, si scoprì una serie infinita di manomissioni delle “prove circostanziali” da parte dell'accusa, con l'unico scopo di ottenere un verdetto di condanna.

L'incredibile storia - gli antefatti
Enrico Forti detto “Chico” nasce a Trento nel 1959 dove vive fino al
conseguimento della maturità scientifica nel 1978. In seguito si
trasferisce a Bologna per frequentare l'Isef, l'università di educazione
fisica.
Fisicamente dotato, si dedica alla pratica di parecchi sport,
dedicandosi in particolare al “windsurf” e negli anni '80 ottiene molti
successi a livello mondiale.
Negli anni '90 si trasferisce a Miami in Florida, dove intraprende un'attività di film-maker e presentatore televisivo.
In seguito si dedica anche ad intermediazioni immobiliari ed è
proprio svolgendo questa attività che conosce un personaggio di nome
Anthony Pike, che si presenta come proprietario di un omonimo albergo
sull'isola di Ibiza, in Spagna.
Quest'albergo aveva goduto di una certa notorietà negli anni '80,
frequentato da parecchi personaggi del jet-set internazionale, ma in
seguito ebbe un declino fallimentare.
Alla fine del 1997, Anthony Pike viaggia alla volta di Miami,
ospite di un tedesco di nome Thomas Knott, che da qualche tempo
soggiornava a Williams Island, in un appartamento sito proprio sotto
l'abitazione di Enrico Forti.
I due erano stati “compagnoni” ai tempi dorati dell'albergo di Ibiza, di cui Knott era un assiduo frequentatore.
Solo in seguito, a cose fatte, si scopriranno i veri profili di questi due personaggi.
In primo luogo, Pike in quel periodo si trovava in estreme difficoltà finanziarie.
Knott era un “intrallazzatore” condannato in Germania a sei anni di
detenzione per truffe miliardarie, sparito durante un periodo di
libertà vigilata e ricomparso a Miami (ospite di altri tedeschi) a
Williams Island, dove svolgeva sotto falsi documenti (procuratigli da
Pike) un'attività di copertura come “istruttore di tennis”.
In realtà continuava la sua “professione” di truffatore (25 accuse
in poco più di sei mesi!) e l'ultima fu proprio quella tentata ai danni
di Enrico Forti, convocando Anthony Pike a Miami con l'intento di
vendere il citato hotel, sebbene non fosse più di sua proprietà da oltre
un anno.
Durante questa trattativa, compare sulla scena Dale Pike, figlio di
Anthony, che in passato era stato allontanato dall'albergo di Ibiza per
gravi dissapori con il padre e probabilmente anche con Thomas Knott,
suo ex compagno di baldorie.
Dale Pike doveva lasciare precipitosamente la Malesia, per motivi
non accertati, e ricorse all'aiuto del padre, trovandosi in questo stato
di necessità completamente privo di denaro.
Anche Anthony Pike non aveva alcuna disponibilità finanziaria, e
chiese l'aiuto di Enrico Forti con il quale era entrato in trattative
per la compravendita dell'albergo. Forti fu disponibile e alla fine di
gennaio 1998 pagò a Dale Pike il biglietto aereo dalla Malesia alla
Spagna.
Quindici giorni più tardi, Anthony Pike telefonò nuovamente ad
Enrico Forti, prospettandogli una sua visita a Miami, questa volta in
compagnia del figlio Dale.
Il giorno del loro arrivo fu programmato per domenica 15 febbraio 1998.
Convinse nuovamente Enrico Forti ad anticipare il denaro per pagare
i biglietti aerei ed anche questa volta Forti acconsentì a pagare i
biglietti ad ambedue.
Alcune e-mail di Dale Pike alla fidanzata Vaike Neeme, una “ragazza
copertina”. L'ultima è del 14 febbraio 1998 (il giorno prima della
partenza per Miami). In questa lettera Dale si dice ansioso di conoscere
Chico, “il nuovo proprietario” dell'hotel di suo padre, che è anche un
produttore cinematografico. Scrive “di avere con sé un progetto per fare un film e di volerglielo presentare”. Dale si augurava che Forti lo aiutasse a realizzare questo film.
Due giorni prima della partenza, Anthony fece un'ultima telefonata
ad Enrico Forti, adducendo problemi personali, spostando il suo
appuntamento con lui a New York per il mercoledì successivo 18 febbraio.
Suo figlio Dale invece, avrebbe comunque viaggiato a Miami, da
solo, la domenica 15 febbraio ed Anthony chiese a Forti di andarlo a
prendere all'aeroporto per ospitarlo a casa sua.
Forti acconsentì, ma dopo il suo incontro con Dale all'aeroporto,
quest'ultimo gli chiese di essere portato al parcheggio di un ristorante
a Key Biscayne, dove amici di Knott lo stavano attendendo e avrebbe
trascorso alcuni giorni con loro, in attesa dell'arrivo del padre.
Forti quindi gli diede un passaggio fino al luogo indicato da Dale e lo lasciò al parcheggio verso le ore 19 di quella domenica.
Il suo contatto con Dale Pike, mai visto né frequentato prima di quel giorno, era durato circa una mezzora.
Il giorno 16 febbraio un surfista ritrovò il cadavere di Dale Pike
in un boschetto che limita una spiaggia a poca distanza dal parcheggio
dove Enrico Forti lo aveva lasciato.
Era stato “giustiziato” con due colpi di pistola calibro 22 alla
nuca, denudato completamente ma con vicino il cartellino verde di cui
viene dotato alla dogana chiunque entri negli Stati Uniti.
C'erano anche altri oggetti personali per cui fu semplice l'identificazione.
La morte fu fatta risalire tra le ore 20 e 22 del giorno precedente, poco tempo dopo il suo commiato da Enrico Forti.
Fu provato che Enrico Forti alle ore 20 si trovava all'aeroporto di Fort Lauderdale.
Al processo infatti venne accusato e condannato come “mandante” dell'omicidio.

L'incredibile storia - l'inganno
Le accuse mosse contro Enrico Forti si basarono tutte sul fatto
che in un primo momento egli tacque sulla circostanza dell'arrivo di
Dale Pike domenica 15 febbraio 1998 ed omise la verità sul loro incontro
all'aeroporto di Miami.
Nei giorni che seguirono i fatti dimostrarono come Enrico Forti non fosse stato affatto preoccupato della sorte di Dale Pike.
Fu soltanto mercoledì 18 a New York, dove si era recato per l'incontro con il padre, che apprese la notizia dell'omicidio.
Saltato l'appuntamento con Anthony Pike e non avendo più sue
notizie, Forti tornò immediatamente a Miami ed il giorno seguente, 19
febbraio, si recò spontaneamente al dipartimento di polizia, per
rispondere ad una convocazione come persona informata dei fatti.
Fu durante questa convocazione – che si rivelò poi un vero e
proprio interrogatorio come maggior indiziato per l'omicidio – che la
polizia lo informò falsamente che oltre a Dale, anche il padre Anthony
era stato trovato ucciso a New York.
Anthony Pike invece, era vivo e vegeto e sotto protezione della polizia stessa dal giorno precedente.
Terrorizzato dal precipitare degli avvenimenti, Forti negò di aver incontrato Dale Pike.
La sera del 20 febbraio, ormai resosi conto della gravità della
situazione, tornò alla polizia per consegnare una serie di documenti
relativi al rapporto d'affari con il padre della vittima. Ingenuamente,
si presentò senza l'assistenza di un legale, anche per la garanzia di
un ex capo della squadra omicidi da lui conosciuto, che lo aveva
assicurato trattarsi solamente di dare alcuni chiarimenti per aiutare le
indagini della polizia.
Invece in quell'occasione venne immediatamente arrestato e
sottoposto ad un massacrante interrogatorio per 14 ore, durante il quale
ammise di aver incontrato Dale Pike il 15 febbraio nelle ore precedenti
il suo omicidio e di averlo accompagnato al parcheggio del ristorante
Rusty Pelican a Virginia Key.
Questa ammissione fu il risultato di una vera e propria trappola,
tesagli per mandarlo in totale confusione, costringendolo a mentire
soggiogato dalla paura e dalla disperazione. Una tecnica forse legittima
ed ammissibile, secondo il sistema americano, ma ottenuta
proditoriamente con l'inganno.

L'incredibile storia - l'accusa
Le invenzioni dell'accusa
Nell’immediatezza del primo arresto, Enrico Forti era stato accusato di frode, circonvenzione d’incapace e concorso in omicidio.
La giuria però fu fuorviata ed ingannata nel suo giudizio
finale perché non venne mai informata che Enrico Forti in precedenza era
già stato completamente assolto dalle accuse di frode e circonvenzione
d’incapace.
Liberato su cauzione, nei venti mesi che seguirono, era stato
infatti scagionato da tutti i capi d'accusa (otto) che riguardavano la
frode.
Scorrettamente invece, la frode fu usata come movente nel processo per omicidio.
Riportiamo la traduzione letterale del testo introduttivo della teoria dello stato sulla quale il PM ha fondato le sue accuse.
“La teoria dello Stato sul caso era che Enrico Forti
avesse fatto uccidere Dale Pike perché Forti sapeva che Dale avrebbe
interferito con i piani di Forti per acquisire dal padre demente, in
modo fraudolento, il 100% di interesse di un hotel di Ibiza. Dale aveva
viaggiato verso Miami dall’isola di Ibiza in modo che Forti avrebbe
potuto “mostrargli il denaro” – quattro milioni di dollari richiesti per
la transazione – per l’acquisto dell’albergo di suo padre. Forti
semplicemente non lo aveva. Invece, Forti incontrò Dale all’aeroporto e
lo condusse alla morte”.
Non c’è una sola parola di verità in queste affermazioni.
Non è vero che Dale Pike, la vittima, costituiva un
ostacolo per i piani di Forti di acquistare l’albergo. Non ne aveva
alcun potere.
Non è vero che il padre, l’albergatore Tony Pike,
era un vecchio malato e disabile, incapace di intendere e volere.
Tutt’altro. A suo tempo, molte testimonianze lo consideravano un astuto e
sveglio uomo d’affari. D’altronde al processo non è stato presentato
alcun documento che comprovasse la sua presunta demenza, né da parte di
un tribunale, né di una qualsiasi commissione medica.
Non è vero che Enrico Forti volesse appropriarsi in
maniera fraudolenta del 100% dell’hotel. Anzi si è scoperto che
l’albergatore tentava di vendere al Forti un hotel che da molto tempo
non era più suo. Una truffa vera e propria. Anthony Pike stesso lo aveva
ammesso in una deposizione rilasciata a Londra prima del processo,
dicendo chiaramente che intendeva rifilare a Chico un “elefante bianco”.
Ma l’accusatore l’ha tenuto nascosto alla giuria.
Non è vero che Dale aveva viaggiato a Miami “per vedere il denaro contante”,
quattro-cinque milioni di dollari, che il Forti avrebbe dovuto pagare.
L’accordo di compravendita prevedeva il pagamento nell’arco di tempo di
sei mesi, parte in contanti, parte in permuta di due appartamenti e
parte con l’assunzione dei debiti dell’albergo con le banche. La
supervalutazione di quattro-cinque milioni di dollari del valore
dell’albergo è una stima del tutto inventata. A tutt’oggi il suo valore
reale è meno di un terzo.
Come si vede, alla base di tutte le accuse, viene evidenziato il movente della truffa.
Invece è vero esattamente il contrario. L’albergatore tentava di
vendere un albergo che da molto tempo non era più di sua proprietà.
Quindi Enrico Forti era il truffato e non il truffatore ed il movente era completamente inventato ed inesistente.
L'arringa dell'accusa
Giovedì, 15 giugno 2000, mezzogiorno circa.
Il pubblico ministero Reid Rubin ha appena terminato la sua sommatoria, guardando la giuria come se avesse presentato il suo “masterpiece”, un'opera d'arte.
E di un'opera d'arte si è trattato effettivamente, dal momento che è
riuscito a costruire e portare avanti un processo senza alcun sostegno
probatorio per avallare le sue accuse.
Certo Rubin non ha lasciato nulla all'improvvisazione, visto che ha
impiegato ben ventotto mesi per preparare la sua arringa finale.
Un record per i tribunali americani, visto che normalmente
qualsiasi processo si è sempre esaurito entro sei mesi dalla sua
istruttoria.
Certamente, questo enorme impiego di tempo e di denaro (dello Stato
della Florida) deve aver significato molto per la sua carriera o per
gli interessi del palazzo, se è riuscito ad ottenere facilmente una
serie di rinvii, fino al completamento di questo suo capolavoro.
Indubbiamente, l'artista Reid Rubin ha avuto molti punti di favore per giungere alle sue conclusioni.
Innanzitutto ha avuto l'incredibile vantaggio di pronunciare la sua
arringa senza che la difesa potesse replicare, in modo che qualsiasi
teoria lui intendesse proporre alla giuria, vera o presunta, basandosi
esclusivamente su una fantasiosa ricostruzione dei fatti, non era più
contestabile.
Tutto si può dire quando non si corre alcun rischio di essere smentiti!
Ma come è possibile che in un processo dove è in gioco la vita di una persona l'ultima parola competa all'accusa?
Semplice: il rito del processo americano prevede che l'ultima
parola spetti di diritto all'accusa quando l'imputato si è avvalso della
facoltà di non rispondere oppure non è chiamato al banco dei testimoni.
Ma chi era al corrente di questa regola? Sicuramente non Enrico Forti!
Lo sapeva ovviamente il pubblico ministero, che ha sfruttato questa
opportunità puntando tutte le sue “chances” proprio nello spazio finale
a lui concesso, approfittando anche del fatto che la giuria deve
decidere il suo verdetto basandosi esclusivamente sulla propria memoria
del dibattimento.
Logico quindi che nella mente dei giurati rimangano impresse più le ultime parole dell'accusa che non quelle della difesa.
A maggior ragione questo si verifica quando l'oratore è particolarmente bravo e non c'è dubbio che Reid Rubin lo sia.
Ma la responsabilità più grave della faccenda ricade sugli avvocati
della difesa: anche loro conoscevano questa regola. E allora è normale
chiedersi: ma perché concedere questo enorme vantaggio all'accusa e non
si è provveduto ad evitare questa trappola per tempo?
Disarmante la spiegazione data dai legali nel consigliare Enrico Forti di non presentarsi alla sbarra: “Tu
hai detto una bugia, quindi sei esposto al massacro di immagine che
l'accusatore può dare di te ai giurati. Quindi meglio non rischiare.
Inoltre, non essendoci prove, nessuna giuria al mondo potrà emettere un
verdetto di colpevolezza nei tuoi confronti!”.
Naturalmente, anche l'accusatore se ne è guardato bene dal chiamare
Enrico Forti alla sbarra! Il suo disegno accusatorio era proprio
fondato su questa possibilità: avere l'ultima parola per convincere una
giuria che, come succede nella maggioranza dei casi, può anche essere
stata non molto attenta durante il dibattimento.
Tardivamente, durante l'arringa del pubblico ministero, la difesa ha sollevato un'infinità di obiezioni, molte rifiutate, alcune accettate, ma con uguale effetto.
Il giudice, in quasi tutte le occasioni, ha invitato gli
avvocati a sollevarle in appello, quell'appello che poi sarebbe stato
sistematicamente rifiutato.

L'incredibile storia - il verdetto
Dopo la conclusione dell'arringa dell'accusa, la giuria popolare si è ritirata nella camera di consiglio.
Giovedì 15 giugno 2000, ore 16 circa. Solo poche ore sono bastate ai giurati per emettere un verdetto di colpevolezza.
Incredibile ed incomprensibile la decisione della Corte nel
suo pronunciamento della abnorme pena inflitta, che riportiamo nella
traduzione letterale:
“La Corte non ha le prove che lei sig. Forti abbia premuto
materialmente il grilletto, ma ho la sensazione, al di là di ogni
dubbio, che lei sia stato l'istigatore del delitto. I suoi complici non
sono stati trovati ma lo saranno un giorno e seguiranno il suo destino.
Portate quest'uomo al penitenziario di Stato. Lo condanno all'ergastolo
senza condizionale”!
La morte civile inflitta ad Enrico Forti in definitiva si basa solamente su una “sensazione”!
In seguito, nonostante si fosse in grado di dimostrare
ampiamente che Enrico Forti era rimasto vittima di un clamoroso errore
giudiziario, cinque appelli posti per la revisione del processo sono
stati tutti rifiutati sistematicamente dalle varie Corti, senza
motivazione né opinione.

L'incredibile storia - i diritti negati
... e le regole violate
Ad Enrico Forti è stato negato il diritto allo Speed Trial (processo
veloce entro 20 giorni dall’arresto) per avvenuta scadenza dei termini
di legge (6 mesi) dalla prima accusa all’arresto (20 mesi).
Il diritto allo Speed Trial gli è stato negato perché applicata la Regola Williams,
cioè l’esistenza di una diretta connessione tra l’ottenimento di un
illecito guadagno (truffa) e la consumazione dell’omicidio.
Questa regola avrebbe dovuto essere revocata perché Enrico Forti
era già stato assolto dall’accusa di frode in un precedente processo.
La deposizione rilasciata da Enrico Forti come testimone, durante la quale ha detto la bugia sul suo incontro con Dale Pike, avrebbe dovuto essere annullata perché coperta dai Diritti Miranda
che prevedono l’assistenza di un legale durante qualsiasi deposizione
rilasciata da una persona ufficialmente accusata di un crimine.
Questi diritti gli furono negati anche se al momento di questa deposizione, era già il principale indiziato per l’omicidio.
L’accusatore ha anche scorrettamente ignorato un accordo pre-processuale tra le parti, detto in limine,
secondo il quale la truffa non avrebbe dovuto essere usata come movente
La giuria così fu intenzionalmente fuorviata nel suo giudizio finale.
In questo modo si è violata anche la regola Double Jeopardy
secondo la quale, se un imputato è già stato assolto da un’accusa in un
precedente processo, la stessa accusa non può essere usata in un altro
processo.
Ad Enrico Forti furono negati anche i diritti previsti dalla Convenzione di Vienna.
I Paesi firmatari di questa convenzione, garantiscono l’immediata
assistenza legale in caso di arresto di un loro cittadino in uno Stato
diverso dal proprio. E’ prevista anche l’automatica simultanea
comunicazione alle autorità consolari locali del cittadino stesso.
Il Consolato Italiano venne a conoscenza del primo arresto di
Enrico Forti casualmente dai giornali nove giorni dopo. Alla protesta
ufficiale che ne seguì, la polizia inviò una lettera di scuse per “l’involontaria” omissione.

La doppia storia - Prima fase
Illustriamo la fisionomia dei personaggi e delle situazioni della PRIMA FASE della vicenda.
1) ENRICO FORTI. Ex campione sportivo, nel 1992 si trasferisce a
Miami in Florida, dove svolge un'attività di produttore
cinematografico, presentatore televisivo ed agente immobiliare. Si sposa
con un'americana e ha tre figli. Vive a Williams Island.
2) ANTHONY PIKE. Avventuriero inglese che trascorre molti anni in
Australia occupandosi delle più svariate attività. Negli anni '80 si
trasferisce in Spagna, ad Ibiza, dove costruisce un piccolo hotel
all'interno dell'isola. Porta con sé uno dei suoi figli, Dale.
L'albergo ha un notevole successo grazie alle iniziative di Tony che
organizza molte feste ed attrae l'attenzione e la frequentazione di noti
personaggi del jet-set internazionale.
3) THOMAS KNOTT. Faccendiere tedesco che riesce a guadagnare
enormi quantità di denaro attraverso operazioni truffaldine in
Germania. Frequenta l'hotel Pike's, dove si reca spesso con un aereo
privato in compagnia di un altro tedesco, Siegfried Axtmann, spendendo
enormi somme di denaro tra donne, champagne e quant'altro. Diventa molto
amico di Tony e Dale Pike. Axtmann è titolare di una compagnia aerea
di nome FAI rent-a-jet di Norimberga, stessa città di Thomas Knott.
4) DALE PIKE. E' impiegato presso l'albergo del padre e cura le
public-relations dell'hotel. All'inizio degli anni '90 viene cacciato
dal padre per uno sgarbo gravissimo commesso nei suoi confronti. Si
trasferisce in Malesia dove svolge delle attività non ben definite.
Padre e figlio non si parleranno per anni, fino alla fine del '96.
5) Nel 1993 Tony Pike contrae l'Aids. In quel periodo comincia un
inesorabile declino delle fortune dell'hotel. In quello stesso anno
Thomas Knott viene arrestato in Germania e condannato a sei anni di
reclusione per truffe milionarie. Durante il periodo di detenzione Tony
Pike si reca a visitarlo alcune volte in carcere, a riprova della
grande amicizia che lo legava al tedesco.
6) Alla fine del 1996 Knott viene rilasciato e messo in regime di
libertà vigilata per il periodo restante della pena. Nella primavera
del 1997 sparisce dalla Germania e si trasferisce negli Stati Uniti,
Florida, Miami, Williams Island. E' ospitato dall'amico Siegfried
Axtmann, residente anche lui a Williams Island. I falsi documenti per
l'espatrio vengono procurati da Tony Pike.
7) Sempre alla fine del '96, Tony Pike viene contattato dal figlio
Dale che lo invita in Malesia chiedendogli soccorso per risolvere
grossi problemi economici. Tony intraprende il viaggio per visitare il
figlio, ma quando arriva la sua malattia si aggrava notevolmente. Dale
provvede a trasferire il padre dalla Malesia a Sidney, in Australia,
dove vive il fratello Bradley. Qui i due figli fanno ricoverare il
padre in fin di vita presso un ospedale per malati terminali e si fanno
rilasciare una procura per la gestione delle sue proprietà. Tony Pike
viene salvato dall'intervento dell'allora moglie Vera, che riesce a
trasferirlo in Spagna, dove viene curato e si riprende miracolosamente.
Comunque, dopo quella vicenda i rapporti tra i figli ed il padre
peggiorano ulteriormente.
8) A Williams Island Thomas Knott svolge un'attività di copertura
come insegnante di tennis. Abita in un mini appartamento amministrato
da Axtmann, assieme ad altri amici tedeschi appartenenti al clan di
Axtmann stesso. Il monolocale è sito proprio sotto l'appartamento dove
abitano Chico Forti e la sua famiglia. In breve tempo il tedesco riesce
a conquistare l'amicizia di Chico.
9) Il 15 luglio del 1997 viene ucciso lo stilista Gianni Versace a
Miami Beach. Il 23 luglio viene localizzato il presunto assassino di
Versace, tale Andrew Cunanan, su una casa galleggiante sita su un
canale lungo Collins Avenue, sempre a Miami Beach. La polizia, dopo ore
di assedio, irrompe nella casa e trova Cunanan che si era “suicidato”
(questa è la versione ufficiale). Thomas Knott dice a Chico Forti di
conoscere il proprietario della casa galleggiante che, guarda caso, è
rappresentato ancora una volta da Siegfried Axtmann. Knott si propone
come intermediario per l'acquisto dei diritti per usare la casa a
scopo di inchieste giornalistiche. Firmato un accordo in questo senso,
Knott aiuta Chico Forti a realizzare un film/inchiesta sulla vicenda
Cunanan/Versace (trasmesso in Italia ed in Francia, intitolato “Il Sorriso della Medusa”).
10) A metà settembre 1997 Chico si reca in un negozio di articoli
sportivi per l'acquisto di attrezzature. Knott lo segue e tratta
l'acquisto di armi per uso sportivo (una pistola calibro 22, un fucile
ed un lanciapiattelli da barca) che intesta a proprio nome. Essendo
però sprovvisto di denaro convince Chico Forti a pagare l'acquisto di
queste armi con la sua carta di credito insieme alle altre
attrezzature.
11) Alla fine di novembre 1997, Knott invita Anthony Pike a Miami,
ospitando anche lui nel mini appartamento. Durante il suo soggiorno,
Pike trova l'occasione per conoscere Chico Forti e, con la complicità
di Knott, prospetta all'italiano la possibilità di acquistare l'hotel
Pike's di Ibiza. Nasconde però che dall'inizio dell'anno l'hotel non è
più di sua proprietà.
12) Chico Forti non sospetta minimamente l'imbroglio e, a fine
dicembre, si reca ad Ibiza per visionare l'hotel. A metà gennaio 1998
vi ritorna e firma un accordo di acquisto presso un notaio del luogo.
Chico esige l'esclusione di Knott dalla trattativa, dopo essere venuto a
conoscenza dei suoi precedenti penali.
13) Alla fine di gennaio Tony Pike telefona a Chico dicendogli di
avere un figlio, di nome Dale, che risiedeva in Malesia. Dale si
trovava nei guai e doveva lasciare precipitosamente il Paese, ma non
aveva il denaro per pagarsi il biglietto aereo per il rientro in
Spagna. Poiché anche Anthony Pike non aveva alcuna disponibilità di
denaro, chiede a Chico Forti di provvedere al pagamento del biglietto
ottenendo quanto richiesto.
14) Ai primi di febbraio altra telefonata di Tony Pike a Chico
Forti. Questa volta prospetta un viaggio a Miami insieme al figlio
Dale, che desiderava conoscerlo. Il volo Madrid/Miami viene programmato
per la domenica 15 febbraio ed ancora una volta i biglietti aerei per
entrambi vengono pagati da Chico. Il giorno precedente la partenza Tony
Pike cambia programma. Telefona a Chico dicendogli che il figlio Dale
la domenica sarebbe arrivato da solo. Tony invece avrebbe viaggiato a
New York il mercoledì successivo, dando appuntamento a Forti in quella
città per un incontro d'affari. Nel frattempo invitava Chico Forti ad
andare a prendere suo figlio Dale all'aeroporto e ad ospitarlo in
attesa del suo arrivo. Quella mattina Knott si presenta
all'appartamento di Chico dicendogli di essere al corrente dell'arrivo
di Dale, proponendo di recarsi lui stesso a prenderlo all'aeroporto.
Chico è sorpreso dell'informazione in possesso di Knott e rifiuta la
proposta.
15) Nei giorni precedenti la sua partenza per Miami, Dale Pike ha
scritto alcune e-mail alla fidanzata Vaike Neeme. L’ultima è del 14
febbraio 1998, giorno antecedente il suo viaggio per Miami. In questa
e-mail Dale si dice ansioso di conoscere Chico Forti “il nuovo socio
dell’hotel di suo padre” e anche noto produttore cinematografico.
Scrive “di avere con sé il progetto per fare un film e di volerglielo
presentare”. Dice anche di contare sull’aiuto di Chico Forti per poterlo
realizzare. Non fa alcun riferimento alla compravendita dell’hotel.
16) Domenica 15 febbraio Chico Forti si reca all'aeroporto di Miami
per incontrare Dale Pike. Quando arriva, con notevole ritardo, Dale
comunica a Chico che non sarebbe stato suo ospite e lo prega di
accompagnarlo presso un ristorante di Virginia Key dove aveva
appuntamento con amici di Thomas Knott. Chico acconsente e gli dà un
passaggio fino al parcheggio di quel ristorante, dove c'è un uomo che lo
attende su una Lexus bianca. Dale saluta Chico e gli dà appuntamento
per il giovedì successivo, giorno dell'arrivo del padre a Miami. Chico
Forti non lo vedrà più. Dale Pike verrà ucciso quella sera stessa e il
suo corpo verrà ritrovato su una spiaggia a qualche miglio di distanza
dal parcheggio la sera del giorno seguente.
17) La sera di domenica 15 febbraio 1998, in concomitanza con
l'omicidio di Dale Pike, Thomas Knott aveva organizzato un party a casa
sua e tra gli ospiti c'erano Siegfried Axtmann e gli altri tedeschi
del suo clan, compreso l'avvocato Keith Marshall. Questa riunione ha
costituito l'alibi del tedesco.
18) Chico Forti apprende dell'omicidio di Dale Pike il mercoledì
successivo 18 febbraio a New York, dove si era recato per
l'appuntamento con Tony Pike. Ritornato a Miami senza aver incontrato
l'albergatore, tenta di rintracciarlo ma inutilmente. Chiede
l'intervento di Gary Schiaffo, un ex poliziotto di sua conoscenza. Il
giorno successivo, giovedì 19 febbraio, si reca al dipartimento di
polizia, convocato come persona informata dei fatti. Gli inquirenti gli
comunicano falsamente che anche Tony Pike era stato ucciso.
19) Terrorizzato da questa situazione, Chico Forti mente alla
polizia negando di aver incontrato Dale Pike. L'interrogatorio viene
registrato senza essere coperto dai Diritti Miranda, benché fosse già
il maggiore indiziato per il delitto.
20) Venerdì 19 febbraio Chico Forti ritorna volontariamente al
dipartimento per portare i documenti relativi alla compravendita
dell'hotel e per spiegare i suoi rapporti con Tony Pike. Ritratta la
versione del giorno precedente, dicendo di aver incontrato Dale Pike e
di avergli dato un passaggio dall'aeroporto a Virginia Key e di non
sapere cosa fosse successo. In base a questa bugia viene però arrestato
con la duplice accusa di frode e concorso in omicidio. Gli viene
negata l'assistenza di un avvocato. Il mattino seguente, dopo 14 ore di
interrogatorio, intravede l'albergatore Anthony Pike nella stanza
vicina e capisce di essere caduto in una trappola.
DOMANDA: Alla luce di questi fatti, per quale misteriosa ragione Chico Forti avrebbe dovuto pianificare la morte di Dale Pike?